Introduzione
Lo studio è nato dalla consapevolezza che il disagio psichico nella popolazione anziana ha raggiunto una rilevanza epidemiologica non trascurabile, tale da divenire un problema di salute pubblica e un motivo per una più sistematica ricerca sul campo.
Il ruolo dei farmaci psicotropi nella gestione complessiva del disagio psichico e dei disturbi mentali gravi ha acquisito una importanza decisamente nuova nella seconda metà degli anni '901. Con l'arrivo sulla scena prescrittiva dei "nuovi" farmaci antipsicotici e degli antidepressivi "selettivi", la popolazione anziana, pur sostanzialmente assente dagli studi clinici controllati, è stata profondamente coinvolta in questo cambiamento2.
Raccogliendo una proposta di ricerca collaborativa del Dipartimento di Farmacovigilanza del Ministero della Salute, del Centro Studi SIFO, del Consorzio M. Negri Sud1, un gruppo di operatori impegnati in Strutture residenziali per anziani hanno voluto verificare praticabilità e affidabilità di un programma di farmacovigilanza attraverso la realizzazione di uno studio pilota sull'uso di farmaci psicotropi e più particolarmente sui neurolettici in una popolazione ospite di Centri residenziali per anziani.
I disturbi comportamentali, siano essi relazionati a patologie neurologiche o alla condizione di istituzionalizzazione, rappresentano un'area di forte disagio che spinge, più ancora che orientare, verso l'utilizzazione di questi farmaci pur in assenza di chiare evidenze di efficacia e sicurezza3,4.
La discussione con il gruppo di lavoro ha permesso di evidenziare alcune caratteristiche di questa problematicità:
1. sapere identificare sintomi-disagio a cui conseguano percorsi diagnostici, assistenziali, terapeutici previsti dalle linee-guida più accreditate; 2. mettere in evidenza le condizioni e le variabili di contesto, talvolta determinanti nella genesi dei problemi da gestire, su cui spesso si può intervenire con strategie non farmacologiche e di contenimento; 3. mettersi nella condizione di valutare il reale contributo che un farmaco può apportare nel contenimento di disturbi non altrimenti controllabili; 4. quando il ricorso al farmaco è considerato "inevitabile", sapere identificare il tipo di farmaco, la dose, il tempo di utilizzo, il bilancio vantaggio-sicurezza nel gestire il sintomo-problema.
Il nostro studio si è concentrato sull'utilizzo dei neurolettici, come i farmaci più frequentemente proposti nel controllo dei "disturbi comportamentali" in popolazioni anziane con o senza demenza, proponendo a tutti gli operatori l'esplicito e formale impegno di "registrare" alcune variabili essenziali lungo un anno di osservazione.
Le linee-guida proposte dalla letteratura segnalano costantemente la necessità di individuare il disturbo "target" da trattare e orientano verso quale farmaco utilizzare5, ma i percorsi da seguire e le raccomandazioni conclusive lasciano spesso ampie zone di "ombra", dove facilmente le linee-guida vengono smentite dalla pratica, generando un senso di impotenza e frustrazione da parte di operatori e familiari per la difficoltà di gestire nel quotidiano tali problemi.
Il nostro studio ha assunto anche, consapevolmente, l'asimmetria tra ciò che la pratica quotidiana suggerisce e ciò che la letteratura scientifica tende comunque a raccomandare in termini frammentari e non ottimali dal punto di vista metodologico e di valutazione della efficacia-sicurezza6. Materiali e metodi
Lo studio ha interessato tutta la popolazione di due strutture residenziali per anziani del Nord Italia esposta a trattamento con psicofarmaci. Il Centro Residenziale Anziani di Castelfranco Veneto (ULS 8, Provincia Treviso, Regione Veneto) accoglie 250 ospiti, di età pari o superiore a 65 anni. Logisticamente organizzato in moduli per caratteristiche di ospiti accoglie un numero esiguo di anziani autosufficienti e dal maggio 2004 ha aperto un Nucleo Alzheimer che per ora accoglie 12 persone affette da demenza e con disturbi comportamentali.
Il Centro Residenziale di Reggio Emilia (USL Reggio Emilia, Regione Emilia-Romagna) accoglie 569 ospiti; le residenze sono articolate in 8 moduli. In questa popolazione, quasi tutta anziana, vi sono 25 ospiti di età inferiore ai 65 anni con storia psichiatrica e con percorsi assistenziali diversi da quelli che hanno portato la popolazione più anziana alla istituzionalizzazione. Queste 25 persone, in trattamento con psicofarmaci, non sono state incluse nello studio.
