Razionalità e realtà : il "caso" delle statine 2013-2016
Alejandro Macchia Fundaciòn Gesica, Buenos Aires, Argentina
Gianni Tognoni IRCCS Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri
Il contesto
Il periodo coperto da questo mini-dossier va dall’ottobre del 2013 all’ottobre 2016. Ha come oggetto una storia che si è svolta soprattutto in Inghilterra, ma che, per i temi trattati, gli autori/attori coinvolti, le riviste che ne sono state le protagoniste più che autorevoli (British Medical Journal e Lancet), ha una rilevanza assolutamente generale.
I dettagli della storia sono ritrovabili nelle referenze citate in ordine cronologico nella prima parte della bibliografia1-12.
I dati essenziali
La pubblicazione che ha dato origine alla lunga (e forse non finita?) controversia sul rapporto beneficio-rischio delle statine, soprattutto per quanto riguarda la loro prescrizione generalizzata e cronica anche nei pazienti senza una positività per eventi cardio-cerebrovascolari pregressi (pazienti a basso rischio, prevenzione primaria) è dell’ottobre del 20131. Sulla base soprattutto di dati riconducibili a studi osservazionali, si propone un profilo di sicurezza delle statine sostanzialmente diverso da quello documentato nelle diverse metanalisi degli studi randomizzati. Una frequenza stimata di effetti indesiderati a diverso grado di gravità fino al 20% dei pazienti esposti all’uso cronico di statine viene giudicata eccessiva per giustificarne l’uso soprattutto in prevenzione primaria, e a prescindere dai livelli più o meno seriamente elevati di colesterolo LDL.
Facendo seguito al clamore mediatico seguito a questa pubblicazione, ed alle reazioni dell’ambiente cardiologico e regolatorio che contestava l’affidabilità dei dati derivati da studi non controllati, l’editore del BMJ riconosce che il lavoro (pur passato dal processo dei referee) era metodologicamente viziato, e che il problema deve essere rivisto attraverso la sottomissione del problema ad un gruppo di esperti indipendenti2.
La posizione del NICE che conferma le sue indicazioni di prescrizione allargata, secondo i risultati delle metanalisi degli studi randomizzati, porta tuttavia a due pubblicazioni critiche3,4, cui segue una puntualizzazione estremamente accurata degli errori che hanno portato alla stima di eccessi di effetti indesiderati (oltre che ad una seconda ondata di pubblicazioni allarmate sui mass-media nel marzo 2014)5. Si mette in evidenza soprattutto il grave rischio di salute pubblica che può derivare da una diminuita
prescrizione e/o compliance con un trattamento che è sicuramente associato ad una riduzione di eventi cardio-cerebrovascolari fatali e non fatali.
Il titolo di una nota editoriale firmata da un indiscusso leader della cardiologia mondiale, autore di un ultimo studio sulla rosuvastatina (HOPE-3) in perfetta linea con le metanalisi precedenti, riassume meglio di qualsiasi commento quali sono i timori e le implicazioni6, sottolineando l’importanza di porsi domande, al di là delle evidenze, sul problema critico del loro passaggio dai giornali scientifici all’opinione pubblica, e della difficile interazione, in termini di fiducia ed appropriatezza, tra medici e pazienti. Il tema è ripreso, in un’altra nota considerabile come molto autorevole al di là della rubrica che lo ospita, dell’editore di Lancet9, che accompagna una review “definitiva” del problema che ha come autori praticamente tutti coloro che lungo più di venti anni hanno pubblicato i grandi trial controllati sulle statine in prevenzione primaria e secondaria7.
La lettura di quest’ultimo articolo è certamente molto istruttiva, e costituisce un vero e proprio manuale anche metodologico sul rapporto tra studi clinici randomizzati e studi osservazionali, e sulle utilizzazioni dei dati disponibili per una stima affidabile non solo dei benefici assoluti e relativi sul medio-lungo periodo, ma anche dei livelli reali di rischio. La sua lunghezza (30 pag. di Lancet) è d’altra parte tale da prevederne una lettura non allargata. Se ne riportano qui sia il "summary" originale (Riquadro 1), che due delle figure chiave che riassumono tutte le informazioni essenziali per sostenere la tesi principale degli autori: i benefici delle statine si esprimono con la stessa intensità percentuale attraverso le indicazioni per prevenzione primaria e secondaria, pur evidentemente comportando benefici assoluti diversi, in funzione dei differenti profili di rischio di eventi cardio-cerebro-vascolari lungo 5-10 anni (Figura 1 e Figura 2).
