La gatifloxacina è un agente antibatterico della classe dei fluorochinoloni (8-metossi derivato) appartenente a quel gruppo di composti di più recente generazione definiti "a spettro esteso" in quanto caratterizzati, rispetto ai fluorochinoloni più vecchi come la ciprofloxacina o l'ofloxacina, da una migliorata attività inibitoria sui cocchi Gram-positivi, sugli anaerobi e sugli agenti atipici, pur mantenendo anche una buona attività sui Gram-negativi. Il meccanismo d'azione della gatifloxacina, come degli altri fluorochinoloni, consiste nella inibizione degli enzimi DNA girasi e topoisomerasi IV delle specie batteriche suscettibili; ciò determina un'alterazione dei processi di replicazione, riparazione e trascrizione del DNA batterico con il conseguente blocco della replicazione cellulare e dell'espressione genica. Sebbene i vari fluorochinoloni possano differire per la loro attività preferenziale sull'uno o l'altro enzima, la gatifloxacina ha una elevata affinità per entrambi i bersagli molecolari dei fluorochinoloni, bloccando in ugual misura sia la DNA girasi sia la topoisomerasi IV (dual-targeting quinolones).
Lo spettro di attività antimicrobica della gatifloxacina è piuttosto ampio comprendendo Gram-positivi, Gram-negativi, molti degli anaerobi, agenti atipici e micobatteri. In particolare la gatifloxacina è attiva in vitro su S. pneumoniae compresi i ceppi penicillino- e macrolido-resistenti, S. pyogenes e gli streptococchi viridanti, S. epidermidis, S. aureus meticillino-sensibile (MSSA) e Bacillus spp. Il farmaco è inoltre attivo sui Gram-negativi H. influenzae e parainfluenzae, Moraxella catarrhalis, sulle Enterobacteriacee, Neisseria gonorrhoeae, Legionella spp. eCampylobacter jejuni. La gatifloxacina, a differenza dei fluorochinoloni più vecchi, presenta una buona attività in vitro anche nei confronti della maggior parte degli anaerobi, paragonabile a quella di imipenem, clindamicina e metronidazolo in alcuni studi, anche se i dati sono stati in qualche misura discordanti in alcuni altri studi doveFusobacterium spp e Bacteroides spp hanno mostrato una ridotta suscettibilità. Il farmaco è anche attivo suChlamydia pneumoniae, Mycoplasma hominis, Ureaplasma urealyticum e Mycobacterium tuberculosis. La gatifloxacina dimostra invece attività più variabile o scarsa nei confronti di enterococchi, S. aureus meticillino-resistente (MRSA), stafilococchi coagulasi negativi, P. aeruginosa e Acinetobacter spp. Un effetto post-antibiotico di durata variabile tra 0,5 e 4,5 ore viene esercitato nei confronti dei principali cocchi Gram-positivi ed enterobacteriacee. Farmacocinetica
La biodisponibilità orale della gatifloxacina è pressoché completa (circa 96%) e la formulazione orale e quella endovenosa sono considerate bioequivalenti ed intercambiabili. L'assorbimento orale è rapido determinando un picco di concentrazione plasmatica in 1-2 ore, non influenzato dai pasti. Il volume di distribuzione apparente è ampio come per i fluorochinoloni in generale, mentre la quota di legame sieroproteico è bassa (20%); la penetrazione tessutale è buona con concentrazioni elevate e persistenti nei tessuti e fluidi dell'apparato respiratorio e genitourinario, distretti dove queste sono state studiate in dettaglio. Non è noto se il farmaco sia escreto nel latte materno umano, sebbene ciò avvenga nell'animale. La gatifloxacina viene metabolizzata solo in minima parte e viene eliminata primariamente dal rene; la quota di farmaco che viene eliminata immodificata per via urinaria è attorno all'80-90%; il 5-6% viene eliminato immodificato per via bilio-fecale. L'emivita plasmatica media di eliminazione è di 7-9 ore ed è simile per la formulazione orale ed endovenosa. Essendo la clearance della gatifloxacina strettamente dipendente dalla clearance della creatinina, il dosaggio del farmaco deve essere ridotto nei pazienti con insufficienza renale moderata-grave (clearance della creatinina inferiore a 40 ml/min). Non sembra essere necessaria una riduzione di dosaggio nei pazienti con insufficienza epatica lieve-moderata, ma non esistono dati sufficienti in pazienti con disfunzione epatica grave. La gatifloxacina ha il vantaggio di non presentare il rischio di interazioni potenzialmente pericolose con i farmaci metabolizzati dal citocromo P450 dal momento che non è substrato di tale sistema enzimatico e non sembra interferire con la farmacocinetica di warfarin, teofillina e benzodiazepine. La cosomministrazione con la digossina può elevare la concentrazione plasmatica di quest'ultima, generalmente in misura modesta (12%), tuttavia è necessario un monitoraggio clinico attento dei potenziali effetti tossici in quanto in alcuni individui l'incremento della biodisponibilità della digossina può risultare di maggiore entità. In pazienti che ricevevano ipoglicemizzanti orali si sono verificati con la gatifloxacina disturbi glicometabolici (ipo-iper-glicemia sintomatica) con meccanismo non noto, per cui è raccomandabile un più stretto controllo clinico durante la somministrazione contemporanea di questi farmaci. Come per i fluorochinoloni in generale, anche l'assorbimento orale della gatifloxacina viene significativamente ridotto dagli antiacidi contenenti magnesio o alluminio, dai preparati a base di ferro o contenenti zinco (multivitaminici). La gatifloxacina può potenzialmente prolungare l'intervallo QTc, effetto condiviso con altri fluorochinoloni; poiché a questo riguardo i dati di sicurezza sono ancora limitati, la co-somministrazione della gatifloxacina con farmaci che determinano un allungamento del QTc quali gli antiaritmici di classe I e III (es. procainamide, chinidina, sotalolo, amiodarone) non è raccomandabile.
