L'allergia agli antibiotici è un evento frequente, che coinvolge medici con ruoli professionali diversi. Nella maggior parte dei casi la prima valutazione viene effettuata dal medico di medicina generale o dal pediatra di famiglia. Tuttavia molte reazioni allergiche insorgono durante ricoveri ospedalieri e con una certa frequenza il problema dell'allergia agli antibiotici emerge in occasione di prestazioni specialistiche ambulatoriali (ad es. odontoiatriche).
Non sempre questo problema viene affrontato in modo corretto, né vi è una diffusa conoscenza ed applicazione di linee-guida di riferimento. Questo articolo si pone l'obiettivo di esaminare i principali aspetti pratici relativi alle allergie ad antibiotici, con particolare riferimento alle procedure diagnostiche.
L'episodio allergico spesso viene riferito nel corso dell'anamnesi e, qualora sia remoto, le informazioni possono essere poco precise o difficilmente verificabili. Tuttavia è proprio l'anamnesi lo strumento fondamentale per formulare un primo giudizio, quindi è necessario effettuarla con molta attenzione. Nellatabella 1 sono riportate le principali domande da porre al paziente ed ai familiari in caso di riferita allergia ad antibiotici. Quando la reazione allergica è recente, le sue manifestazioni, in particolare quelle a carico della cute, possono essere osservate direttamente. E' molto utile annotare la loro tipologia (orticaria/angioedema, rash puntiforme, eritema, eczema, ecc.) in quanto nel corso di una successiva valutazione allergologica l'obiettività sarà molto probabilmente negativa e la conoscenza del tipo di manifestazione presente in fase acuta consentirà di scegliere le procedure diagnostiche più corrette.
Nel caso in cui l'anamnesi indichi una evidente reazione anafilattica non sarà necessario procedere ad altre indagini e l'antibiotico dovrà essere accuratamente evitato.
Valutazione specialistica allergologica
Il progressivo affermarsi dell'allergologia come disciplina autonoma e distinta da altre specialità quali la dermatologia, la pneumologia, la pediatria, ed il contemporaneo diffondersi di una vasta rete di ambulatori allergologici hanno sicuramente contribuito a facilitare l'accesso alla valutazione specialistica; la possibilità di approfondimento diagnostico tuttavia è fortemente condizionata dall'ambiente in cui opera l'allergologo.
A livello territoriale (Centri Allergologici di I livello) l'allergologo può avvalersi per i farmaci solo dell'anamnesi e dei test in vitro. Questi ultimi, tuttavia, oltre a presentare una minore sensibilità delle cutireazioni e la tendenza a negativizzarsi rapidamente col tempo1, possono essere utilizzati solamente per la ricerca delle IgE specifiche per penicilloile G e V, per ampicillina e per amoxicillina. Altri test in vitro come la trasformazione linfocitaria e la liberazione di istamina o altri mediatori dai leucociti non sembrano avere un valore diagnostico rilevante o sono tuttora oggetto di sperimentazione.
I test in vivo per i farmaci (in particolare i test di tolleranza ed i test cutanei a lettura immediata) possono essere eseguiti esclusivamente in strutture ospedaliere "protette" (Centri Allergologici di II livello), dove sia cioè disponibile l'intervento dell'anestesista-rianimatore.
Qualora sussistano i necessari requisiti organizzativi della struttura allergologica, quali pazienti devono essere sottoposti ai test in vivo? I test cutanei a lettura immediata (prick test e intradermoreazioni) vanno eseguiti nel caso in cui si sospetti un meccanismo allergico IgE-mediato, la cui presenza è suggerita dalle caratteristiche cliniche e dai sintomi della reazione allergica (orticaria/angioedema acuto, broncospasmo o laringospasmo). Questi test sono indicati quando non è possibile o conveniente utilizzare un antibiotico alternativo.