L’editore del BMJ interviene nuovamente nel dibattito riconoscendo l’importanza di arrivare ad un giudizio “indipendente”, motivando il perché questa valutazione già invocata non era stata ancora condotta8.
Questo punto di vista è dibattuto-sostenuto da un altro autore-chiave nella letteratura scientifica più accreditata (è ospite fisso di Circulation), soprattutto per quanto riguarda la utilizzabilità per obiettivi di salute pubblica di database amministrativi-descrittivi in tutto il settore cardiovascolare soprattutto per gli USA10.
Due indagini condotte nel frattempo per esplorare l’impatto dei picchi di pubblicizzazione mediatica dei problemi di sicurezza delle statine, documentano l’entità e la qualità dell’impatto stesso, sia sui pazienti che sulle comunità dei prescrittori, a livello di cardiologi e di GPs11,12. I loro risultati principali sono riportati nel Riquadro 2.
Riquadro 1 Riassunto
Questa review ha come obiettivo quello di aiutare il mondo medico, i pazienti, l’opinione pubblica nel prendere decisioni informate rispetto al ruolo della terapia con statine nella prevenzione di eventi cardio e cerebrovascolari.
In questo senso si documenta come le evidenze scientifiche, prodotte nel complesso degli studi clinici randomizzati, forniscano informazioni affidabili sia sulla componente di efficacia che di sicurezza delle statine, mentre le affermazioni che le statine producono frequentemente effetti avversi derivano dal fatto di non riconoscere l'insufficienza informativa di altre fonti di dati sugli effetti di qualsiasi trattamento.
Le conoscenze prodotte attraverso la serie completa dei grandi studi randomizzati controllati possono essere così riassunte: la terapia con statine riduce il rischio di eventi vascolari maggiori (es. morte coronarica o infarto miocardico, eventi cerebrovascolari, procedure di rivascolarizzazione coronarica) di circa ¼ per ogni mmol/L di riduzione del colesterolo LDL; questo effetto si produce per ogni anno (dopo il primo) per tutto il tempo del trattamento.
Il beneficio assoluto della terapia con statine dipende dal rischio assoluto che ogni individuo ha di avere eventi cardiovascolari e dalla riduzione assoluta di colesterolo LDL che si riesce ad ottenere.
Per esempio, una riduzione del colesterolo LDL di 2mmol/L (77 mg/dL) con un regime di statine a basso costo (es. atorvastatina 40 mg/die, con un costo/mese di circa € 10,00 per 5 anni in 10.000 pazienti riduce il rischio di eventi vascolari maggiori in circa 1.000 pazienti (cioè un beneficio assoluto del 10%) che hanno già una storia di eventi vascolari occlusivi (prevenzione secondaria) ed in 500 pazienti (beneficio assoluto del 5%) senza storia di eventi vascolari (prevenzione primaria). Questi benefici si prolungano nel tempo con lo stesso livello di efficacia, fino a che le statine sono assunte regolarmente.
I soli effetti indesiderati seri delle statine documentati nei trials – miopatia, cioè dolore-debolezza muscolare associata ad aumento significativo di CK; nuovi casi di diabete; molto probabilmente eventi cerebrovascolari emorragici – sono decisamente rari: nello scenario sopra descritto (5 anni con atorvastatina 40 mg/die in 10.000 pazienti), si avranno 5 casi di miopatia (che può progredire a rabdiomiolisi, se non si interrompe la terapia), 50-100 nuovi casi di diabete, e 5-10 stroke emorragici.
Le informazioni sulla sicurezza prodotte lungo gli anni negli studi controllati randomizzati rappresentano ragionevolmente lo spettro completo degli effetti indesiderati possibili.
Preoccupa pertanto il fatto che denunce derivate da altre fonti informative, che forniscono le stime di effetti indesiderati, possano essere responsabili di una sotto-utilizzazione di statine in pazienti a rischio cardiovascolari, e/o di una loro sospensione per sintomi muscolari (transitori, se il trattamento è sospeso); il ridotto beneficio delle statine sugli eventi occlusivi maggiori cardio-cerebrovascolari sarebbe devastante.
