I tre contributi che occupano in questo numero la parte più specificamente dedicata all'aggiornamento, non potrebbero essere tra loro più distanti, per contenuti, per approccio, per interesse che possono suscitare.
L'articolo molto stimolante di A. Del Favero su "una nuova entità con cui confrontarsi", la rilettura di un capitolo come il singhiozzo, di cui è certa la frequenza ed altrettanto incerta l'epidemiologia della rilevanza, l'invito, attraverso la presentazione di tabelle modello, ad una lettura organica di un rapporto sulla prescrizione nella popolazione anziana hanno, tuttavia, una caratteristica comune che è sembrata sufficientemente interessante per dedicarle una sottolineatura editoriale. L'osservazione può riassumersi sinteticamente in questi termini: in tempi di concertazioni, dichiarazioni solenni, patti di collaborazione e di trasparenza nel campo dell'informazione, una priorità seria e di lungo periodo deve essere data alla identificazione, qualificazione, adozione dei capitoli che non hanno risposte ma propongono domande.
I tre casi sopra ricordati sono senz'altro un buon esempio della eterogeneità ed insieme della rilevanza complessiva del problema: le situazioni clinico-assistenziali esistono, includono interrogativi diagnostico-terapeutico- organizzativi, corrispondono inevitabilmente a pratiche estese, perché la medicina non sembra capace di tollerare il vuoto d'azione: gli autori sottolineano che nei tre casi l'unica raccomandazione che si può fare (al di là di rispettare con il massimo delle responsabilità e dell'attenzione i "paletti", conoscitivi e culturali, che vengono proposti) è di fatto un auspicio: sperare vivamente che ci siano persone, gruppi, organizzazioni che si mettano a produrre l'informazione che non c'è ancora. L'auspicio sembra molto semplice ed ovvio.
Di fatto, se preso per quello che indica - la segnalazione che nell'agire medico è facile e frequente la presenza dell'agire "ignorante" - ha conseguenze serie sul modo di pensare al rapporto tra mondo dell'informazione e mondo delle pratiche.
I capitoli-ancora-da-scrivere come i tre segnalati ad esempio sono di fatto molti: la loro adozione come priorità inevitabile e non delegabile (non si può agire nell'ignoranza cosciente!) cambiano non poco le regole, le metodologie, i protagonisti dell'informazione. Non c'è più un mondo che sa, e comunica in modo più efficiente a chi deve fare: il mondo che sa assume come propria responsabilità la mappatura dei luoghi per cui non ci sono linee-guida su cui basarsi: da quel punto in poi l'unica direttiva che può-deve valere per chi è sul fronte del fare é di sapere che la responsabilità dell'informazione è tutta sua: ogni decisione presa deve entrare a far parte di un processo conoscitivo di cui garantire l'affidabilità e la tempestività.
C'è un vantaggio potenzialmente importante, e perciò da non trascurare non solo per le sue implicazioni immediatamente operative, ma ancor più per alcuni aspetti metodologici più generali nella scoperta-adozione di "capitoli ancora da scrivere" di informazione: l'informazione può essere prodotta su misura del bisogno che si è identificato, minimizzando così uno degli ostacoli più sottolineati in tempi di EBM: la difficile trasferibilità diretta dei risultati dei trial alla pratica per la insufficiente rappresentatività-pragmaticità di molti studi "farmacocentrici!". La letteratura è sempre più concorde ed insistente su questi aspetti.
Può essere utile provare a verificare questa ipotesi (in modo inevitabilmente molto sintetico) negli scenari proposti in questo numero del bollettino.
Le infezioni nosocomiali-domiciliari si propongono in modo esemplare come l'opportunità di attivare una strategia articolata di produzione di conoscenza:
a) saggiando la praticabilità di reti di follow-up e di continuità tra i livelli più specialistici e la MG; b) costruendo una epidemiologia prospettica - multicentrica e multiproblema - che crei in tempi rapidi (e con dati più affidabili di quelli che hanno tanto a lungo caratterizzato l'epidemiologia simmetrica-opposta delle infezioni acquisite in comunità) un profilo sia qualitativo che quantitativo delle situazioni clinicamente rilevanti, e dei quesiti specifici aperti sull'efficacia delle diverse strategie; c) in questa epidemiologia si inseriscono e si articolano metodologie di ricerca che vanno dal trial formale randomizzato, allo studio osservazionale prospettico, alla sorveglianza caso - controllo di complicanze /fallimenti.
La novità della prospettiva aperta dal porre il problema in questi termini non è banale: non sono i singoli problemi a richiedere una informazione adeguata, è il bisogno di una modalità di assistenza che viene reso visibile e che impone una strategia di ricerca in grado di proporsi nello stesso tempo come l'occasione per sperimentare una cultura di continuità assistenziale di cui farà parte anche la produzione di informazione sui diversi scenari che si possono incrociare.
Sicuramente i protocolli sul singhiozzo dovrebbero avere caratteristiche molto diverse. Una nota comune di metodo merita, tuttavia, di essere sottolineata: l'elemento conoscitivo che più macroscopicamente è carente in una revisione della letteratura molto accurata è una epidemiologia clinica "robusta" che permetta di avere una base di riferimento rispetto a cui pensare ad eventuali studi mirati, con popolazioni di pazienti meglio caratterizzati e misure di outcome più affidabili. Il legame tra epidemiologia dei bisogni reali ed informazione appropriata rimane uno degli snodi culturali meno presi in considerazione. In questo senso il caso "minore" del singhiozzo rimanda evidentemente allo scenario molto più rilevante - per aspetti di salute pubblica, per implicazioni etiche e di diritti dei pazienti, per responsabilità professionale - degli anziani e degli psicofarmaci.
Il messaggio informativo più impressionante è la lontananza tra i numeri e gli incroci delle [poche] tabelle e le popolazioni presenti nei trial (quando questi ci sono). L'informazione da produrre in questo contesto sarebbe quella di un outcomes research che racconti il destino di [almeno una frazione di] queste popolazioni reali. Il legame epidemiologia - informazione ritorna e si conferma.
E' il capitolo da scrivere più importante e urgente.
Augurio al prossimo "Manifesto": di essere meno esortativo e solenne di impegni. E più sobriamente descrittivo delle cose fatte e non fatte.
Al di là delle bugie e delle manipolazioni (che continueranno a proliferare e diversificarsi, nella letteratura internazionale e nella propaganda italiana) e più a fondo, i diritti delle persone alla informazione appropriata si violano non dando alle persone - popolazioni la possibilità di essere prese più sul serio dalle informazioni, con una visibilità adeguata.
Per concludere
Anche questa nota che denuncia un bisogno sarebbe ingiustificata e meno credibile se non si assumesse una responsabilità, quella di adottare 1, o 2, dei "capitoli non ancora scritti" che si sono segnalati: ci ritorneremo. Aspettando, nel frattempo, tanti input da chi è interessato ad essere produttore e non solo utente di informazione.