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Uno dei fondamenti della terapia è quello di scegliere, sulla base di solide evidenze scientifiche, il farmaco che ha maggiori probabilità di produrre un beneficio e minori probabilità di causare un danno ad un determinato paziente. Alcuni fattori che alterano la suscettibilità del paziente agli effetti indesiderati sono stati chiaramente identificati. Questi comprendono l'età (è nota la maggiore gastrolesività dei FANS negli anziani), il sesso (le donne sono più esposte alla tosse indotta da ACE-inibitori), patologie concomitanti (prima tra tutte l'insufficienza renale) e fattori esogeni come l'alcool (in grado di potenziare gli effetti sedativi di molti farmaci agenti sul SNC).
La correlazione tra appartenenza ad etnie diverse e risposta/sensibilità ai farmaci è meno chiara. In gruppi etnici diversi sono state osservate differenze di efficacia e di tollerabilità che possono essere il risultato di differenze genetiche nella farmacocinetica (in particolare nel metabolismo dei farmaci) e nella farmacodinamica (nella struttura e regolazione dei recettori). Il deficit di glucosio-6-fosfato-deidrogenasi è il difetto enzimatico ereditario più diffuso: i pazienti affetti possono sviluppare una emolisi acuta in seguito all'assunzione di una serie di farmaci di uso comune. Alcune varianti genetiche responsabili della carenza interessano le popolazioni dell'Africa e dei paesi del Mediterraneo.
Il medico di medicina generale sempre più spesso sarà chiamato a prendere decisioni terapeutiche che riguardano pazienti di etnia non caucasica e nella scelta del farmaco dovrà tener conto delle evidenze disponibili. Al momento, molte informazioni sulle differenze inter-etniche nella risposta ai farmaci sono frammentarie; i pochi dati documentati riguardano le popolazioni di origine afro-americana. Gli afro-americani, oltre ad una maggiore propensione a diventare ipertesi (probabilmente per una maggiore sensibilità nei confronti del sale e una minore attività della renina plasmatica), mostrano una risposta inferiore ai farmaci che agiscono sul sistema renina-angiotensina e una maggiore suscettibilità ai loro eventi avversi più gravi. Negli ipertesi di colore, gli ACE-inibitori, gli antagonisti dei recettori dell'angiotensina II ("sartani") e i beta-bloccanti risultano meno efficaci e comportano più rischi. L'appartenenza alla etnia nera è stata individuata da diversi decenni come fattore di rischio per lo sviluppo di angioedema da ACE-inibitori sulla base di alcune serie di casi. Ulteriori casistiche, diversi grandi studi randomizzati e di coorte retrospettivi hanno confermato l'esistenza di questa correlazione: negli afro-americani l'angioedema ha una incidenza 3 volte superiore a quella rilevata nei caucasici.
Pertanto, allo stato attuale delle conoscenze, nella terapia antipertensiva di questi pazienti, i farmaci di prima scelta sono rappresentati dai calcio-antagonisti e dai diuretici tiazidici che non hanno mostrato differenze interetniche in termini di efficacia e sicurezza.
Data di Redazione 08/2011