Proprietà farmacologiche
La moxonidina è un antiipertensivo ad azione centrale, strutturalmente correlato alla clonidina.Nonostante i primi studi risalgano agli anni '80, l'esatto meccanismo d'azione del farmaco non è noto. La riduzione della pressione arteriosa sembra dovuta ad un'azione agonista sui recettori imidazolinici (I1), localizzati principalmente a livello del midollo allungato. La stimolazione di questi recettori diminuisce l'attività simpatica sia centrale che periferica e riduce le resistenze periferiche e la pressione arteriolare. Il farmaco, tuttavia, si comporta anche da agonista dei recettori alfa-2-adrenergici per i quali presenta un'affinità 30-40 volte inferiore rispetto a quella per i recettori imidazolinici. Questo comporterebbe in una migliore tollerabilità rispetto agli antiipertensivi centrali di vecchia generazione, come la clonidina o la metildopa, i quali, riducendo il tono simpatico mediato dal SNC attraverso una stimolazione prevalente dei recettori alfa-2 del midollo allungato, possono rendersi responsabili di fastidiosi effetti indesiderati (es. sedazione e secchezza della bocca, verosimilmente mediati dalla stimolazione di questi recettori). Sulla base di dati recenti, anche l'azione antiipertensiva della monoxidina sarebbe dovuta prevalentemente all'attivazione dei recettori alfa-2 a livello centrale, associata ad una inibizione del rilascio di catecolamine a livello periferico.
Somministrata per via orale, la moxonidina viene rapidamente e quasi completamente assorbita dal tratto gastrointestinale. L'assorbimento non viene influenzato dalla presenza di cibo nello stomaco.
I livelli plasmatici di picco vengono raggiunti entro 1 ora. Nonostante la breve emivita plasmatica (circa 2 ore), una unica somministrazione di moxonidina (400 mcg) ha dimostrato di abbassare la pressione arteriosa per l'intero arco delle 24 ore.
Il 90% circa viene eliminato con le urine principalmente sottoforma di farmaco immodificato; i metaboliti (meno del 10%) sono privi di attività antiipertensiva. L'eliminazione risulta ritardata nei pazienti con insufficienza renale abbastanza grave. Non si rende necessario alcun aggiustamento posologico nei pazienti anziani ma con funzione renale normale.
Efficacia clinica
Nei pazienti ipertesi, la moxonidina abbassa la pressione arteriosa a riposo e in corso di esercizio riducendo le resistenze vascolari sistemiche, senza variazioni significative della gittata cardiaca. Le azioni emodinamiche e l'efficacia clinica del farmaco sono state valutate sia in aperto che in studi comparativi con placebo o con altri antiipertensivi. Gli studi di confronto con altri antiipertensivi dotati di diverso meccanismo d'azione (diuretici, alfa-bloccanti, ACE-inibitori, calcio-antagonisti) o con la stessa clonidina sono stati di breve durata e hanno arruolato un numero limitato di pazienti. Nessuno di questi studi ha dimostrato una superiorità della moxonidina rispetto ai farmaci di confronto sia quando utilizzata in monoterapia che in associazione con altri antiipertensivi.
Nel marzo 1999 è stato prematuramente interrotto lo studio MOXON (Moxonidine for Congestive Heart Failure), uno studio clinicoin doppio cieco, randomizzato, controllato conplacebo, il cui obiettivo era quello di verificare gli effetti della somministrazione di moxonidina a lento rilascio (dosi da 0,25 mg 2 volte/die a 1,5 mg 2 volte/die) sulla mortalità e morbilità di pazienti con insufficienza cardiaca congestizia. Lo studio, della durata di 1 anno, è iniziato nel maggio 1998 ed ha arruolato un totale di 1.933 pazienti con un'insufficienza cardiaca II-IV classe NYHA; 989 pazienti sono stati randomizzati a moxonidina a lento rilascio mentre 944 a placebo. Quando il trial è stato interrotto, 46 pazienti del gruppo moxonidina erano deceduti vs 25 del gruppo placebo; dopo 5 mesi è stato reso noto il numero totale dei decessi e cioè 53 nel gruppo moxonidina (la maggioranza per morte improvvisa) e 29 nel gruppo placebo. Il numero di ospedalizzazioni dovute ad aggravamento dell'insufficienza cardiaca o ad infarto del miocardio è stato significativamente più elevato nel gruppo trattato rispetto a quello di controllo.
