I dati ed i concetti espressi in questo articolo sono uno dei risultati della revisione sistematica critica della letteratura effettuata a cura del CeVEAS nell'ambito del Progetto Farmacista Facilitatore.
Come strumento di questo Progetto vengono elaborati i "Pacchetti Informativi", pubblicazioni che forniscono gli elementi di conoscenza basati sulle medesime evidenze scientifiche ma esposti più come "informazione" ed "analisi di risultati" che come "raccomandazioni".
La presenza di controindicazioni all'impiego degli estrogeni o la decisione di non assumerli da parte di donne che soffrono di disturbi menopausali si traduce spesso nella richiesta al medico di proposte alternative con farmaci non ormonali o prodotti "naturali", finalizzate principalmente al controllo dei disturbi vasomotori. In particolare, nelle donne sottoposte a terapia antiestrogenica (in genere per neoplasie ormono-dipendenti), è frequente una esacerbazione dei sintomi vasomotori e, di conseguenza, la richiesta di terapie non estrogeniche in grado di migliorare la qualità della vita. Il medico ha a disposizione farmaci aventi altre indicazioni, ma rivelatisi in qualche misura efficaci anche sul controllo dei sintomi vasomotori oppure di sostanze di derivazione vegetale dotate almeno in teoria di effetti terapeutici su questi disturbi. I farmaci
I farmaci "non ormonali" sono composti eterogenei dotati di meccanismi d'azione che interferiscono coi sistemi (principalmente neurotrasmettitoriali) coinvolti nella regolazione vasomotoria e sono in commercio per lo più con indicazioni diverse.
In genere, gli studi condotti con questi farmaci hanno coinvolto un numero limitato di donne, seguite per periodi di settimane o pochi mesi e in molti casi la qualità metodologica è modesta. L'efficacia è risultata in ogni caso inferiore a quella degli estrogeni: nella migliore delle ipotesi si ottiene una riduzione significativa del numero e/o della gravità degli episodi, senza, tuttavia, se non raramente, arrivare ad un controllo totale dei sintomi. Non di rado, alla significatività statistica evidenziata per singoli sintomi nei trial (riduzione parziale della intensità o della frequenza) non corrisponde un reale beneficio clinico, ragione per cui è necessario valutare attentamente caso per caso la trasferibilità nella pratica delle numerose proposte terapeutiche.
Anti-ipertensivi
La clonidina, un alfa2-stimolante centrale che riduce la reattività vascolare, è l'antipertensivo più studiato nel trattamento dei disturbi della menopausa1 (viene citato anche in una revisione sistematica Cochrane) ed è l'unico ad avere questa indicazione registrata. Dosi standard orali (0,1 mg/die)2 e transdermiche (1 mg/sett.)3 sono risultate in grado di ridurre in misura modesta, ma statisticamente significativa, gravità e numero (-30-40%) degli episodi vasomotori anche in donne in terapia antiestrogenica dopo intervento per tumore mammario4. I risultati favorevoli non sono stati, però, confermati in tutti gli studi5. L'entità degli effetti indesiderati (es. xerostomia, sedazione, depressione, vertigini) e la risoluzione solo parziale dei sintomi limitano l'area di impiego della clonidina.
Nonostante vengano citati in numerosi articoli di revisione, propranololo ed alfametildopa sono stati valutati in soli 3 studi controllati, randomizzati. In 10 pazienti, la somministrazione di alfametildopa (250 mg 3 volte al giorno) per 4 settimane ha prodotto una diminuzione significativa dell'intensità e della frequenza degli episodi vasomotori, ma con effetti indesiderati (ottundimento) che ne hanno limitato l'accettabilità da parte delle pazienti6.
