Commenti Ipertensione arteriosa. Tutti gli ACE-inibitori presentano un'efficacia sovrapponibile in termini di capacità di riduzione dei valori pressori, ma solo alcuni dispongono di dati inerenti la mortalità e la morbilità cardiovascolare in pazienti ipertesi. Tre recenti metanalisi hanno analizzato gli studi clinici che hanno valutato l'efficacia di enalapril, fosinopril, lisinopril, ramipril, perindopril e quinapril sulla mortalità e gli eventi cardiovascolari maggiori rispetto al placebo e ad altre classi di farmaci antipertensivi.
Per enalapril, ramipril e lisinopril sono stati considerati studi clinici di grandi dimensioni (HOPE, PART2, ANBP2, STOP-2, ALLHAT, ABCD). Per quinapril in una delle tre metanalisi si fa riferimento ad un solo studio (QUIET) su 1.750 pazienti con cardiopatia ischemica senza segni di scompenso in cui il farmaco non si è dimostrato superiore al placebo nella prevenzione di eventi ischemici maggiori. Per il fosinopril, in due delle tre metanalisi viene valutato lo studio FACET, condotto su un numero limitato di pazienti (380), ipertesi, con diabete di tipo II, nel quale il fosinopril è risultato superiore all'amlodipina nella riduzione degli eventi cardiovascolari e cerebrovascolari maggiori. Il perindopril è incluso in due metanalisi con lo studio Progress che ha arruolato pazienti con pregresso ictus o TIA. Lo studio Progress, oltre a presentare alcuni aspetti metodologici discutibili, ha dimostrato non l'efficacia del perindopril nei confronti del placebo nel ridurre la recidiva di ictus o la comparsa di eventi cardiovascolari maggiori, quanto l'efficacia dell'associazione di ACE-inibitore + diuretico, poiché manca un braccio di confronto col solo diuretico.
Insufficienza cardiaca. L'efficacia degli ACE-inibitori nel ridurre la mortalità e l'end-point combinato mortalità + riduzione dell'ospedalizzazione per insufficienza cardiaca è stata confermata da una revisione sistematica che ha incluso 32 studi randomizzati su un totale di 7.105 pazienti5. La metanalisi è stata pubblicata nel 1995 e gli studi a cui fa riferimento non sono recenti; quelli più rilevanti in termini di dimensione del campione riguardano ilcaptopril, l'enalapril e il rampril. Gli studi valutati per lisinopril e quinapril hanno una numerosità del campione accettabile, anche se valutano end point surrogati. Una più recente revisione sistematica di 5 RCT per un totale di 12.763 pazienti con disfunzione ventricolare sinistra/scompenso cardiaco, confronta l'efficacia dicaptopril, ramipril, trandolapril verso placebo6. I benefici in termini di diminuzione di mortalità, reinfarto e ospedalizzazione per scompenso si registrano a favore del gruppo trattato con ACE-inibitori rispetto al placebo, fin dall'inizio della terapia, e aumentano nel lungo periodo. Lo studio SOLVD Prevention ha dimostrato che l'enalapril è efficace nel ridurre l'incidenza di scompenso cardiaco sintomatico, l'ospedalizzazione e la morte per insufficienza cardiaca anche nei pazienti con disfunzione ventricolare sinistra asintomatica7. Per il fosinopril sono disponibili due studi di piccole dimensioni13,14; lo studio di confronto diretto tra fosinopril ed enalapril è molto discutibile sia nell'impostazione che nelle conclusioni. Sono da segnalare, inoltre, alcuni studi9-11 condotti per valutare il dosaggio ottimale da utilizzare nello scompenso, nei quali non sono emerse differenze statisticamente significative nella mortalità tra alte dosi e basse dosi rispetto a quelle standard. Nello studio sul lisinopril, l'impiego di dosi più elevate ha mostrato una maggiore efficacia esclusivamente su end points secondari, registrando, tuttavia, una maggiore incidenza di eventi avversi (iperkaliemia, ipotensione, tossicità renale non grave)11.
Cardiopatia ischemica (trattamento nel post-infarto e/o trattamento delle coronaropatie). Gli studi clinici, alcuni di grandi dimensioni, presentano differenze nel disegno (trattamento precoce entro 24-36 ore dai sintomi e di breve durata/inizio della terapia dopo alcuni giorni dall'IMA da proseguire a lungo termine) e nella popolazione arruolata (pazienti con evidenza di insufficienza cardiaca/ pazienti senza segni di scompenso e con coronaropatia stabile/pazienti ad alto rischio di eventi cardiovascolari).
