Chiudere in ritardo un’annata di uno strumento di aggiornamento sulle ultime novità di un settore come quello del farmaco, sempre sulla cresta dell’onda della cronaca, non può certo essere visto come un indicatore di qualità, o almeno di coerenza con l’obiettivo-obbligo di un “bollettino”. Poiché nessuno crede alle giustificazioni (più o meno richieste, o verificabili), si è pensato di non presentare scuse, ma prendere il dato di fatto come occasione (all’interno della redazione, e per i lettori-utenti) per porsi una domanda che sembra toccare, trasversalmente, non solo i contributi di questo numero, ma più in generale l’universo attuale dell’informazione sui farmaci.
“Quando? come? se? su che cosa? essere aggiornati in modo appropriato sulla realtà-farmaco, che assomiglia sempre più – pur essendo così centrale nella spesa e nella pratica della sanità – ad una “variabile dipendente” da x, y, z …. fattori?”
La riflessione, senza pretese di risposta, si è venuta articolando attorno a parole classiche dell’aggiornamento, incrociate nel quotidiano esplorare le novità della letteratura, e gli spunti di questo ultimo numero di IsF 2016.
Efficacia
L’appuntamento più tradizionale, completo, affidabile su quanto ci è stato offerto durante un anno di pubblicazioni, immissioni sul (o ritiri dal) mercato, è senz’altro quello con La Revue Prescrire1,2 le cui rubriche (dettagliate nell’originale francese, e compattate nella edizione internazionale) non lasciano dubbi. La componente farmacologica della novità è assolutamente minimale. Con pochissime eccezioni in campo oncologico, si potrebbe tranquillamente vivere, e praticare medicina, senza “aggiornarsi”. A meno di porsi domande altre: ragionevolmente più importanti, ma rispetto alle quali la letteratura e la ricerca sono molto meno informative con “evidenze” recepibili ed applicabili. Si tratta di strategie di screening e sorveglianza diagnostica, di effetti indesiderati, di ottimizzazione di uso dell’uno o dell’altro indicatore di efficacia (es. HbA1c). Il bisogno di migliorare le cure è sempre attuale: le risposte sono lente. Forse il miglior esempio è l’autorevolissimo confronto su quali sono i livelli pressori ottimali, a partire dalle evidenze dei trial SPRINT e HOPE, che si conclude con un diplomatico ed ovvio consenso sul fatto che non ci sono regole universali e rigide, ma bisogna stare attenti alle specificità dei singoli pazienti e/o di sottogruppi, oltre che alla situazione generale di rischio3-5. Ricordandosi (… il “punto di vista” è ormai nel 2017) che la linearità-coerenza tra legislazioni, raccomandazioni, algoritmi e terapie attuali, è sempre di buon auspicio, ma sostanzialmente minoritaria rispetto alle preoccupazioni di medici, controllori, politici che continuano a guardare il dito del farmaco e molto meno alla vecchia luna. La bussola di IsF è specchio coerente di questa situazione: si registra la novità di una nuova presenza sul fronte degli antidepressivi, ma non si riesce proprio, nonostante tutti gli sforzi, a vederne i vantaggi ed i perché (pag.8).
Sicurezza
E’, obbligatoriamente, nella logica dell’aggiornamento, il termine complementare della novità sull’efficacia. La letteratura è su questo fronte una fonte permanente di segnalazioni, più o meno nuove come quella che val la pena di citare per l’autorevolezza del giornale, il tema molto gettonato della patologia (i disturbi bipolari), le implicazioni reali di salute pubblica di una saga come quella degli “stabilizzatori dell’umore”, la cui definizione è tanto suggestiva, quanto senza oggetto farmacologico-clinico riconoscibile di intervento, come quella dell’ ”atipicità” dei neurolettici7. Il confronto (population based!) tra il vecchio e solitario litio, e tutta la schiera dei trattamenti alternativi termina in pareggio: c’è solo da scegliere l’effetto indesiderato da sorvegliare tra i renali-endocrini, e quelli metabolico-cardiovascolari. C’è un bias, evidente dagli autori, in termini di linguaggio e di statistica a favore dello strano “insieme” di valproato, quetiapina, olanzapina, che nelle conclusioni vengono assorbite nella tranquillizzante qualificazione di “opzioni di trattamento alternative”.