Va precisato inoltre che non possono essere eseguiti per tutti i tipi di antibiotici. E' necessario infatti conoscere i determinanti antigenici, cioè le strutture chimiche riconosciute in modo specifico dagli anticorpi IgE. I determinanti antigenici possono prodursi nel corso del metabolismo del farmaco (metaboliti intermedi) e possono presentare una breve emivita a causa di instabilità chimica. Questo spiega perché alcuni chemio-antibiotici, pur essendo in grado di indurre sensibilizzazione allergica IgE-mediata (es. sulfamidici) non possono essere indagati con i test cutanei in quanto non sono disponibili estratti diagnostici che contengano i principali determinanti antigenici.
Allo stesso modo si spiega l'inutilità del "pomfo di prova" effettuato prima della somministrazione di un antibiotico. Infatti l'inoculazione del farmaco come tale può dare una falsa negatività se le IgE specifiche sono rivolte a metaboliti, una falsa positività se il farmaco indiluito esercita una azione irritante sulla cute ed una reazione allergica anche grave nel caso in cui il paziente sia direttamente sensibilizzato al farmaco e non a metaboliti intermedi.
Si tratta quindi di una procedura pericolosa in quanto può esporre il paziente a reazioni allergiche anche gravi. Il Memorandum della Società Italiana di Allergologia ed Immunologia Clinica sulla diagnosi di allergia/intolleranza a farmaci1 è estremamente chiaro al riguardo, pertanto l'effettuazione di tale procedura potrebbe esporre il medico all'accusa di "malpractice".
Anche le reazioni allergiche cutanee di tipo ritardato (cellulo-mediate) possono essere studiate con test cutanei (patch-test o intradermoreazioni a lettura ritardata). Oggi le manifestazioni più frequenti di allergia cellulo-mediata sono costituite da rash cutanei o da dermatiti maculo-papulari che insorgono nel corso o al termine del ciclo di terapia. E' tipico il rash da amoxicillina o da ampicillina che insorge dopo 6-7 giorni di trattamento, più facilmente nel corso di infezioni virali. In passato, invece, era frequente osservare sensibilizzazione cutanea da contatto alla penicillina, dovuta all'uso topico dell'antibiotico. Anche se queste reazioni non costituiscono un rischio rilevante per il paziente in quanto mancano sintomi sistemici e la dermatite tende a risolversi spontaneamente, i test in vivo possono servire a confermare la natura ritardata della reazione (eventuale positività del patch-test) e ad escludere una allergia IgE-mediata (negatività dei test cutanei a lettura immediata).
Penicilline
La penicillina è in grado di causare reazioni allergiche attraverso tutti e 4 i tipi di reazioni immunopatologiche descritte da Gell e Coombs (tabella 2) pertanto può servire come modello per illustrare le indicazioni ed i limiti delle procedure diagnostiche. I sintomi dell'allergia per gli altri beta-lattamici sono sostanzialmente sovrapponibili a quelli provocati dalla penicillina, quando il meccanismo patogenetico è il medesimo.
La penicillina è l'antibiotico per il quale i test cutanei a lettura immediata sono utilizzabili nel modo più appropriato perché sono noti sia il determinante antigenico maggiore (gruppo penicilloile, che si forma dall'apertura dell'anello beta-lattamico e dal successivo legame con un carrier proteico) che i determinanti minori (penicilloato, penilloato, penicillenato, penaldeide, ecc.). Il penicilloile viene definito determinante "maggiore" in quanto il 95% della penicillina si trasforma in questo metabolita; le reazioni allergiche più gravi, tuttavia, sono spesso provocate dai determinanti minori. La procedura dei test cutanei prevede l'esecuzione di prick test, e successivamente di intradermoreazioni con determinante maggiore (penicilloilpolilisina, PPL) a diverse concentrazioni. In caso di negatività dei test con PPL si passerà ai prick test ed alle intradermoreazioni con miscele di determinanti minori (MDM). E' indubbio che il ricorso ai test cutanei migliora enormemente la precisione diagnostica: una percentuale compresa tra l'80 ed il 90% dei soggetti che riferiscono all'anamnesi allergia alla penicillina risulta infatti negativa ai test cutanei ed il 98% dei soggetti con anamnesi positiva e test cutanei negativi tollera la penicillina senza alcun problema2. Ne deriva che molti pazienti ricorrono inutilmente ad antibiotici alternativi (che possono essere meno efficaci e più costosi) per timore di una allergia alla penicillina che in realtà non esiste. Probabilmente una maggiore accuratezza nell'anamnesi potrebbe fare emergere una parte significativa di queste "false allergie".