Per la raccolta delle informazioni è stata elaborata una scheda che ha permesso la rilevazione dei seguenti dati relativi ai soggetti che assumevano psicofarmaci:
- età, genere, tempo di permanenza in istituto;
- diagnosi (codificata in 4 raggruppamenti patologici: patologia psichiatrica, patologia neurologica, patologia psichiatrico-neurologica ed infine patologia non psichiatrica e non neurologica);
- mobilità, grado di deficit cognitivo, presenza o meno di disturbi del comportamento con caratteristiche, questi ultimi, di stabilità o di occasionalità;
- esposizione a psicofarmaci (secondo la classificazione ATC: neurolettici, benzodiazepine, antidepressivi e/o psicoanalettici) complete delle informazioni sul dosaggio, la modalità di somministrazione, il giudizio di efficacia e i possibili effetti indesiderati.
Una seconda scheda di rilevazione per il follow up a 3-6-12 mesi era prevista solo per quegli anziani che erano in terapia con neurolettici per garantire un monitoraggio specificamente centrato su:
- grado di stabilità della terapia,
- eventualità di riduzione, incremento, sospensione e/o sostituzione del trattamento con le motivazioni, laddove dichiarate, di questa decisione.
In ogni follow up venivano considerati anche gli eventi intercorsi (decesso, ospedalizzazioni, traumi, episodi infettivi acuti, comparsa di piaghe, variazioni di peso rilevanti, altro) che, nello specifico contesto in esame,"soggetti molto anziani da tempo istituzionalizzati", acquistano un significato di particolare rilievo segnando momenti di "variazione e/o rottura" di un ... monotono equilibrio precedente.
I dati sono stati raccolti dalle informazioni mediche ed infermieristiche riportate nelle cartelle degli ospiti e là dove necessario direttamente dal personale sanitario. Sono stati considerati tutti gli ospiti rispondenti ai criteri di inclusione fra il 15 settembre e il 24 novembre 2003. Il follow up si è concluso a novembre 2004. L'elaborazione dei dati e l'analisi statistica sono state condotte con Epi Info ver 3.3. Risultati
- La popolazione del nostro campione è costituita da 455 soggetti, prevalentemente donne (circa 80%), con una media di età per gli uomini di 79,6 anni e di 85,9 anni per le donne; è istituzionalizzata da molto tempo (il 18,7% da più di 5 anni e il 47,9% da 1 a 5 anni con una media di 3 anni e 10 mesi di permanenza); è affetta da patologia neurologica nel 64,4% dei casi, da patologia psichiatrica nel 16,3%, da patologia mista (neurologico-psichiatrica) nel 10,8%; l'8,6% presenta, invece, patologie di tipo extra neurologico e psichiatrico. Nella maggioranza dei casi si tratta di soggetti non autonomi, con una condizione di deterioramento cognitivo grave nel 34,1% e moderato nel 44,6%; con disturbi del comportamento grave nell'11% dei casi e moderato nel 40,9%; questi ultimi prevalenti negli uomini (Tabella 1).
- La prescrizione di psicofarmaci interessa il 58% della popolazione residente nella struttura residenziale di Reggio Emilia e il 50% della popolazione di Castelfranco Veneto; a Reggio Emilia il 30% della popolazione anziana residente (172/569) assume neurolettici, a Castelfranco Veneto il 31% (78/250 residenti).
- Al momento dell'arruolamento, i 455 soggetti ricevevano complessivamente 759 prescrizioni di 40 diversi principi attivi. In ordine di frequenza risultavano più prescritti il lorazepam (18,1%) e l'aloperidolo (11,2%); il dosaggio medio giornaliero impiegato è da considerarsi contenuto (rispettivamente 1,9 mg/die e 1,8 mg/die); i più usati degli antidepressivi sono risultati sertralina, trazodone, citalopram (Tabella 2), prescritti complessivamente nel 23% dei soggetti.
- Il 52,8% della nostra popolazione è in terapia con farmaci di una sola delle 3 categorie considerate (il 24,2% con neurolettici, il 21,8% con benzodiazepine e il 6,8% con antidepressivi), mentre il 47,2% ha una politerapia variamente combinata e complessa (Tabella 3) con associazioni di psicofarmaci particolarmente "atipiche" (prescrizioni concomitanti di 2 o più antidepressivi e/o benzidiazepine e/o neurolettici).
