CAM (Complementary Alternative Medicine) e Oncologia
Gianni Tognoni
Come mai questo argomento?
L'occasione prossima è stata la recentissima decisione di aprire un reparto CAM nell'ospedale di Merano, cui è seguita una giornata di studio coordinata da AIOM (Associazione Italiana di Oncologia Medica) (29 giugno 2009) mirata a fare il punto – tecnico, regolatorio, organizzativo – su contenuti, affidabilità, implicazioni (etiche e normative) di una legittimazione di fatto in un SSN di pratiche che sostanzialmente si pongono (come dice l'acronimo che le qualifica) accanto, o in alternativa, a quelle esistenti: non tanto per i loro contenuti (che potrebbero essere, come sempre si spera in medicina, profondamente alternativi perché sostanzialmente innovativi), ma soprattutto per la loro logica.
Non è qui il luogo per riprendere tutte le tematiche trattate (verosimilmente disponibili in forma registrata su qualche "sito"). Dal punto di vista degli interessi di IsF è sufficiente rimandare ad un testo assolutamente esaustivo per contenuti, aggiornamento, metodologia, di G. Dobrilla (Le Alternative. Guida critica alle medicine non convenzionali. Avverbi e Zadig 2008), (il cui contributo è stato "centrale" anche a Bolzano), e proporre qui alcuni punti che toccano più direttamente il rapporto "informativo" che esiste tra medicina "ortodossa" od "ufficiale", e medicine alternative. L'oncologia non è l'unico campo in cui ci si confronta con CAM, ma proprio in oncologia è interessante affrontare il problema:
si tratta infatti di un'area "di frontiera", per l'intensità del turnover conoscitivo che la caratterizza e per il suo ruolo di protagonista principale della sperimentazione: area perciò di massimo "rigore atteso", metodologico, etico, scientifico;
è, in tutto il mondo, il settore dove CAM ha più "successo", di mercato, mediatico, con picchi periodici (politici? patologici? culturali? v. Di Bella) di vera e propria "emergenza sociale", tanto da confondere in modo assolutamente irrazionale, ma certamente reale, categorie di riferimento che dovrebbero avere funzione di guida sia a livello legislativo, e/o di diritto/etica, e/o di professionalità/rigore nel prendere decisioni assistenziali, economiche, di ricerca.
Nessuna pretesa di completezza informativa, dunque. Un pro-memoria di regole, per guardare a un problema che non è certo limitato a Merano, né all'oncologia.
Esercizi - proposte di definizioni - linguaggio - metodi
Sono importanti anzitutto i criteri di "esclusione": non ha alcun senso far coincidere l'estensione (e l'estendersi?) di un mercato–CAM, con l'affermazione della sua rilevanza crescente, di un bisogno sostanziale da parte delle persone, pazienti o meno, per prevenire, trattare, integrare la gestione delle loro malattie. I mercati – alternativi, complementari, ortodossi, ufficiali, informali – non rispondono primariamente a domande specifiche, ma le creano, le regolano, le aumentano, diminuiscono secondo le proprie esigenze.
L'interpretazione dei "numeri" che si producono con indagini-inchieste, quali-quantitative – "quante/i sono le/i pazienti oncologici che fanno ricorso a CAM"? 30, 40, 50 … %? - dicono, ragionevolmente, che l'oncologia rimane, ovviamente, soprattutto nei suoi stadi avanzati, un'area di profonda ignoranza, incertezza e paura, e che l'affidarsi a qualcosa d'altro, "che non faccia male, e forse può aiutare", è assolutamente normale (soprattutto se non ci sono altri "supporti", fatti di persone, parole che spiegano, reti di vita che camminano insieme).
Le CAM (sono tante: infinitamente eterogenee: tra loro assolutamente contrapposte: con componenti strettamente "organici" come le erbe, alpine o cinesi o …., o fortemente miste di estratti di piante e principi androsofici, o antiche, almeno nei nomi, come le più antiche civiltà indigene, o portatrici della "memoria" dei tempi in cui il metodo scientifico applicato alla chimica nasceva, come l'omeopatia) sono tra loro comparabili tanto da poter essere considerate sotto un unico acronimo, per una loro caratteristica che è pre-metodologica (so di semplificare, ma non troppo):
la loro azione non è collegata a meccanismi-modalità di azione univocamente definibili, tantomeno identificabili, sicuramente da non documentare negli organismi-persone interessate;
assumono come criterio di loro legittimità la loro capacità di risolvere-rispondere a problemi ("criteri di esito", nella terminologia "classica");
a questo punto però non accettano le metodologie riconosciute (e specifiche per i diversi problemi) come necessarie per documentare un rapporto causale tra intervento e suo effetto, o, quando le accettano, ne rifiutano le regole, e/o i risultati "negativi", per una varietà di ragioni (v. per questo il libro citato di Dobrilla);
di fatto il problema delle CAM non è quello di essere riconosciute come realtà culturalmente esistente, ma di essere incluse nel mercato della rimborsabilità: e la moltiplicazione dei lavori "controllati" va esattamente in questa direzione (vedi Tabella 1).
