Proseguendo nella serie di articoli sul tema delle interazioni, si è deciso di dedicare questo secondo contributo alle interazioni che interessano i contraccettivi orali, con riferimento soprattutto ai farmaci che potrebbero ridurne l'efficacia. La scelta è sembrata pertinente sia per la rilevanza delle conseguenze che una eventuale interazione, benché rara, potrebbe comportare, sia per la frequenza con cui, nonostante tutto, i medici, i ginecologi, ma anche le stesse donne, chiedono rassicurazioni sull'efficacia dei contraccettivi orali in caso di terapie concomitanti.
I farmaci "incriminati" o "sospetti" appartengono essenzialmente a due classi terapeutiche: gli anticonvulsivanti e gli antibiotici (o altri agenti antinfettivi).
I possibili meccanismi alla base delle interazioni
La farmacologia delle associazioni estroprogestiniche suggerisce che sia la componente estrogenica la più esposta ad eventuali interazioni con altri farmaci, perché l'etinilestradiolo, che è l'estrogeno presente in tutti i contraccettivi orali in commercio nel nostro paese, è interessato da entrambi i principali meccanismi alla base delle interazioni più rilevanti.
La comparsa sul mercato di contraccettivi a bassissima concentrazione di estrogeno (es. Arianna, Minesse) richiede, da questo punto di vista, una maggiore attenzione in quanto i contraccettivi a ridotto contenuto estrogenico sono più esposti a questo tipo di interazioni rispetto a quelli con dosaggio più alto.
Induzione e inibizione enzimatica
L'etinilestradiolo viene metabolizzato al suo 2-idrossi metabolita, almeno in parte, dal citocromo P450 (CYP3A4). La somministrazione contemporanea di farmaci induttori o inibitori di questo sistema enzimatico può essere causa di alterazioni nel metabolismo. L'entità dell'induzione o dell'inibizione enzimatica è diversa per i vari farmaci e l'effetto che ne deriva è diverso nei singoli individui il che rende oltremodo difficile fare delle generalizzazioni sulle conseguenze di questo tipo di interazioni.
In caso di induttori enzimatici si avrà una diminuzione della concentrazione plasmatica dell'estrogeno che si potrebbe tradurre potenzialmente nella perdita dell'efficacia contraccettiva, mentre in caso di inibitori enzimatici si avrà un aumento della concentrazione plasmatica dell'estrogeno che si può tradurre in una maggiore probabilità di comparsa di effetti indesiderati tipici quali nausea, vomito, tensione e dolorabilità mammaria, emicrania e ritenzione idrica.
Ridotto riassorbimento
L'etinilestradiolo, dopo essere stato ben assorbito dall'intestino, subisce un elevato metabolismo di primo passaggio: circa il 60% della dose assunta viene trasformato in metaboliti inattivi escreti nella bile. Una volta arrivati nell'intestino questi metaboliti vengono parzialmente scissi ad opera degli enzimi idrolitici presenti nella flora batterica intestinale e l'etinilestradiolo libero viene riassorbito. Se questo ricircolo enteroepatico viene interrotto (come potrebbe accadere ad esempio in caso di alterazione della flora microbica intestinale da parte di antibiotici), i composti coniugati e solfatati non vengono più scissi per liberare il principio attivo ma eliminati con le feci. Di conseguenza la concentrazione plasmatica dell'etinilestradiolo diminuisce con potenziale perdita dell'efficacia contraccettiva e, in casi estremi, concepimento.