- La maggioranza di questa popolazione anziana inizia il trattamento con psicofarmaci dopo essere entrata in istituto (il 71.6%) oppure in concomitanza del suo ingresso (22%) e solo il 6,4% era già in trattamento, per più di 30 giorni, nel periodo precedente il ricovero in struttura (Tabella 4).
- Il giudizio di efficacia veniva segnalato soddisfacente nel 73% dei casi e solo per 30 soggetti venivano riportati uno o più effetti collaterali al momento dell'arruolamento.
Di questa popolazione assumevano neurolettici in mono o politerapia 236 soggetti (n=110 e n=126 casi rispettivamente,( Tabella 3) per i quali veniva effettuata una rivalutazione a 3-6-12 mesi i cui risultati sono riassunti nella Tabella 5.
Al termine dell'anno di osservazione:
- 5 soggetti (2%), causa trasferimento, non sono stati più raggiungibili al follow up;
- 176 soggetti (tra i quali sono stati rilevati 17 decessi) hanno completato le tre rilevazioni previste e i 12 mesi di follow up;
- complessivamente, 55 soggetti (di cui 28 deceduti) hanno completato solo uno o due dei tre follow up previsti (Tabella 5);
- per 117 soggetti (50,6%) non vi era stata alcuna modifica della terapia neurolettica durante i 12 mesi di osservazione, mentre per i restanti 114 soggetti (49.4%) la terapia antipsicotica era stata sospesa e/o ridotta in 68 casi e diversamente modificata nei restanti 46 soggetti (Tabella 6);
- l'età ed il sesso dei soggetti sono apparsi irrilevanti nella eventuale decisione di modificare la terapia con neurolettici. La decisione di ridurre o sospendere la terapia, pur in relazione alla segnalazione di effetti indesiderati e/o giudizio di inefficacia, non sembra influente nel campione esplorato: infatti "motivi di variazione" appaiono segnalati anche nel campione in terapia neurolettica stabile (16,2%);
- diversamente, la segnalazione di uno o più eventi (Ospedalizzazione, Traumi, Episodio infettivo acuto, Comparsa di piaghe, Variazioni rilevanti di peso corporeo, Altro) correla significativamente con la decisione di modificare la terapia neurolettica (Tabella 6);
- l'evento "decesso", per la sua rilevanza e particolare frequenza in questo campione di popolazione così anziana, è stato valutato separatamente e come mostrato in Tabella 6 correla significativamente ed inversamente con la decisione di modificare la terapia con antipsicotici. Infatti, nel corso dell'anno di osservazione sono stati rilevati 33 decessi su 117 soggetti (28%) in terapia stabile e solo 12 decessi su 114 soggetti (10,5%) con variazione della terapia neurolettica. Il dato appare sufficientemente robusto e viene confermato in un modello di analisi logistica multivariata (corretta per età, sesso, presenza di eventi o di motivi di variazione della terapia) dove l'eventuale decesso, con un Odds Ratio di 0,28 (95% Intervallo Confidenza 0,130,60%), è molto meno frequente tra i soggetti con terapia neurolettica modificata rispetto a quelli in terapia stabile (Tabella 7). Solo se l'evento decesso viene escluso dal modello logistico multivariato, la presenza di almeno uno degli altri eventi (quali: 35 ospedalizzazioni, 59 episodi infettivi, 24 traumi, 30 cadute) acquista una positiva e significativa correlazione con la decisione di modificare la terapia antipsicotica. Discussione
Lo studio è coinciso in un tempo di maggior attenzione al fenomeno prescrittivo dei neurolettici per:
- la recente introduzione degli antipsicotici atipici che sembravano offrire uno strumento più adeguato al controllo dei sintomi comportamentali non rispondenti agli antipsicotici tradizionali con minori effetti indesiderati, soprattutto extrapiramidali6;
- per la comunicazione dell'EMEA nel settembre 2004 che segnalava un aumento della mortalità per cause cardiovascolari nella popolazione anziana in trattamento con "atipici", indicando che la prescrizione di questi farmaci nei disturbi comportamentali relazionati alla demenza era off-label, salvo per la quetiapina7.
