Giuliano Carlini Docente di Sociologia dei Processi Culturali, Scienze Politiche, Università di Genova
La serie di considerazioni che qui si propongono sono il frutto di una estrapolazione da una serie di dati di ricerche che hanno per quadro di riferimento complessivo i processi di esclusione sempre più caratteristici delle nostre società e, in particolare, l'emergere di modi nuovi di essere poveri (in aggiunta ai vecchi), il disagio di essere giovani in una società che progetta solo il contingente, le "patologie sociali" continuamente denunciate (create?) dai media.
In tutti questi lavori emerge una condizione di crescenti incertezze, di deboli convinzioni, di rapporti contraddittori e confusi con i "sistemi esperti", nella quale il rapporto fra persone e sistema di salute si fa problematico e portatore di ansie e preoccupazioni.
Le ricerche specifiche sull'argomento appena ricordato sono generalmente condotte da operatori della salute e quindi tendenzialmente influenzate da una cultura specifica non sempre rappresentativa di quella più diffusa. In altri termini, le riflessioni proposte appartengono a un universo di esistenza diverso da quello nel quale si ragiona e si vive il rapporto tra salute e malattia.
Il primo riferimento sottolinea la grande contraddizione, vissuta come potenzialmente pericolosa, fra le capacità infinite e conclamate della medicina, nella lotta contro le più diffuse e perniciose patologie e la contestuale difficoltà di sperimentare direttamente, da parte di un numero crescente di persone, una situazione di intervento efficace nelle condizioni del quotidiano.
Si è tutti d'accordo che le possibilità/capacità dimostrate dalla medicina sono praticamente illimitate, ma come poi accedere tutti alla fruizione di questo tipo di prestazioni rimane un percorso aleatorio.
Il secondo motivo di ansia è dato dal fatto che il sistema di salute si presenta con due facce: la prima, abbastanza tranquillizzante, è quella del sapere medico fonte di relative certezze anche nella varietà delle situazioni vissute, il secondo è quello arcigno e misterioso dell'organizzazione della salute di cui il potenziale utente sa quasi nulla e quel poco che sa alimenta condizioni di inquietudine.
Esiste un vissuto di crescente sfiducia nei confronti dei due insiemi in cui si articola, nel concreto, il rapporto salute/malattia: i medici da un lato e il sistema sanitario dall'altro, percepito quest'ultimo nel quotidiano come un complesso di carte, di esborsi, di funzionari onnipotenti, di operatori impersonali col quale tuttavia ci si confronta sulla spinta di bisogni molto concreti e molto personali.
La confusione nasce intanto dall'appannarsi dell'idea che i medici abbiano qualche cosa a che fare con il modo con il quale la sanità è organizzata e proposta come servizio indispensabile al benessere complessivo della persona.
Ora i medici sono certamente, nell'immaginario collettivo e per molti versi nella realtà, i depositari primi delle capacità e dei saperi rilevanti per il raggiungimento e mantenimento di un grado accettabile di salute ma si dichiarano in crescendo impediti ad esercitare la loro professione per gli infiniti impedimenti posti in essere dalle autorità preposte alla salute e dalle loro espressioni esecutive a livello del territorio.
Tutto ciò a fronte della convinzione sempre più diffusa che la "buona medicina" è sempre di più frutto dell'impiego di risorse tecniche complesse per loro natura bisognose, sia per l'acquisizione che per la gestione, di supporti di competenze terze, per esempio economiche, e di una organizzazione molto complicata del sociale per produrre interventi risolutivi per la salute di tutti.
Lo stato confusivo della persona che cerca di individuare percorsi efficaci di salute viene ulteriormente aggravato:
dall'insieme delle informazioni, periodicamente contraddette, sulle terapie giuste e su quelle sbagliate, su ciò che è necessario fare o non fare per evitare di rompere l'equilibrio del benessere fisico e psichico;
dal presentarsi sul campo di una serie di opzioni integrative o alternative ai percorsi di salute suggeriti dalle fonti mediche più accreditate;
dai messaggi espliciti, provenienti dal medico di medicina generale, dagli specialisti, dai presidi sanitari, a proposito della stessa patologia.
C'è poi, per la persona in ambasce per la propria salute, il problema di chi delegare per un riconoscimento ed una tutela delle proprie condizioni in una galassia sanitaria nella quale sembra difficile ormai individuare delle posizioni riconoscibili. Questi i dubbi: i medici tutelano me o prioritariamente se stessi e la loro professione? Lo stato e più in generale l'attore pubblico prende iniziative nell'interesse mio (della mia salute) o nell'interesse di una serie sconosciuta di attori che nulla hanno a che fare con la mia salute? Le strutture sanitarie sono completamente al mio servizio o solo occasionalmente? E via domandando.
Una ulteriore fonte di preoccupazione discende da quanto e da come si conosce intorno alla ricerca in medicina. Che la crescita esponenziale delle conoscenze in campo medico sia alla base di una modifica sostanziale delle condizioni di salute di tutti in questo secolo è un dato certo della cultura diffusa. Quello che crea invece una punta di angoscia è il non sapere quali sono le ragioni "vere" del concentrarsi di quantità ingenti di risorse su certi tipi di patologie piuttosto che su altre. Quali insiemi di popolazione vengono presi in considerazione per scegliere quali sono le ricerche che si innestano su un percorso strategico per la salute di tutti. In termini di analisi microsociale la questione si pone così: ho la fortuna di far parte del gruppo di patologie considerato importante e prioritario?
Concludendo, le aspettative forti che appaiono presenti almeno nei soggetti sociali esplorati a proposito del tema sanità e salute possono essere così riassunte:
a. un sistema di salute che presenti con chiarezza chi è responsabile di che cosa e in quali sedi tutti coloro che non sono medici o addetti a vario titolo alla sanità possono trovare modo di intervenire sulla direzione e sul senso delle scelte generali;
b. la rassicurazione che la logica portante sia quella che ha per obiettivo un grado ragionevole di buona condizione diffusa e non altri obiettivi;
c. una possibilità di accesso alla conoscenza delle informazioni, elementari ma chiare, necessarie a costruire delle ragionevoli strategie di benessere psicofisico;
d. avere accesso, almeno a livello generale, alla conoscenza delle motivazioni che stabiliscono le strategie di ricerca portanti.
Nota bibliografica
G. Carlini (a cura di) La terra in faccia, Roma, Ediesse 1991
G. Carlini (a cura di) Adulti in formazione, Genova, Sagep 1996
G. Carlini ( a cura di) Giovani e lavoro operaio, nuove povertà e percezione del lavoro operaio nei giovani in Liguria, Genova, La clessidra 1998
G. Carlini ( a cura di) Materiali per una ricerca su povertà e nuove povertà a Genova, Genova, Ecig 1995
G. Daniele, (a cura di) Poveri di futuro, L'Harmattan Italia, Torino 1998