Sei qui: Home Page / Area farmacista / Biblioteca / Informazioni sui farmaci / Consulta la Rivista / Anno 2002 / Numero 4 del 2002 / Agalsidasi beta
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La malattia di Fabry è un raro disordine del metabolismo lipidico caratterizzato dal progressivo accumulo di glicolipidi, in particolare globotriaosilceramide (Gb3), all’interno di molti tessuti. La causa risiede nel deficit di alfa-galattosidasi, l’enzima lisosomiale responsabile del catabolismo dei glicolipidi stessi. La malattia ereditaria, legata al cromosoma X, colpisce soprattutto i maschi omozigoti e, in forma più lieve, le femmine eterozigoti. Le poche stime formali indicano una prevalenza tra i maschi di razza bianca di 1 caso ogni 117.0001.
Il quadro clinico consiste in lesioni cutanee (angiocheratomi) nella parte bassa del tronco, dolori forti alle estremità (acroparestesie), opacità corneale e malattia microvascolare a carico di reni, cuore, cervello. L’acroparestesia rappresenta il sintomo più precoce durante i primi 20 anni e generalmente non viene diagnosticata fintantoché non compaiono le altre manifestazioni tipiche della malattia. La maggior parte dei pazienti presenta proteinuria e va incontro a insufficienza renale. La comparsa di complicazioni cardio- e cerebrovascolari (infarti, ictus), associata alla insufficienza renale, porta ad una mortalità precoce; la sopravvivenza mediana è di 50 anni nei maschi e 70 nelle donne1. In alcuni pazienti con attività enzimatica residua, la malattia provoca ipertrofia ventricolare sinistra. La terapia è stata sinora sintomatica.
Agalsidasi beta è l’enzima alfa-galattosidasi A ricombinante umano, prodotto da colture cellulari di ovaio di criceto cinese geneticamente modificate. Data la rarità della malattia, ad oggi è disponibile un solo studio, multicentrico, randomizzato, controllato con placebo e in doppio cieco, condotto su 58 pazienti di età compresa tra i 28 e i 32 anni, della durata di 20 settimane2. Al termine dello studio, 20 dei 29 pazienti (69%) trattati con l’alfa-galattosidasi A (infusione di 1 mg/kg, ogni due settimane) non presentavano più depositi endoteliali microvascolari renali di Gb3 (end point primario) in confronto a nessuno dei 29 pazienti del gruppo trattato con placebo. Nei pazienti sottoposti a terapia enzimatica sostitutiva si è osservata una riduzione dei depositi microvascolari di Gb3 anche a livello della pelle e del cuore. Dopo questa fase, tutti i pazienti sono stati sottoposti a terapia infusiva con alfa-galattosidasi A ricombinante in aperto per 6 mesi. L’estensione in aperto dello studio ha confermato i risultati (diminuzione di Gb3 nei pazienti precedentemente assegnati al placebo), dimostrando la possibilità di mantenere la clearance di Gb3 nell’endotelio vascolare renale nei pazienti già trattati con a galattosidasi A. Lo studio, tuttavia, non è stato in grado di rilevare alcuna differenza significativa col placebo nel miglioramento del dolore neuropatico alle estremità e nella qualità di vita.
L’alfa-galattosidasi A è risultata complessivamente ben tollerata; gli effetti indesiderati comparsi nel corso del trattamento sono quelli legati all’infusione (soprattutto brividi, febbre e dolore scheletrico); la riduzione della velocità di infusione e/o la somministrazione preventiva di paracetamolo sembrano in grado di attenuare tali reazioni avverse. Nonostante i risultati positivi dello studio a livello biochimico e istologico, indicanti una stabilizzazione della malattia, rimangono alcuni interrogativi, a partire dalla esiguità del numero di pazienti trattati, dalla relativamente breve durata del trattamento rispetto alla evoluzione della malattia e dallo scarso impatto sul dolore e sulla qualità di vita dei pazienti. Inoltre, non è possibile stabilire se l’efficacia istologica e biochimica del farmaco si tradurrà in un miglioramento funzionale delle acroparestesie e delle complicazioni renali e cardiache3, né se la comparsa di anticorpi IgG anti-alfa-galattosidasi A (88% dei pazienti), anche se tendenzialmente destinata a ridursi nel tempo, sarà in grado o meno di influenzare gli esiti terapeutici sul lungo periodo o di condizionare la scelta della preparazione [a livello europeo è stata registrata una preparazione enzimatica derivata da fibroblasti umani (agalsidasi alfa, Replagal) dimostratasi efficace in uno studio condotto su 26 pazienti di età superiore ai 18 anni con malattia di Fabry4]. Solo studi epidemiologici formali di esito potranno rispondere a queste domande consentendo di standardizzare le strategie di trattamento (criteri di selezione dei pazienti, dosaggi e frequenza delle somministrazioni, rivalutazioni periodiche) e di indicare l’esatto profilo terapeutico del farmaco che ha un costo molto alto (€ 177.064 all’anno, IVA esclusa).
Bibliografia
1. Pastores GM and Thadhani R. Enzyme-replacement therapy for Anderson-Fabry disease. Lancet 2001; 358:601-3.
2. Eng CM et al. Safety and efficacy of recombinant human a-galactosidase A replacement therapy in Fabry’s disease. N Engl J Med 2001; 345:9-16.
3. Gahl WA. New therapies for Fabry’s disease. N Engl J Med 2001; 345:55-7.
4. Schiffmann R et al. Enzyme replacement therapy in Fabry disease. JAMA 2001; 285:2743-9.
Data di redazione 10/2002