Direttiva Europea sulla sperimentazione e sulla informazione sui farmaci
Gianni Tognoni
Premessa
L'uscita di questo numero coincide con la data di entrata in vigore della Direttiva Europea (D.E.) sulla sperimentazione, recepita da quasi un anno a livello italiano con un Decreto Ministeriale1, che è ora in attesa della promulgazione dei decreti attuativi, il cui spirito generale è stato delineato da un importante documento quadro del Ministero della Salute, pubblicato sull'ultimo numero del BIF2. Non è questo il luogo in cui procedere ad un esame dettagliato del testo della Direttiva che è interessante per ciò che rappresenta, ma certo non per contributi di stimolo, o innovatività. E' senz'altro più importante leggere con attenzione il documento del Ministero della Salute, tenendo anche presente la fiammata di interesse-protesta apparsa nella letteratura internazionale (in parallelo ad un appello per Internet firmato da moltissimi ricercatori europei) che segnalava (con un ritardo per altri versi sorprendente) il fatto che una interpretazione rigorosa della Direttiva restringerebbe ulteriormente la praticabilità di una ricerca clinica non promossa dall'industria farmaceutica3,4. I punti che seguono (integrabili eventualmente con la lettura di una riflessione mirata alla applicazione del "nuovo" quadro normativo alla medicina generale5) cercano di proporre una sintesi dei problemi, e delle prospettive, che ci si trovano di fronte dal punto di vista specifico di lettori-utilizzatori di uno strumento di informazione come IsF, che ha evidentemente nella sperimentazione, per il bene e per il male, il suo punto di riferimento obbligato e privilegiato.
Guida di lettura 1. La D.E. conferma un dato già ben consolidato: coerentemente con la pre-istoria delle regole ICH-GCP (International Conference on Harmonisation of technical requirements for registration of pharmaceutical for human use-Good Clinical Practice) sulle modalità di condurre le sperimentazioni cliniche mirate alla registrazione dei farmaci, l'obiettivo esclusivo della "norma" è quello di estendere alla sperimentazione la "logica ISO", che è sempre più, implicitamente ed esplicitamente, il riferimento per il mercato delle merci e delle prestazioni, e perciò anche per la sanità. Non si tratta dunque di un documento sulla ricerca né sugli scenari oggi necessari per fare avanzare le conoscenze terapeutiche. I protagonisti (ben inamidati nei loro ruoli) sono ridotti all'osso: lo sponsor è il direttore d'orchestra, di felliniana memoria, che sa dove e perché si deve andare; lo sperimentatore principale (coordinatore singolo, o collettivo disperso) è esecutore-responsabile di garantire che tutto funzioni in ordine e a tempo; il farmaco/intervento è l'oggetto prezioso alla cui valutazione formale tutto deve essere finalizzato; ai soggetti della ricerca si devono garantire tutti i diritti e le attenzioni dovute a clienti imprescindibili, che devono confluire negli studi, consenzienti più che informati, in modo tempestivo, obbediente, senza perdersi per strada. (N.B. I due punti più "nuovi" e preoccupanti che sono stati sottolineati riguardano: a) il "parere unico", da parte del Comitato di Coordinamento; b) i limiti di tempo, 30 giorni, per l'analisi-approvazione da parte di tutti i Comitati Etici, dopo la prima approvazione. Mentre tutto ciò che permette di accelerare-ottimizzare i tempi di analisi è benvenuto, se non mette a rischio la qualità, rimane imprescindibile l'approvazione locale, e la notifica a tutti di una eventuale non-approvazione per ragioni "sostanziali", etiche e/o metodologiche. La "tempistica" delle approvazioni dei protocolli è vitale; ma non è il cuore della problematica della sperimentazione di oggi, neppure in termini di efficienza).