Anche questi presupposti hanno facilitato e motivato l'avvio di una ricerca che riguardava un fenomeno prescrittivo precedentemente di scarso interesse per la popolazione anziana.
L'universo rappresentato è un buon modello per la numerosità del campione e per la tipologia dei soggetti e richiama alla possibilità di una "sorveglianza" che può essere applicata periodicamente.
I risultati presentati, per lo più attesi, ripetono dati descritti in letteratura, richiamano contesti istituzionali dove la dimensione dell'assistenza e della cura non può sempre personalizzarsi e per cui il ricorso all'uso di psicofarmaci come strumento di contenimento e di gestione assistenziale è considerato utile e talvolta non-sostituibile; la segnalazione di "disturbi comportamentali" in buona parte del nostro campione potrebbe rappresentare la "motivazione" d'uso, in particolare dei neurolettici, ma il "nulla di nuovo" rispetto a ciò che la letteratura segnala e la ripetitività dei dati è la regola che conferma l'"ovvia" inappropriatezza8,9.
Attribuire appropriatezza - inappropriatezza ad una decisione di trattamento farmacologico suppone delle chiare indicazioni d'uso, richiama una progettualità e quindi degli "outcomes" a cui riferirsi.
Vi è una scarsa segnalazione di effetti indesiderati, a conferma che non essendoci indicazioni precise e "outcomes" da verificare, la tendenza alla sorveglianza si abbassa. D'altro lato, la disabilità, la non autonomia, l'allettamento e quindi la deprivazione sono "zone d'ombra" dove la verifica di eventi avversi si possono confondere con la condizione di fragilità - disabilità.
E' interessante il dato dei decessi: la popolazione per cui vi è stata una modifica della terapia presenta una mortalità più bassa rispetto a quella con una non-modifica di terapia nel tempo. Questo dato sembra suggerire che l'essere "osservati", "sorvegliati" in qualche modo può essere "protettivo" nel senso della mortalità, evidenza forse fin troppo ovvia, che rimanda ad ulteriori considerazioni ed interrogativi. Il sopraggiungere di eventi, anche se clinicamente sfavorevoli quali quelli qui considerati, nel sollecitare maggiore "sorveglianza" induce più frequentemente variazioni nella terapia e nuovamente si associa a riduzione della mortalità.
Possiamo considerare la ridotta mortalità come un indicatore di esito in questa popolazione?
Possiamo identificare come area di ricerca quale quota di mortalità in eccesso è "evitabile" con programmi di sorveglianza farmacologica?
Forse il problema che precede tutte queste considerazioni è vedere se si ha il coraggio, la capacità, la cultura di assumere questa indefinizione ed "atipicità" in termini di progetto di accompagnamento, contenimento di sintomi-segni dentro a questo universo di fragilità e verificare se davvero e fino a che punto il farmaco è rilevante per controllare-migliorare i sintomi; in questo universo il soggetto perde facilmente la sua "visibilità" e sua "legalità", la gravosità e complessità delle condizioni prevedono un elevato impegno nell'accudimento. Per questo le variabili di contesto, di assistenza-cura "pesano" in modo rilevante e possono essere confuse con la motivazione per cui questo contesto e questi luoghi di cura esistono.
La esplicitazione di "variabili" spesso di scarso rilievo clinico che riguardano il soggetto e il suo contesto di cura può essere la base per progetti di sorveglianza (anche farmacologica con neurolettici) volti a ricercare le pratiche che riducono il danno e migliorano l'ultima parte della vita di questa popolazione tanto fragile10.
Questa scheda bibliografica, che accompagna la presentazione di uno studio di monitoraggio sull'esposizione a psicofarmaci, in particolare neurolettici in una popolazione anziana residente in struttura protetta, completa la discussione e fa emergere ancora una volta le difficoltà di identificare dei criteri di utilizzo di questi farmaci, informa delle tendenze prescrittive anche basate sull'offerta di nuovi e più efficaci principi attivi (antipsicotici atipici) nel periodo precedente le segnalazioni dell'EMEA e della FDA, presenta le ultime segnalazioni sui rischi legati all'uso dei neurolettici tradizionali prima non esplorati in grandi popolazioni di anziani in termini di eventi avversi.