Una revisione sistematica della letteratura pubblicata nel 1998 ha incluso 4 RCT [GISSI III (lisinopril), ISIS-4 e CCS1 (captopril), CONSENSUS II (enalapril)], ciascuno con più di 1.000 pazienti, che hanno confrontato il trattamento precoce con ACE-inibitori verso placebo iniziato nella fase acuta (entro-36 ore dall'IMA), e continuato per un periodo di tempo breve18. A 30 giorni è stata evidenziata una riduzione della mortalità di circa il 7% (7,11% vs 7,59%; p<0.004) a favore del trattamento con ACE-inibitori; anche l'incidenza di insufficienza cardiaca non fatale è risultata significativamente ridotta. Il massimo beneficio è stato osservato entro i primi 7 giorni di terapia ed è risultato maggiore per i pazienti che presentavano un IMA anteriore o scompenso cardiaco. La maggior parte dei pazienti arruolati è stata sottoposta a terapia trombolitica (62%) e/o antiaggregante (88%). Un'altra revisione sistematica che aveva l'obiettivo di valutare l'efficacia degli ACE-inibitori sul rischio di morte cardiaca improvvisa dopo IMA, ha incluso 15 RCT per un totale di 15.104 pazienti19. Gli ACE-inibitori, confrontati con placebo, erano somministrati entro 14 giorni dall'IMA; il follow-up doveva essere di almeno 6 settimane (negli studi considerati andava da 2 a 42 mesi). La metanalisi dimostra che gli ACE-inibitori riducono in modo statisticamente significativo il rischio di morte dopo IMA, in particolare la mortalità cardiovascolare.Gli studi più rilevanti considerati nella metanalisi sono: l'AIRE (ramipril), il TRACE (trandolapril), il CONSENSUS II (enalapril), lo SMILE I (zofenopril) e il SAVE (captopril).
In sintesi ramipril e trandolapril si sono dimostrati efficaci nella riduzione di esiti clinicamente rilevanti per la terapia a lungo termine in pazienti con IMA che presentano disfunzione ventricolare sinistra. Il lisinopril, sulla base del GISSI-3, è risultato efficace nel trattamento precoce (entro 24 ore) dei pazienti con IMA emodinamicamente stabili. Anche lo zofenopril presenta evidenze favorevoli nel trattamento precoce dell'IMA (entro 24 ore), ma su una popolazione più selezionata di pazienti pazienti con IMA anteriore, emodinamicamente stabili, senza storia di scompenso cardiaco congestizio e non sottoposti a terapia trombolitica). Il captopril è stato studiato e presenta le indicazioni sia per il trattamento a lungo termine che precoce dell'IMA. Per quanto riguarda l'enalapril i dati disponibili, derivanti dallo studio CONSENSUS II, non evidenziano un effetto positivo sulla mortalità a 6 mesi dall'IMA, rispetto al placebo; tale risultato viene attribuito al particolare schema di somministrazione adottato nello studio (somministrazione endovenosa di una prima dose di enalapril entro 24 ore dall'inizio dei sintomi, seguita dalla somministrazione orale), responsabile della maggiore incidenza di ipotensione, soprattutto nei pazienti anziani. L'aumento di mortalità nel gruppo dei trattati rispetto al placebo, che ha determinato l'interruzione precoce dello studio, si è osservato in particolare nei pazienti in cui erano stati registrati valori pressori bassi (ipotensione precoce) probabilmente correlati alla modalità di somministrazione dell'enalapril endovena. Il perindopril è stato confrontato con placebo nello studio EUROPA (trial multicentrico randomizzato, in doppio cieco, condotto su 12.218 pazienti, molti dei quali con cardiopatia ischemica) relativamente all'obiettivo di riduzione dell'end-point composito che comprendeva morte cardiovascolare, IMA non fatale e arresto cardiovascolare con rianimazione efficace. Il beneficio evidenziato a favore del perindopril va considerato anche alla luce di alcune critiche di tipo metodologico fatte allo studio e in particolare: la discrepanza tra l'intenzione dichiarata inizialmente di valutare una popolazione a basso rischio con cardiopatia ischemica stabile senza segni clinici di scompenso e la popolazione effettivamente arruolata che non corrisponde a tali caratteristiche (65% con pregresso IMA, 63% con ipercolesterolemia, 27% con ipertensione); la mancanza di un'analisi dettagliata relativa all'effetto che la differenza dei valori pressori medi basali tra i due gruppi di trattamento (la pressione arteriosa media del gruppo in trattamento è di 2-5 mmHg inferiore a quella del gruppo placebo) ha avuto sugli esiti finali dello studio.
