Due temi, ben noti, ma che si incontrano per lo più separati, si sono dati l'appuntamento in questo numero di IsF: a) la Bussola documenta ciò che il mercato delle registrazioni e della rimborsabilità offre in termini di "novità"; b) una nota sulla "orfanità" di una situazione pediatrica clinicamente rilevante ripropone il problema dell'uso off-label di farmaci non-nuovi.a) Come ormai sempre più spesso capita, non solo sui bollettini di informazione, in Italia e fuori, il "non" è d'obbligo davanti a "novità": come il non-compleanno nel Paese delle Meraviglie. L'unica curiosità per la quale, a volte, si vorrebbe avere una risposta evoca (certo, in modo un po' atipico) scenari di farmacologia applicata (sperimentale? clinica?): la capacità di sopportazione della medicina (e della società?) per una situazione di sostanziale presa in giro (le non-novità sono simpatiche solo nei paesi dei non-compleanni!) si può meglio definire in termini di "tolleranza"? "assuefazione"? "dipendenza"? "intossicazione"? "effetto placebo-paradosso"? La Bussola di questo numero si presta bene per un mini-test; con risposte libere, ovvie od irrilevanti, a scelta, come conviene per curiosità su non-realtà:
- l'ultima statina, che è storicamente la prima, ci riporta al tempo in cui si potevano fare studi con migliaia di pazienti senza porsi end-point clinici, e ricorda che il mercato di questo settore è talmente affascinante da permettere a tutti nicchie vantaggiose;
- un farmaco che fa guadagnare 1 punto di efficacia su una scala di dolore per un problema su cui non si sa ancora nulla, e si può perciò provare tutto, sottolinea che la novità più temuta per il mercato è l'avvicinarsi della scadenza della patente per il farmaco simile (o proprio uguale, e magari della stessa ditta);
- un farmaco non-nuovo-per-equivalenza, per un problema vero, ma senza novità conoscitive sulla patologia indice, ha un suo posto perché si è provveduto silenziosamente a creare un "contesto nuovo", con il ritiro dalla distribuzione di un concorrente, ormai impresentabile per un mercato che fa coincidere le novità con un salto di qualità dei costi;
- un farmaco nuovo, con indicazione di nicchia, mette bene in evidenza che il rispetto delle regole metodologiche è (più o meno) obbligatorio all'interno dei singoli trial, purché ci sia una altrettanto rigorosa libertà nella loro interpretazione complessiva: per il caso in questione, studiato contro placebo (quando già per quella condizione clinica c'erano trattamenti raccomandati), l'indicazione di nicchia (per i non-responders) sembra proprio un esempio "didattico" di data-dredging (= il significato dei risultati non dipende dall'ipotesi che ha generato la ricerca, ma da ciò che si riesce ad estrarre dai dati): in fondo, ciò che conta è "esserci", per quanto con un'indicazione piccola: poi, non si sa mai, può darsi siano sempre validi, anche per le [non-] "novità", quei vecchi detti sulle "gocce che scavano le rocce".
b) La nota di Clavenna e Bonati sul "caso" risperidone in pediatria ricorda che le non-novità non sono dovute al fatto che ormai non ci sono [più] bisogni inevasi. E' importante prendersi i minuti necessari per leggere tutto il "caso" nella sua articolazione complessiva (la serietà della condizione clinica, l'intreccio tra i livelli regolatori e gestionali, gli aspetti scientifici, le implicazioni economiche, le proposte operative), perché le indicazioni (di contenuto e di metodo) che se ne possono trarre vanno ben al di là della cerchia relativamente ristretta di coloro che dovrebbero sentirsi più direttamente coinvolti nella proposta di gestione-ricerca che riguarda una popolazione "minoritaria". Il nucleo principale della "novità" della nota (= qualcosa che veramente può incidere sul mondo della non-novità, perché non si limita a produrre una conoscenza più o meno innovativa, ma propone un cambiamento delle regole della produzione di conoscenza) è evocato anche nel titolo dell'editoriale, e ripreso in quello dellaTabella: per non assuefarsi-rassegnarsi alla cultura della non-novità, la medicina deve ri-scoprire la propria competenza (e la propria identità rispetto alla società) nella cultura dell'adozione dei bisogni. Anche questa affermazione non è nuova: sullo stesso IsF si è tornati più volte sulla priorità da dare alla indipendenza nellaproduzione delle conoscenze rispetto alla distribuzione delle informazioni. Nel campo dei diritti (che è quello più direttamente pertinente quando si parla dei bisogni inevasi di persone/popolazioni concrete) le novità sono obbligate a percorsi e scadenze che sono purtroppo all'estremo opposto rispetto agli scenari attuali del mercato. Bisogni-diritti inevasi riguardano infatti, [quasi] per definizione, situazioni riconducibili alle tante (e tra loro complementari) "orfanità" ricordate nella Tabella. La adozione delle orfanità è un processo non semplice, né di breve periodo. Appartiene, certo, alla "vecchia" identità della medicina: quella del giuramento di Ippocrate, della deontologia. Nel meraviglioso paese dei non-compleanni la novità della "adozione-come-metodologia-di-assistenza-ricerca " non può essere tuttavia solo una "raccomandazione", o un "comportamento etico".
Non è un'"opzione facoltativa", per il tempo ed i problemi lasciati liberi dalla EBM, dalla FAD, da .: ne è il presupposto, e la verifica, di legittimità.
La metodologia "controllata" dell'adozione
Logica e piano operativo
1. Ogni patologia di cui è documentata la "orfanità" (= bisogno inevaso) può/deve essere considerata "adottabile". 2. L'adozione è un processo "condiviso", tra coloro che sono portatori del bisogno inevaso (e/o loro familiari) e gli attori del percorso assistenziale. 3. E' componente essenziale di un'adozione-condivisa far coincidere strettamente la più attenta modalità di "presa in carico" assistenziale con la più rigorosa e praticabile metodologia di valutazione-ricerca. 4. Il quadro normativo italiano non solo permette, ma favorisce e stimola la adozione-attraverso-la-ricerca (sperimentale e osservazionale), con quanto previsto specificamente per l'uso compassionale, e soprattutto per la ricerca no-profit (DL 17-12-2004. GU n° 43, 22-2-2005). 5. La "rimborsabilità" dei farmaci eventualmente necessari (da parte del SSN, e/o/con il contributo, dei produttori) è dovutanel contesto di un "protocollo di ricerca-adozione", che corrisponde ai criteri di rigore-flessibilità ricordati al punto 3. 6. La identificazione esplicita delle "orfanità" candidabili ad adozione-ricerca è una responsabilità diretta delle società/organizzazioni scientifico-professionali, così come dei bollettini di informazione indipendenti, in stretto collegamento con le rappresentanze di pazienti/cittadini. 7. "Adottare orfanità" evoca marginalità, minoranze, precarietà, isolamenti culturali e sociali: dal punto di vista di una medicina responsabile, la metodologia dell'adozione dei bisogni inevasi si definisce come un capitolo avanzato e prioritario di ricerca. 8. Questo cambiamento di percezione e di sguardo è il contributo più fondamentale a rendere visibile e generatrice di cultura, oltre che di conoscenze, un'area che è a tutt'oggi frammentata ed oggetto di attenzione occasionale. 9. Il caso del risperidone in pediatria è un modello particolarmente importante, perché riguarda un'età ed un'area clinica dove l'orfanità conoscitiva-assistenziale pone una sfida culturale, professionale, di civiltà sia al mondo professionale che ai cittadini.