Efficacia clinica e sicurezza
L'efficacia terapeutica della gatifloxacina è stata valutata in studi clinici randomizzati di fase III nel trattamento delle infezioni delle alte e basse vie aeree (polmonite acquisita in comunità, bronchite cronica riacutizzata, sinusite acuta), nel trattamento delle infezioni delle vie urinarie complicate e non complicate, delle infezioni cutanee non complicate e della gonorrea1. Nel trattamento della polmonite acquisita in comunità, la gatifloxacina 400 mg/die, inizialmente endovena e poi orale, è risultata altrettanto efficace sul piano clinico e microbiologico del ceftriaxone associato o meno all'eritromicina, seguiti o meno da claritromicina orale, in uno studio clinico randomizzato, in doppio cieco in pazienti ospedalizzati2. E' risultata inoltre altrettanto efficace della claritromicina3,4, dell'amoxicillina/clavulanico5 e della levofloxacina6 in altri quattro studi clinici randomizzati, in doppio cieco, due dei quali pubblicati solamente come abstract. Nel trattamento della bronchite cronica riacutizzata, un ciclo breve di 5 giorni con gatifloxacina orale, 400 mg/die, è risultato altrettanto efficace della stessa gatifloxacina per 7 giorni e di un ciclo di 10 giorni con claritromicina in uno studio clinico randomizzato, in doppio cieco7, mentre in un altro studio pubblicato solo come abstract, lo stesso ciclo breve di gatifloxacina per 5 giorni ma al dosaggio dimezzato di 200 mg/die è risultato altrettanto efficace di 400 mg/die, nonché dell'amoxicillina/clavulanico somministrata per 10 giorni8. Nel trattamento della sinusite acuta batterica la gatifloxacina per 10 giorni è risultata altrettanto efficace della claritromicina per 14 giorni in uno studio randomizzato, in doppio cieco9, mentre in un altro studio randomizzato, in singolo cieco, un corso di trattamento breve di 5 giorni con gatifloxacina è risultato equivalente ad un trattamento di durata standard di 10 giorni con la stessa gatifloxacina o con amoxicillina/clavulanico.10 Nel trattamento delle infezioni non complicate delle vie urinarie in pazienti di sesso femminile, la gatifloxacina in singola dose di 400 mg è risultata clinicamente e microbiologicamente equivalente ad una terapia di 3 giorni con lo stesso farmaco 200 mg s.i.d. o con ciprofloxacina 100 mg b.i.d. o 250 mg b.i.d. in due studi clinici randomizzati, in doppio cieco dei quali uno è stato pubblicato solo come abstract11-12. Nelle infezioni complicate delle vie urinarie la gatifloxacina al dosaggio di 200 mg/die e 400 mg/die è risultata altrettanto efficace sul piano clinico e microbiologico della ciprofloxacina 500 mg b.i.d. in due studi clinici randomizzati, in doppio cieco, dei quali uno è stato pubblicato solo come abstract13-14. Nel trattamento della gonorrea non complicata (uretrale, cervicale, rettale, faringea) una singola dose di gatifloxacina, 400 mg, si è dimostrata clinicamente e microbiologicamente equivalente a 600 mg dello stesso farmaco e a 400 mg di ofloxacina in uno studio clinico randomizzato, in doppio cieco15. Nel trattamento delle infezioni non complicate della cute e dei tessuti molli l'efficacia della gatifloxacina è stata finora valutata in un solo studio clinico (randomizzato e in doppio cieco) su 407 pazienti, in cui è stata confrontata con la levofloxacina, risultando clinicamente e microbiologicamente equivalente16.
Il profilo di tollerabilità della gatifloxacina attualmente conosciuto, come emerso dagli studi clinici di fase II e III appare buono, con effetti indesiderati quasi sempre di entità lieve-moderata e tali da determinare l'interruzione del trattamento in poco meno del 3% dei pazienti. Negli studi clinici comparativi la frequenza globale di reazioni avverse della gatifloxacina è stata sostanzialmente pari a quella di ciprofloxacina, ofloxacina, levofloxacina, ceftriaxone, claritromicina e cefuroxima axetil. Quelli più frequentemente riportati sono nausea (8%), vaginite (6%), diarrea (4%) e cefalea (4%). Altri effetti indesiderati meno comuni sono vomito, dolore addominale, vertigini, acufeni, tremori, disturbi visivi e rash cutaneo. Sebbene molto raramente, con l'uso della gatifloxacina si sono anche verificati trombocitopenia, epatite, convulsioni, rottura tendinea. In studi sperimentali in vivo il potenziale fototossico della gatifloxacina sembra essere scarso rispetto a quello di altri fluorochinoloni, ma questo potenziale vantaggio richiede conferma dai dati comparativi di tollerabilità provenienti da studi clinici più ampi, nonostante finora non siano mai stati riportati episodi di fotosensibilizzazione nei vari studi clinici con il farmaco. La gatifloxacina, come altri fluorochinoloni, ha la capacità potenziale di prolungare l'intervallo QTc in alcuni pazienti e durante la farmacovigilanza post-marketing sono già stati riportati episodi di torsione di punta con una frequenza stimata probabilmente superiore a quella di altri fluorochinoloni quali levofloxacina, ciprofloxacina e moxifloxacina (27 eventi ogni 10.000 prescrizioni di gatifloxacina). E' questo l'effetto indesiderato più rilevante dal punto di vista clinico, effetto che pone un punto interrogativo sul rapporto beneficio/rischio del farmaco. Con l'uso della gatifloxacina endovena, segni di irritazione locale nella sede di iniezione possono essere frequenti (5-20%). La sicurezza della gatifloxacina durante la gravidanza non è nota ed il farmaco è controindicato nelle gestanti, durante l'allattamento e sotto i 18 anni di età.
