Questa nota si chiude all'indomani della lettera "segreta" (ma svelata al momento giusto?) con la quale la BCE entra nel merito dettagliato di ciò che deve essere la versione italiana della "crisi": ennesimo tassello di apparente rigore-pianificazione che pretende di dare risposte "lineari" (è l'aggettivo che sembra calzare meglio per qualificare i "tagli") al caos. Questo "quadro di riferimento" (al di là della sua apparente estraneità rispetto all'ambito di interessi di IsF) è di fatto molto pertinente: sia perché l'universo sanità-welfare è divenuto un vero e proprio parco-giochi per i tagli (±) lineari, sia perché rimanda alla situazione che già si vive all'interno del mondo della medicina. L'ipotesi — ovviamente dubitativa — del titolo che ci si è dati per i 2 minuti di attenzione eventualmente dedicati ad un editoriale, è a questo punto molto chiaro: per non identificarci troppo con, e perciò soccombere anche nell'intelligenza, questi tempi può forse valer la pena scambiarsi appunti che ci permettano di "prendere distanza": non per "sopravvivere", ma per camminare con un minimo di autonomia.
1) Appunto n. 1: è il quadro di riferimento: la crisi non è il tutto. Il suo potere più grosso è quello di imporci una sua obbligatorietà – razionalità – globalità. Il meccanismo è lo stesso che si propone per tutti i campi: anche in sanità. E' proibito investire nel futuro. Le "precisazioni" dei banchieri alla sanità seguono le stesse leggi degli oncologi aggressivi per pazienti in fase terminale: e il rischio che "i governatori" (di vario livello) della sanità prestino una "obbedienza dovuta" (in buona o mala fede) è alto. E' bene ricordarsi - visto che la sanità non cessa di essere un "bene comune", a dispetto della BCE - che viviamo in un paese che per il "bene comune" dell'acqua ha fatto vedere quale era l'unica maggioranza vera. Una buona lettura che occupi un minimo di spazio in questa direzione riguarda proprio i beni comuni 1.
2) Il secondo appunto rimanda direttamente ad una "buona notizia" contenuta in questo numero: il lavoro sugli "stili di vita", al di là dei suoi contenuti tecnici, dice che:
a) continua ad esistere una "cultura possibile" della ricerca nella medicina generale;
b) controllo dei rischi non sta obbligatoriamente nelle prescrizioni più o meno aggressive di verifiche diagnostiche e di farmaci, ma è estremamente efficace se è il prodotto di un'alleanza tranquilla, flessibile, duratura nel tempo tra i cittadini e la loro vita: la medicina può, ed è benvenuta, far parte del dialogo, senza intrusioni. "L'appunto" è importante per questi tempi: la risposta alle restrizioni, non sta in altre restrizioni, ma nell'esplorare altre strade e creare-rendere visibili nuovi spazi.
3) Per chi volesse confermarsi "scientificamente" in questo atteggiamento che chiede di mantenere bene aperti gli occhi, e di non subire con passività e rassegnazione le direttive dall'alto, può essere utile la lettura del dossier sul ruolo della libertà clinica in tempi in cui la razionalità possibile della EBM rischia di divenire succube della irrazionalità del mercato 2. Come suggerisce il lavoro sugli "stili di vita", l'evidenza che serve è quella che accompagna-sostiene la libertà di essere "normalmente" responsabili di quello che si è e si vive.
4) L'appunto sulla priorità della responsabilità intelligente rispetto alla pseudo-scientificità degli algoritmi, delle proiezioni, dei modelli, dei marcatori, delle governance (…strane ed istruttive coincidenze logiche e linguistiche tra le misure ed i criteri di qualità che fanno furore nelle amministrazioni sanitarie, e quelle che sono usate da banchieri e governatori per dar peso agli indici e cancellare le persone) deve essere particolarmente importante, visto che lo si trova ripetuto e confermato con enfasi anche in riviste "istituzionali" 3-6. Che insistono: non fidatevi di "proiettare" aspettative. Per ottimizzare la gestione clinica bisogna investire nell'attenzione alle persone e alla loro storia. Il fallimento di modelli cui obbedire è un'opportunità per diversificarsi, non un invito a ritentare le stesse strade.
5) La notizia del fallimento sostanziale, in termini di proposte intelligenti ed innovative, del vertice delle Nazioni Unite sulle malattie croniche è un "appunto" importante, anche se tutt'altro che inatteso. Dice - ed è anche qui stupefacente la coerenza tra ciò che capita nella medicina e nella società - che la pretesa di ricondurre tutto all'una o all'altra delle governance globali deve essere (a priori, ormai, visto il loro ricorrente impatto peggiorativo sulle crisi) considerata un rischio grave: perché tocca e dichiara "illegali" le necessità della dialettica, della diversità, della sperimentazione fatta sulla concretezza dei bisogni delle popolazioni reali 7-9.
