Indicazioni registrate: Trattamento della malattia di Parkinson sia in monoterapia (senza levodopa) sia come terapia in associazione (con levodopa) nei pazienti con fluttuazioni di fine dose.
Proprietà farmacologiche
La rasagilina è un inibitore irreversibile delle monoaminoossidasi di tipo B, responsabili della metabolizzazione della dopamina a livello del SNC. L’inibizione di questi enzimi si traduce in un aumento della dopamina extracellulare e, conseguentemente, in un miglioramento delle manifestazioni cliniche del morbo di Parkinson. Chimicamente simile alla selegilina, da oltre 20 anni unico MAO-inibitore utilizzato come antiparkinson, la rasagilina viene definito un MAO-inibitore di seconda generazione in quanto priva dei metaboliti amfetamino-simili che contribuiscono alla scarsa tollerabilità della selegilina1. La "maggiore potenza" rispetto alla selegilina non si traduce in una maggiore efficacia ma solo nella possibilità di utilizzare dosaggi inferiori. Ben assorbita per via orale, la rasagilina ha una bassa biodisponibilità per un elevato metabolismo di primo passaggio; i metaboliti inattivi sono eliminati prevalentemente per via renale.
Efficacia clinica In monoterapia
L’efficacia della rasagilina (1-2 mg) è stata valutata in 404 pazienti con malattia di Parkinson in fase precoce, in uno studio multicentrico, in doppio cieco verso placebo (TEMPO)2. La misura principale di esito era l’evoluzione dei sintomi dopo 26 settimane di trattamento in base al punteggio alla Unified Parkinson Disease Rating Scale (UPDRS che va da 0 a 176). Rispetto alla valutazione iniziale, i pazienti randomizzati a placebo hanno avuto un peggioramento di 4,07 punti; i pazienti in trattamento con 2 mg di rasagilina sono anch’essi peggiorati anche se solo di 0,51 punti, mentre quelli trattati con 1mg hanno ottenuto un miglioramento di 0,13 punti. Entrambe le posologie sono risultate statisticamente più efficaci del placebo, ma le differenze sono molto modeste e di incerta rilevanza clinica, senza alcun vantaggio per il dosaggio più elevato. 380 pazienti che hanno completato la prima fase dello studio hanno poi proseguito per ulteriori 6 mesi: quelli che avevano assunto rasagilina hanno continuato il trattamento precedente mentre i pazienti trattati con placebo hanno assunto 2 mg di rasagilina. Lo scopo dello studio era quello di valutare, misurando i cambiamenti dell’UPDRS, se il trattamento con rasagilina, al di là dell’effetto sintomatico, avesse un impatto sulla malattia (possibili effetti neuroprotettivi o capacità disease-modifying). Anche se la differenza (2,29 punti UPDRS) fra il punteggio dei pazienti trattati per un anno con 2 mg e quello dei pazienti che hanno ricevuto lo stesso dosaggio per soli 6 mesi è risultata statisticamente significativa, la sua ricaduta in termini clinici appare molto incerta e addirittura insignificante se si considera il gruppo trattato per 1 anno con 1 mg.
Nell’estensione dello studio oltre i 5 anni (in aperto) non sono emerse differenze nel tempo medio trascorso prima che fosse necessario associare un altro farmaco né nella percentuale di pazienti bisognosi di tale integrazione, suggerendo che la rasagilina non abbia alcun effetto sulla progressione della malattia. Non sono disponibili studi di confronto con altri farmaci antiparkinson.
In associazione
La progressiva riduzione dell’effetto antiparkinsoniano della levodopa (più inibitore della dopadecarbossilasi) è ben nota: nella maggior parte dei pazienti questo processo inizia con il fenomeno di "deterioramento di fine dose" in cui la durata dell’efficacia di ogni singola dose diviene sempre più breve ed il controllo dei sintomi, soprattutto la mobilità, diviene progressivamente più difficile per la comparsa di fluttuazioni "on/off" (fase "on", in cui il paziente sperimenta una condizione di benessere con autonomia completa o sufficiente, fase "off" in cui non c’è più risposta al farmaco e ricompaiono i sintomi). Responsabile del fenomeno è, in parte, l’ampia fluttuazione dei livelli plasmatici della levodopa. Le possibili soluzioni a questo problema consistono nell’aumentare la frequenza delle somministrazioni di levodopa, utilizzare formulazioni di levodopa a rilascio prolungato, associare un agonista dopaminergico o associare farmaci che inibiscono gli enzimi responsabili del catabolismo della levodopa come la selegilina e, ora, la rasagilina (inibitori delle monoaminoossidasi) o l’entacapone (inibitore delle COMT).