E' bene non dimenticare che la storia, anche [molto] recente, della medicina e della farmacologia non è [stata] molto lontana dalla logica e dalla pratica CAM, ma pretendendo di non essere CAM, e di essere perciò rimborsata.
Estratti di erbe, farmaci con meccanismi d'azione fantasma, molecole riconosciute come migliori del placebo in trial ri-scoperti poi come "taroccati" ma che rimangono sul mercato con le stesse indicazioni, farmaci rigorosamente e universalmente noti come inutili ri-ciclati sui mercati "poveri": sono tutte memorie che è bene tener presenti. La medicina (senza aggettivi) (MSA: può andare?) ha una sua componente manipolatoria delle attese-paure-nostalgie delle persone. La gioca normalmente sulla fiducia e il rapporto personale. Se su questa traiettoria si inseriscono interessi – meccanismi di mercato, e/o di poteri, la MSA può avvicinarsi molto facilmente all'acronimo CAM che ne dovrebbe rappresentare l'alternativa.
I temi della CAM esemplificati nella Tabella 1 sono assolutamente "reali" per l'oncologia. Ed è ragionevolmente vero riconoscere che l'attenzione a loro data in una logica MSA non è (e ancor di più non è stata per lungo tempo) al centro della ricerca e dell'assistenza: anzi. E' perfino imbarazzante ri-sentire continuamente (con tanta più insistenza in oncologia) la necessita di "umanizzare" le pratiche della MSA. E se CAM non fosse altro che uno dei tanti modi con cui si pongono, dall'esterno ed in molte "alternative", le domande, le regole, i criteri di riferimento, che dovrebbero essere intrinseci, anzi fondanti, all'interno della MSA, per i problemi ricordati nella Tabella 1, ma non solo?
La Tabella 2 propone, con una sintesi che forse è eccessiva, ma che dovrebbe essere almeno indicativa di un percorso da fare, un pro-memoria che si vorrebbe tanto fosse così ovvio, da essere inutile e ridondante: purtroppo si ha l'impressione che mantenga tutto il suo senso, come indicatore di una strategia di "assistenza-come-ricerca" che attende (anche, ma non principalmente) "fondi", ma principalmente (anche se non solo) reti di professionisti e di istituzioni che abbiano come criterio di riferimento non il conflitto ideologico di acronimi (MSA vsCAM), ma la visibilità epidemiologica dei bisogni inevasi concreti, complessi, differenziati, cui rispondere non con "piani di umanizzazione", ma ricordandosi di essere (non per dovere etico, ma come identità) umani in relazione con umani.
Un P.S. per riassumere
Non penso che le CAM – dentro o fuori un SSN – abbiano qualcosa da offrire alla oncologia (o a qualsiasi branca della medicina). Non mi sembra d'altra parte che, finché rimane fiera e intrappolata nell'affermazione univoca della sua evidenza senza riconoscerne contestualmente le incertezze e le ambivalenze strutturali, la MSA abbia da assumere il ruolo di paladino della verità assoluta contro la CAM.
Se fosse vero che CAM e MSA hanno come criterio di legittimità – documentabile, ma non affermato – la ricerca di risposte "migliori", "più accessibili" ai pazienti, sarebbe ragionevole pensare a loro "dialoghi", "concertazioni" per arrivare a dare risposte "razionali". E' l'idea della provincia di Bolzano? O di chi propone/ha deciso (a livelli regionali/istituzionali) il riconoscimento dell'una e dell'altra CAM? Sembra lecito dubitarne.
Il confronto CAM-MSA assomiglia più ad un intrattenimento sociale in assenza di una progettualità effettivamente centrata su bisogni–persone–trasparenza di informazioni. Sanità ancora una volta indicatore molto eloquente di società: come quando si discute di sicurezza, e si stabilisce il reato di clandestinità, o di razionalizzazioni della spesa e si tagliano fondi sulle disabilità: giocando sui "numeri" (con che criteri di scelta?). Violenze, effetti collaterali, disagio: perfino i linguaggi si assomigliano nel loro perdere significati trasparenti. Che ci vadano di mezzo – nella clandestinità o nell'oncologia – persone–pazienti, e la cultura dei diritti è l'unica cosa certa.