Il propranololo (40 mg 2 volte al giorno) ha ridotto in modo significativo il numero e l'intensità dei flushes menopausali, ma solo 37 donne su 56 arruolate hanno ultimato lo studio previsto su 6 settimane7, mentre uno studio precedente (su 25 donne) non aveva rilevato, invece, effetti sfavorevoli8. Vitamina E
Nonostante sia molto diffuso nei paesi anglosassoni, l'impiego della vitamina E nella terapia dei disturbi menopausali non è sostenuto da studi controllati né affidabili. La somministrazione di 800 UI di vitamina E viene, tuttavia, consigliata dalla North America Menopause Society (NAMS) nelle donne con sindrome vasomotoria come possibile opzione iniziale basata solo sul criterio di innocuità e di basso costo9.
Veralipride
La veralipride è il secondo farmaco non ormonale il cui impiego sia stato approvato, pur se sulla base di studi tutt'altro che soddisfacenti, in Italia ed in altri Stati europei per il controllo dei sintomi menopausali. Il farmaco agisce come antagonista dei recettori D2 per la dopamina e appartiene alla classe delle benzamidi sostituite, impiegate come antiemetici, antidispeptici e neurolettici. La somministrazione di 100 mg di veralipride ha ridotto la severità (-50%) ed il numero (-60%) degli episodi vasomotori, con benefici sul riposo notturno e sulla cenestesi10,11. Alla stessa dose, il farmaco si è rivelato efficace anche in donne che assumevano raloxifene12 o LH-RH analoghi13 dopo intervento per neoplasia mammaria. L'esiguità della casistica, la breve durata di osservazione e la non infrequente segnalazione dei tipici eventi avversi delle benzamidi (principalmente disturbi extrapiramidali e da iperprolattinemia) suggeriscono prudenza soprattutto nell'impiego prolungato.
Bromocriptina ed altri dopaminergici
Dei dopamino agonisti valutati per il trattamento dei sintomi menopausali, la bromocriptina è la più studiata, anche se con risultati clinici decisamente modesti e limitati alla riduzione dell'intensità delle caldane11.
Trazodone
Il trazodone è un antidepressivo utilizzato in pochi studi, non controllati, con risultati limitati al miglioramento dell'indice di Kupperman, uno strumento di valutazione dei disturbi menopausali non validato14. Antidepressivi SSRI
Il blocco della ricaptazione della serotonina a livello ipotalamico può avere effetti favorevoli nel controllo dei disturbi vasomotori di diverso tipo, per cui numerosi farmaci dotati di questo meccanismo d'azione (SSRI) sono stati sperimentati in donne con le tipiche vampate di calore della menopausa. I risultati sono in parte contrastanti e mostrano una tendenza alla diminuzione degli episodi vasomotori negli studi a breve termine, effetto che viene ad esaurirsi negli studi con periodi più lunghi di osservazione15. A fronte di una riduzione della frequenza e dei punteggi relativi a numero e gravità delle vampate (mediamente del 50% con fluoxetina16, paroxetina17, sertralina18, citalopram19 in studi preliminari su pazienti con neoplasia mammaria), solo la paroxetina ha fornito risultati favorevoli quando somministrata in dose di 25 mg a donne sane in menopausa (è peraltro disponibile un solo RCT della durata di 6 settimane su 156 donne)20. I risultati con citalopram e fluoxetina a 9 mesi21 si sono dimostrati sfavorevoli anche con dosi di 30 mg/die, mentre uno studio che ha confrontato il citalopram con l'associazione citalopram + estrogeni ha indicato un effetto favorevole del citalopram da solo esclusivamente in donne affette da depressione22. I dati attualmente disponibili non sono sufficienti per considerare gli SSRI un trattamento efficace dei disturbi vasomotori nelle donne in menopausa fisiologica quando non siano affette anche da depressione.
Da notare che l'interferenza degli SSRI con il sistema di metabolizzazione enzimatica del citocromo P450 rende, inoltre, possibile una interferenza col metabolismo degli antiestrogeni: alcuni dati documentano una riduzione dei livelli plasmatici dei metaboliti attivi del tamoxifene nelle donne trattate con paroxetina23.