2. La "logica ISO" - distillata lungo anni di verifiche all'interno delle diverse burocrazie centrali e periferiche - si applica in modo così banale, da toccare perfino le sezioni di solito lasciate ad un minimo di respiro culturale (ad esempio la prefazione-introduzione), che non riescono neppure a citare in modo aggiornato ciò che, negli stessi anni, si è dibattuto-deciso a livello della collettività politica (v. Parlamento Europeo; Convenzione di Oviedo; trasparenza), e quanto è stato oggetto di discussione, prese di posizione, iniziative nella comunità scientifica internazionale (dai problemi dell'equivalenza a quelli della futilità, all'informazione-consenso per le popolazioni "speciali" per le quali la D.E. riesce solo ad immaginare un impraticabile "rappresentante legale"). C'è una "regressione alla media", dei concetti e del linguaggio, perfettamente coerente (una vera e propria regressione culturale!) col fatto che i "legislatori" che si intravedono dietro la D.E. sono, e si sentono, rappresentanti di una Divisione competente in mercati, e della loro qualità commerciale; i rappresentanti dei cittadini (v. Oviedo), così come delle incertezze ed esigenze della ricerca sui bisogni inevasi appartengono ad un altro mondo, e non hanno di fatto avuto un ruolo qualsiasi nella formulazione della Direttiva.
3. Tocca questa volta al documento del Ministero, - che ha come oggetto primario, ma non esclusivo, di interesse la sperimentazione non direttamente a scopo registrativo, e perciò la possibilità-necessità di spazi praticabili di autonomia per coloro che gestiscono i problemi reali proporre un pro-memoria essenziale del contesto in cui si deve collocare e deve essere gestita la sperimentazione:
la ricerca sperimentale è parte integrante dell'assistenza, non ne rappresenta un episodio da valutare-gestire in parallelo;
la logica di Helsinki 2000 e di Oviedo (=la legittimazione della sperimentazione ha le radici nella sua intenzione-capacità di innovare, che deve essere accompagnata da, ma non è sostituibile con, la qualità metodologico-amministrativo-gestionale) è il criterio discriminante per valutare la legittimità, eticità, rilevanza delle diverse proposte di sperimentazione;
la rilevanza della sperimentazione per la salute pubblica si gioca sulla creazione-promozione di condizioni concrete di lavoro, per tutti coloro che, a partire dai bisogni-che-ancora-non-hanno-risposta, vogliono essere sponsor intellettuali di sperimentazioni: queste devono "far riferimento" rigoroso alle regole (D.E.; ICH-GCP), ma i loro risultati fanno parte dell'assistenza ed appartengono anzitutto al pubblico, pur potendo anche (anzi: proprio per questo) essere base solida per eventuali riconoscimenti registrativi.
4. E' facile, per lettori-utilizzatori di IsF, già familiari con quanto proposto con la Dichiarazione dell'ISDB6, riconoscersi nella dialettica dei punti sopra ricordati, e "ritrovarsi a casa". E' esperienza, e compito, di tutti i giorni, di fronte alle novità sempre più precarie, e sempre più frequentemente rimesse [inopinatamente?] in discussione (v. ultimo caso dei neurolettici, così "atipici", da essere stati atipicamente promossi sul campo senza dati certi di efficacia-sicurezza7) ricordarsi:
che le "evidenze" sono/saranno sempre più prodotte da trial di registrazione (sempre più frequentemente meta-analizzati e tradotti in NNT), che non rispondono primariamente alla domanda di rilevanza;
che la trasparenza sui contenuti informativi di questi trial, che sono proprietà di sponsor che fanno riferimento "confidenziale" alle autorità registrative, è sempre relativa (N.B.: per chi fosse interessato ad una discussione documentatissima su questo aspetto, nei riguardi dell'Autorità inglese, dell'EMEA, della FDA, nel campo più che attuale degli antidepressivi, è d'obbligo la lettura, anche letterariamente molto coinvolgente, di un libro appena uscito che ha come autore una vecchia conoscenza di IsF8,9).
5. Una delle caratteristiche più interessanti della D.E., è la assenza-esclusione dall'ambito delle sue competenze degli "studi-di-non-intervento" (che coincidono più o meno con l'area degli studi osservazionali). Si sa che nella sperimentazione i criteri di esclusione sono molto importanti per capirne la "rappresentatività" complessiva, e perciò la trasferibilità più o meno estesa dei suoi risultati. Delimitando il suo ambito (con una definizione che non definisce, a metà strada tra la noncuranza e la negligenza), la D.E. conferma la sua distanza dal mondo reale della ricerca e della assistenza. Gli studi osservazionali (specificamente quelli descrittivi-trasversali; molto meno frequentemente quelli di outcomes, riconosciuti come stretti cugini dei trial: ma si tornerà su questo in altra occasione) sono fortemente presenti nelle proposte valutate dai Comitati Etici, ed occupano, per il bene e per il male, molto dello spazio di attenzione dei curanti. La D.E. li lascia alla creatività-responsabilità del "pubblico"? Sono implicitamente dichiarati area di manovra di pre-post marketing, lobbying, pseudo-formazione, "soft law"? In Italia, il settore è già "normato", senza enfasi, ma in modo puntuale10, ma rappresenta un capitolo tutto aperto e da scrivere, con dati ed esperienze, riferibili alla realtà ospedaliera e a quella ambulatoriale, soprattutto con studi ben condotti di outcomes.