6) "Incorporate clinical research within the learning health system, so that evidence generation becomes integral to the culture of clinical practice" 10. Si è lasciata la stringatezza compatta dell'inglese a questa citazione di due "autori" chiave della ricerca e della salute pubblica degli USA, che chiude come un imperativo un loro articolo sulla gravità (altrimenti irreversibile, dichiarano) della ricerca USA, intrappolata negli interessi, economici dell'industria e delle assicurazioni. E' bene che ognuno si faccia la sua traduzione. Quella che qui proponiamo è di nuovo il rimando alla esperienza di ricerca sui/con gli stili di vita: le risposte bisogna trovarle là dove ci sono le domande, e devono essere trovate insieme, "facendo cammino": non formandosi (obbligati? o illusi?) in attesa di risposte da governi tecnici, o da tavoli di concertazione.
7) Una traduzione simile, e complementare, viene proposta da un altro "appunto", lungo, eloquente, che si ritrova in un "articolo speciale" pubblicato in sede certo non sospetta 11, importante per due aspetti che si spera contribuiscano a stimolare la lettura di tutto l'articolo:
a) il messaggio: cambiare di quartiere, da uno molto povero, ad uno anche solo un poco meno povero, previene l'obesità ed il diabete: come quando si diceva: "basta cambiare un po' l'aria": il bene comune del vivere in un ambiente solo un po' meno umanamente indegno è più efficace (senza interventi "personalizzati") di farmaci, diete, raccomandazioni, elucubrazioni, previsioni, tipo quelle delle N.U. (v. appunto 5).
b) la seconda parte del titolo: "A randomized social experiment". E' la società che deve essere non solo oggetto, ma soggetto di sperimentazione. Passo in avanti importante, e complementare, rispetto all'appunto 6: come dice la conclusione dell'articolo: il perché ciò succede non è del tutto chiaro, ma è la strada su cui investire: è affascinante e fa bene". E' bene essere obbligati a camminare nell'incertezza.
8) Un editoriale di Lancet 12 propone di estendere l'approccio, e la libertà di pensiero, dell'appunto precedente, ad una situazione infinitamente diversa, ma che nella stessa maniera intreccia medicina e società, come è la fine della vita. "L'evidenza" è la flessibilità-libertà-responsabilità di prendere sul serio, ed essere "accountable for", la specificità dei bisogni che non è quantificabile secondo, criteri definibili (e finanziabili o meno) a tavolino.
9) Tempi di crisi, di tagli, di essenzialità: e se fosse l'opportunità di pensieri di "decrescita"? non per echeggiare-sposare dottrine più o meno suggestive, ma per riprendere la fiducia di avere il diritto-dovere di ri-definire che cosa sono gli "essential health benefits"13. Un tempo il termine essenziale coincideva con le maggioranze portatrici di bisogni: ora rischia di delimitare le aree che il mercato - economico e politico - ritiene per sé convenienti.
1. Mattei U. Beni comuni: un manifesto. Laterza, 2011.
2. Int J Epidemiology 2011; 40: 849-861.
3. Kansagara D et al. Risk prediction models for hospital readmission: a systematic review. JAMA 2011; 306:1688-98.
4. Maisel A. Biomonitoring and biomarker-guided therapy the next step in heart failure and biomarker research. J Am Coll Cardiol 2011; 58:1890-2.
5. Gheorghiade M, Braunwald E. Hospitalizations for heart failure in the United States -a sign of hope. JAMA 2011; 306:1705-6.
6. Rodeheffer RJ. Hypertension and Heart Failure: The ALLHAT Imperative. Circulation 2011; 124:1803-5.
7. Cohen D. Will industry influence derail UN summit? BMJ 2011; 343:d5328.
8. Stuckler D et al. Commentary: UN high level meeting on non-communicable diseases: an opportunity for whom? BMJ 2011; 343:d5336.
9. Yach D. Nutritional change is not a simple answer to non-communicable diseases. BMJ 2011; 343:d5097.
10. Califf RM, Harrington RA. American industry and the U.S. Cardiovascular Clinical Research Enterprise an appropriate analogy? J Am Coll Cardiol 2011; 58:677-80.
11. Ludwig J et al. Neighborhoods, obesity, and diabetes -a randomized social experiment. N Engl J Med 2011; 365:1509-19.
12. Kelley AS. Treatment intensity at end of life -time to act on the evidence. Lancet 2011; 378:1364-5.
13. Iglehart JK. Defining essential health benefits--the view from the IOM Committee. N Engl J Med 2011; 365:1461-3.
Data di Redazione 08/2011