BMJ 2004; 329: 75-79
Lee Pe et al. "Atypical antipsychotic drugs in the treatment of behavoiural and psychological symptoms of dementia: systematic review"
L'articolo rivede in modo sistematico la letteratura sperimentale sulla sicurezza ed efficacia degli antipsicotici atipici nei soggetti anziani dementi con anomalie comportamentali. Gli autori hanno condotto una revisione sistematica della letteratura utilizzando le banche dati Medline, Embase e Cochrane. Sono stati inclusi nell'analisi solo gli studi randomizzati che prendevano in considerazione l'efficacia e la tollerabilità degli antipsicotici atipici nei soggetti con demenza. La ricerca bibliografica ha permesso di identificare 5 studi clinici controllati, per un totale di 1.570 soggetti. Di questi 5 studi, tre erano verso placebo e riguardavano il risperidone (2 studi) e l'olanzapina (1 studio), due studi erano trial comparativi e riguardavano entrambi il risperidone verso l'aloperidolo. La durata degli studi è stata di 12 settimane in quattro casi, di 6 settimane in un caso.
Alla luce delle evidenze raccolte da questa rassegna sistematica della letteratura, gli autori concludono che vi è evidenza di superiorità nei confronti del placebo e che la percezione di una migliore efficacia e tollerabilità degli atipici rispetto all'aloperidolo non è supportata dai dati. Inoltre, considerando il profilo di tollerabilità degli antipsicotici di nuova generazione (solo parzialmente noto), gli autori sostengono la necessità di nuovi studi prima di poterne consigliare l'impiego in questi pazienti.
JAMA 2005; 293:596-607
Kayee M et al. Pharmacological treatment of neuropshiatric symptoms of dementia. A review of the evidence.
Questo articolo contiene la revisione sistematica degli articoli in lingua inglese pubblicati dal luglio 1996 al luglio 2004 usando MEDLINE, the Cochrane Database of Systematic Reviews e una ricerca bibliografica manuale.
- 2 metanalisi e 2 RCT su antipsicotici tipici (o tradizionali) non hanno evidenziato sostanziali differenze fra i diversi principi attivi, con effetti indesiderati comuni a tutti; i farmaci studiati erano aloperidolo, tioridazina, tiotixene, clorpromazina, trifluoperazina e acetofenazina.
- 6 RCT sull'uso degli antipsicotici atipici clozapina, olanzapina, quetiapina, risperidone, ziprazidone, aripiprazolo indicano una efficacia statisticamente significativa, ma clinicamente modesta, per olanzapina e risperidone, con minimi eventi avversi a basse dosi; gli atipici risultano, però, associati con un aumentato rischio di ictus;
- nessun RCT ha confrontato direttamente gli antipsicotici tradizionali con quelli atipici fino al 2004;
- 5 trials sull'uso degli antidepressivi concludono che non sono efficaci nel controllo di sintomi comportamentali con eccezione di uno studio per il citalopram;
- 3 RCT che hanno valutato il valproato nel trattamento dei disturbi dell'umore indicano che non è efficace;
- 2 studi sull'uso della carbamazepina hanno prodotto risultati controversi;
- 2 metanalisi e 6 RCT sull'impiego degli inibitori delle colinesterasi hanno evidenziato una efficacia clinica molto modesta, anche se statisticamente significativa;
- 2 RCT sull'uso della memantina nel controllo dei sintomi comportamentali hanno avuto esiti contrastanti.
Questo articolo conclude che la terapia farmacologica non è particolarmente efficace nella gestione dei sintomi neuropsichiatrici nella demenza; dei farmaci valutati, gli antipsicotici atipici risperidone e olanzapina presentano una migliore evidenza di efficacia, ma gli effetti clinici sono modesti e comunque complicati da un aumentato rischio di ictus. Gli autori sollecitano a potenziare le strategie non farmacologiche e l'avvio di studi ben disegnati su trattamenti non farmacologici.
Tra le controversie sollevate dagli autori segnaliamo quella riguardante l'interpretazione dei dati dei diversi studi considerati. Come definire clinicamente significativo un miglioramento dei sintomi neuropsichiatrici? Negli studi si fa riferimento alle varie scale usate nella valutazione dei sintomi neuropsichiatrici: le diverse versioni del NPI (Neuropsychiatric Inventory), CIBIC-plus (Clinician Interview Based Impression of Change plus caregiver input), ADAS-noncog (Alzheimer Disease Assessment Scale, non cognitive portion), CMAI (Cohen-Mansfield agitation inventory), BEHAVEAD (Behavioral Pathology in Alzheimer Disease Rating Scale); l'uso di differenti scale di misurazione rende difficilmente confrontabili i risultati, di non facile ed univoca interpretazione le conclusioni degli studi. Secondo gli autori, gli studi su questo problema dovrebbero adottare strumenti di valutazione che siano ripetibili e confrontabili; come indicatori si potrebbero utilizzare, per esempio, la necessità di ingresso del paziente in struttura protetta, la qualità di vita e il carico del care-giver.