Le indicazioni posologiche che emergono per la gatifloxacina dalle prove di efficacia comparativa sopramenzionate sono 400 mg in singola dose orale per il trattamento della gonorrea e delle infezioni urinarie non complicate; l'alternativa per queste ultime è 200 mg/die, per via orale, per 3 giorni. Per il trattamento della bronchite riacutizzata, delle infezioni urinarie complicate e della pielonefrite, della sinusite acuta e della polmonite contratta in comunità il dosaggio giornaliero è di 400 mg e la durata rispettivamente di 5 giorni, 7-10 giorni, 10 giorni e 7-14 giorni. Essendo la formulazione orale bioequivalente a quella endovenosa non è necessaria alcuna variazione di dosaggio nel passaggio dall'una all'altra, facilitando lo step-down del trattamento e la continuazione domiciliare di terapie iniziate in ambiente ospedaliero, tuttavia la formulazione endovenosa non è ancora ovunque disponibile in Europa.
Ruolo terapeutico
I dati sopramenzionati suggeriscono che il possibile ruolo terapeutico della gatifloxacina dovrebbe essere sostanzialmente simile a quello già ben consolidato degli altri agenti della classe dei fluorochinoloni. In altri termini la gatifloxacina appare un'aggiunta ad una sempre più numerosa classe di agenti antibatterici che hanno già dimostrato un'affidabile efficacia terapeutica per infezioni di vario genere (respiratorie, genito-urinarie, cutanee, osteo-articolari, addomino-pelviche, ecc.). Rispetto ai vecchi fluorochinoloni già ampiamente consolidati nell'uso clinico, la gatifloxacina, come gli altri nuovi fluorochinoloni a spettro esteso, offre il potenziale vantaggio di una migliorata attività in vitro nei confronti di importanti patogeni Gram-positivi come stafilococchi e pneumococco anche penicillino-resistente, degli agenti respiratori atipici e degli anaerobi. Questo sembra prospettare, se non altro, un ruolo del nuovo fluorochinolone rispetto a quelli più vecchi già disponibili, nel trattamento delle infezioni respiratorie in generale e della polmonite acquisita in comunità in particolare. Per altro, se da una lato questi potenziali vantaggi rispetto ai vecchi fluorochinoloni vanno pesati contro un profilo di sicurezza inevitabilmente molto meno definito rispetto agli agenti già in uso da tempo, dall'altro nessun dato clinico di efficacia finora disponibile dimostra che nel trattamento delle infezioni respiratorie questo nuovo fluorochinolone sia superiore agli antibiotici tradizionalmente utilizzati per questa indicazione (macrolidi e beta-lattamici). Nonostante la gatifloxacina offra in vitro una elevata attività contro lo pneumococco penicillino-resistente, patogeno epidemiologicamente emergente in alcune aree geografiche, sebbene non ancora in Italia, i dati di efficacia clinica e batteriologica nei pazienti con infezioni causate da pneumococco penicillino-resistente ricavabili dagli studi clinici sono al momento alquanto limitati; la gatifloxacina non è approvata per il trattamento delle infezioni sostenute da pneumococco penicillino-resistente e sono necessari risultati di ulteriori studi clinici su più larga scala per chiarire il suo ruolo in questo specifico contesto. Sebbene alcune linee guida di trattamento empirico della polmonite acquisita in comunità abbiano sostenuto l'uso della gatifloxacina e degli altri fluorochinoloni a spettro esteso (levofloxacina e moxifloxacina) come terapia di prima linea quando lo pneumococco è probabilmente implicato, più recentemente è stata invece sottolineata la preoccupazione circa il riscontro di una emergente resistenza dei cocchi Gram-positivi verso i fluorochinoloni, e dello pneumococco in particolare, anche verso i nuovi agenti a spettro esteso (0,2%), resistenza associata al crescente uso di questa classe di farmaci al di fuori dell'ospedale. Conseguentemente, in accordo con alcune autorità scientifiche (Drug-Resistant Streptococcus pneumoniae Therapeutic Working Group, 2000)17, l'uso dei nuovi fluorochinoloni a spettro esteso nel trattamento della polmonite acquisita in comunità dovrebbe essere considerato come terapia di seconda linea e riservato a:
pazienti in cui è fallito il trattamento iniziale con un agente antipneumococcico empirico tradizionale;
pazienti allergici ai farmaci alternativi tradizionali;
pazienti con infezione documentata da pneumococco con resistenza di alto grado alla penicillina (MIC uguale o superiore a 4 mcg/ml).