Venlafaxina
La venlafaxina è un antidepressivo che interferisce con la ricaptazione della serotonina e della noradrenalina. Gli studi disponibili24 riproducono la situazione sopra ricordata per gli SSRI sia per quanto riguarda pazienti affette da neoplasia mammaria in terapia antiestrogenica, che per donne sane con menopausa fisiologica. Anche questo farmaco è stato valutato (a dosi fisse fino a 3 volte superiori a quelle standard) sulle due tipologie di donne sopra ricordate, ipotizzando uno stesso meccanismo di regolazione delle amine attraverso la modifica degli ioni calcio. A differenza degli studi di breve durata che mostrano la maggiore efficacia della venlafaxina rispetto al placebo, l'unico RCT condotto su donne non mastectomizzate trattate con 75 mg di venlafaxina o placebo e seguite per 12 settimane, non ha dimostrato l'efficacia del farmaco25. Mirtazapina
Il miglioramento dei sintomi menopausali osservato in pazienti trattate con l'antidepressivo mirtazapina ha fatto pensare ad una possibile utilità del farmaco nel trattamento dei disturbi vasomotori menopausali. Ad oggi sono disponibili solo case-report e studi non controllati, per cui l'impiego in questa indicazione è da ritenersi del tutto prematuro26.
Gabapentina
L'ipotesi che una modificazione del flusso degli ioni calcio stabilizzasse la neurotrasmissione noradrenergica e serotoninergica anche a livello ipotalamico, ha indotto a valutare il farmaco nel controllo dei sintomi menopausali. Le dosi impiegate negli studi preliminari, sia in donne sane27 sia in donne post-mastectomia trattate con tamoxifene28, vanno da 900 a 2.700 mg e sono decisamente elevate (rispetto alla dose standard di 900 mg) per ottenere una riduzione tra il 50 ed il 70% della frequenza delle vampate ed un miglioramento di parametri soggettivi misurati con punteggi. La "classica" riduzione dei sintomi si è accompagnata con effetti indesiderati importanti (sonnolenza e difficoltà di concentrazione). Fitoestrogeni
I fitoestrogeni sono composti difenolici di derivazione vegetale ottenuti più frequentemente dalla soia (daidzeina) e dal trifoglio rosso (daidzeina e genisteina). Sono in grado di produrre effetti estrogenici, legandosi preferenzialmente ai recettori beta piuttosto che di tipo alfa29. Da una revisione sistematica sono stati identificati 31 studi (durata media 12 settimane, terapia con 42-100 mg di isoflavoni/die): i prodotti studiati, derivati sia dal trifoglio che dalla soia, erano somministrati sotto forma di polvere, di bevanda o di estratto. Tra i 22 studi che hanno valutato gli effetti dei fitoestrogeni sui sintomi menopausali, solo 7 (realizzati su campioni poco numerosi: range 12-33 pazienti) hanno mostrato una maggiore efficacia degli isoflavoni rispetto al placebo; si trattava spesso di lievi riduzioni del numero o della intensità delle caldane, di dubbia rilevanza clinica. Nessuno dei 5 studi sull'impiego di isoflavoni nella distrofia genitale ha fornito effetti migliori del placebo. Una revisione effettuata dallaRevue Prescrire evidenzia i limiti metodologici della maggior parte degli studi considerati, l'eterogeneità dei risultati e l'impossibilità di esprimere un giudizio favorevole sugli effetti dei fitoestrogeni, ma in più sottolinea la mancanza di garanzie sulla qualità dei preparati stessi che - non essendo considerati "farmaci" veri e propri - non vengono sottoposti ai controlli previsti per le specialità farmaceutiche30. Una revisione del 200431 ha analizzato in particolare la provenienza del preparato (soia o trifoglio rosso) e la natura del preparato stesso (bevanda, polvere o estratto): nessuna differenza era evidenziabile tra gli effetti delle diverse formulazioni. Gli autori confermano nelle conclusioni l'assenza di un effetto terapeutico clinicamente significativo dei fitoestrogeni sui sintomi menopausali.
Altri prodotti di derivazione vegetale
L'estratto di Cimicifuga racemosa o Black Cohosh (40 mg x 2/die di estratto secco dal rizoma) ha mostrato effetti favorevoli sui sintomi vasomotori in 3 studi randomizzati verso placebo (60-85 donne osservate per 2-3 mesi). L'effetto terapeutico sembra dovuto a glicosidi triterpenici privi di azione estrogenica, ma la somministrazione in donne trattate con tamoxifene, dopo intervento per tumore al seno, si è rivelata inefficace. Non vengono descritti eventi avversi.
