Bollettini che compiono gli anni: un invito per ottobre 2000
Gianni Tognoni
I colleghi francesi che pubblicano Prescrire hanno da poco aperto, con la creatività di sempre, una simpatica iniziativa con i loro lettori: un anno di lavoro-riflessioni-iniziative per celebrare 20 anni di vita-attività. Abbiamo evidentemente subito mandato loro auguri e congratulazioni (ne meritano sempre di più!), e dichiarata la disponibilità e l'allegria di partecipare a questa loro festa prolungata. Per accorgerci subito dopo di avere radici più antiche, che rendono il nostro Bollettino candidato, per l'anno prossimo, alle nozze d'argento con l'informazione.
Non potendo né volendo copiare l'idea di Prescrire, il trovarsi a fare i conti con la propria memoria di identità ha accelerato la cristallizzazione, e la traduzione in proposta operativa, di un'idea che si era più volte ventilata, e sulla quale si era già più o meno informalmente parlato e discusso con diversi colleghi.
La proposta è molto semplice: per il mese di ottobre invitiamo a) anzitutto le pubblicazioni che con IF si trovano oggi a fare informazione sui farmaci in Italia; b) i loro lettori più o meno fedeli o volontari o istituzionali, e c) più in generale coloro che, nella sanità e nella società, sono direttamente o indirettamente coinvolti in questo campo,
a un Seminario di studio-confronto-critica sulle politiche, le pratiche, le prospettive dell'informazione.
Il programma preciso sarà fatto circolare quanto prima, non appena saranno presi gli opportuni contatti e verificate le presenze possibili. Ci interessava fin d'ora tuttavia provare a definire a voce alta, come una lettera aperta, con quel minimo di formalità-serietà che si attribuisce ad un editoriale, le domande ed i perché di una proposta di questo tipo, perché ci piacerebbe che l'incontro fosse luogo e strumento per confrontare ipotesi di risposte su cui si è lavorato, e non la giustapposizione di rapporti-racconti più o meno accurati o autocelebrativi (anche se dovrebbero essere molti coloro che possono aver oggi la "ingenuità" di celebrare qualcosa) di ciò che si fa/si è fatto. 1. Lo scenario dell'informazione sul farmaco in Italia non è mai stato così ricco, variegato, pieno di titoli a livello nazionale, [inter]regionale, locale. Da parte di enti e gruppi che rappresentano tutto lo spettro del pubblico e del privato, dell'istituzione e dell'accademia, delle competenze di farmacisti, farmacologi, medici, di medicina generale e specialistica; con una centralità della carta stampata, ma con puntate ed integrazioni crescenti nel mondo della e-comunicazione; con orientamento alla ricerca e al trasferimento, alla clinica, alla epidemiologia, alla economia. Se, da buoni "decani", e perciò custodi obbligati della memoria, si pensa agli inizi, "solo" un quarto di secolo fa, si potrebbe dire (rallegrarsi?) che tutto è cambiato. 2. La novità più grande (forse l'unica?) è certo il livello centrale: a) per le scelte istituzionali a livello di approvazione e registrazione dei farmaci, che si sono prima e rapidissimamente consolidate a livello italiano, e per lo scenario, sempre più protagonista, europeo; b) per la rivoluzione del Bollettino ministeriale, che sembra corrispondere ormai a quel livello di autorevolezza e pertinenza che, per un tempo che non sembrava mai dovesse aver termine, si era solo potuto auspicare. 3. La "nuova" situazione centrale ha cambiato i termini di riferimento per i compiti dell'informazione e dei relativi bollettini: ad obiettivi di contenimento delle epidemie subentranti di insensatezza-irrazionalità di fondo, sono subentrate (almeno per quanto riguarda la prescrizione nell'ambito del SSN) finalità di razionalità-ottimizzazione di uso di farmaci che in linea di massima sono valutati sui principi delle "evidenze". Alla centralità dei farmaci, si è articolata l'attenzione ai problemi e alle popolazioni. Ad una informazione come prodotto di "esperti", si è aggiunta l'informazione come prodotto di gruppi di lavoro misti, dove si lavora (sempre in linea di principio) nella logica di tener conto delle competenze e delle flessibilità del quotidiano. 4. Nella realtà, si è ampliata enormemente l'area della "informalità", o dell'autoprescrizione, orto-eterodossa, alternativa-complementare, di supporto e di moda, di scelta libera per opzioni "naturali" o per compliance al mercato delle illusioni. "Nuova" area per esercitare un'informazione "scientifica" di contenimento dell'irrazionalità? Territorio "altro"- da rispettare, o compatire, o commentare ogni tanto, con la comprensione, o la sufficienza, o la delusione, o la curiosità, o la riprovazione, con cui si assiste o partecipa al balletto politico-culturale-ideologico di bassa lega che contrappone l'orgoglio gay con l'ortodossia politico-religiosa del giubileo? 5. I tanti bollettini che sono cresciuti e cercano di diffondersi con indici di lettura-ascolto dai contorni indefiniti hanno tra loro una sostanziale coerenza di contenuti e di stili. E' una misura di "esito" positivo, prodotto dalla qualità di "procedure" condivise? E' un indicatore (preoccupante? ovvio? ridondante? da rinforzare?) di sostanziale mancanza di fantasia?
E' una garanzia di allargamento - per un effetto di sommatoria di abbonati-fedeli-amici - della sfera di influenza della razionalità? o è espressione di scoordinamento di minoranze di professionisti, che, con tutte le loro somme, sono confinate a minoranze di lettori-destinatari? 6. Le "forme" dell'informazione sono profondamente cambiate, così come l'accessibilità, da parte di "tecnici" e ancor più da parte dei cittadini. La metodologia ed il mercato dell'informazione sui farmaci - così come succede nel campo della produzione "scientifica" di conoscenze - sono sempre più esplicitamente e fortemente mescolate con ed inseparabili dalle dinamiche complessive del "mercato grande" dell'informazione: quello che riguarda le merci e l'immaginario della sanità, il consumo, la sicurezza, la qualità della vita, la disponibilità a pagare-comprare benessere.