FARMACOVIGILANZA News 7-8 settembre 2004
Riporta le raccomandazioni dell'EMEA e le agenzie ufficiali europee sull'uso degli antipsicotici atipici.
- Questi farmaci non sono indicati per il trattamento dei pazienti affetti da disturbi del comportamento correlati a demenza.
- Studi clinici controllati hanno rilevato gravi effetti indesiderati a livello cerebro-vascolare (ictus, attacchi ischemici acuti) alcuni dei quali fatali.
- Non vi sono dati sufficienti a dimostrare differenze nel rischio di mortalità o eventi cerebrovascolari tra i diversi antipsicotici di seconda generazione o tra gli antipsicotici di seconda e quelli di prima generazione.
- Allo stato attuale delle conoscenze i rischi identificati per olanzapina e risperidone non possono essere esclusi per altri antipsicotici, di prima o seconda generazione.
- E' necessario valutare attentamente il rischio di eventi cerebrovascolari prima di trattare pazienti con precedente storia di ictus o attacco ischemico transitorio. Le stesse considerazioni dovrebbero essere fatte per altri fattori di rischio per malattie cerebro e cardiovascolari come ipertensione, insufficienza cardiaca, infarto o ischemia del miocardio, diabete, fibrillazione atriale e fumo.
- Sebbene la maggior parte delle evidenze provenga da pazienti affetti da disturbi comportamentali, il rischio non può essere limitato all'uso in questa indicazione, ma dovrebbe essere considerato per tutti i pazienti con una storia di malattia cerebrovascolare o rilevanti fattori di rischio.
Nella Rete Nazionale di Farmacovigilanza il totale delle schede di segnalazione di sospette reazioni avverse insorte dal primo gennaio 2001 alla fine del 2003, relative agli antipsicotici atipici è stato di 137. Quasi il 50% delle reazioni avverse è rappresentato da alterazioni a carico del sistema nervoso centrale e periferico, delle condizioni generali, da disordini psichiatrici e da alterazioni metaboliche e funzionali.
Age and ageing 2002; 31: 435-439
Oborne A et al. "An indicator of appropriate neuroleptic prescribing nursing home"
Nello studio, gli autori segnalano un eccesso di prescrizione di neurolettici, giudicando adeguata la prescrizione solo nel 17,8% della popolazione. Concludono sottolineando alcuni aspetti fondamentali:
- i disturbi comportamentali nella demenza raramente migliorano in misura significativa con neurolettici;
- i neurolettici risultano ampiamente usati nelle strutture protette;
- la maggioranza dei neurolettici prescritti in Gran Bretagna è inadeguata; questi farmaci sono usati in modo improprio e la documentazione delle ragioni per le quali viene iniziata la terapia è carente, la necessità di proseguire il trattamento non viene adeguatamente rivalutata.
J Clin Psychiatry 2004; 65 (suppl 2)
Alexopolus G et al. "The expert Consensus Guideline Series Using Antipsychotic Agent in older patients"
Questa "guida" suggerisce le strategie per identificare le motivazioni d'uso dei neurolettici:
- individuare i disordini geriatrici nei quali il trattamento con antipsicotici è inappropriato perchè aumenta il rischio di effetti avversi e non è chiaro il beneficio terapeutico;
- dentificare l'indicazione per un uso degli antipsicotici nell'anziano, così come un dosaggio appropriato e la durata del trattamento;
- determinare in quali situazioni (per esempio comorbidità, uso concomitante di farmaci) possono verificarsi più frequentemente malattie iatrogene, interazioni con altri farmaci in corso di trattamento con neurolettici.
