Così come si sono venuti man mano integrando e combinando programmi editoriali esistenti, ed una attenzione agli scenari concreti più attuali, i contenuti di questo numero hanno finito per avere un filo conduttore che è sembrato particolarmente interessante: tanto da farlo coincidere con il titolo, e gli obiettivi dell’Editoriale di tutto il numero. Non aggiungiamo dunque nulla in questa sede, che è normalmente dedicata ad una riflessione-documentazione generale, se non l'elencazione di quali sono gli elementi che ci sembrano essere confluiti nel filo-trasversale sopra indicato.
1. Il punto più esplicito ed importante di aggancio, (segnalato dalla coincidenza del titolo) è senz’altro l’articolo-riflessione di M. Tombesi. L’importanza è duplice: è un punto di vista “dal di dentro” della realtà culturale e prescrittiva (la priorità dell’accento da dare a questi aggettivi è la stessa della loro di sequenza); riassume perfettamente gli elementi su cui si gioca la credibilità-sostenibilità di un sistema sanitario che sia effettivamente al “servizio” della dignità e della autonomia di vita delle popolazioni più “a rischio di marginalità”, che è il vero minimo comune denominatore del mix di fattori strutturali, socioeconomici, culturali, politici di cui sono fatte le tante fragilità e criticità di cui è sempre più intessuto il discorso, al di là delle pratiche; della sanità e della società. Quale “razionalità” può essere [richiesta? attesa? dovuta? valutata? e rispetto a quali parametri?] nei tanti contesti e per i tanti gruppi a rischio di marginalità?
2. Il mini-dossier sulle statine ha l’interesse, apparentemente contraddittorio ma di fatto complementare, di essere da una parte lo specchio di una cronaca molto attuale e molto speciale nell’ambito della “comunità scientifica”, ed imporre d’altra parte in modo esplicito all’attenzione uno degli scenari che certo meno corrispondono a quello che si intende per “marginalità”. Le terapie con statine sono infatti uno dei fenomeni più “globali”: in questo senso è il più “didattico” per entrare nei meccanismi che rendono tanto difficile – e forse programmaticamente (e giustamente?) impossibile – un percorso lineare di razionalità attraverso le realtà concrete e conflittuali dei tanti mercati che si incrociano nel comparto sanità. La proposta di lettura della bibliografia essenziale che ha accompagnato il dibattito “globale” sulle statine mette bene in evidenza i tanti volti di questi mercati, ma pone domande dirette alla quotidianità prescrittiva (clinica, epidemiologica, economica, culturale).
3. Il contributo (una vera e propria informatissima esplorazione che intreccia oggettività e vissuti) su un'area “specialistica” nel senso più stretto del termine, come la gestione di problemi tiroidei rappresenta di fatto anche uno dei più interessanti (e rilevanti, per i diritti delle/dei pazienti, e per l’organizzazione ed i carichi assistenziali a livello istituzionale e “privato”) incroci tra il livello delle “evidenze”; quello delle “incertezze” che sono la somma di conoscenze-ignoranze-conflitti, di interesse e di comunicazione; quello delle attese, delle percezioni, della difficile “autonomia informata” dalla parte delle/dei pazienti. Il titolo dell’editoriale potrebbe essere qui declinato in: “irrazionalità evitabile” della realtà?
4. Il “tradizionale” capitolo della Bussola si inserisce altrettanto bene in questa ricostruzione delle tante declinazioni possibili del titolo dell’Editoriale. Ruxolitinib rappresenta il primo farmaco che viene sviluppato a partire da una nuova conoscenza genetico-molecolare di un gruppo di malattie [relativamente] rare, certo gravi come quelle mieloproliferative. Ci si aspetterebbe – razionalmente – che una molecola tanto “nobile” per origini e per obiettivi, fosse oggetto di sperimentazioni metodologicamente dignitose, all’altezza delle attese. I dati – pubblicati più che dignitosamente, sul NEJM – sembrano invece un modello di come una sperimentazione può generare evidenze ed insieme ambivalenze da un punto di vista clinico, eziopatogenetico, terapeutico. Nonostante queste “evidenze” di debolezza metodologica, il farmaco è stato registrato con il massimo della tempestività: solidarietà industriale? incoraggiamento per le malattie orfane? “compliance with the main stream”, che prevede che farmaci “mirati” vengano introdotti per effetti non prodotti dalla specificità del farmaco, ma genericamente suggestivi?
5. La scheda conferma in questo senso una situazione fatta di tanti e contraddittori scenari:
• da quello più immediato, dei nuovi farmaci, che deve trasformare quanto prima una “promettente” novità, in una “evidente” normatività, per allargarne poi lo spettro, e finanziarne lo sviluppo con il contributo pubblico e/o delle/dei pazienti;
• a quello della traduzione della lineare razionalità della conoscenza, (anche e soprattutto quando deve gestire l’incertezza), nella ambivalente realtà nel quotidiano delle comunicazioni;
• a quello del rapporto –contratto-fiducia-affidamento-conflitto–, sempre qualitativo e soggettivo, tra medico e paziente.