E' [quasi] certo che [quasi] nessuno di coloro che non sono strettamente addetti ai lavori se ne è accorto: con una nota strettamente amministrativa ("è scaduto il contratto"), il governo inglese ha incluso tra le sue misure di "contenimento della spesa" una tradizione che durava ormai da 30 anni, e che faceva parte degli "standard", quasi dei simboli della general practice ed insieme della democrazia informativa del NHS: l'invio ad ogni medico delDrug and Therapeutics Bulletin (DTB), un mensile di informazione indipendente, prodotto da un gruppo di esperti che hanno "fatto la storia" in questo settore di attività (tra i suoi fondatori A. Herxheimer), fortemente identificati e collegati con i più importanti gruppi rappresentanti dei consumatori. Ovvie (almeno in UK) le proteste. Questo editoriale vuole aggiungersi, ed in modo forte, ad una opposizione che si spera proprio ottenga risultati. E' chiaro che il valore del DTB (che da anni è parte essenziale del pacchetto informativo di IsF) non dipende dal suo essere distribuito gratuitamente ai medici del Regno Unito. E' vero che - secondo la logica dell'altro pilastro dell'informazione indipendente europea, Prescrire - un'informazione indipendente reale è quella che viene riconosciuta da coloro che la utilizzano e la chiedono attraverso il loro sostegno diretto espresso molto concretamente nell'abbonarsi, anno dopo anno, e nell'essere con ciò soggetti-protagonisti di indipendenza. Come andrà a finire non è prevedibile. E' certo opportuno utilizzare la provocazione di questo provvedimento per provare a fare il punto su alcuni aspetti, che da una parte riguardano più da vicino lo scenario italiano, dall'altra, in modo più strutturale, il rapporto informazione-sanità.
Elementi di riflessione 1. L'originalità del DTB è la sua collocazione alla congiunzione tra "prescrittori" e "consumatori". Identifica, in un modo che non si è altrove riprodotto con la stessa lucidità, la caratteristica dell'informazione come "bollettino", con quella della informazione come dialogo-dialettica tra i due protagonisti della sanità (che sono a loro volta espressione di una dinamica sociale più generale: cittadini e rappresentanti dell'istituzione).
2. La distribuzione ai medici da parte del SSN di uno strumento dei consumatori esprime la normalità del fatto che la sanità non è un prodotto tra gli altri, che ha un bisogno permanente di qualificazione rispetto agli altri beni di consumo: ed entra tra gli strumenti quotidiani di lavoro del medico nel settore che più ne accompagna il rapporto coni suoi pazienti, quello dei farmaci, sottolineando che, per quanto [eventualmente] affidabile, l'istituzione che governa ha sempre bisogno di una dialettica indipendente.
3. Non è certo questo il momento per documentare se e quanto queste attese sono state mantenute. E' assolutamente certo che, ancora recentemente la logica originale del DTB si è espressa in modo particolarmente efficace (avendo come protagonisti due dei "fondatori": vedi IsF 2005 sulla dipendenza del governo dall'industria farmaceutica e IsF 1999 sugli antidepressivi).
4. La decisione "banalmente amministrativa" di non rendere più "normale" da parte dell'istituzione la possibilità di un diritto-dovere di [possibile] opposizione non è certo neutra. Da chi è stata provocata? E' certo che non ha nulla a che fare con la ovvia necessità di contenere i costi. E' facile vederla come un indicatore (marginale, ma non troppo) della deriva antidemocratica che negli ultimi anni ha caratterizzato il governo del Regno Unito. E' perfino buffo vedere che nella stessa pagina del British Medical Journal che annunciava il provvedimento, si documenta che 250.000 ospedalizzazioni all'anno sono dovute a reazioni avverse da farmaci, e che sono i medici di medicina generale quelli più attenti a segnalarle.
