I farmaci antiinfiammatori non steroidei (FANS), caposaldo per il trattamento di varie condizioni reumatologiche, sono generalmente ben tollerati anche se, in gruppi selezionati di pazienti, il rischio di tossicità gastroduodenale risulta sicuramente significativo1.
L'azione di questa classe di farmaci si esplica principalmente attraverso l'inibizione dell'enzima cicloossigenasi (COX) necessario per la biosintesi delle prostaglandine, mediatori dell'infiammazione2,3. Nell'ultima decade sono state identificate 2 isoforme dell'enzima: COX-1, costituzionalmente espressa e responsabile dell'azione protettiva ed omeostatica delle prostaglandine e COX-2, indotta da stimoli infiammatori e quindi alla base della flogosi4(figura 1).
Questa distinzione è però oggi messa in discussione dalla dimostrazione che le due isoforme, oltre ad essere costituzionalmente espresse in diversi organi e tessuti (tratto gastrointestinale, cervello, pancreas, polmone, reni, ovaio, ecc.) hanno funzioni simili, intervenendo entrambe nella reazione infiammatoria, sebbene la COX-2 abbia un ruolo prevalente5 (figura 2).
Discuteremo l'impiego dei nuovi COX-2 inibitori, celecoxib e rofecoxib nella pratica clinica in ambito reumatologico, alla luce delle premesse fisiopatologiche sopra ricordate.
Inibitori dell'enzima COX-2
I FANS tradizionali e i nuovi inibitori selettivi dell'enzima COX-2 si differenziano per la diversa azione sulle isoforme COX; questi ultimi hanno azione prevalente sulla COX-2. Anche alcuni dei FANS tradizionali possono vantare una certa selettività nei confronti della COX-2. Più precisamente, il meloxicam e la nimesulide vengono definiti inibitori preferenziali dell'enzima COX-2 per la loro selettività dose-dipendente (cioè presente solamente alle dosi terapeutiche più basse); anche etodolac e nabumetone sembrano avere caratteristiche simili6seppure vi siano dati contrastanti7. L'efficacia e la gastrolesività di tali farmaci sono però analoghe a quelle dei FANS tradizionali8.
Recentemente sono stati resi disponibili per uso clinico negli USA due nuovi farmaci, il celecoxib ed il rofecoxib, inibitori specifici dell'enzima COX-2, che alle dosi terapeutiche agiscono esclusivamente sulla isoforma 2 della cicloossigenasi6. Tra non molto questi farmaci saranno disponibili anche
nel nostro paese e meritano perciò un'attenta valutazione.
I dati provenienti da diversi studi suggeriscono che celecoxib e rofecoxib hanno efficacia analoga ai FANS tradizionali, non hanno attività antipiastrinica e sono gravati da minor gastrolesività. L'articolo illustrerà i dati disponibili sulla loro efficacia e tollerabilità.
Efficacia del celecoxib e del rofecoxib nell'artrite reumatoide e nell'osteoartrite
Il celecoxib (es. Celebrex, Searle) è stato il primo COX-2 inibitore specifico approvato dalla FDA (31.12.1998) per il trattamento dell'osteoartrite sintomatica (100 mg due volte al dì), per l'artrite reumatoide dell'adulto (100-200 mg due volte al dì) e recentemente (23.12.1999) anche per la poliposi adenomatosa familiare.
Diversi ampi studi hanno dimostrato che il farmaco ha efficacia clinica superiore al placebo e pari ai FANS tradizionali9-15.
In un lavoro prospettico, randomizzato, multicentrico, doppio cieco, placebo controllato, della durata di 12 settimane eseguito su 1003 pazienti con osteoartrosi sintomatica del ginocchio, il celecoxib alle dosi di 200 (n = 197) e 400 mg al dì (n = 202) è risultato efficace quanto il naprossene alla dose di 1 g al dì (n = 198) nel migliorare segni e sintomi di malattia12.
Nell'artrite reumatoide dell'adulto due studi clinici, prospettici, randomizzati, doppio cieco, placebo controllati della durata di 6 mesi hanno dimostrato che il celecoxib alle dosi di 400 mg al dì (n = 326)14 e a dosi variabili di 200, 400 e 800 mg al dì (n = 240, 235 e 218 rispettivamente)15 ha attività analgesica ed antiinfiammatoria analoga rispettivamente al diclofenac 150 mg al dì (n = 329)14 ed al naprossene 1 g al dì (n = 225)15.