Al di là di questo simbolico-rappresentativo-autorevole esempio di una epidemiologia che continua a dissociare indicatori di efficacia (da perseguire) ed effetti indesiderati (di cui alcuni più evitabili di altri!), la lettura certo più interessante è quella di una “prospettiva” sulle “lezioni” apprese a proposito di “safety” nel più prestigioso e antico istituto di ricerca clinica pubblica, il NIH Clinical Center8. L’articolo è da leggere. Breve. Chiaro. Dice cose importanti: che la cultura della “sicurezza” è molto più fondamentale, e carente, dell’organizzazione poliziale di controllo della sicurezza. Che la safety ha che fare con l’onestà e la trasparenza. Che la sicurezza burocratica fa scomparire dalla vista il rispetto per la safety reale dei pazienti. Anche le sue (poche: 5) referenze, anche solo per i titoli, sono da tener presenti.
La metodologia dell’ “evidenza”
Di questo si occupa in modo abbastanza esteso questo numero di IsF, che “aggiorna” su un tema strutturale che non invecchia, la metodologia in grado di produrre informazioni affidabili (pag. 13). I commenti là proposti sono sufficientemente puntuali, da non essere qui ripresi. Un messaggio chiave tuttavia è coerente con il contenuto e gli obiettivi di questa riflessione: come spesso succede alle cose importanti, appare ovvio: si guarda indietro per accorgersi che si è stati un po’ (tanto) arroganti e rigidi. Un po’ su tutto: si guarda (poco) in avanti facendo buoni propositi, e perdendo (tanto) la memoria che ciò che di “nuovo” è stato trovato in questo settore appartiene ad un’epoca che sembra preistorica, dal ’70 ai primi anni ’80. Poi nulla, se non la trasformazione della metodologia, da strumento per esplorare in modo creativo i bisogni e verificare le risposte, in processi e normative gestionali obbedienti a diversi interessi e mercati. E se il rischio di non essere “riproducibili”, quando la corsa ad essere i primi a produrre non importa quali dati (vedi IsF, 3, 2016, pag.15 ruxolitinib), fosse la crescente “novità” di questo tempo. Il problema è tutt’altro che teorico: anzi: è una domanda di fondo. Dalla clinica alla ricerca di base9.
Informare e partecipare
Il tema è esplicitamente toccato nel contributo di questo numero proposto nel contesto della medicina-generale, che dovrebbe essere quella più normalmente vicino e protagonista dei due termini che danno il titolo a questo paragrafo (pag. 21). La fondatezza dell’importanza data a quanto è lungo il cammino tra le affermazioni che si moltiplicano sulla centralità del paziente-soggetto (progressivamente trasformato in oggetto di consumo e di mercato), e pratiche realistiche di condivisione, coincide con due citazioni curiosamente (o simbolicamente?) presenti sullo stesso numero del NEJM (… 2 marzo 2017, e frutto perciò del ritardo di questo numero, ma che riassumono in modo perfetto “novità” che sono ricorrenti negli ultimi anni). La prima10 coincide di fatto con il prolungamento/conclusione della serie di articoli sulla metodologia sopra ricordati. E’ un mini-dossier sul consenso informato. Multidisciplinare (la prima autrice è un’infermiera …), multinazionale (… dall’India il coordinamento), con una bibliografia decisamente degna di nota (95 ref.).
E’ impressionante la non-novità del tutto. C’è una lista completa ed aggiornata delle tecniche-strategie digitali per raccogliere/assicurare la partecipazione ai trial di tutti i tipi, partendo da non importa dove, con le certificazioni/protezioni più avanzate: peccato che dietro i termini che ne dovrebbero dire il peso e garantire la continuità (consenso informato) le/i pazienti sono scomparsi come persone, per essere (s)oggetti di circuiti informativi per consumatori di un mercato (altamente differenziato, ma ben predefinito), e non per ricercatori di risposte a domande/bisogni che toccano la vita.
L’altra citazione completa, tristemente, il quadro11. Il titolo ne dice l’interesse. Il quadro è USA, e l’approccio, così come i dati, non riflettono chiaramente “nostre” situazioni. Ma la preoccupazione per l’ “assenza di trasparenza” (per usare un termine buono) è assolutamente trasferibile. Nulla di nuovo, neppure in attesa, che siano “innovazioni” che creano spazio di dialogo a misura della cultura e dei bisogni della persone?