Due studi, PRESTO3 e LARGO4, hanno valutato l’efficacia e la tollerabilità della rasagilina in aggiunta alla levodopa in pazienti con malattia di Parkinson avanzata e fluttuazioni motorie. Nello studio PRESTO, multicentrico, in doppio cieco, 472 pazienti che nonostante un trattamento con levodopa corretto, avevano almeno 2,5 ore al giorno di blocco motorio (fase "off") sono stati randomizzati a ricevere rasagilina 0,5 mg o rasagilina 1 mg o placebo per 26 settimane, in aggiunta al loro trattamento abituale. La durata della fase "off" si è ridotta rispettivamente di 29 e 56 minuti. Nello studio LARGO, uno studio multicentrico in doppio cieco e doppio simulato, 687 pazienti con almeno un’ora di fase "off" al giorno sono stati randomizzati a placebo, rasagilina 1 mg o entacapone 200 mg ad ogni assunzione di levodopa, per 18 settimane. Rasagilina ed entacapone si sono dimostrati entrambi più efficaci del placebo sia nella misura di esito primaria, riducendo le fluttuazioni motorie valutate come valore medio giornaliero di off-time, sia migliorando il punteggio UPDRS (misura di esito secondaria). La riduzione della fase off è stata in media di 47 minuti nei pazienti trattati con rasagilina e di 48 minuti in quelli trattati con entacapone, differenze statisticamente significative verso placebo ma non fra di loro5.
Effetti indesiderati
Il profilo degli effetti indesiderati della rasagilina è simile a quello di altri farmaci dopaminergici: fra gli effetti neuropsichiatrici soprattutto depressione, vertigini, discinesia, e fra i problemi cardiovascolari angina e ipotensione posturale, anche se in misura inferiore rispetto alla selegilina in cui anche i metaboliti amfetaminosimili contribuiscono alla comparsa di questi effetti avversi. Al dosaggio di 1 mg non sono necessarie restrizioni dietetiche per evitare le crisi ipertensive legate all’assunzione di alimenti ricchi di tiramina.
Nel corso degli studi di valutazione del farmaco sono stati rilevati 20 casi di melanoma in 19 pazienti, 15 dei quali in trattamento con rasagilina. Numerosi studi hanno evidenziato un aumento del rischio di melanoma nei pazienti col Parkinson; al momento non è possibili stabilire se la rasagilina aumenti questo rischio5.
Interazioni
I MAO inibitori sono farmaci associati ad un elevato rischio di interazioni farmacologiche. Ai dosaggi comunemente impiegati, la rasagilina e la selegilina sono inibitori selettivi delle MAO-B ma a dosaggi elevati può comparire anche un effetto anti-MAO-A. L’associazione con antidepressivi (triciclici o SSRI), litio o altri farmaci con proprietà serotoninergiche come tramadolo, meperidina o destrometorfano può indurre una sindrome serotoninergica o crisi ipertensive. L’associazione con triptani o bupropione può causare crisi ipertensive.
Dosaggio: per via orale alla dose di 1 mg, una volta al giorno, associata o non associata a levodopa.
Costi
Un mese di trattamento con rasagilina in monoterapia ha un costo di circa 150 € (la selegilina circa 20 €). Nella terapia di associazione, questo costo va a sommarsi a quello della levodopa (in verità molto basso). Il confronto con l’entacapone è difficile perché il costo di quest’ultimo dipende dal dosaggio assunto.
La rasagilina è un MAO-B inibitore irreversibile simile alla selegina. Nel trattamento iniziale dei pazienti con Parkinson, il farmaco produce un miglioramento molto modesto, clinicamente insignificante, dei sintomi della malattia. Non vi sono prove che possegga effetti neuroprotettivi tali almeno da posticipare il ricorso a levodopa. Nei pazienti con fluttuazioni di fine dose, associata alla levodopa, la rasagilina ha un'efficacia sovrapponibile a quella dell’entacapone, il solo farmaco con cui è stata confrontata. Pur essendo meglio tollerata rispetto alla selegilina, il profilo degli effetti indesiderati è simile a quello di altri farmaci dopaminergici. La rasagilina in pratica non offre nulla di nuovo ai pazienti con Parkinson. La vantata maneggevolezza (monosomministrazione e titolazione non necessaria) a fronte di così scarsi benefici clinici non giustifica alcune ottimistiche presentazioni del farmaco6,7.
Bibliografia 1. Chen JJ et al. Rasagiline: A second-generation monoamine oxidase type-B inhibitor for the treatment of Parkinson’s disease. Am J Syst Pharm 2006; 63: 915-928. 2. Parkinson Study Group. A Controlled Trial of Rasagiline in Early Parkinson Disease: The TEMPO Study. Arch Neurol 2002; 59: 1937 - 1943. 3. Parkinson Study Group. A Randomized Placebo-Controlled Trial of Rasagiline in Levodopa-Treated Patients With Parkinson Disease and Motor Fluctuations: The PRESTO Study.Arch Neurol 2005; 62: 241-248. 4. Rasagiline as an adjunct to levodopa in patients with Parkinson’s disease and motor fluctuations (LARGO, Lasting effect in Adjunct therapy with Rasagiline Given Once daily, study): a randomised, double-blind, parallel-group trial. Lancet 2005; 365: 947-54. 5. Rasagilina. La Rev Prescr 2006; 26: 413. 6. Siderowf A et al. Clinical trials with rasagiline: evidence for short-term and long-term effects. Neurology 2006; 66(10 Suppl 4):S80-8. 7. Clarke CE. Rasagiline for motor complications in Parkinson’s disease. Lancet 2005; 365: 914-15.