Rispetto agli altri fluorochinoloni a spettro esteso, nelle polmoniti la gatifloxacina è risultata equivalente, ma non superiore, alla levofloxacina, sulla base di dati molto limitati mentre non esistono affatto dati di confronto con la moxifloxacina, anch'essa altrettanto attiva sullo pneumococco. Anche per altre indicazioni, dove i fluorochinoloni più vecchi sono tradizionalmente tra i farmaci di scelta e dove sono prevalentemente implicati bacilli Gram-negativi, il ruolo di questo nuovo fluorochinolone sembra richiedere ancora una migliore definizione, in particolare nelle infezioni urinarie complicate sostenute da patogeni resistenti, nelle infezioni cutanee complicate, nelle infezioni con probabile partecipazione di P. aeruginosa, come la fibrosi cistica e l'otite esterna in cui la ciprofloxacina dovrebbe ancora essere il fluorochinolone di scelta, nella terapia empirica delle enterocoliti gravi in pazienti critici, nelle infezioni complicate intraaddominali, nelle infezioni osteo-articolari, nelle infezioni del neutropenico. In sintesi la gatifloxacina, come gli altri nuovi fluorochinoloni, può essere una valida aggiunta ai fluorochinoloni tradizionalmente in uso e all'armamentario antibiotico già disponibile, per il trattamento di svariati tipi di infezione, ma non sembra rivestire l'importanza di un sostanziale avanzamento terapeutico. Per preservarne la validità e l'utilità clinica in futuro, prevenendo l'insorgenza ed il precoce dilagare di resistenze batteriche, il suo impiego empirico nella comunità, dovrebbe essere scrupolosamente limitato, come del resto quello dei nuovi fluorochinoloni in generale. Le Tabelle 1, 2, 3, riassumono i punti
Moxifloxacina
Struttura e attività
La moxifloxacina (Avalox, Bayer - Octegra, Lilly) è un agente antibatterico della classe dei fluorochinoloni (8-metossi derivato) come la gatifloxacina; come quest'ultima, appartiene a quel gruppo di composti di più recente generazione definiti "a spettro esteso" in quanto caratterizzati, rispetto ai fluorochinoloni più vecchi come la ciprofloxacina o l'ofloxacina, da una migliorata attività inibitoria sui cocchi Gram-positivi, sugli anaerobi e sugli agenti atipici, pur mantenendo anche una buona attività sui Gram-negativi. Il meccanismo d'azione della moxifloxacina, come degli altri fluorochinoloni, consiste nella inibizione degli enzimi DNA girasi e topoisomerasi IV delle specie batteriche suscettibili, che determina l'alterazione dei processi di replicazione, riparazione e trascrizione del DNA batterico con il conseguente blocco della replicazione cellulare e dell'espressione genica. Sebbene tutti i fluorochinoloni inibiscano entrambi i bersagli molecolari, questo può avvenire con potenza diversa sull'uno e l'altro enzima. Il bersaglio "primario" può quindi essere diverso a seconda dei vari fluorochinoloni; in relazione a questo aspetto, i composti di più recente generazione (moxifloxacina, gatifloxacina, sparfloxacina) possono differire dagli agenti più vecchi: la moxifloxacina fa parte di quei derivati noti come "dual-targeting quinolones" in quanto dotata di una affinità intrinseca elevata e molto simile per entrambi i due enzimi batterici bersaglio. Questa caratteristica potrebbe essere alla base della ridotta tendenza della moxifloxacina a selezionare in vitro ceppi resistenti rispetto a fluorochinoloni più vecchi quali l'ofloxacina e la levofloxacina, nonché della minore influenza delle specifiche mutazioni geniche di resistenza ai fluorochinoloni sull'attività inibitoria in vitro della moxifloxacina rispetto a quella di altri agenti quali la ciprofloxacina, ofloxacina, levofloxacina e sparfloxacina. Questi dati in vitro sebbene interessanti, vanno comunque considerati nella loro giusta dimensione in quanto essi non solo appaiono limitati ai cocchi Gram-positivi, ma soprattutto richiedono di essere confermati da studi clinici su larga scala, non esistendo per il momento dati clinici che correlino la proprietà "dual-targeting" ad una riduzione del rischio di resistenze connesso con l'uso clinico di differenti fluorochinoloni.
Lo spettro di attività antimicrobica della moxifloxacina, come tipico dei fluorochinoloni, è molto ampio e comprende cocchi Gram-positivi, bacilli Gram-negativi, agenti atipici, anaerobi e micobatteri. In particolare la moxifloxacina è molto attiva in vitro su S. pneumoniae compresi i ceppi penicillino- e macrolido-resistenti, su S. pyogenes e gli streptococchi di gruppo A anche macrolide-resistenti. E' anche molto attiva su S. aureus meticillino-sensibile (MSSA), ma, sebbene più potente della ciprofloxacina su tale specie, i ceppi resistenti alla ciprofloxacina sembrano mostrare solo una suscettibilità borderline alla moxifloxacina. Il farmaco è invece molto attivo sui patogeni respiratori Gram-negativi H. influenzae e parainfluenzae, Moraxella catarrhalis, Bordetella pertussis e mantiene una buona attività sulle Enterobacteriacee, sebbene generalmente meno potente rispetto alla ciprofloxacina. La moxifloxacina inibisce inoltre i patogeni respiratori atipici Chlamydia pneumoniae, Mycoplasma pneumoniae eLegionella pneumophila. E' attiva su alcune specie di anaerobi quali Bacteroides spp, B. fragilis, Clostridium spp eFusobacterium in misura comparabile al metronidazolo. Studi in vitro ed in vivo hanno dimostrato una buona attività su Mycobacterium tuberculosis e in misura minore anche su M. avium intracellulare, M. kansasii e M. fortuitum. Il farmaco non è affidabilmente attivo in vitro su S. aureus meticillino-resistente (MRSA) ed è inattivo su P. aeruginosa. La moxifloxacina, come altri fluorochinoloni è battericida a concentrazioni simili o poco superiori alle MIC per la maggior parte delle specie suscettibili ed esercita un effetto post-antibiotico di durata crescente (> 1 ora) per concentrazioni pari o superiori alle MIC, nei confronti di vari cocchi Gram-positivi e bacilli Gram-negativi.