Riquadro 2
Una survey condotta online su 1.000 pazienti ha documentato che il grado di compliance dei pazienti con la terapia con statine era proporzionale al loro grado di fiducia con il medico di base ed alla percezione personale del rischio cardio-cerebrovascolare, mentre la non-compliance era correlabile con la percezione da parte dei pazienti dell’importanza della salute pubblica e alla loro preoccupazione per gli effetti indesiderati.
L'accentuazione dell’importanza degli effetti indesiderati delle statine da parte dei mass media ha comportato nel 25% dei GPs e dei cardiologi una diminuita fiducia nella discussione della opportunità di essere compliant nell’assunzione di statine; il 20% del campione si è dichiarato più incerto nelle decisioni riguardanti l’appropriatezza o meno della prescrizione di statine.
In una ricerca indipendente condotta attraverso un database che include l’8% della popolazione UK, e focalizzata sul periodo dei picchi di informazioni allarmanti sulla sicurezza delle statine (si riportavano dati di frequenza di effetti indesiderati, non appropriatamente qualificati in termini di gravità, fino ad un 20% dei pazienti utilizzatori cronici di statine), non si è documentato un impatto significativo sulla frequenza di nuove prescrizioni/assunzioni di statine (sia per prevenzione primaria che secondaria). Si è registrato tuttavia un aumento di casi di sospensione delle terapie in corso rispettivamente nell’11% dei contesti di prevenzione primaria e nel 12% per la prevenzione secondaria. Questi aumenti erano tuttavia transitori, mantenendosi per un massimo di 6 mesi dal momento dei picchi di comunicazione nei mass-media. Estrapolando i risultati a tutta la popolazione UK si può stimare che ci siano stati nei 6 mesi successivi alla campagna negativa dei mass media un eccesso di 218.000 pazienti che hanno sospeso la loro terapia, ciò che potrebbe corrispondere ad un eccesso di 2.173 eventi cardiovascolari lungo 10 anni. Da notare soprattutto un abbandono della terapia con statine nei pazienti con più di 40 anni di età, e che avevano un profilo di rischio cardiovascolare documentato.
Discussione ed implicazioni
1. Non ci sono dubbi sul fatto che il ruolo delle “statine” costituisca uno dei capitoli più estesamente studiati e documentati in stretta coerenza con la logica oggi universalmente considerata uno dei pilastri del sapere-agire sanitario: la riproduzione coerente di risultati che documentano, con trial clinici randomizzati ben condotti il profilo di efficacia e sicurezza di un farmaco e/o di un intervento, coincide con una indicazione precisa sui criteri di uso di quanto è stato studiato. I dati del Riquadro 1 riassumono in questo senso perfettamente le raccomandazioni oggi prevalenti.
2. L’elemento profondamente e sorprendentemente nuovo che emerge in questo caso è la polarizzazione delle posizioni di due giornali scientifici (tradizionalmente molto vicini tra loro per posizioni culturali, specie in questo campo), che lungo tre anni non riescono a trovare (anzi: in un certo senso accentuano) una divergenza di punti di vista. Con reciproche esagerazioni; altrettanto curiose: da una parte ci sono le percentuali mal qualificate (e tardivamente riconosciute) di effetti indesiderati, dall’altra una insistenza su stime di danno, per eccesso di morti/eventi, estrapolate a partire da dati di sospensione di trattamento sul breve periodo che risultano da indagini condotte ad hoc, su campioni limitati e sostanzialmente tranquillizzanti: le percentuali di non-compliance – non ben definita tra l’altro nei tempi e nella percezione – sono di fatto inferiori a quelle ritrovabili un po’ in tutti i paesi e contesti sanitari, per tutti i trattamenti cronici cardiovascolari, sia in indagini di mercato, che in valutazioni con database fortemente rappresentativi di popolazioni molto estese.
3. Un’altra nota è inevitabile per sottolineare uno degli aspetti più sorprendenti (spiacevoli? rivelatori? prodotto delle banali “ripicche” di cui tutti/e noi siamo protagonisti in un litigio che mette in discussione le identità di “fonte di riferimento informative”?) della storia che qui ci interessa. Il contesto del caso statine (al di là di quello strettamente inglese dei fatti sopra riportati) è infatti quello più grande e critico a cui si deve far riferimento: quello della indipendenza di chi produce i dati e li pubblica; della sempre più facile disponibilità alla condivisione dei dati tra diverse fonti; del rischio ricorrente di non pubblicazione dei dati sugli aspetti di sicurezza.