"Creative destruction in the NHS"
Per concludere, in modo coerente con il tema e lo scenario operativo adottato, non c'è forse titolo più appropriato di questo "rubato" al serioso-togato British Medical Journal di due settimane prima (anche se evoca vecchi slogan di tempi andati: "tanto peggio tanto meglio" : o semplicemente gli slogan sono passati ad altre bocche-mani più soft nelle enunciazioni, ma più "performing" nella quotidianità?) (N.B.: le concessioni all'inglese vogliono sottolineare che non si tratta di interpretazioni politico-ideologiche, ma di citazioni dall'editoriale).
Riandando alla posizione di Prescrire sopra evocata ci si potrebbe infatti domandare: e se questo attacco ad una tradizione, forse divenuta ormai incerta tra la coscienza di un diritto e l'acquiescenza ad una consuetudine, fosse una opportunità? Una distruzione creativa?
Senza pretendere di fare di ogni "battito di ali di farfalla qualcosa che provoca tsunami dell'altra parte del mondo" (come si usa dire quando si chiacchiera di mondi e processi globalizzati), la ripetizione tranquilla di pochi promemoria può essere utile.
1. La "politica" dell'informazione non gode di buona salute. Ricordare questo in Italia, ora, è perfino patetico. Lo si fa, accettandone il ridicolo, per ri-collegare il tema informazione sui farmaci a quello più generale: per ricondurlo ad uno scenario di cultura, di diritto, di ruoli. Per non confinarlo alla domanda: come fare arrivare ai medici una informazione che non sia quella dell'industria?
2. Questa domanda, di fatto, per quanto classica-dovuta, è non solo irrilevante, ma fuorviante. Per l'Italia, che in questi anni, se mai, vive un tempo di "pienezza informativa" offerta all'universo dei prescrittori: indipendente ed istituzionale, solida per "evidenza", differenziata per popolazioni e prescrittori, nazionale e locale, cartacea e a distanza. Tutti informano. I farmaci sono sempre al centro della scena. Tra le tante informazioni c'è solo l'imbarazzo della scelta.
3. E se fosse lo scenario di lettura/interpretazione/utilizzazione che nel frattempo è cambiato? Possibile che tutti i medici (generici e specialisti) siano programmaticamente dedicati al boicottaggio delle informazioni "corrette", come sembrano documentare gli allarmi subentranti di "sfondamento" dei tetti di spesa? Vecchie domande, che rimandano a vecchie [ipotesi di] risposte: se il mercato delle registrazioni, in Europa anzitutto, va in un certo modo se le politiche dei prezzi non sono toccabili se si pretende di controllare la spesa, dimenticando i progetti, e gli esiti.
4. Anche su queste pagine si è provato non a dare risposte ad un problema che dipende dalle variabili più generali sopra evocate, ma ad invitare a non accontentarsi delle risposte più ovvie (= più informazioni, più linee guida, più controlli). Il caso DTB permette di ritornare sul tema, sperando di non annoiare:
- l'informazione è uno dei modi con cui prescrittori e cittadini dialogano sui loro diritti-bisogni, non con meccanismi di concertazione pre-definiti, ma sapendo di essere parte di un mercato che non ha come oggetto la loro sanità-salute, ma la propria; - riprendendo una vecchia tradizione di IsF, l'informazione può-deve essere, in modo diversamente articolato, secondo i problemi e le popolazioni, dei/per i prescrittori e dei/per i cittadinipazienti;
- si è sempre, in Italia (ed in Europa), in attesa che i medici prendano sul serio il problema dell'informazione sui farmaci: alla "Prescrire", abbonandosi? con impegni (contrattuali?) non [solo] a spendere meno, ma a documentare la propria ragionevole-responsabile preferenza per ciò che è essenziale? con almeno un segnale nazionale? regionale? di categoria? che riconoscano che questo è un problema [anche] loro? e se non c'è nulla di questo, ha senso continuare ad "informare" chi non ne vuole sapere? da parte dei bollettini, e con le spese - gli sforzi dell'AIFA?
- ci sono gli strumenti, gli spazi, il bisogno di una politica di informazione, al di là delle tante iniziative. In assenza di una progettualità vera vi è il rischio di essere come la disponibilità di cibo moltiplicata per la sedentarietà: di togliere, cioè, la capacità, l'autonomia di pensare e produrre [non "ricevere"] conoscenza.