Farmacocinetica
L'assorbimento orale della moxifloxacina è pressoché completo (circa 90%), rapido (con picco di concentrazione plasmatica in 1-2 ore), e non influenzato dai pasti. Il volume di distribuzione apparente è ampio come per i fluorochinoloni in generale, mentre il legame sieroproteico è piuttosto basso (39%); la penetrazione tessutale è buona con concentrazioni elevate e persistenti nei tessuti e fluidi dell'apparato respiratorio e nella cute, distretti dove sono state particolarmente studiate. Dati sperimentali suggeriscono il passaggio del farmaco anche attraverso la barriera emato-encefalica e placentare, nonché la distribuzione nel latte materno. Il farmaco viene metabolizzato a livello epatico attraverso vie enzimatiche che non coinvolgono il citocromo P450 e che conducono ad un derivato sulfo-coniugato e ad un derivato glicurono-coniugato eliminati rispettivamente per via biliofecale ed urinaria. La quota di farmaco che viene eliminata immodificata è pari ad un 20% nelle feci ed altrettanto nelle urine. L'emivita plasmatica di eliminazione della moxifloxacina orale è attorno alle 12 ore e la clearance plasmatica del farmaco avviene prevalentemente attraverso meccanismi non renali. Non sembra essere necessario nessun aggiustamento di dose in pazienti con insufficienza renale o con insufficienza epatica lieve-moderata ma non esistono dati sufficienti in pazienti con grave disfunzione epatica o in dialisi. La moxifloxacina ha il vantaggio di non presentare il rischio di interazioni potenzialmente pericolose con i farmaci metabolizzati dal citocromo P450 dal momento che non condivide questa via metabolica e non sembra interferire con la farmacocinetica di warfarin, digossina, teofillina, ipoglicemizzanti orali o contraccettivi estroprogestinici. Al contrario, come per i fluorochinoloni in generale, il suo assorbimento orale viene significativamente ridotto dagli antiacidi contenenti magnesio o alluminio, dal sucralfato, e dai preparati a base di ferro o contenenti zinco (multivitaminici). La co-somministrazione di farmaci che prolungano l'intervallo QTc, quali gli antiaritmici di classe I e III (procainamide, chinidina, sotalolo, amiodarone), può determinare un effetto sinergico con il prolungamento indotto in alcuni pazienti dalla moxifloxacina ed è da considerare pericolosa e da evitare.
Efficacia clinica e sicurezza
L'efficacia terapeutica della moxifloxacina è stata valutata in studi clinici randomizzati di fase III nel trattamento delle infezioni delle alte e basse vie aeree (polmonite acquisita in comunità, bronchite cronica riacutizzata, sinusite acuta) e nel trattamento delle infezioni cutanee non complicate18,19. Nel trattamento della polmonite acquisita in comunità la moxifloxacina orale 400 mg/die è risultata altrettanto efficace sul piano clinico e microbiologico della claritromicina in due studi clinici randomizzati, in doppio cieco in cui i pazienti arruolati presentavano una polmonite di gravità lieve-moderata non richiedente l'ospedalizzazione20,21, ed altrettanto efficace dell'amoxicillina a dosi elevate (1 g t.i.d.) in un altro studio clinico randomizzato, in doppio cieco in pazienti con polmonite non grave22. In un altro studio randomizzato su 628 pazienti con polmonite giudicata tale da richiedere una terapia iniziale per via parenterale ed ospedalizzati, il trattamento con moxifloxacina endovena seguita da quella orale per 7-14 giorni è risultato significativamente più efficace di un trattamento sequenziale endovena/orale con amoxicillina/clavulanico associata o meno a claritromicina endovena/orale; tale studio non era però in cieco.23 Nel trattamento della bronchite cronica riacutizzata, un ciclo breve di 5 giorni con moxifloxacina orale al dosaggio di 400 mg/die è risultato altrettanto efficace di una terapia orale standard per 7 o 10 giorni con claritromicina in due grandi studi clinici randomizzati, in doppio cieco24-25, altrettanto efficace dell'azitromicina somministrata per 5 giorni in un altro studio in doppio cieco26, ed equivalente all'amoxicillina/clavulanico per 7 giorni in un ulteriore studio randomizzato non in cieco27. Nel trattamento della sinusite acuta batterica, la moxifloxacina per 7 e 10 giorni, confrontata con cefuroxima axetil somministrata per 10 giorni, è risultata di uguale efficacia clinica rispetto al comparatore in uno studio randomizzato in doppio cieco28, e significativamente superiore al comparatore nella valutazione di fine trattamento (ma non in quella di follow-up né nell'analisi intention-to-treat) in un secondo studio randomizzato, in doppio cieco29. Per la stessa indicazione, la moxifloxacina è risultata anche equivalente ad amoxicillina/clavulanico in un ultreriore studio randomizzato non in cieco30. Nelle infezioni non complicate e di gravità lieve-moderata della cute e delle strutture cutanee annesse, il trattamento orale con moxifloxacina si è dimostrato altrettanto efficace della cefalexina associata o meno al metronidazolo, in due studi clinici maggiori randomizzati, in doppio cieco, di cui però soltanto uno è stato finora pubblicato per esteso31,32.