La letteratura, cronologicamente parallela a quella delle statine, cui si rimanda13-17 è solo una minima parte di quanto pubblicato su un’area di indubbio interesse generale. Le preoccupazioni scandalizzate di chi evoca scenari di diritto violato alla vita, che provoca vittime “stimate” più drammatiche di una guerra civile6,9, sono ridimensionate, anche perché un aumento di credibilità non è certo garantito da un autore10 che è un “concorrente” transatlantico nell’area degli studi osservazionali.
Forse il commento più sobrio e pertinente (più preoccupante per la salute pubblica? o più realistico perché ricorda le tante strategie e culture che determinano, in modo complesso e non lineare, i comportamenti sanitari e di stili di vita?) è quello che deriva da una lettura un poco più allargata della produzione scientifica che riguarda sempre il cardiovascolare, ma ampliando i punti di vista18-28. Sono le tante variabili che determinano la comprensione e la direzione di ciò che – nella sanità e nella società – ha di fatto un peso nell’assicurare o condizionare, la [non]fruizione-attribuibilità del diritto all'autonomia del vivere, anche solo limitandoci al campo (tanto grande, ma in fondo ristretto), della prevenzione, prognosi, riabilitazione, educazione, organizzazione, policies dei problemi cardiovascolari. Le citazioni (bastano i titoli a farne suggerire l’eventuale interesse) sono anche qui puramente esemplificative: come le precedenti sono state scelte con l’unico criterio di rappresentare argomenti-evidenze-dibattiti-punti di vista pubblicati in parallelo agli ultimi articoli citati per il “caso” statine, su riviste di pari autorevolezza.
L’argomento non è certo nuovo per i lettori di IsF, in quanto rappresenta uno dei fili conduttori del giornale: informare, in modo trasparente, su tutto: essere, sempre, direttamente responsabili di decisioni documentate ma ragionevolmente disincantate. Tanto per un ultimo richiamo alle statine: è certo – evidente – che un loro beneficio (v. Riquadro 1; Figura 1) è visibile anche negli anziani, e in presenza di co-morbidità: ma si è proprio sicuri che ha senso applicare ai “grandi” anziani (chi sono?) – e tanto più quanto sono più fragili – il rigore “predittivo sui 10 anni”, prescindendo dalle tante domande-evidenti ricordate nelle precedenti citazioni18-28?
4. Un ultimo mini-blocco di citazioni: più brevi: si potrebbero persino leggere: sono informative al di là delle statine e del cardiovascolare: fanno entrare ancor più direttamente in campo l’economia, l’equità, le norme sociali, e la loro difficile, controversa, necessaria, dimenticata interazione con gli orizzonti così affascinanti e così esposti ai miraggi della “precision medicine”29-32. Il commento più efficace ai tanti messaggi di questa lunga storia è proprio nel “fare-memoria” che la storia “scientifica” dei problemi medici è strettamente intrecciata con quella della società. L’ascolto, attento, del contributo, formulato dall’interno e dal quotidiano, molto informato, molto controverso, della medicina generale è particolarmente importante (Tombesi pag. 30).
5. Una “dimenticanza”, da segnalare, nel caso delle statine. Significativa, ma clandestina lungo tutto un percorso che parla di “eccessi” di eventi evitabili e di responsabilità. Il “carico” di morbi-mortalità cardio-cerebrovascolare là dove non ci sono neppure risorse per misurarlo è una assenza “evidente”, anche se osservazionale. Anche qui le citazioni per documentare quanto accuratamente è noto, descritto, riconosciuto, confermato, accettato per la situazione dei Sud del mondo, sarebbero tante. La “trasferibilità” dei messaggi sulle statine pone certamente più problemi dei “picchi” mediatici nel contesto della Brexit.