Le aminopenicilline (ampicillina, amoxicillina) inducono più frequentemente reazioni ritardate cellulo-mediate piuttosto che reazioni IgE-mediate. Queste ultime sono spesso rivolte ai determinanti antigenici delle catene laterali e non al nucleo beta-lattamico, tuttavia può esistere cross-reattività con penicillina2. Per le cutireazioni si utilizza una diluizione di ampicillina/amoxicillina di 1 mg/ml in fisiologica, da utilizzare prima per prick test e poi, in caso di negatività, per via intradermica1.
Cefalosporine
Un problema emergente è rappresentato dalle cefalosporine e dal loro impiego sempre più diffuso nei soggetti con anamnesi positiva per allergia a penicillina. Gli studi più recenti3,4 indicano che la cross-reattività tra cefalosporine e penicillina è meno frequente con le cefalosporine di ultima generazione, che sono strutturalmente più differenziate dalla penicillina rispetto alle cefalosporine di prima generazione; queste ultime, inoltre, contenevano spesso tracce di penicillina. Le reazioni allergiche per le cefalosporine di ultima generazione sembrano principalmente rivolte alle catene laterali3, anche se i derminanti antigenici precisi non sono ancora del tutto noti. Alcuni Autori ritengono che in caso di negatività dei test cutanei per penicillina l'utilizzo delle cefalosporine sia ragionevolmente sicuro2,3. Questa opinione, tuttavia, per i motivi sopra esposti, può essere messa in discussione per quanto riguarda le cefalosporine di ultima generazione4. Alcuni Centri eseguono i test cutanei direttamente con cefalosporine (concentrazione max 3 mg/ml in fisiologica) anche se la metodica è sicuramente meno standardizzata rispetto ai test per penicillina. In casi particolari, qualora si voglia accertare con la massima attendibilità la tolleranza per una specifica cefalosporina, si può eseguire un test di tolleranza orale in ambiente ospedaliero.
Altri antibiotici
L'anamnesi è lo strumento fondamentale per valutare una allergia o una intolleranza per macrolidi, chinolonici, aminoglicosidi, sulfamidici, ecc. Recentemente un gruppo italiano ha pubblicato una casistica di pazienti con allergia IgE-mediata ai chinolonici5. Queste segnalazioni fanno ipotizzare un aumento delle allergie per questa classe di antibiotici nel prossimo futuro, in considerazione del loro impiego sempre più diffuso, in analogia alle cefalosporine ed ai macrolidi. Nel caso in cui l'anamnesi sia sufficientemente indicativa, la somministrazione del farmaco andrà assolutamente evitata e si potrà eventualmente procedere ad un test di tolleranza orale con un antibiotico alternativo di classe diversa. Solo nel caso in cui vi siano buoni motivi per ritenere che il sospetto anamnestico sia infondato e vi sia la necessità clinica di utilizzare quel determinato antibiotico si potrà effettuare il test di tolleranza con l'antibiotico stesso. Il test di tolleranza va effettuato nell'imminenza dell'utilizzo clinico e non a puro scopo conoscitivo, in quanto lo stato di tolleranza non è permanente.
Per gli antibiotici non beta-lattamici non è possibile eseguire prick test o intradermoreazioni per ragioni clinico-diagnostiche, ma solo eventualmente a scopo di ricerca.