La tollerabilità della moxifloxacina è risultata buona negli studi clinici, con una frequenza di interruzione del trattamento per eventi avversi attorno al 3-4%. Gli effetti indesiderati più comuni sono stati quelli gastroenterici, quali nausea (7%) diarrea (5-6%), e vertigini (2-3%). Altri effetti segnalati sono cefalea, vomito, dolore addominale e rash cutaneo. La frequenza complessiva di reazioni avverse della moxifloxacina rispetto ai farmaci con cui è stata confrontata negli studi clinici, è stata pari a quella della claritromicina, dell'azitromicina, dell'amoxicillina/clavulanico e dell'amoxicillina a dosi medio-alte, ma moderatamente superiore a quella della cefuroxima axetil. Per quanto riguarda la tossicità di classe tipica di altri fluorochinoloni, la moxifloxacina non ha determinato fenomeni di fotosensibilizzazione nei pazienti arruolati negli studi clinici, ed in modelli sperimentali la sua fototossicità sembra essere scarsa rispetto ad altri fluorochinoloni, così come il suo potenziale eccitatorio sul sistema nervoso centrale e la sua epatolesività. Tali elementi sono tuttavia assolutamente preliminari e richiedono conferma da dati di utilizzazione clinica su più larga scala. La moxifloxacina può prolungare invece il tratto QTc e non sono finora disponibili dati clinici sulla sicurezza del farmaco nei pazienti con sindromi congenite o acquisite di allungamento del QTc, né nei pazienti che assumano contemporaneamente altri farmaci che possono determinare questo effetto. L'esperienza clinica con la moxifloxacina negli studi effettuati è troppo limitata anche per definirne compiutamente il reale rischio di disordini tendinei e cartilaginei. La sicurezza della moxifloxacina in gravidanza non è nota ed il farmaco non dovrebbe essere somministrato alle gestanti, durante l'allattamento e sotto i 18 anni di età. Negli studi clinici finora disponibili la moxifloxacina è stata utilizzata quasi esclusivamente per via orale, al dosaggio di 400 mg/die, in monosomministrazione, per 5-7 giorni (bronchite riacutizzata; infezioni cutanee) o per 10 giorni (polmonite; sinusite acuta); la formulazione endovenosa è stata utilizzata (alla stessa posologia della formulazione orale) in due studi clinici pubblicati recentemente, ma non è ancora disponibile in Italia.
Circa il possibile ruolo terapeutico della moxifloxacina nel trattamento delle infezioni respiratorie in generale, e della polmonite acquisita in comunità in particolare, vale sostanzialmente quanto già discusso sopra per l'altro fluorochinolone a spettro esteso, la gatifloxacina. Dati in vitro suggeriscono un'attività particolarmente elevata della moxifloxacina sullo pneumococco, ma non esiste finora nessuno studio che abbia confrontato l'efficacia clinica della moxifloxacina con quella degli altri fluorochinoloni a spettro esteso, levofloxacina o, tanto meno, gatifloxacina, e non è noto quindi se qualche differenza riscontrata in vitro tra essi si traduca in realtà in qualsivoglia vantaggio sul piano clinico. Anche per la moxifloxacina, i dati clinici di efficacia comparativa finora disponibili non dimostrano in maniera del tutto convincente che nel trattamento delle infezioni respiratorie questo nuovo fluorochinolone sia superiore agli antibiotici tradizionalmente utilizzati per questa indicazione (macrolidi e beta-lattamici). Sebbene anche la moxifloxacina abbia recentemente avuto l'approvazione per il trattamento delle infezioni cutanee non complicate, l'esperienza clinica pubblicata con questo nuovo fluorochinolone per tutte le altre indicazioni della classe è ad oggi ancora minore di quanto discusso per la gatifloxacina. Anche per la moxifloxacina valgono le stesse cautele espresse più sopra per la gatifloxacina, per evitare una sua utilizzazione sconsideratamente "entusiastica" nella comunità per trattare infezioni banali per le quali esistono ancora molte e valide alternative nell'armamentario antibatterico già a disposizione. Le Tabelle 4, 5, 6, riassumono i punti più rilevanti.
Ertapenem
Struttura e attività
L'ertapenem (Invanz, Merck Sharp & Dohme, non ancora in commercio in Italia) è un nuovo 1-beta-metil carbapenemico stabile alla deidropeptidasi renale. Come gli altri beta-lattamici, il meccanismo d'azione consiste nella inibizione della sintesi della parete cellulare batterica mediante legame alle penicillin-binding proteins (PBPs 1b, 2 e 3). Come per altri carbapenemici, l'affinità di legame per le principali PBPs dell'ertapenem è superiore a quella di altri beta-lattamici (es. ceftriaxone e cefepime) e la resistenza alle beta-lattamasi relativamente più alta, comprese le beta-lattamasi ad ampio spettro (ESBLs). Lo spettro di attività antibatterica è molto ampio, ma più limitato rispetto ai due carbapenemici già disponibili imipenem e meropenem. In particolare, l'ertapenem è attivo in vitro sui Gram positivi (anche se complessivamente in misura ridotta rispetto all'imipenem) come S. pneumoniae penicillino-sensibile, S. pyogenes e gli streptococchi viridanti, S. aureus meticillino-sensibile, stafilococchi coagulasi negativi. E' attivo sui Gram-negativi come Enterobacteriacee (globalmente in maggior misura di imipenem), H. influenzae, Moraxella catarrhalis, e sugli anaerobi Clostridium perfringens,Peptostreptococcus, streptococchi anaerobi, Fusobacterium, Prevotella e, sebbene in minor misura, Bacteroides fragilis ed altri Bacteroides spp. L'ertapenem è invece scarsamente attivo o inattivo sullo pneumococco altamente resistente alla penicillina, sugli stafilococchi meticillino-resistenti, enterococchi, P. aeruginosa ed altri Pseudomonas spp, Acinetobacter spp, Stenotrophomonas maltophilia ed i patogeni respiratori atipici Mycoplasma pneumoniae,Legionella spp, Chlamydia spp. L'effetto antimicrobico dell'ertapenem è di tipo battericida ed il farmaco dimostra un breve effetto post-antibiotico in vitro (1,4-2,6 ore) soprattutto su vari Gram-positivi ma molto più limitatamente sui Gram-negativi.
