La deficienza di glucosio-6-fosfato deidrogenasi (G6PD) è il più comune difetto enzimatico ereditario che colpisce i globuli rossi, rendendoli più sensibili ai danni delle reazioni ossidative.
L'enzima G6PD serve per trasformare la nicotinamide adenin-dinucleotide fosfato (NADP) nella sua forma ridotta, NADPH, importante per mantenere un elevato livello di glutatione ridotto all'interno dei globuli rossi. Il glutatione ridotto li protegge dagli insulti ossidativi degli anioni superossido (O2-), del perossido di idrogeno (H2O2) e dei radicali ossidrile (OH.).
All'interno dei globuli rossi, quali vettori d'ossigeno, questi ossidanti vengono prodotti continuamente, ma vengono generati in grande quantità anche dai fagociti attivati (ad esempio durante le infezioni). In carenza di G6PD, perciò, diminuisce la capacità del glutatione ridotto di "disintossicare" le cellule dagli ossidanti prodotti, che si accumulano danneggiando i componenti vitali delle cellule stesse. L'ossidazione dell'emoglobina produce metaemoglobina inattiva e precipitati intracellulari di emoglobina ossidata noti come corpi di Heinz. L'emolisi rappresenta l'esito finale del danno ossidativo.
Le varianti conosciute di deficit di G6PD sono più di 400 ma solo alcune sono frequenti. Le due forme più comuni sono la variante di tipo A(-) e la variante di tipo Mediterraneo. La prima, più frequente nei soggetti di razza nera (americani o africani), è caratterizzata da una carenza parziale di G6PD e perciò una eventuale emolisi tenderà ad essere da lieve a moderata. In questi pazienti solo i globuli rossi più "vecchi" perdono l'enzima G6PD che invece viene mantenuto per il 10% circa negli eritrociti più giovani e nei reticolociti. Nella variante di tipo Mediterraneo tutti i globuli rossi mancano dell'enzima: ciononostante, anche questi pazienti vanno incontro a emolisi solo in circostanze inusuali. Le caratteristiche peculiari delle due varianti prevalenti sono riassunte nel riquadro.
La scoperta, agli inizi degli anni '50, che l'antimalarico primachina era responsabile di casi di anemia emolitica nei soldati afro-americani, ha fatto ritenere per molto tempo che la causa più importante e più frequente di emolisi in pazienti con deficit di G6PD fossero i farmaci. Nel tempo molte sostanze con proprietà ossidanti sono state implicate: gli elenchi dei farmaci controindicati sono stati via via modificati e ampliati spesso dietro segnalazione di singoli case-reports di pazienti che avevano presentato un episodio emolitico senza che, tuttavia, l'associazione causale con il farmaco assunto potesse essere dimostrata in modo certo.
In realtà oggi è ben noto che le cause più comuni di stress ossidativo scatenante l'emolisi sono la febbre, le infezioni acute virali e batteriche e l'acidosi diabetica; questo ha portato alla riabilitazione di alcuni farmaci, in passato vietati, che, se assunti a dosi terapeutiche, oggi vengono ritenuti sicuri.
Due farmaci di uso comune, l'aspirina ed il paracetamolo, ne sono un esempio. Numerosi studi attestano infatti che l'aspirina, quando assunta ai dosaggi terapeutici abituali da pazienti affetti dalle comuni varianti di deficienza di G6PD non è responsabile di emolisi e, se questa si verifica, quasi certamente è dovuta ad una infezione o alla febbre. Il farmaco è sicuro anche quando viene utilizzato cronicamente a basse dosi come trattamento antiaggregante. Lo stesso vale per il paracetamolo: in studi condotti in pazienti con varianti anche gravi di deficienza di G6PD, il farmaco, a dosi terapeutiche, non ha provocato emolisi e i casi che continuano ad essere segnalati sono da attribuire alla concomitanza di febbre o infezioni. Ciononostante, le schede tecniche delle specialità che contengono paracetamolo ed acido acetilsalicilico riportano tuttora come misura prudenziale mantenuta dalle ditte produttrici l'avvertenza di "somministrare con cautela" questi farmaci ai pazienti con deficit di G6PD.
