Una terapia antibiotica viene giudicata inappropriata non solo quando non ve ne sia l'indicazione, ma anche quando non sono corrette la posologia, la via di somministrazione o la durata. Ognuno di questi aspetti interferisce con l'efficacia della terapia e si traduce in aumento degli effetti indesiderati, aumento dei costi e induzione di resistenze. Fornire indicazioni per una "corretta durata" della terapia antibiotica può servire perciò non solo a migliorare l'esito del trattamento antibiotico, riducendo effetti indesiderati e costi1, ma ottimizzare la durata della terapia antibiotica può consentire di limitare la comparsa di resistenze2. Ridurre le dosi giornaliere e/o limitare la durata del trattamento antibiotico allo stretto necessario si traduce anche in una migliore aderenza alla durata raccomandata poiché è noto come nel 60% dei casi i pazienti interrompano la terapia prima del termine stabilito e come ciò avvenga in maniera crescente nei giorni successivi al miglioramento dei sintomi3,4.
Per molte situazioni cliniche vi sono pochi dati in letteratura a supporto delle raccomandazioni tradizionali sulla durata del trattamento; inoltre gli studi sono spesso datati, oppure eseguiti con antibiotici diversi da quelli oggi di uso più comune ed in contesti epidemiologici molto differenziati. Spesso vengono proposti dei "range" di durata che molto lasciano alla discrezionalità del singolo medico che di frequente è portato a scegliere il limite superiore di durata. Difficoltà metodologiche ancora maggiori si incontrano nei trials che hanno valutato l'equivalenza clinica o microbiologica di trattamenti di durata più breve.
In alcuni di questi5 si parte dall'assunto della necessità di un trattamento antibiotico per situazioni cliniche come, ad esempio, la bronchite acuta per le quali la indicazione al trattamento antibiotico non è mai stata dimostrata in maniera inequivocabile; le sperimentazioni sono spesso sostenute da ditte produttrici che cercano di rianimare antibiotici in difficoltà.
Inoltre, non sempre la riduzione della durata di una terapia antibiotica si traduce in reali risparmi economici in quanto alcune molecole proposte per la "short-term therapy" possono essere più costose oppure i benefici clinici per il paziente possono arrivare anche molto tempo dopo il termine della terapia (es. riduzione o scomparsa dei sintomi urinari dopo trattamento in monodose delle IVU basse o normalizzazione tardiva della obiettività locale dopo trattamento della erisipela).
Le variabili cliniche
Quando si decida di testare l'efficacia di un trattamento più breve devono essere prese in considerazione alcune delle variabili cliniche che entrano in campo a determinare il successo di una terapia antibiotica (Tabella 1).
Innanzitutto, affinché una terapia breve possa essere efficace il paziente dovrebbe essere immunocompetente e non dovrebbero essere presenti anomalie anatomiche o funzionali dell'organo colpito. L'inadeguata penetrazione dell'antibiotico nella sede di infezione è una delle principali cause di fallimento della terapia. Il farmaco attivo (libero dalla albumina) deve raggiungere il germe all'interno dei tessuti nella concentrazione necessaria ad inibirne la crescita e deve restarvi per il tempo necessario ad esercitare la sua azione.
In pazienti con elevati volumi di distribuzione (ritenzione idrica, scompenso cardiaco, ascite, pleurite, ipoalbuminemia, ecc.) è necessario aumentare le dose giornaliera per consentire una adeguata esposizione al farmaco nella sede di infezione. Per lo stesso motivo, l'organo bersaglio dovrà essere adeguatamente perfuso (ad esempio correggendo una ipovolemia da disidratazione).
Poiché molti antibiotici sono attivi su germi in fase di attiva replicazione, appaiono candidate ad una terapia breve le infezioni caratterizzate da popolazioni batteriche in rapida crescita e nelle quali il sito bersaglio viene frequentemente esposto all'antibiotico. Viceversa, le infezioni dovute a germi annidati in siti difficilmente accessibili (es. cervello, prostata, ascessi, granulomi, corpi estranei, ecc.) o le infezioni da patogeni intracellulari non sono candidate ideali per una terapia di breve durata.
In linea di massima, dunque, una terapia antibiotica short-term può essere prefigurata per pazienti immunocompetenti, con infezioni non complicate e non pericolose per la vita, delle superfici (ben irrorate) del tratto respiratorio superiore o inferiore, dell'apparato gastrointestinale, dell'apparato urinario o per le infezioni cutanee più superficiali.
