Anche per il 1999 la tradizione dei Nobel per la medicina-fisiologia non è stata infranta: la ricerca di base e le sue "scoperte" (questa volta i meccanismi regolatori del "traffico proteico", dalla sintesi, alla secrezione, al trasporto) sono state additate all'immaginario collettivo (e a coloro che pianificano strategie di ricerca) come la carta d'identità della medicina. Al deprimente grigiore di un'assistenza che si ripete nelle sue difficoltà, che tutti possono sperimentare e discutere, si contrappone il ricordo che la medicina "vera" va avanti, con scoperte piene di promesse. La grande liturgia annuale dei Nobel è anche accompagnata dalla cronaca che ci racconta le scoperte della proteina che permetterà di controllare il cancro, del gene che non farà più invecchiare. Novità-scoperte così grandi, che non si possono né comprendere né discutere: sono pronte per entrare nell'immaginario complessivo di una medicina che, al momento buono, potrà essere all'altezza dei bisogni.
Per la seconda volta in 15 anni, la medicina è stata protagonista anche in un altro campo dei Nobel. Una Organizzazione Non Governativa (ONG) di origine francese, Médecins Sans Frontières (MSF), è stata premiata per il suo contributo alla pace attraverso l'intervento tempestivo nelle situazioni di emergenza-guerra [la volta precedente il premio era, sempre per la pace, all'International Physicians for Prevention of Nuclear War (IPPNW) per la sua attività di coscientizzazione-mobilitazione contro la minaccia della guerra nucleare]. Nulla di tecnico-medico. Nessuna scoperta. Si ritorna all'antico compito di curare feriti, registrare morti, organizzare i soccorsi essenziali, ridurre i danni della patologia indotta dagli umani su altri umani. La novità è quella della guerra, ritornata ad avere diritto di cittadinanza, tanto che i suoi bilanci sono competitivi e vincenti, in una Europa che taglia su quelli della sanità e dei profughi dalla violenza delle tante guerre.
La medicina di tutti i giorni - e l'informazione che ne vorrebbe favorire i criteri di razionalità, anche nel campo dei farmaci - si gioca tra gli estremi di immaginari e di attese rappresentati simbolicamente dai premi Nobel citati. Informare è un gioco di rincorsa-promesse-vendita di novità? o è il vecchio mestiere di sorvegliare il senso complessivo del cammino che si fa rispetto all'oggetto concreto delle "novità", che dovrebbe essere ciò che ancora non ha risposta? Può essere curioso-utile confrontarsi con un campione casuale di scenari di novità medica con i quali capita di avere a che fare.
La "Bussola" di questo bollettino, con assoluta coerenza interna a tante altre (vedi anche la lunga tradizione di Prescrire), è un buon osservatorio di quanto sia faticosa la ricerca di novità tra i "nuovi" farmaci immessi in commercio. E magari con il senso di fare, con la (noiosa) sottolineatura della non-novità, un'operazione ridondante: in fondo, tutti sanno già le regole del gioco.
Il micro-mondo della Bussola acquista sfondi e risonanze più stimolanti, se i termini dei problemi che vi si incontrano sono posti nel contesto post-moderno del dibattito su: pubblicare o no su internet prima (o al posto) di pubblicare sulla vecchia carta; prima (o al posto) di passare per i referees? Le "scoperte" premono, sono bruciate rapidamente, ne va della salute? della competitività? dei ricercatori? delle riviste? Il dibattito è serissimo, globale: non lo si vuole diminuire. Può essere forse utile notare che la prima "novità" di pubblicazione sul NEJM-Rete, due mesi prima di quella su carta, "il 20/1/2000", riguarda un trial dal nome consolatorio e antico, HOPE, su un farmaco così nuovo, il ramipril, che sta facendo i conti su come non uscire dal brevetto, per sfruttare i vantaggi della dimostrazione di una sua efficacia assolutamente rilevante nel campo della prevenzione (non solo secondaria) cardiovascolare.