Il numero dei principi attivi che hanno una provata potenzialità emolitica è relativamente piccolo. Rispetto alla frequenza d'uso, il gruppo su cui concentrare l'attenzione sono di fatto i vecchi disinfettanti delle vie urinarie. Nella famiglia dei chinoloni rientrano l'acido nalidissico, peraltro oggi poco utilizzato, e numerosi altri principi attivi per i quali la segnalazione di emolisi viene riportata dai produttori in scheda tecnica; data l'assenza di segnalazioni di casi malgrado l'impiego diffuso, sembra probabile tuttavia che, a dosaggio normale, siano farmaci sicuri.
Il dapsone - che trova indicazione nel trattamento della lebbra, della polmonite da Pneumocystis carinii e della dermatite erpetiforme - a dosaggi compresi tra 100 e 200 mg/die, causa in genere un'anemia di grado lieve nei pazienti con deficit di G6PD, mentre dosaggi più elevati sembrano essere associati ad un maggior rischio di emolisi grave. Anche se la gravità dell'anemia nei singoli pazienti può essere estremamente variabile (dipendendo, oltre che dal grado del deficit enzimatico, anche da altri fattori, quali, ad esempio, le differenze interindividuali negli enzimi che controllano le vie metaboliche dell'acetilazione e dell'idrossilazione), l'assenza di alternative terapeutiche potrebbe giustificare l'utilizzo del farmaco.
Per quanto riguarda le chinine antimalariche, chinina, chinidina e clorochina possono essere impiegate senza modificarne il dosaggio nel trattamento dell'attacco acuto di malaria. La primachina, per la quale il rischio di emolisi è maggiore, è controindicata solo nei pazienti con deficit enzimatico grave (attività enzimatica residua < 10%). Nei pazienti con attività enzimatica residua > 10% il farmaco può essere impiegato con sicurezza al dosaggio di 45 mg 1 volta alla settimana per 8 settimane (500-750mcg/kg 1 volta alla settimana nei bambini).
Il termine favismo con cui a volte si indica la carenza di G6PD deriva dalla particolare suscettibilità di alcuni soggetti affetti da deficit di G6PD nei confronti della fava. In seguito ad ingestione dei semi di fava (ma anche per inalazione dei suoi pollini), questi soggetti vanno incontro ad una grave forma di emolisi che si ipotizza dovuta a due componenti del legume, la divicina e l'isouramile, anche se il loro ruolo non è mai stato provato. Sebbene tutte le persone affette da favismo abbiano una deficienza di G6PD, la maggior parte dei soggetti non è suscettibile agli effetti emolitici dei semi di fava, il che lascia ipotizzare che sia necessaria la presenza di qualche altro fattore probabilmente ereditario.
Si possono ricordare infine sostanze non medicinali che possono causare emolisi per assorbimento per via percutanea o inalatoria: la naftalina, presente nei prodotti antitarme e il blu di toluidina, usato in alcuni test ematologici ed oftalmologici.
Sono stati fatti molti sforzi per allestire sistemi in vitro capaci di identificare i farmaci potenzialmente emolitici, ma nessuno è in grado di offrire sufficienti garanzie di attendibilità. La somministrazione di farmaci nuovi a pazienti con deficit di G6PD andrà perciò sorvegliata con attenzione, tenendo presente che la potenzialità di un farmaco di causare emolisi varia a seconda della gravità del deficit enzimatico, della presenza di altri fattori che interessano il metabolismo del farmaco in quell'individuo, della concomitanza di situazioni stressanti (es. infezioni) e della dose del farmaco. E' importante perciò che i pazienti siano informati su come riconoscere possibili segni di emolisi (come ad esempio una colorazione insolitamente scura delle urine o una sensazione improvvisa di stanchezza o sonnolenza ingiustificate). La sospensione del farmaco e il tempestivo ricorso al medico consente di instaurare prontamente un'idonea terapia. Bibliografia
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