Effetti indesiderati
Gli effetti indesiderati più frequentemente osservati durante gli studi clinici condotti con moxonidina sono stati secchezza delle fauci, astenia, sedazione. Occasionalmente possono comparire nausea, cefalea e disturbi del sonno. La frequenza e l'intensità di questi disturbi possono diminuire nel corso del trattamento. La moxonidina non ha provocato ipotensione posturale, ma alcuni pazienti manifestano problemi di vertigine.
Nello studio comparativo di maggiori dimensioni con la clonidina, la moxonidina ha provocato secchezza della bocca nel 20% dei pazienti (contro il 47% indotto dalla clonidina) mentre l'incidenza della sedazione è stata simile (13% con moxonidina, 17% con clonidina).
Interazioni
La somministrazione contemporanea di moxonidina e di una benzodiazepina può comportare un aumento dell'effetto sedativo; va evitata l'assunzione contemporanea con antidepressivi triciclici o con alcool.
Controindicazioni e Avvertenze
La moxonidina è controindicata nei pazienti con disturbi della conduzione cardiaca, insufficienza cardiaca grave, malattia del nodo del seno o bradicardia grave, angina instabile, aritmie gravi, storia di angioedema, epatopatia o insufficienza renale grave. La scheda tecnica del farmaco ne controindica inoltre l'uso nei pazienti con arteriopatie periferiche, sindrome di Raynaud, morbo di Parkinson, epilessia, depressione, glaucoma, probabilmente per mancanza di dati in queste condizioni.
Dovendo sospendere un trattamento in cui la monoxidina è somministrata in associazione ad alfa-bloccanti, è opportuno interrompere prima l'alfa-bloccante e successivamente la moxonidina che va sospesa gradualmente nell'arco di due settimane per evitare ipertensione rebound.
La comparsa di sonnolenza o di vertigini può compromettere la capacità di guida o d'uso di macchinari.
Non vi sono dati sull'impiego della moxonidina in gravidanza, perciò il farmaco non va impiegato nelle donne gravide o che allattano al seno né in quelle che intendono avere un figlio.
Dosaggio
La dose iniziale raccomandata è di 0,2 mg/die, per via orale al mattino. Può essere aumentata a 0,4 mg/die (in monosomministrazione o in due dosi) dopo 3 settimane. La dose massima giornaliera consentita è di 0,6 mg/die ma solo se suddivisa in due somministrazioni. Nei pazienti con insufficienza renale di grado moderato (GFR 30-60 ml/min) va utilizzata ad un dosaggio massimo di 0,4 mg, suddiviso in due somministrazioni al giorno.
Costo
Il costo della terapia mensile con moxonidina è inferiore a quello con un ACE-inibitore quale il ramipril, ma è quasi 10 volte superiore a quello del clortalidone (Igroton) o dell'idroclorotiazide (Esidrex) e doppio rispetto a quello della clonidina (Catapresan).
La monoxidina è un antiipertensivo ad azione centrale strutturalmente correlato alla clonidina. In studi di breve durata, sovente di piccole dimensioni, la moxonidina si è dimostrata efficace quanto i farmaci di confronto nel ridurre la pressione arteriosa. Mancano dati sulla sua efficacia nei pazienti resistenti agli altri antiipertensivi e sui suoi effetti sulla mortalità e morbilità cardiovascolare. Il profilo di tollerabilità è piuttosto incerto: pur se con minore frequenza, la moxonidina presenta gli stessi effetti indesiderati della clonidina (secchezza della bocca, sedazione). E' inoltre controindicata in numerose, quanto frequenti, patologie cardiovascolari e neurologiche. Uno studio in pazienti con insufficienza cardiaca è stato interrotto prematuramente per un eccesso di mortalità nel gruppo di pazienti trattati col farmaco.
In un ambito farmacoterapeutico così densamente popolato quale quello degli antiipertensivi e a fronte di studi quali ALLHAT, STOP, INSIGHT e NORDIL non si ravvede quale ruolo possa avere la moxonidina nel trattamento dell'ipertensione arteriosa.
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