Farmacocinetica
L'ertapenem non viene assorbito per via orale e deve essere somministrato per via endovenosa o intramuscolare. Dopo una singola somministrazione endovena di 1 g si raggiunge una concentrazione plasmatica di picco attorno ai 190 mcg/ml, concentrazione che rimane al di sopra di 1 mcg/ml (adeguata per l'inibizione della maggior parte delle enterobacteriacee) fino a 24 ore dopo la dose. Infatti il tempo di emivita dell'ertapenem è di circa 4,5 ore ed è più lunga di quella degli altri carbapenemici finora disponibili (circa 1 ora) permettendo una singola somministrazione giornaliera. Il legame siero-proteico è elevato (85-95%); il farmaco viene metabolizzato in misura limitata a livello renale mentre non ha un significativo metabolismo epatico e non presenta il rischio di interazioni potenzialmente pericolose con i farmaci substrato del citocromo P450. L'eliminazione è per l'80% renale, per metà in forma immodificata, e per circa il 10% bilio/fecale. Essendo la clearance dell'ertapenem dipendente dalla clearance della creatinina, il dosaggio del farmaco deve essere ridotto alla metà nei pazienti con insufficienza renale moderata-grave (clearance della creatinina 30 ml/min o inferiore). Il farmaco è dializzabile, quindi se somministrato entro 6 ore prima della seduta emodialitica, dopo la dialisi dovrebbe essere aggiunta una dose supplementare pari ad un terzo della dose giornaliera.
Efficacia clinica e sicurezza
L'efficacia terapeutica dell'ertapenem è stata valutata in studi clinici randomizzati di fase III nel trattamento delle infezioni intraaddominali complicate, delle infezioni pelviche, della polmonite acquisita in comunità, delle infezioni complicate delle vie urinarie e delle infezioni complicate della cute e delle strutture cutanee annesse. Di tali studi clinici comparativi soltanto tre appaiono ad oggi pubblicati in maniera estesa (polmonite, infezioni urinarie, infezioni cutanee), essendo tutti gli altri disponibili solo come abstracts. Nel trattamento della polmonite acquisita in comunità, l'ertapenem è risultato altrettanto efficace sul piano clinico e microbiologico del ceftriaxone, entrambi somministrati alla dose di 1 g/die endovena e seguiti o meno da amoxicillina/clavulanico orale, in uno studio clinico randomizzato, in doppio cieco in pazienti ospedalizzati33. Nelle infezioni complicate delle vie urinarie, comprese le pielonefriti, l'ertapenem è risultato altrettanto efficace del ceftriaxone (entrambi seguiti da step-down opzionale con ciprofloxacina orale) in uno studio clinico randomizzato in doppio cieco34. Nel trattamento delle infezioni complicate della cute e dei tessuti molli l'efficacia comparativa dell'ertapenem è stata valutata in uno studio clinico randomizzato in doppio cieco su 540 pazienti, in confronto a piperacillina/tazobactam, risultando clinicamente equivalente35. Nelle infezioni intraaddominali complicate, prevalentemente rappresentate da appendiciti flemmonose o perforate, ascessi, peritoniti diffuse, colecistiti flemmonose o perforate, il trattamento con ertapenem 1 o 1,5 g/die è risultato altrettanto efficace sul piano clinico e microbiologico dell'associazione ceftriaxone e metronidazolo e di piperacillina/tazobactam in 2 studi clinici in doppio cieco, pubblicati finora soltanto come abstract36,37. Nel trattamento delle infezioni pelviche acute, principalmente costituite da endomiometriti post-operatorie, l'ertapenem ha mostrato efficacia equivalente a piperacillina/tazobactam in uno studio clinico pubblicato soltanto come abstract38.
Il profilo di sicurezza dell'ertapenem sembra essere favorevole, ma essendo molto pochi gli studi comparativi pubblicati in maniera completa, le informazioni sulla tollerabilità del farmaco disponibili attualmente sono poco dettagliate e desumibili principalmente dal foglietto informativo del produttore. Gli effetti indesiderati più frequenti sono stati diarrea (9-10%), nausea (6-9%), cefalea (6%), dolore addominale e vomito (4%), confusione mentale e sonnolenza (4%), vaginite (1-3%), rash cutaneo (2%). Convulsioni, effetto indesiderato possibile con gli altri carbapenemici, sono state riportate nello 0,5% dei pazienti, per lo più con condizioni favorenti come insufficienza renale, lesioni cerebrali e storia di comizialità. Reazioni locali nella sede di infusione endovenosa si sono verificate nel 2-6% dei pazienti. La sicurezza dell'ertapenem in gravidanza non è nota, anche se esistono dati di potenziale teratogenicità nell'animale. Il farmaco viene escreto nel latte materno ma la rilevanza clinica non è precisata; viene tuttavia raccomandato l'allattamento artificiale per almeno 5 giorni dopo il termine di un trattamento con ertapenem.