Nefropatia diabetica. Le evidenze di efficacia a favore degli ACE-inibitori nel trattamento della nefropatia in pazienti con diabete riguardano principalmente la loro capacità di ridurre l'albuminuria, sia in pazienti normotesi che ipertesi. Una revisione sistematica Cochrane, che ha analizzato i risultati di 12 RCT, ha confermato l'efficacia (riduzione significativa dell'albuminuria) degli ACE-inibitori verso placebo in pazienti diabetici (di tipo I e di tipo II) normotesi con microalbuminuria31. Gli studi inclusi nella metanalisi, per lo più condotti su casistiche limitate, riguardavano il captopril (6 studi), l'enalapril (5 studi) e il lisinopril (1 studio). Un'altra metanalisi del 2001 ha selezionato i dati di 12 RCT su un totale di 698 pazienti normotesi, con diabete mellito di tipo I e microalbuminuria e ha evidenziato il beneficio del trattamento con ACE-inibitori (significativa riduzione della progressione della nefropatia)32. Gli studi riguardano captopril, lisinopril, ramipril ed enalapril. Esiti clinicamente rilevanti, quali il ricorso alla dialisi o al trapianto e la mortalità, anche se non sempre come obiettivi principali, sono stati valutati in alcuni studi di ampie dimensioni condotti col ramipril (micro-HOPE)33 e col captopril34,35 in pazienti con diabete di tipo I o II. In particolare, il sottostudio micro-HOPE ha valutato l'efficacia del ramipril in 3.577 diabetici, senza proteinuria, con una storia di patologia cardiovascolare (coronaropatia, ictus o vasculopatia periferica) e la presenza di almeno un altro fattore di rischio cardiovascolare. Dopo una media di 4,5 anni, il ramipril, ha ridotto in modo significativo l'incidenza di nefropatia conclamata rispetto a placebo, ma non è risultata significativamente diversa la percentuale di pazienti che hanno fatto ricorso alla dialisi. Un'altra metanalisi ha incluso gli studi che hanno considerato nefropatie di diverso tipo e non solo quella diabetica36. Complessivamente sono stati valutati 1.389 pazienti con proteinuria basale, il 30% dei quali era affetto da diabete. Dopo una media di 2 anni, tra i soggetti trattati con un ACE-inibitore il rischio di sviluppare insufficienza renale terminale o di raddoppiare la concentrazione sierica di creatinina è stato pari a 0,6 (95% IC: 0,49-0,73), corrispondente a 9 pazienti da trattare per due anni per evitare 1 evento. La mortalità non è risultata diversa tra i gruppi. Gli studi più rilevanti, considerati dalla metanalisi, in termini di casistica di pazienti e di risultati riguardano benazepril, captopril, enalapril, lisinopril e ramipril37. Inoltre, gli studi HOPE, SOLVD e ALLHAT hanno dimostrato che ramipril, enalapril e lisinopril riducono l'incidenza di nuovi casi di diabete rispetto ai gruppi di confronto (placebo negli studi HOPE e SOLVD), diuretici e calcio-antagonisti (nello studio ALLHAT).
Nefropatia non diabetica. Una metanalisi pubblicata nel 2001 ha valutato i dati di 11 RCT della durata di almeno 1 anno, in cui un ACE-inibitore veniva confrontato con placebo o con un altro antipertensivo in una popolazione di ipertesi39. L'obiettivo della terapia era il raggiungimento di valori pressori inferiori a 140/90 mmHg, con possibilità di impiego di altri farmaci antipertensivi in entrambi i gruppi. Complessivamente sono stati combinati i dati di 1.860 pazienti, per la maggior parte ipertesi (92%) e con una proteinuria media di 1,8 (± 2,3) g/24 ore al momento della randomizzazione. Le cause principali della nefropatia cronica erano patologie glomerulari (33%), nefrosclerosi ipertensiva (33%) o patologie tubulointerstiziali (15%). Tra gli studi inclusi, 7 hanno valutato enalapril, mentre nei rimanenti sono stati testati benazepril, captopril, cilazapril eramipril37,38. Dopo una media di 2,2 anni, la percentuale dei pazienti che ha richiesto la dialisi è risultata significativamente minore nel gruppo trattato con un ACE-inibitore rispetto al gruppo di controllo (RR 0,63; 95% IC: 0,47-0,85), così come minore è risultata l'incidenza di pazienti che hanno presentato un raddoppio della creatininemia iniziale (RR 0,64; 95%IC: 0,51-0,80).