Contraccettivi e anticonvulsivanti
Le segnalazioni di fallimento del contraccettivo orale in donne trattate con farmaci antiepilettici sono numerose. Fra gli anticonvulsivanti tradizionali, la fenitoina (es. Dintoina), il fenobarbitale (es. Gardenale), e in minor misura il primidone (Mysoline), la carbamazepina (es. Tegretol) e l'etosuccimide (Zarontin) sono induttori degli enzimi epatici con incremento della metabolizzazione e riduzione dei livelli plasmatici dei contraccettivi orali. L'acido valproico (es. Depakin), invece, non è un induttore enzimatico e non presenta questo problema. Fortunatamente, i farmaci che nel corso degli ultimi anni si sono aggiunti numerosi all'armamentario terapeutico del medico ampliano sotto questo aspetto le possibilità di scelta in caso di uso concomitante di contraccettivi orali: infatti la gabapentina (Neurontin), il levetiracetam (Keppra), la tiagabina (Gabitril) e la vigabatrina (Sabril) possono essere somministrati alle donne che assumono contraccettivi orali senza timore di diminuirne l'efficacia mentre il felbamato (Taloxa) e l'oxcarbazepina (Tolep) mantengono la capacità di indurre gli enzimi epatici e potrebbero rendere la contraccezione orale meno affidabile. Lo stesso vale per il topiramato (Topamax) nonostante il meccanismo dell'interferenza non sia noto. Per quanto riguarda la lamotrigina (Lamictal), da uno studio recente è emerso che l'uso concomitante con contraccettivi orali ha ridotto significativamente i livelli plasmatici dell'anticonvulsivante e vi sono state alcune segnalazioni di convulsioni in pazienti precedentemente controllate che hanno iniziato ad assumere contraccettivi orali. Per contro, la lamotrigina ha dimostrato di avere effetti minimi sulle concentrazioni plasmatiche di etinilestradiolo e di levonorgestrel.
I bambini nati da madri con epilessia presentano un aumentato rischio di malformazioni minori o maggiori, dovuto sia alla malattia in sé che al trattamento farmacologico (anche se non sono noti al momento i potenziali effetti teratogeni degli antiepilettici più recenti). Le donne che non accettano
questo rischio devono poter contare su una contraccezione efficace. Le eventuali interazioni farmacologiche rappresentano perciò un aspetto da considerare con estrema attenzione.
Che non sia del tutto superfluo continuare a rammentare la possibilità che si verifichi questa interazione lo dimostra una indagine condotta qualche anno fa fra 1000 neurologi e ginecologi statunitensi da cui è emerso che solo il 4% dei 160 neurologi e nessuno dei 147 ginecologi che hanno risposto è stato in grado di identificare correttamente gli effetti sui contraccettivi orali di 6 anticonvulsivanti di frequente prescrizione. Inoltre, solo il 38% dei neurologi e il 29% dei ginecologi sapeva che l'acido valproico non ha interazioni. Non sorprende quindi che il 27% dei neurologi e il 21% dei ginecologi che hanno partecipato a questa indagine abbia avuto esperienza di fallimenti dei contraccettivi in donne trattate con anticonvulsivanti.
Contraccettivi e antinfettivi Rifampicina (Rifadin)
Si tratta di una delle interazioni più note. La rifampicina è un potente induttore enzimatico. L'aumentata velocità di eliminazione dell'etinilestradiolo dal plasma è dovuta all'aumento della velocità di idrossilazione. La rifampicina inoltre diminuisce anche la concentrazione plasmatica della componente progestinica dell'associazione estroprogestinica. Vi sono segnalazioni di irregolarità mestruali e sanguinamenti in donne che assumevano questo antibiotico assieme ai CO e sono state riportate gravidanze indesiderate. L'associazione deve essere evitata. Per estrapolazione anche per la rifabutina (Mycobutin), un antitubercolare più recente appartenente alla stessa famiglia, valgono le stesse considerazioni.
Griseofulvina (Grisovina Fp)
Anche per questo antimicotico è ben nota la capacità di indurre gli enzimi epatici. Vi sono alcune segnalazioni di gravidanze e numerosi casi di sanguinamenti intermestruali. Si tratta perciò di una associazione da evitare, il che non è difficile vista la disponibilità odierna di numerosi antimicotici che non presentano questa interazione.
Altri antinfettivi
La possibilità che molti altri antibatterici (es. penicilline, cefalosporine, tetracicline, sulfamidici, chinoloni, cloramfenicolo, metronidazolo, isoniazide, trimetoprim) riducano l'efficacia dei contraccettivi orali è un problema annoso e tuttora controverso.