Bibliografia 1. Abramson JD, et al. Should people at low risk of cardiovascular disease take a statin? BMJ 2013; 347:f6123. 2.Godlee F. Adverse effects of statins. BMJ 2014; 348: g3306. 3.Thompson R, et al. Concerns about the latest NICE draft guidance on statins. http://www.nice.org.uk/Media/Default/News/NICE-statin-letter.pdf (accessed Sept 17, 2014). 4. Kendrick M, et al. Leading doctors reject latest statin guidance from the National Institute for Health and Care Excellence. http://www.ctsu.ox.ac.uk/research/meta-trials/ctt/thompsonpress-release-pdf (accessed Sept 25, 2014). 5.Jane Armitage, et al. Misrepresentation of statin safety evidence. Lancet 2014; 384:1263-4. 6.Yusuf S. Why do people not take life-saving medications? The case of statins. Lancet 2016; 388:943-5. 7.Collins R, et al. Interpretation of the evidence for the efficacy and safety of statin therapy. Lancet 2016 Sep 8. doi: 10.1016/S0140-6736(16)31357-5. [Epub ahead of print]. 8.Godlee F. Statins: we need and independent review. BMJ 2016; 354:j4992. 9.Horton R. Offline: Lessons from the controversy over statins. Lancet 2016; 388:1040. 10. Krumholz HM. Statins evidence: when answers also raise questions. Sharing the data is more likely to settle the debate than another review. BMJ 2016; 354:i4963. 11.Matthews A, et al. Impact of statin related media coverage on use of statins: interrupted time series analysis with UK primary care data. BMJ 2016; 353:i3283. 12.Bohan H, et al. Perceptions of statins. Research with patients, GPs and cardiologists. Picker Institute Europe, Oxford, 2016. 13.Rockhold F, et al. Data sharing at a crossroads. N Engl J Med 2016; 375:1115-7. 14.Hudson KL, et al. Toward a new era of trust and transparency in clinical trials. JAMA 2016; 316:1353-4. 15.Lo B, et al. Incentives for clinical trialists to share data. N Engl J Med 2016; 375:1112-5. 16.Lineberry N, et al. Recommendations to improve adverse event reporting in clinical trial publications: a joint pharmaceutical industry/journal editor perspective. BMJ 2016; 355:i5078doi:10.1136/bmj.i5078. 17.Golder S, et al. Reporting of adverse events in published and unpublished studies of health care interventions: a systematic review. PLOS Medicine doi:10.1371/journal.pmed. 1002127. 18. Bucholz EM, et al. Life expectanty after myocardial infarction, according to hospital performance. N Engl J Med 2016; 375:1332-42. 19.Bonaa KH, et al. Drug-eluting or bare-metal stents for coronary artery disease. N Engl J Med 2016; 375:1242-52. 20.Rørth R, et al. Return to the workforce after first hospitalization for heart failure: a Danish Nationwide Cohort Study. Circulation 2016; 134:999-1009. 21. Gislason GH, et al. NSAIDs and the failing heart. BMJ 2016 Sep 28; 354:i5163. 22.Arfè A, et al. Non-steroidal anti-inflammatory drugs and risk of heart failure in four European countries: nested case-control study. BMJ 2016; Sep 28; 354:i4857. 23.Lotta LA, et al. Association between low-density lipoprotein cholesterol-lowering genetic variants and risk of type 2 diabetes. A meta-analysis. JAMA 2016; 316:1383-91. 24. The Global BMI Mortality Collaboration. Body-mass index and all- cause mortality: individual-participant-data meta-analysis of 239 prospective studies in four continents. Lancet 2016; 388:776-86. 25. Andersen LB, et al. Update on the global pandemic of physical inactivity. Lancet 2016; 388:1255-6. 26.Gunderman R. Hospitalists and the decline of comprehensive care. N Engl J Med 2016; 375:1011-3. 27.Bakris GL. The implications of blood pressure measurement methods on treatment targets for blood pressure. Circulation 2016; 134:904-5. 28.Lee A. Affordability of fruits and vegetables and dietary quality worldwide. Lancet 2016; doi.org/10.1016/S2214-109X(16)30206-6. 29. Editorial. Access to medicines-the status quo is no longer an option. Lancet 2016; 386:1061-3. 30.Joyner MJ, et al. What happens when underperforming big ideas in research become entrenched? JAMA 2016; 316:1355-6. 31.Khoury MJ, et al. Will precision medicine improve population health? JAMA 2016; 316:1357-8. 32.Nyborg K, et al. Social norms as solutions. Science 2016; 354:42-3.