A guardar bene, il mondo della Bussola è una cassa di risonanza più interessante di quello che si potrebbe pensare. Vi si trova sempre più spesso il rimando alle procedure di approvazione dei "nuovi" farmaci da parte di EMEA e FDA. Se il giudizio su questi farmaci è di non-novità, è evidente che molte attività delle agenzie che tutelano i rapporti tra salute pubblica e mercato, ha a che fare con non-novità, o novità marginali. E' inevitabile, in questo contesto, rimandare ad un altro dibattito, forte, che occupa la letteratura, di carta e non, sui tempi e la rigorosità di lavoro di FDA vs EMEA. I toni sono spesso da emergenza: ne va della vita, e/o del benessere, e/o dei diritti delle persone malate, degli equilibri industriali. E' curioso vedere come questi "dibattiti", che hanno come oggetto la valutazione di dati controllati, la loro rilevanza, la loro compatibilità con tempi di "evidence based medicine", siano rigorosamente basati non su dati, ma su timori, proiezioni, estrapolazioni. In attesa di novità, l'immaginario paga?
Tra le novità proposte di recente all'informazione dell'opinione pubblica italiana, due sembrano particolarmente pertinenti per questa riflessione sul rapporto tra novità ed immaginario in medicina.
Un rapporto CENSIS (finanziato da Farmindustria ma dichiarato assolutamente indipendente) ha "scoperto" risposte innovative ad una delle grandi domande che da anni occupa la letteratura medica di salute pubblica, la epidemiologia, la economia: la evitabilità delle morti non ha nulla a che fare con variabili di diseguaglianza sociale o assistenziale: se solo si assicurano 10.000 lire (italiane!) in più all'anno di spesa farmaceutica per persona, gran parte del problema è risolto.
Nel cuore delle assise italiane sulla sanità, mentre priorità politiche di diverso ordine si confrontavano, è emersa una proposta di "identità medica" che potrebbe essere una "scoperta" assolutamente importante nel campo dell'informazione-comunicazione. I medici [auto] certificati di essere "bravi" potranno/dovranno mettersi un bollino blu. Viste tutte le classifiche "affermative" sui "migliori" ricercatori, i "più bravi" clinici, che fanno la fortuna dei mass-media (così come la fanno le diverse (!) bellezze femminili che accompagnano i calendari del 2000), una società di MG, che deve mediare, nel quotidiano, gli immaginari di illusione e delusione, di novità e grigiore, sceglie anch'essa una scorciatoia, sintetica, con potere discriminante. E gli altri? Chi sa perché mi vengono in mente quegli alberghi del Sud-Est asiatico che con il bollino avvertivano che, lì, non si praticava pedofilia. E' una buona informazione sulla medicina nel suo complesso. A meno che tutti mettano alla lunga il bollino o si possa optare tra più colori.
E' più che tempo di dar ragione della citazione, nel titolo, dei panettoni. Non è un'anticipazione natalizia. La citazione è rubata da un testo molto bello di C. Magris sul Giubileo (CdS, 3/10/99). Magris parla delle strategie della Chiesa per "accreditarsi", attraverso (anche) le tante proposte di indulgenza, modernità, la produzione di "eventi", e commenta: " l'opzione è sempre tra il lievito, e un panettone bene in vista".
P.S: Per chi volesse verificare che le problematiche citate non sono tanto casuali o bizzarre, possono essere utili:
a. la lettura, anche solo dell'indice, del numero di Ottobre 1999 dell'Am J Pub Health, che offre un buon pro-memoria dei tanti sinonimi di "guerra" che la medicina incrocia oggi nelle sue scelte di fondo, e nella definizione delle sue priorità organizzative e di contenuti;
b. il dossier curato da F. Roila, lungo tre numeri di una rivista che va agli oncologi (Tecné - Update in Oncology and Hematology) sul rapporto tra novità farmacologiche, rilevanza clinica, costi, attività di EMEA/FDA, punti di vista dei diversi "attori" della sanità, informazioni date a medici e pazienti.