Trattamenti desensibilizzanti
Presso Centri Allergologici di II livello è possibile eseguire non solo procedure diagnostiche ma anche "terapeutiche" come i trattamenti di desensibilizzazione, che consistono nel somministrare secondo schemi particolari dosi crescenti dell'antibiotico fino a raggiungere uno stato di tolleranza. L'importanza di questa procedura può emergere in casi particolari, come i pazienti affetti da AIDS che necessitano di terapie antimicrobiche con trimetoprim-sulfametossazolo, verso il quale sviluppano frequentemente fenomeni di ipersensibilità.
Pseudoallergie
In alcuni casi le reazioni "allergiche" ad antibiotici sono in realtà determinate da intolleranza per gli eccipienti (coloranti, conservanti). Si tratta di pseudoallergie in quanto il meccanismo non è immunologico, tuttavia i sintomi possono richiamare quelli dell'allergia IgE-mediata (orticaria acuta). L'ampio utilizzo di alcuni eccipienti (es. eritrosina) può giustificare sintomi ricorrenti, associati a diversi tipi di antibiotici, a farmaci non antibiotici o anche ad alimenti. In questi casi l'aspecificità della reazione suggerisce che non sia coinvolto il principio attivo. Per individuare l'intolleranza ad uno specifico eccipiente è possibile effettuare test di provocazione orale, in analogia agli additivi alimentari. Infine, alcune persone manifestano intolleranze multiple per farmaci, tra cui frequentemente antibiotici e FANS. Si tratta di reazioni a genesi tuttora oscura, che si manifestano prevalentemente con sintomi di orticaria. Spesso questi pazienti riferiscono di essere "allergici a tutti i farmaci". In questi casi la aspecificità delle reazioni è documentata dalla frequentissima positività al test di provocazione con placebo e non è pertanto indicata l'esecuzione di ulteriori indagini.
La farmacovigilanza
E' opportuno ricordare che la reazione avversa deve essere riferita agli Enti preposti alla farmacovigilanza, specialmente se provocata da antibiotici di recente registrazione oppure in caso di particolare gravità. Purtroppo questo in molti casi non avviene. L'omessa segnalazione delle reazioni avverse a farmaci (allergie incluse) è un fenomeno grave, non solo in Italia. Anche le statistiche internazionali lo evidenziano in modo allarmante. Inoltre, il medico che osserva una reazione allergica è tenuto ad informare il paziente sulla natura del farmaco responsabile (o sospetto) ed a fornire ogni indicazione che possa facilitare una successiva valutazione allergologica. Ciò è particolarmente necessario per le reazioni che si verificano in ambito ospedaliero, ove il paziente spesso ignora la natura dei farmaci che assume. Di conseguenza ogni reazione allergica deve essere segnalata in cartella clinica e nella lettera di dimissione, specificando il tipo di farmaco, il dosaggio, le modalità di somministrazione e la tipologia delle manifestazioni allergiche. In assenza di queste informazioni è virtualmente impossibile formulare un giudizio allergologico a posteriori, e proteggere il paziente dal rischio di recidive. Il pediatra di famiglia ed il medico di medicina generale dovranno a loro volta inserire l'episodio di allergia nella cartella clinica individuale ed eventualmente fare una annotazione sulla tessera sanitaria Bibliografia
1. Memorandum SIAIC sulla diagnosi di allergia/intolleranza a farmaci. Giorn It Allergol Immunol Clin 1998; 8: 568-95. 2. Salkind AR, Cuddy PG, Foxworth JW. Is this patient allergic to penicillin? JAMA 2001; 285: 2498-505. 3. Kelkar PS, Li JTC. Cephalosporin Allergy. N Engl J Med 2001; 345:804-9. 4. Romano A, Mayorga C, Torres MJ, et al. Immediate allergic reactions to cephalosporins: cross-reactivity and selective responses. J Allergy Clin Immunol 2000; 106: 1177-83. 5. Campi P, Manfredi M, Severino MG, Zerboni R. IgE specifiche verso chinoloni. Giorn It Allergol Immunol Clin 2001; 11: 90-100.