Conclusioni
Produrre-usare informazione in un mercato sempre più integrato, in crisi sostanziale di novità, e perciò sempre più bisognoso di compattezza di immagine ricorda la situazione creata nell'Unione Europea da Schengen per i diritti di cittadinanza (si parva licet). L'affermazione della libera circolazione di "noi" cittadini regolari non coincideva con l'aumento dello spazio di cittadinanza anche per gli altri: questi erano di colpo trasformati in "persone-non", non-cittadini, extra-comunità. Con tutto ciò che ne è seguito e che tutti i giorni conosciamo meglio.
La D.E. ha la logica di Schengen: riconosce diritto di cittadinanza, con la stessa serietà, all'intelligenza e alla banalità della sperimentazione, alla rilevanza delle novità e alla noia della ripetitività: purché ci siano ragioni di par condicio commerciale, che sono le uniche che garantiscono cittadinanza. Non ci sono risposte facili. Il fascino di lavorare come indipendenti, è molto vicino al rischio di essere trattati come "extra-comunità": senza fondi, senza incentivi, senza .....
I passi del Mininstero della Salute sono positivi, ma non possono cancellare il contesto complessivo, farmaceutico e sanitario, tutt'altro che rassicurante.
Produrre-usare informazione diventa sempre più, non progressivamente meno, un mestiere "primario", non "secondario". Usare bene le fonti, è già più difficile, non più facile, per il loro moltiplicarsi. Il mestiere di produrre-usare informazione (ci si ripete: ma la cosa è voluta)11, deve assomigliare sempre più al fare sperimentazioni sponsorizzate dall'intelligenza e dai bisogni. Produttori-lettori di informazione sono attori di verifica sul campo (ricercatori protagonisti di studi di outcomes, "esclusi" dalla D.E.) della affidabilità-rilevanza-efficacia epidemiologica di ciò che dicono le tante, spesso indifferenziate ed indifferenziabili, "evidenze". "Abbonati" come collettivo di ricerca, per non abituarsi al ruolo di più o meno interessati o convinti ascoltatori del prossimo notiziario sul tempo che fa. Lasciamo alla "norma" l'occupazione di tutto lo spazio che reclama. Non c'è nessun obbligo - anzi! - di riconoscerne i diritti su quello che la "norma" stessa ha escluso delle sue competenze.
Bibliografia 1) Decreto Legislativo n. 211 del 24 giugno 2003: Attuazione della direttiva 2001/20/CE relativa all'applicazione della buona pratica clinica nell'esecuzione delle sperimentazioni cliniche di medicinali per uso clinico. 2) Documento programmatico sulla sperimentazione clinica dei medicinali. Guida all'adozione dei decreti attuativi.Bollettino di Informazione sui Farmaci del Ministero della Salute 2004; 11:6. 3) Scientists beg EU to repeal new rules for clinical trials. BMJ 2004; 328:187. 4) Woods K. Implementing the European clinical trials directive. BMJ 2004; 328:240-1; ibidem 328:522. 5) Tognoni G. R&P come guida alla lettura della normativa sulla sperimentazione in Medicina Generale. Ricerca &Pratica 2004, n. 117 (in corso di stampa). 6) Cos'è una vera novità terapeutica. Testo integrale della Dichiarazione dell'ISDB. Informazioni sui Farmaci 2002;26:4-11. 7) Antipsicotici atipici. Informazioni sui Farmaci 2004; 28:20. 8) Medawar C, Hardon A. Medicines out of Control?Antidepressants and the Conspiracy of Goodwill. Aksant, Academic Publishers 2004. V. specificamente cap. 5-9, pp. 68-178. 9) Medawar C. Documenti. La pubblicità sui farmaci diretta ai consumatori. Documento destinato ai Membri del Parlamento Europeo. Informazioni sui Farmaci 2002; 26:11-28. 10) Circolare n. 6, 2/9/2002, G.U. 214, del 12/9/2002. 11) Tognoni G. Un ITD? Informazioni sui Farmaci 2003; 2:5.