L'ertapenem è disponibile in formulazione parenterale endovenosa ed intramuscolare (quest'ultima contenente lidocaina); negli studi clinici è stato utilizzato generalmente al dosaggio di 1 g/die in monosomministrazione giornaliera, per 3-10 giorni nelle infezioni pelviche acute, per 5-14 giorni nelle infezioni intraddominali, per 7-14 giorni nelle infezioni cutanee complicate, e per 10-14 giorni nelle infezioni urinarie complicate e nella polmonite contratta in comunità. In vari studi clinici l'ertapenem è stato somministrato per gli iniziali 3 o più giorni di trattamento con successivo switch orale della terapia ad amoxicillina/clavulanico (polmonite) o ciprofloxacina (infezioni urinarie), o ciprofloxacina più metronidazolo (infezioni addomino-pelviche).
Ruolo terapeutico
Circa il possibile ruolo terapeutico, l'ertapenem offre uno spettro alquanto ampio su Gram-positivi e Gram-negativi, con una elevata attività soprattutto sulle enterobacteriacee anche multiresistenti ed una copertura anche sugli anaerobi, caratteristiche che lo rendono valido particolarmente in pazienti con infezioni gravi o complicate in cui la flora Gram-negativa è presumibilmente prevalente, soprattutto se sono dimostratamente o probabilmente implicati ceppi di enterobacteriacee multiresistenti, in pazienti con infezioni polimicrobiche miste con partecipazione di patogeni aerobi ed anaerobi come le infezioni addomino-pelviche o ascessuali. Rispetto alle alternative con queste caratteristiche già a disposizione nell'armamentario antibiotico rappresentate ad esempio dagli altri carbapenemici (imipenem e meropenem), da piperacillina/tazobactam, ticarcillina/clavulanico, la monosomministrazione giornaliera permessa dall'ertapenem può rappresentare un vantaggio in termini di facilità d'uso, anche domiciliare. D'altra parte, rispetto ai precedenti, la scarsa attività dell'ertapenem su P. aeruginosa, Acinetobacter e S. maltophilia lo sconsigliano per il trattamento empirico delle gravi infezioni nosocomiali. Anche per le gravi infezioni da Gram-positivi l'ertapenem non sembra poter offrire nessun vantaggio terapeutico rispetto agli altri carbapenemici sulla base di considerazioni farmacodinamiche, sebbene manchino studi di confronto. L'ertapenem non è utile per il trattamento delle infezioni causate dai cocchi Gram-positivi multiresistenti emergenti (stafilococchi meticillino-resistenti, enterococchi vancomicino-resistenti, pneumococchi penicillino-resistenti ad alto grado). Come sopra accennato, la monosomministrazione giornaliera potrebbe essere una prerogativa comoda per il trattamento parenterale a domicilio di talune infezioni impegnative o problematiche, tuttavia non esistono dati clinici che indichino una superiorità dell'ertapenem ad esempio nei confronti del ceftriaxone, anch'esso somministrabile in unica dose giornaliera, nel trattamento della polmonite e delle infezioni urinarie complicate. Le Tabelle 7, 8, 9, riassumono i punti più rilevanti.
Conclusioni
A fronte della commercializzazione di sempre nuovi farmaci che arricchiscono il nostro armamentario terapeutico, dobbiamo chiederci se essi rappresentino delle reali novità o semplicemente delle "nuove molecole" che non aggiungono granché a quanto già disponibile. L'analisi dei dati esistenti sui farmaci antibatterici più recenti da noi fatta in questo articolo esemplifica il percorso logico-critico necessario per poter rispondere in modo adeguato alla sopramenzionata domanda: novità o pseudonovità? Le tappe di tale percorso ricomprendono sia l'analisi delle caratteristiche intrinseche del nuovo farmaco che il loro impatto nella pratica clinica, cioè non una valutazione astratta delle caratteristiche chimiche, farmacocinetiche, di spettro d'azione e formulazione di tali farmaci, ma una attenta disamina se una o più di tali caratteristiche sia rilevante clinicamente e il farmaco rappresenti un reale avanzamento rispetto a quanto oggi disponibile. L'analisi da noi fatta mostra chiaramente come nessuno dei principi attivi esaminati risponda a reali esigenze terapeutiche della patologia infettiva vista dal medico di Medicina Generale. Per tutti questi farmaci, infatti, o esistono valide alternative nella stessa classe terapeutica (trattasi cioè di me-too, es. fluorochinoloni, carbapenemi, macrolidi) o la patologia per la quale rappresentano un possibile progresso terapeutico (es. linezolid) risulta essere estremamente rara e di prevalente interesse ospedaliero (enterococchi e stafilococchi resistenti ai trattamenti di scelta già disponibili). L'utilizzo del linezolid (l'unica reale novità trattandosi di una nuova classe di farmaci antimicrobici) è inoltre reso problematico dalle necessità di evitare trattamenti protratti (oltre le 1-2 settimane), proprio quelli che si rendono necessari in alcune patologie (es. osteomieliti, artriti settiche, endocarditi) in ragione di una potenziale tossicità ematologica.
Un ulteriore invito alla attenta considerazione della reale necessità di impiego di questi farmaci in medicina generale viene infine dal loro costo, in taluni casi (es. linezolid) straordinariamente elevato.
Va ribadito perciò l'invito a tenere presenti le domandedi rito da porsi prima di prescrivere un nuovo antibiotico. Bibliografia
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