Il rofecoxib (es.Vioxx, Merck Sharp & Dohme) è stato approvato dall'FDA (21.05.1999) per il trattamento dell'osteoartrosi sintomatica (12,5-25 mg al dì), del dolore acuto dell'adulto e della dismenorrea primaria (per entrambe le indicazioni dose iniziale 50 mg seguita da 25-50 mg al dì).
Ampi studi randomizzati, doppio cieco hanno valutato l'efficacia del farmaco in pazienti con osteoartrosi del ginocchio e dell'anca18-22. Tutti hanno usato obiettivi simili: valutazione da parte del paziente e del medico circa la risposta alla terapia e dolore alla deambulazione in accordo all'indice WOMAC18-21 o WOMAC VA 3.022 Il rofecoxib alla dose compresa fra 5 e 50 mg al dì ha mostrato efficacia maggiore rispetto al placebo; inoltre le dosi di 12,5 mg (n = 144), 25 mg (n = 137) e 50 mg (n = 97) sono risultate più efficaci di 5 mg (n = 149)22. Il farmaco (12,5 e 25 mg al dì) ha inoltre efficacia comparabile al diclofenac (150 mg al dì)18, all'ibuprofene (2400 mg al dì)19,20 ed al nabumetone (1500 mg al dì)21 in accordo agli end-point suddetti (figura 3).
In base ai dati oggi disponibili possiamo perciò concludere che entrambi i farmaci hanno un'efficacia analgesica ed antiinfiammatoria analoga ai FANS non selettivi.
Non si hanno ancora dati sufficienti nel lungo termine ma è presumibile che la loro efficacia si mantenga nel tempo purché assunti regolarmente. Ciò risulta particolarmente importante per i pazienti obbligati ad un loro impiego continuo.
Tollerabilità dei COX-2 inibitori
La tollerabilità dei COX-2 inibitori rappresenta l'aspetto realmente innovatore di questa nuova classe di farmaci e merita perciò una attenta valutazione. Va subito detto però che i dati in nostro possesso riguardanti la sicurezza di questi farmaci sono ancora inadeguati, sia perché il numero dei pazienti trattati è ancora modesto sia perché l'esperienza sull'impiego nel lungo termine è ancor più limitata.
Due sono le caratteristiche fondamentali che differenziano i nuovi COX-2 selettivi dagli altri FANS: la minore tossicità gastrointestinale e la mancanza di una attività antipiastrinica.
Gli effetti collaterali più comuni dei COX-2 inibitori osservati negli studi clinici sono rappresentati da dolori addominali, diarrea e dispepsia; analogamente a quanto accade con altri FANS è stata osservata tossicità renale ed aumento delle transaminasi23,24.
Il celecoxib è controindicato in soggetti allergici alle sulfonamidi16, mentre il rofecoxib non contenendo una molecola reagente con lo zolfo non dovrebbe causare reazioni.
Alle dosi abituali e a dosi maggiori tali farmaci non hanno effetto antipiastrinico e non allungano il tempo di sanguinamento13,17,23,24; teoricamente quindi dovrebbero presentare minor rischio di sanguinamento.
Studi endoscopici hanno mostrato che il celecoxib ha lesività gastroduodenale simile al placebo e minore rispetto ad altri FANS nei pazienti affetti da artrite reumatoide; analoghi risultati sono stati ottenuti con il rofecoxib nell'osteoartrosi.
In un ampio studio su pazienti affetti da artrite reumatoide15 l'incidenza di ulcera gastroduodenale dovuta al celecoxib (dosi di 200, 400 e 800 mg al dì) è risultata analoga al placebo ed inferiore al naprossene 1 g al dì, rispettivamente 5%, 4% e 26% (p<0.001). Poche delle ulcere rilevate erano sintomatiche; solo un paziente, trattato con naprossene, ha sviluppato un'ulcera postbulbare complicata da un quadro subocclusivo (Tabella 1). Va tenuto però presente come i criteri di esclusione dell'arruolamento in tali studi abbiano selezionato una popolazione di pazienti a rischio più basso di tossicità gastrointestinale.
Analoghi risultati si sono osservati confrontando il celecoxib alla dose di 400 mg al dì con il diclofenac 150 mg al dì; l'incidenza di ulcere gastroduodenali è risultata rispettivamente del 4% e del 15% (p<0.001).
Il limite principale degli studi citati è dovuto alla scarsa numerosità del campione.