De-crescita
Anche qui poche citazioni, per riprendere un tema molto importante, e molto ambivalente, che tocca molto [in-direttamente] anche i farmaci (con le problematiche di de-prescribing, farmaci equivalenti, alti costi …). La prima è una segnalazione del BMJ12, molto autorevole per la fonte ed il metodo partecipativo utilizzato, tra autorità, metodologia, medici, pazienti. La parola chiave è quella della “non-necessità”. Segna il confine con l’efficacia? con la sostenibilità? con le politiche settoriali, che misurano la “essenzialità” (di LEA/S o simili misure-indicatori) prescindendo dalla vita? con il desiderio di “scaricare” le responsabilità sui pazienti, facendoli mobilitare per difendere interessi non loro (v. referenza 11)?
Breve. Il testo è un utile pro-memoria, per ricordare che la decrescita non è una ideologia più o meno economica o sociale, ma una domanda che dovrebbe provocare la ricerca – molta! – da parte di medici ed autorità sanitarie: per evitare interventi da sempre gettonati, ma che risultano, quando si fa ricerca, senza benefici13, ma soprattutto per immaginare-sperimentare percorsi innovativi.
Due aree esemplari (…ancora una volta i farmaci c’entrano molto poco, perché spesso fungono da sostituti di comodo):
- la marginalità permanente di un settore come la malattia mentale (la contrapposizione tra libertà e bisogno, nel titolo è di per sé un invito a leggere attentamente)14;
- la necessità di sperimentare la “home intensive care”, come uno dei modi per fare della continuità-interazione tra professionisti e società una realtà concreta15.
Nel suo piccolo, il contributo su IsF proveniente dal mondo infermieristico, (pag. 24), coerente nella sua propositività con quello della medicina generale, manda un invito che va nella stessa direzione.
La de-crescita è di fatto un forte investimento di crescita culturale: a patto che coloro che vendono “formule” – gestionali, od economiche, o finanziarie – per garantire uno sviluppo economicamente sostenibile, non rubino ancor di più alla sanità (con o senza farmaci) il suo bene più imprescindibile che è il tempo-persona che permetta di garantire una presa in carico reale del vivere-star male delle persone, e non solo del trattamento delle loro malattie.
Bibliografia 1. Enrichir et mettre à jour sa panoplie pour mieux soigner. La Revue Prescrire 2017;37:32-61. 2. L’année 2016 du médicament: un système qui favorise l’imitation plutôt que la recherche de réels progrès. La Revue Prescrire 2017;37:132-147. 3. Oparil S. et al. Should Patients With Cardiovascular Risk Factors Receive Intensive Treatment of Hypertension to <120/80 mm Hg Target? A Protagonist View From the SPRINT Trial (Systolic Blood Pressure Intervention Trial). Circulation 2016;134:1308-10. 4. Lonn E. M. Should Patients With Cardiovascular Risk Factors Receive Intensive Treatment of Hypertension to <120/80 mm Hg Target? An Antagonist View From the HOPE-3 Trial (Heart Outcomes Evaluation-3. Circulation 2016;134:1311-13. 5. Vidal-Petiot E. et al. Cardiovascular event rates and mortality according to achieved systolic and diastolic blood pressure in patients with stable coronary artery disease: an international cohort study. Lancet 2016;388:2142-52. 6. Fischer M.A. Step Therapy-Clinical Algorithms, Legislation, and Optimal Prescribing. JAMA 2017;317:801-2. 7. Hays J.F. et al. Adverse Renal, Endocrine, Hepatic, and Metabolic Events during Maintenance Mood Stabilizer Treatment for Bipolar Disorder: A Population-Based Cohort Study. Plos Medicine 2016, pag. 1-16 http://dx.doi.org/10.1371/journal.pmed.1002058. 8. T.K. Gandhi. Safety Lessons from the NIH Clinical Center. NEJM 2016;375:1705-7. 9. Editoriale. Research matters: challenges of replication. Lancet 2017;389:882. 10. Grady C. et al. The Changing Face of Clinical Trials: Informed Consent. NEJM 2017;376:856-867. 11. McCoy M.S. et al. Conflicts of Interest for Patient-Advocacy Organizations. NEJM 2017;376:880-885. 12. Torjesen I. Royal colleges issue list of 40 unnecessary interventions. BMJ 2016;355:i5732. 13.The Long-Term Oxygen Treatment Trial Research Group. A Randomized Trial of Long-Term Oxygen for COPD with Moderate Desaturation. NEJM 2016;375:1617-27. 14. Rosenbaum L. Liberty versus Need – Our Struggle to Care for People with Serious Mental Illness. NEJM 2016;375:1490-95. 15. Ticona L. et al. Extreme Home Makeover – The Role of Intensive Home Health Care. NEJM 2016;375:1707-9.