Celluliti non complicate della cute ed erisipela
Molti pazienti con erisipela o celluliti cutanee superficiali non complicate da ulcere o ascessi migliorano con una terapia empirica contro lo Streptococcus pyogenes. La principale caratteristica di queste infezioni è quella di essere paucibacillari (le batteriemie sono rare ed è difficile isolare lo streptococco dalle lesioni), ma caratterizzate da una violenta reazione infiammatoria che spiega l'esordio spesso brutale dei sintomi (febbre alta, brividi) che possono precedere anche di molte ore l'arrossamento cutaneo. Le raccomandazioni tradizionali suggeriscono di continuare il trattamento per 3 giorni dopo la risoluzione della flogosi acuta lasciando dunque ampio margine alla valutazione soggettiva. In questi pazienti, però, la risoluzione dell'edema e della flogosi è sempre molto lenta (soprattutto se coesiste una insufficienza venosa o un linfedema) per cui il paziente è frequentemente esposto a trattamenti antibiotici inutilmente prolungati. A tutt'oggi, tuttavia, è stato pubblicato un solo studio di qualità accettabile che ha mostrato l'equivalenza di un trattamento antibiotico breve (5 giorni) rispetto ad un trattamento tradizionale per questa indicazione6.
Faringotonsillite da Streptococco beta-emolitico di gruppo A
Gli obiettivi principali della terapia della tonsillite streptococcica possono essere così sintetizzati:
- riduzione (lieve, 8 ore in media) della durata dei sintomi quando la terapia venga iniziata entro 48 ore (ma c'è il dubbio che la terapia precoce possa inibire la risposta anticorpale favorendo così le recidive);
- prevenzione delle complicanze suppurative locali;
- prevenzione del Reumatismo Articolare Acuto.
La durata tradizionale della terapia (10 gg di penicillina orale) è ormai consolidata da 50 anni. Nel 10-25% dei pazienti vi è un fallimento microbiologico (non clinico) legato soprattutto a problemi di compliance o di produzione di betalattamasi da parte di altri germi presenti in orofaringe. Nel corso degli anni questo trattamento tradizionale è stato confrontato con 6 gg. di amoxicillina (equivalenza), 5 gg. di amoxiclavulanato (equivalenza), 4-5 gg. di una cefalosporina orale (equivalenza o superiorità microbiologica). Anche 5 giorni di azitromicina, telitromicina e claritromicina a rilascio modificato sono equivalenti a 10 gg di penicillina. L'azitromicina per 3 gg è equivalente microbiologicamente e clinicamente, ma solo per dosaggi attorno a 20 mg/kg/die.
Nonostante questi dati siano supportati da un gran numero di studi, molte Organizzazioni Scientifiche7 appaiono ancora riluttanti a raccomandare trattamenti brevi nelle loro Linee Guida, probabilmente alla luce della variabile distribuzione geografica delle resistenze dello streptococco.
Bronchite acuta
La bronchite acuta non complicata dell'adulto sano non deve essere trattata con antibiotici tranne quando vi sia il sospetto di pertosse (10-20% dei pazienti con tosse persistente per più di 2 settimane) al fine di ridurre la diffusione della infezione nella popolazione8.
Riacutizzazione di BPCO
Il trattamento antibiotico della riacutizzazione della BPCO è stato dibattuto per anni. Una metanalisi ha infine dimostrato un piccolo, ma statisticamente significativo, miglioramento dei sintomi9 soprattutto per le forme clinicamente più impegnative. La durata tradizionale del trattamento è di 7-10 giorni.
L'analisi di sottogruppi di oltre 6.000 pazienti inclusi negli studi condotti tra il 1988 e il 2001 ha mostrato una equivalenza clinica e batteriologica di 3-5 gg di terapia rispetto ai tradizionali 8-14 gg. L'equivalenza appare distribuita in maniera uniforme tra le varie classi di antibiotici utilizzati: amoxicillina ad alte dosi, amoxiclavulanato, cefalosporine orali di seconda e terza generazione, chinoloni ad attività antipneumococcica, telitromicina, azitromicina e claritromicina10.
Anche in questo caso, nonostante gli studi siano numericamente consistenti, molte Società Scientifiche11continuano a mantenere nelle loro Linee Guida un atteggiamento prudenziale poiché non vi sono dati sull'impatto della variabile distribuzione delle resistenze nelle varie parti del mondo. Nelle sue raccomandazioni più recenti, tuttavia, una delle Organizzazioni più autorevoli non fa più riferimento ad una durata consigliata della terapia12.
Otite media acuta (OMA)
Per quanto riguarda la durata del trattamento, in mancanza di elementi basati su una buona evidenza ed estrapolando i dati relativi alla tonsillite, viene abitualmente raccomandato di trattare l'otite media acuta per 10 giorni13.