Langman26 ha cercato di porre rimedio a tale inconveniente analizzando 8 studi clinici controllati che hanno arruolato complessivamente 5435 pazienti affetti da osteoartrosi (Tabella 2). Il rofecoxib (alle dosi di 12,5 mg, 25 mg e 50 mg al dì) è stato tollerato meglio rispetto ai FANS tradizionali noti per la loro minore gastrolesività27(diclofenac 150 mg, nabumetone 1500 mg, e ibuprofene 2400 mg/die) (Tabella 3). In 12 mesi l'incidenza di ulcere gastroduodenali sintomatiche, perforazioni e sanguinamenti del tratto gastrointestinale superiore è risultata minore con il rofecoxib (incidenza cumulativa 1,3% vs 1,8%, p = 0,046; percentuale annua 1,33 vs 2,60; RR 0,51; intervallo di confidenza 95%, 0,26-1)26.
Tali risultati sono verosimilmente applicabili anche al celecoxib, ma non vi sono dati che avallino tali ipotesi.
Interazioni dei COX-2 inibitori
Dato l'ampio utilizzo di questi farmaci, in modo particolare da parte delle persone anziane, è ovvio prestare attenzione alle possibili interazioni con altri farmaci. Anche su questo piano non sembrano esserci motivi di preoccupazione particolare.
Il celecoxib, inibendo l'attività del CYP2D6, potrebbe aumentare le concentrazioni seriche dei farmaci metabolizzati dal 2D6, compresi alcuni beta-bloccanti, antidepressivi ed antipsicotici23; gli inibitori del CYP2C9 come lo zafirlukast, il fluconazolo e la fluvastatina possono determinare un aumento delle concentrazione seriche del farmaco23.
Il rofecoxib ha mostrato interazioni clinicamente significative con rifampicina, methotrexate e warfarin. La rifampicina, induttore del metabolismo epatico, ha causato una riduzione del 50% delle concentrazioni plasmatiche del farmaco; la somministrazione contemporanea di rofecoxib e methotrexate ha ridotto la clearance renale di quest'ultimo con aumento della sua concentrazione plasmatica; l'associazione warfarin e rofecoxib ha determinato un allungamento del tempo di protrombina di circa il 10%.
Come altri FANS, il rofecoxib può ridurre leggermente l'effetto antiipertensivo degli ACE-inibitori24,25.
COX-2 inibitori e neoplasie
L'evidenza che le prostagladine giochino un ruolo nella progressione del tumore del colon è sempre maggiore. La specifica inibizione della COX-2 modula efficacemente la carcinogenesi del colon. Modelli animali mostrano una significativa inibizione della carcinogenesi del colon mediante trattamento con FANS.
Il rischio di insorgenza del tumore del colon in persone che assumono aspirina o FANS regolarmente è ridotto del 40-50%; inoltre i FANS causano regressione di preesistenti adenomi in pazienti con poliposi adenomatosa familiare29.
Sulla base di tali dati è prospettabile per il futuro un impiego terapeutico dei nuovi farmaci nella prevenzione del tumore del colon.
Conclusione
Studi endoscopici di gastrolesività dimostrano che l'uso dei COX-2 inibitori riduce significativamente l'incidenza di ulcere endoscopicamente documentate, giustificando l'ottimismo verso questi nuovi farmaci.
Va però detto che le nostre conoscenze in merito alle possibili complicanze più gravi indotte dai FANS (cioè emorragie gastrointestinali e perforazioni) sono ancora forzatamente limitate, essendo derivate quasi esclusivamente dagli studi clinici. Solo dopo un loro uso estensivo nella pratica generale si potrà confermare (o meno) la loro minore tossicità gastrointestinale e/o a carico di altri organi o apparati (rene, cute, ecc.) rispetto ai FANS tradizionali.
Per quanto attiene ai dati sinora in nostro possesso riguardanti la grave lesività gastroduodenale si può affermare che, assumendo che i COX-2 inibitori possano prevenire ulcere complicate nel 50% dei pazienti che utilizzano FANS, riducendo cioè il rischio dal 5% al 2,5% nei pazienti ad alto rischio per ulcera peptica da FANS e da <0,4% a <0,2% in quelli a basso rischio per evitare una sola ulcera sarà necessario trattare 40 soggetti ad alto rischio, e più di 500 soggetti a basso rischio.
Considerato l'elevato costo dei COX-2 inibitori negli Stati Uniti, e quello che presumibilmente avranno anche nel nostro paese, sembra giustificato l'uso di tali farmaci solamente nei pazienti ad alto rischio per ulcera peptica da FANS28 o in pazienti con alterato assetto coagulativo che necessitano di terapia con FANS.
Tuttavia per determinare la più idonea utilizzazione clinica di questi farmaci sarà necessario valutarne l'efficacia e la tollerabilità in una popolazione più ampia e per più lunghi periodi di tempo.
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