La specializzazione informativa dei bollettini - più o meno redazionalmente ed editorialmente rinnovati e competitivi - è una garanzia, un handicap, una potenzialità, un limite? si può considerare un interlocutore privilegiato, un alleato possibile, un eremita? l'equivalente di un cultore nostalgico del "naturale-biologico" in tempi di biotecnologia? o un custode rigoroso della specificità conoscitiva (eventualmente arricchita di ipertesti) in un mercato che privilegia-prepara una informazione post-scientifica, virtuale, più o meno positivamente o negativamente "transgenica"? 7. All'incrocio di questi interrogativi, tutti fattuali e non solo realistici, il vecchio termine ("discriminante", che faceva un po' da marker di qualità) di indipendenza assomiglia proprio all'altrettanto antico vaso di coccio. In tempi-culture di informazioni (registrazioni, rimborsabilità, legislazioni, sperimentazioni, economia, diritti, diseguaglianza) globali, le indipendenze non possono essere soddisfatte né di accreditamenti esterni, né di autocertificazioni. Ancor meno, forse, si può essere contenti di essere ognuno diversamente e competitivamente indipendente, trovando magari in ciò una giustificazione ad una esistenza indubbiamente dignitosa e rispettabile. 8. Forse - la domanda non è certo nuova, ma la sua pertinenza-attualità è proporzionale al cambiamento dei contesti in cui si pone, risuona, attende risposta - il problema riguarda l'esistenza e la formulazione di un progetto di "informazione sui farmaci" rispetto alla [non?] progettualità della sanità e della società. Ci sono priorità, gerarchie, complementarietà, incompatibilità tra:
obiettivi di razionalità (di scelte, di usi, di pratiche)?
esigenze-misure di appropriatezza (di strategie di informazione, di misure di accettabilità, di riconoscimento di ruoli di aggiornamento)?
"tetti", contenimenti-proiezioni-partecipazioni di spesa (pubblica, privata, essenziale, facoltativa, innovativa, equivalente)? 9. C'è spazio - di efficienza? di efficacia? di gioco? - per una traduzione, ragionata, positivamente scelta, di indipendenza in termini di:
ricerca, affermazione, sperimentazione di intelligenza di quanto succede?
esercizio disincantato di dialettica, di esplicitazione di domande, in una cultura che moltiplica le risposte a priori?
E' bene adattarsi, evolutivamente, al mercato maggioritario, o si deve considerare seriamente - prima di scoprirsi candidati-protagonisti di una apoptosi sostanziale, se non formale - un cambiamento di "ragione sociale"?
Per approfondire
Le domande-invito potrebbero-devono essere certamente meglio argomentate. E' certo che non sono finte, né esagerate. Girano tra gli addetti ai lavori, e più largamente nella società. Ricevono - o per loro sono programmate - risposte implicite che possono essere più radicali di quelle esplicite, perché non dicono che le cose che si fanno non hanno senso, ma semplicemente creano il vuoto, e tolgono anche la allegria o la sorpresa degli echi. Non è qualcosa che capita solo all'informazione [indipendente] sui farmaci. E' per questo che, come suggerimento - metodologico, non esaustivo - di documentazione, si propongono tre letture che fanno parte della cronaca dei giorni in cui questo editoriale-invito viene scritto. 1. C. Magris. Democrazia "fredda" e sentimenti "caldi". Il Corriere della Sera, 25 maggio 2000.
Il contesto è la società italiana alla prova di interpretazione dei referendum (in linea di principio, questi erano espressione massima di esercizio di informazione condivisa e agita da parte della maggio
ranza). Non c'è un solo termine (in questo testo molto teso e duro di un autore noto per la discrezione classica dello stile), che sfiori da lontano le tematiche toccate in questo editoriale. E nello stesso tempo non c'è un solo concetto che non sia assolutamente pertinente con le domande che sono poste, e soprattutto con la metodologia per non fabbricare risposte finte. 2. M. Angell. Is Academic Medicine for Sale? NEJM, 18 maggio 2000 (pp.1516-1518). Lungo editoriale, che ne riprende altri, ed altri "articoli speciali" e si domanda sulla base di fatti molto precisi se c'è spazio per il non-conflitto di interessi nella produzione, interpretazione, diffusione della conoscenza "scientifica". Realistico, disincantato, autorevole. 3. Eduardo De Filippo. Napoli milionaria.
La citazione è meno precisa ed ortodossa rispetto alle altre. Fa riferimento alla celebrazione del 100° anniversario della nascita di Eduardo, così come è stata trasmessa su RAI-Tre (recuperabile, si pensa, per gli interessati che non hanno visto la trasmissione dal S. Carlo di Napoli). Due specificamente i motivi per questo "consiglio di approfondimento"; a) le variazioni sul tema: "dovrà pur passare la nottata" (ognuno cerchi di sentire al di là della prosa e dell'ignoranza di questa traduzione italiana, la poesia del dialetto e della canzone a cui rimanda); b) l'invito del vecchio Eduardo, pochi mesi prima di morire (ai giovani che affollavano il festival di Taormina) al rischio e alla fantasia del teatro: a raccontare, ricordare, trasformare, rappresentare la vita, per non esserne gli impiegati.
Si spera molto che chi accoglierà questa lettera-invito all'incontro di ottobre, possa, in questi mesi, lavorare anche su queste piste di lettura-ascolto.