Clin Geriatr Med 2003; 19: 697-719
Abhilash K. "Use of psychofarmacologic agents in the elderly"
Secondo l'autore dell'articolo, la decisione di prescrivere psicofarmaci in persone anziane è un problema complesso. I dati riguardanti gli effetti a lungo termine nei pazienti anziani sono scarsi e la mancanza di dati è ancora più impressionante negli ultra85enni, nei pazienti fragili e nelle minoranze etniche. Propone una strategia metodologica che può essere utile per migliorarne l'utilizzo:
- fare una valutazione globale del paziente
- documentare uno specifico sintomo o disturbo psichiatrico
- individualizzare la scelta del farmaco e la dose basandosi sulla storia individuale del paziente, sul sesso, l'età, la provenienza etnica, la comorbidità, il costo dei farmaci prescritti, le possibili interazioni con i farmaci prescritti in concomitanza e talvolta non considerati
- usare la regola "start low and go slow"
- evitare l'uso inappropriato di farmaci
- consigliare il paziente e la sua famiglia riguardo ai rischi e ai benefici del farmaco prescritto, le alternative terapeutiche e le possibili complicanze
- monitorare il paziente frequentemente per evidenziare possibili effetti avversi e la risposta terapeutica
- usare in combinazione con i farmaci un approccio non farmacologico
- se possibile, usare tecniche di valutazione per monitorare l'efficacia, per eliminare le terapie doppie e anche per identificare rapidamente le potenziali interazioni farmacologiche e contrastare gli effetti avversi.
N Engl J Med 2005; 353: 2335-2341
Wang PS et al.
"Risk of death in elderly users of conventional vs. atypical antipsychotic medications"
Questo articolo del dicembre 2005 presenta uno studio retrospettivo di coorte condotto su 22.890 pazienti di età 65 anni suddivisi in 2 sottogruppi; sono stati confrontati 9.142 pazienti che assumevano antipsicotici convenzionali e 13.478 che assumevano antipsicotici atipici negli anni dal 1994 al 2003. Entrambi i gruppi di popolazione avevano una età media di 83 anni circa, erano prevalentemente donne, avevano un alto grado di comorbidità (la demenza è la patologia più frequentemente rappresentata); la mortalità per cause cardiovascolari, anche considerando eventuali variabili confondenti, risultava più elevata nel gruppo di popolazione che assumeva gli antipsicotici convenzionali.
Questo studio di ampie dimensioni sugli anziani segnala come spesso i dati sugli effetti avversi e sulla mortalità in corso di esposizione ad antipsicotici vengano estrapolati dagli studi condotti su popolazioni più giovani; suggerisce di riconsiderare i dati per rivedere le raccomandazioni della FDA che segnala solo l'incremento del rischio di morte per gli antipsicotici atipici; infine suggerisce di considerare la gestione dei sintomi per cui gli antipsicotici sono normalmente usati con altri interventi non farmacologici e riconosce l'urgente necessità di ricerche da effettuare negli anziani attraverso studi appositamente disegnati per una prescrizione ottimale.
Bibliografia 1. Gruppo di Studio per la Farmacovigilanza. Monitoraggio del profilo di utilizzazione e di spesa dei farmaci psicotropi nelle pratiche dei servizi psichiatrici e della medicina generale. Giornale italiano di Farmacia clinica2003;17:1. 2. Progetto ARNO Rapporto sul profilo prescrittivo della popolazione anziana. Rapporto 2001 Volume VI. 3. Snowden M et al. Mental Illness and Nursing Home Reform: OBRA-87 ten years later. Psychiatr Serv 1998; 49:229-33. 4. Editorial. Keep taking medicine? Age and ageing 2002; 3: 423-5.
5. Alexopoulos G et al. The Expert Consensus Guidelines Series Using Antipsychotic Agents in older patients J Clin Psychiatry 2004; 65 (suppl 2). 6. Ministero della Salute - Agenzia Italiana del farmaco. Antipsicotici atipici nel trattamento delle anomalie comportamentali nei soggetti con demenza Bollettino d'informazione sui farmaci 2005; 1:32-5. 7. EMEA "Pubblic statement on the safety of olanzapine". London, 9 marzo 2004. 8. Briesacher B et al. The quality of antipsychotic drugs prescribing in nursing homes. Arch Intern Med 2005; 165: 1280-5. 9. Mamun K et al. Prescribing psychoattive medications in nursing homes: current practice in Singapore.Singapore Med J 2003; 44: 625-9. 10. Agenzia Italiana del Farmaco Antipsicotici: tra indicazioni di rischio e raccomandazioni d'uso. News 2004, n. 7-8.