Il razionale di trattamenti più brevi è supportato sia da studi su animali che dalla constatazione della eradicazione batterica all'interno della cassa timpanica già al terzo-quarto giorno di terapia14. In letteratura sono numerosi gli studi15,16 che hanno confrontato terapie brevi e terapie tradizionali nella OMA del bambino. Gli studi sono molto diversi tra loro per disegno, numerosità del campione, popolazione studiata (età, setting, nazione ecc.), tipo e posologia dell'antibiotico, predefinizione o meno dei criteri di diagnosi, valutazione microbiologica pre-post con timpanocentesi, definizione degli outcome e monitoraggio della compliance. Nonostante questi limiti, essi sembrano indicare che una singola dose i.m. di ceftriaxone, 3-5 gg di amoxicillina, amoxiclavulanato, cefaclor, cefpodoxime e azitromicina sono in linea di massima efficaci quanto la terapia standard di 10 gg.
Le terapie di 10 giorni sembrano essere gravate da un minor numero di fallimenti, recidive o reinfezioni nelle valutazioni precoci (a 8-19 giorni) mentre gli stessi parametri sono sovrapponibili tra i 2 tipi di trattamento nelle valutazioni più tardive (a 20-42 giorni).
Il consenso attuale è che il trattamento breve è preferibile per la OMA non complicata del bambino oltre i 2 anni. La terapia standard di 10 gg è ancora raccomandata per il bambino di meno di 2 anni (specialmente se frequenta l'asilo), se la malattia è grave o complicata (perforazione della membrana, storia di otite cronica o ricorrente17).
Sinusite acuta
Al pari di quanto avviene per l'otite acuta, anche nella sinusite i sintomi di infezione batterica sono alquanto aspecifici e il prelievo microbiologico non viene effettuato routinariamente a supporto della diagnosi. Anche la sensibilità e la specificità delle indagini radiografiche sono molto controverse.
Agli studi sulla durata della terapia antibiotica della sinusite possono pertanto essere applicate le stesse perplessità metodologiche già sottolineate per l'OMA. La durata abitualmente raccomandata della terapia della sinusite batterica con amoxicillina ad alte dosi, amoxiclavulanato, cefalosporine orali di seconda e terza generazione, chinoloni ad attività antipneumococcica, telitromicina o azitromicina/claritromicina a seconda delle resistenze locali è di 7-14 giorni18,19.
Esistono pochi studi specificamente disegnati per confrontare durate diverse dello stesso antibiotico20,21. Una analisi degli studi pubblicati negli ultimi anni mostra comunque una sostanziale equivalenza clinica e batteriologica di trattamenti di 3-5 giorni rispetto a trattamenti di 8-10 giorni22.
Occorre però sempre ricordare che è molto difficile dimostrare un vantaggio di un trattamento breve in patologie ad elevata probabilità di guarigione spontanea.
Polmonite contratta in comunità (CAP)
Anche nella Polmonite Acquisita in Comunità valgono i limiti riportati per sinusite e otite media acuta per quanto riguarda l'appropriatezza degli end-point scelti per definire una risposta alla terapia. Le valutazioni microbiologiche pre e post trattamento sono ancora più scarse o aleatorie e la stessa "risposta clinica" è di difficile definizione. Inoltre, la presenza di patologie concomitanti e/o batteriemia, la gravità del paziente all'inizio della terapia ed il tipo di patogeno in causa sono altre variabili che rendono difficile la pianificazione e l'attuazione di studi che vogliano confrontare durate tradizionali rispetto a trattamenti più brevi.
Alcune Linee Guida23mantengono un atteggiamento prudenziale (2-3 settimane per Mycoplasma e Chlamydia, 21 giorni per S. aureus, 21 giorni per la Legionella, 3-5 gg dopo lo sfebbramento per lo pneumococco).
Negli ultimi anni la disponibilità di farmaci con migliore farmacocinetica (lunga emivita, migliore penetrazione tessutale) ha indotto ad esplorare la possibilità di trattamenti più brevi per la CAP24.
I vantaggi in termini di riduzione delle resistenze sembrano evidenti (il rischio di diventare portatori di pneumococchi a bassa sensibilità alla penicillina aumenta di 3-6 volte per trattamenti prolungati o con bassi dosaggi di betalattamici), così come l'effetto su compliance, effetti collaterali e costi25.
A parità di efficacia, la necessità di migliorare la compliance e di ridurre i costi della terapia sembra rendere praticabile una terapia di 3-5 giorni nella CAP del bambino sia nei paesi in via di sviluppo26 che nei paesi ad alto standard sanitario27.
Uno studio recente in pazienti adulti non particolarmente gravi28 ha mostrato uno sfebbramento più precoce ed una sostanziale equivalenza clinica e microbiologica per levofloxacina 750 mg al dì per 5 gg rispetto a levofloxacina 500 mg al giorno per 10 gg. Il dato è interessante anche se un po' confondente giacché vengono valutati in contemporanea due parametri differenti (dose e durata del trattamento).