Questa incertezza si riflette anche nella difformità delle informazioni reperibili: così ad es. questa interazione non viene più menzionata già nell'edizione del 1995 del Dictionnaire Vidal francese, mentre il British National Formulary nell'ultima edizione del marzo 2002 riporta ancora la raccomandazione, molto dettagliata, della Family Planning Association in base alla quale "in caso di brevi cicli di trattamento con antibiotici a largo spettro e per 7 giorni dopo il termine del trattamento va utilizzato un metodo di contraccezione supplementare. Se i 7 giorni oltrepassano la fine di un blister, il successivo va iniziato senza osservare il periodo di sospensione mentre se il trattamento antibiotico eccede le tre settimane la flora batterica intestinale sviluppa resistenza e non sono più necessari metodi supplementari".
L'ipotesi che sta alla base di questa interazione è che gli antibiotici, alterando la crescita della normale flora intestinale, interferiscano sia con l'assorbimento iniziale dei contraccettivi sia col ricircolo enteroepatico degli estrogeni ma i dati disponibili, sia di tipo farmacocinetico che clinico, non supportano questa ipotesi e, complessivamente, il rischio di gravidanze indesiderate dovute a possibile fallimento del contraccettivo in caso di impiego concomitante di antibiotici è nel "range" del rischio generale di fallimento di questo metodo di contraccezione.
In alcune donne la concentrazione plasmatica dell'etinilestradiolo effettivamente diminuisce e le donne sembrano ovulare. Anche se questo non significa necessariamente che la donna rimanga incinta, indica che una percentuale di donne vulnerabili esiste ma non esistono fattori predittivi che consentano di stabilire quali donne siano più a rischio. Pur essendo disponibili numerose segnalazioni aneddotiche di gravidanze per impiego concomitante di antibiotici, non è possibile porre alcun nesso di causalità. Questa è anche la conclusione di una recente revisione della letteratura secondo cui: "non esiste evidenza di causalità fra l'impiego degli antibiotici e la diminuzione di efficacia dei contraccettivi orali e la documentazione disponibile consente di affermare che una forma di contraccezione supplementare non è necessaria in caso di impiego concomitante".
Va evidenziato purtroppo che l'avvertenza di una possibile diminuzione dell'efficacia contraccettiva dovuta alla contemporanea assunzione di antibiotici è contenuta anche nelle schede tecniche e nei foglietti illustrativi dei vari contraccettivi orali. Il permanere di questa avvertenza rende probabilmente più difficile non tener conto di questa eventualità (non fosse altro che per una tutela medico-legale).
Il suggerimento di utilizzare un metodo contraccettivo supplementare potrebbe essere comunque opportuno in caso di assunzione contemporanea di farmaci di cui sia nota la teratogenicità.
Antivirali
Tutti gli inibitori delle proteasi (indinavir, nelfinavir, saquinavir e in particolare il ritonavir) sono inibitori della subunità CYP3A4 del citocromo P450; fra gli inibitori non nucleosidici della trascrittasi inversa, l'efavirenz è un inibitore/induttore mentre la nevirapina è un induttore enzimatico. Le donne con infezione da HIV che assumono contraccettivi orali devono essere informate della possibilità di interazioni con la terapia antivirale (anche che se, per ovvi motivi, probabilmente la maggior parte di loro ricorre in realtà a metodi contraccettivi di barriera).
Contraccettivi e iperico
I dati disponibili sono ormai sufficienti per affermare che anche nel caso dell'iperico le interazioni sono dovute all'attivazione della via metabolica del citocromo P450 da parte di alcuni isoenzimi, con possibile riduzione dell'azione contraccettiva dovuta ad una diminuzione della concentrazione plasmatica dell'etinilestradiolo. Non sorprendono perciò le segnalazioni di sanguinamenti mestruali inattesi in donne che assumevano contraccettivi orali e iperico, anche se al momento non vi sono segnalazioni di gravidanze indesiderate.