Retinopatia diabetica. I dati sugli effetti degli ACE-inibitori sulla progressione della retinopatia sono limitati alcaptopril35, all'enalapril40 e al lisinopril41. Lo studio ABCD ha confrontato l'enalapril con la nisoldipina su un campione di 470 pazienti trattati per una media di 5,3 anni e tra gli end-point secondari ha valutato anche gli effetti sulla progressione della retinopatia di un controllo intensivo della pressione verso un controllo moderato. Nonostante precedenti studi avessero dimostrato una relazione tra ipertensione e incidenza di progressione di retinopatia diabetica, lo studio ABCD non ha rilevato differenze significative tra i due approcci a confronto, probabilmente per lo scarso controllo glicemico dei pazienti arruolati. Sulla base dei risultati dello studio EUCLID, il lisinopril ha ottenuto la autorizzazione all'impiego nella retinopatia diabetica. Lo studio ha confrontato il lisinopril verso placebo in pazienti normotesi con diabete di tipo I (530 arruolati, solo 325 valutati), per lo più normoalbuminurici. La percentuale di pazienti che hanno presentato un peggioramento è stata significativamente più bassa nel gruppo trattato con lisinopril rispetto a quello trattato con placebo (OR 0,50; 95%IC: 0,28-0,89; p=0,02).
Valutazioni conclusive
Nell'ambito della classe omogenea degli ACE-inibitori, i principi attivi per i quali si dispone delle migliori evidenze in termini di efficacia su end-points clinicamente rilevanti nelle principali patologie nelle quali questi farmaci vengono raccomandati, sono enalapril, lisinopril e ramipril. Nel caso dell'enalapril non vi è una completa corrispondenza tra le indicazioni registrate e quelle studiate, in particolare per quanto attiene l'impiego nella nefropatia diabetica e non-diabetica. Questa discrepanza con ogni probabilità è, però, da attribuire ad un mancato aggiornamento della scheda tecnica (si tratta del principio attivo più datato fra gli ACE-inibitori analizzati) riconducibile più a motivi tecnico-burocratici che di efficacia, dal momento che sul farmaco è disponibile un'ampia documentazione. Si concorda di formulare un lotto in equivalenza, comprendente enalapril, lisinopril e ramipril per un quantitativo corrispondente al 70% del fabbisogno previsto per l'intera classe, da aggiudicare al principio attivo più conveniente. I dosaggi da ritenere equivalenti sono stati desunti dalle DDD e dai dosaggi utilizzati negli studi clinici. In particolare, per quanto riguarda il ramipril, poiché nello studio più importante che lo riguarda (HOPE), il dosaggio efficace è stato di 10 mg/die, nella definizione del confronto degli alti dosaggi si è deciso di applicare un "fattore di correzione" che permetta di conteggiare nei quantitativi da acquistare anche la quota di ramipril da utilizzare alla dose di 10mg/die anziché di 5 mg/die. Pertanto, ai fini della gara, i dosaggi in base ai quali effettuare il confronto dei prezzi offerti per le varie specialità medicinali sono: bassi dosaggi: 5 mg di enalapril vs. 5 mg di lisinopril vs. 1,25 mg di ramipril; alti dosaggi: 20 mg di enalapril vs. 20 mg di lisinopril vs. 5 mg di ramipril (+ fattore di correzione). Il restante 30% della quota di farmaci, non prevista nel lotto di gara, viene riservata all'acquisto dei due restanti principi attivi ritenuti clinicamente equivalenti, sia per l'impiego nelle indicazioni non comprese nell'equivalenza (es. nefropatie in soggetti non diabetici, retinopatia diabetica..), sia per la continuazione di terapie gia in corso, in considerazione del fatto che, nell'ambito degli antipertensivi, gli ACE-inibitori sono tra quelli più ampiamente utilizzati e la disponibilità di un solo principio attivo potrebbe risultare troppo limitativa e di difficile applicabilità.