In un recente RCT condotto su 64 donne, 40 mg/die dell'estratto di Cimicifuga racemosa per 3 mesi sono risultati di efficacia pari a 25 mcg di estradiolo in cerotto applicato settimanalmente32. La recente segnalazione33 di reazioni avverse gravi con necrosi epatica acuta in donne che avevano fatto uso di black cohosh rende necessaria una corretta informazione del rischio alle persone che intendono assumere estratti di Cimicifuga racemosa.
Al contrario dei risultati moderatamente favorevoli ottenuti in studi non controllati, nell'unico RCT disponibile, l'olio di evening primrose (acido gamolenico) somministrato in 2 dosi di 2g (in associazione a vitamina E) non ha fornito risultati significativamente superiori al placebo34.
L'estratto della radice di Angelica sinensis, definito comunemente "Dong quai", è uno dei rimedi di derivazione vegetale comunemente impiegato nella medicina cinese per il sollievo dei disturbi vasomotori; il meccanismo d'azione è sconosciuto. Nel migliore RCT disponibile, della durata di 24 settimane, condotto su 71 donne, il Dong quai (4,5 g di radice) non si è dimostrato più efficace del placebo35. Conclusioni
Una situazione con forte variabilità di tipologia, durata, intensità di sintomi come la menopausa è terreno privilegiato per proporre, richiedere, usare "rimedi" che coinvolgano soggettivamente e di cui è praticamente certo un effetto placebo, specificamente sul breve termine.
La rassegna qui presentata ha documentato che la letteratura disponibile (di cui è molto facile verificare anche la frequente marginalità in termini di reputazione scientifica) è sostanzialmente ed esplicitamente negativa per quanto riguarda un profilo di efficacia.
Da notare che la bassa qualità accomuna sia gli studi sui farmaci "classici" che quelli sui fitoterapici.
Non c'è dubbio che ricerche su/con interventi non solo farmacologici, capaci di tener conto sia delle attese soggettive che dei contesti e delle credenze culturali potrebbero produrre risultati interessanti. I dati finora disponibili sembrano dire che l'interesse scientifico (e/o anche di attenzione ai problemi reali delle donne) è stato molto basso, e finalizzato a creare/mantenere (a volte con l'apporto di dubbie società scientifiche) aree più o meno vaste di consumo. Bibliografia 1. Rymer J, Morris P da Clinical Evidence. BMJ 2000; 321: 1516-9. 2. Clayden JR et al. Menopausal flushing: double blind trial of a non-hormonal medication. BMJ 1974; 1: 409-12. 3. Nagamani M et al. Treatment of hot flashes with a transdermal administration of clonidine. Am J Obstet Gynecol 1987; 156: 561-5. 4. Pandya KJ et al. Oral clonidine in postmenopausal patients with breast cancer experiencing tamoxifen-induced hot flashes: a University of Rochester Cancer Center Community Clinical Oncology Program study. Ann Intern Med 2000; 132:788-93. 5. Lindsay R, Hart DM. Failure of response of menopausal vasomotor symptoms to clonidine. Maturitas 1978;1:196-7. 6. Hammond MG et al. Double blind study to evaluate the effect of methyldopa on menopausal vasomotor flushes. J Clin Endocrinol Metab 1984; 58:1158-60. 7. Alcoff JM et al. Double-blind, placebo-controlled, crossover trial of propranolol as treatment for menopausal vasomotor symptoms. Clin Ther 1981; 3:356-64. 8. Coope JA et al. Study of the effectiveness of propranolol in menopausal hot flushes. Br J Obstet Gynaecol. 1978; 85: 472-5. 9. NAMS position statement. Treatment of menopause associated vasomotor symptoms: position statement of the North American Menopause Society Menopause 2004; 11:11-33. 10. Melis GB et al. 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