Solo recentemente questa interazione è stata riportata nei foglietti illustrativi dei contraccettivi orali e delle specialità contenenti iperico (es.Nervaxon, Quiens) mentre nessuna avvertenza viene riportata nelle formulazioni dietetiche (o integratori alimentari) che contengono iperico, piuttosto numerose sul nostro mercato (es. Mythen, Neo Vita Hypericum, Hyperogyn). E' difficile prevedere in che misura queste interazioni potranno rendersi manifeste sia perché in queste formulazioni il contenuto di iperico è variabile, sia per le differenze interindividuali nell'attività enzimatica spontanea o indotta. Resta il fatto che le confezioni non riportano informazioni adeguate per cui il consumatore rimane all'oscuro dei possibili rischi a cui si espone. Proprio perché contenuto in prodotti di libera vendita, è possibile che una paziente possa far uso di iperico di sua iniziativa senza che il medico ne sia informato. E' importante perciò che al momento della prescrizione di un contraccettivo ci si accerti se la donna fa uso di integratori a base di iperico e la si informi dell'eventualità di possibili interazioni in caso decidesse di assumerlo. Nel caso di prodotti a base di iperico di libera vendita, anche il farmacista, al momento della dispensazione ad una paziente, dovrà accertarsi che non faccia uso di contraccettivi orali.
Interazioni che aumentano la concentrazione plasmatica dei CO
Fra le interazioni che aumentano la concentrazione plasmatica dei CO vale la pena di ricordare che gli SSRI (fluvoxamina, fluoxetina, sertralina) hanno la capacità di inibire il CPY3A4. Nelle giovani donne, depressione, attacchi di panico, bulimia sono problemi non infrequenti che spesso vengono trattati con questi farmaci. Nel caso di donne che assumono contemporaneamente contraccettivi orali la comparsa di effetti indesiderati tipici degli estrogeni può avere in questa associazione una possibile spiegazione.
Contraccettivi...e interventi chirurgici
Si tratta di un'interazione 'fuori tema': poiché tuttavia è un problema non infrequente è opportuno ricordare che le donne che assumono contraccettivi orali combinati (o la terapia ormonale sostitutiva) nel periodo precedente un intervento chirurgico possono essere ad aumentato rischio di incorrere in un evento tromboembolico venoso postoperatorio ma esistono pochi dati certi su questo rischio o dati in grado di orientare il tipo di strategia perioperatoria. A ciò si deve aggiungere che esiste divergenza tra le raccomandazioni degli specialisti e quanto indicato dalle schede tecniche dei singoli farmaci.
Complessivamente, sembra ragionevole ritenere che le donne che assumono la pillola contraccettiva possano continuarne l'assunzione ricevendo una adeguata profilassi antitrombotica (es. con una eparina a basso peso molecolare per via sottocutanea e l'utilizzo di calze elastiche a compressione graduale) nel periodo perioperatorio. Un approccio alternativo più cautelativo consiste nel sospenderne l'assunzione 4 settimane prima dell'intervento, soprattutto se riguarda le gambe, adottando un altro metodo contraccettivo (es. una preparazione a base di solo progestinico). In caso di intervento chirurgico d'emergenza, è necessario iniziare una profilassi antitrombotica perioperatoria. Le donne in trattamento con contraccettivi a base di soli progestinici o candidate ad un intervento chirurgico minore con anestesia di breve durata non richiedono misure specifiche addizionali per prevenire gli eventi tromboembolici venosi postoperatori.
Conclusione
Pur essendo molto temute, le interazioni per le quali esistono dati certi sono poche e soprattutto riguardano farmaci di impiego mirato (es. rifampicina, griseofulvina, anticonvulsivanti) destinati al trattamento di patologie specifiche, e di queste si dovrà tener conto al momento della prescrizione.
La comparsa di perdite ematiche intermestruali, irregolarità nel sanguinamento mestruale, amenorrea, possono essere segnali di una possibile interazione: la paziente deve essere istruita a riconoscerli e a riferirli per poter adottare le soluzioni opportune.
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Informazioni sui Farmaci Anno 2002, n. 5 Aggiornato 09/2004