Una riduzione della durata della terapia della polmonite sembra praticabile e vantaggiosa anche nei pazienti in terapia intensiva29,30.
Infezioni urinarie
A differenza di quanto avvenuto per la maggior parte delle infezioni respiratorie, gli studi che hanno riguardato i trattamenti brevi delle infezioni urinarie (dose singola, trattamenti di 3 gg) hanno potuto avvalersi in maniera sistematica della valutazione microbiologica a distanza.
I trattamenti brevi si applicano esclusivamente alle IVU "basse" o "non complicate".
Le infezioni "complicate" (pielonefrite, gravidanza, presenza di catetere, anomalie del flusso urinario, diabete, sesso maschile, recente ricovero o recente terapia antibiotica, ecc) richiedono invariabilmente una terapia di 10-15 gg.
Il trattamento delle IVU non complicate delle basse vie urinarie della donna e delle IVU dell'anziano sono già state oggetto di precedenti rassegne sulla rivista31,32; rimangono valide le conclusioni allora espresse33,34.
Nelle IVU basse, indipendentemente dall'antibiotico utilizzato, il trattamento in dose singola è, in generale, meglio accettato ma meno efficace del trattamento di 3-5 o più giorni. Il potenziale risparmio ottenuto con una dose singola (peraltro trascurabile, ad esempio, per un farmaco di per sé costoso come la fosfomicina-trometamolo) potrebbe essere assorbito dai costi necessari alla diagnosi ed al trattamento di eventuali ricadute. Inoltre, alcune pazienti continuano a riferire disuria 48-72 ore dopo un trattamento microbiologicamente efficace.
Non vi sono differenze tra trattamenti di 3 gg vs. 5-10 gg nelle percentuali di fallimento per quanto riguarda i sintomi nelle valutazioni sia a breve che a lungo termine. Dal punto di vista microbiologico 3 giorni di terapia sono meno efficaci di 5-10 giorni sia nei controlli a breve (1-2 settimane) che (ed ancor più) a lungo termine (3-6 settimane)35. I trattamenti più prolungati sono più gravati da effetti indesiderati.
Anche nei bambini oltre i 5 anni e privi di anomalie anatomiche, un trattamento di 2-4 giorni è equivalente ad un trattamento di 7-14 giorni per quanto riguarda eradicazione microbica e rischio di ricorrenze36.
Il cotrimoxazolo e i chinoloni sono tra i farmaci più impiegati per il trattamento delle infezioni urinarie in ambito comunitario. Occorre, purtroppo, segnalare un preoccupante aumento delle resistenze a queste molecole. Nel 2003, in Emilia Romagna, il 21% dei ceppi di E. coli urinari è risultato resistente al cotrimoxazolo ed il 16% è risultato resistente ai chinolonici37.
Conclusioni
Anche se le durate tradizionali di terapia si fondano essenzialmente su elementi empirici, questo non significa che le terapie possano essere accorciate in maniera arbitraria. Vi è una evidenza sempre maggiore, tuttavia, che terapie antibiotiche brevi e ad alto dosaggio presentino, in pazienti selezionati, efficacia e tollerabilità equivalente o a volte maggiore rispetto a posologie e durate "tradizionali".
Sul territorio, come in ospedale, è sempre una scelta saggia la rivalutazione della necessità di proseguire la terapia antibiotica dopo 3-5 giorni, tenendo presente che occorrono sempre motivi fondati per proseguire un trattamento oltre il decimo giorno (Tabella 2).
L'obiettivo principale di una terapia antibiotica somministrata ad alto dosaggio e condotta per un breve periodo è quello di ottenere una rapida eradicazione dei patogeni e ridurre il più possibile la pressione selettiva in grado di favorire la comparsa di resistenze batteriche, evitando nel contempo il rischio di ricadute.
Le terapie brevi si applicano soprattutto ad antibiotici come i chinoloni o i nuovi macrolidi con proprietà farmacodinamiche caratterizzate da attività concentrazione-dipendente (l'azione antibatterica è tanto migliore quanto più elevata è la concentrazione plasmatica rispetto alla MIC), e con un prolungato effetto postantibiotico (l'effetto di inibizione batterica si mantiene anche per concentrazioni plasmatiche inferiori alla MIC). La short therapy con azitromicina è piuttosto un "falso" trattamento breve in ragione della prolungata emivita del farmaco.
Le terapie brevi possono migliorare la compliance38 e a volte risultano meno costose.
Nonostante le comprensibili difficoltà metodologiche occorrerà insistere nella pianificazione di studi che permettano di applicare ad altre situazioni cliniche questa strategia del "colpire duro, colpire presto e ritirarsi in fretta".
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