Macrolidi: la nuova frontiera per il trattamento delle malattie immunitarie
Mauro Miselli
In passato, l'osservazione personale ha costituito un elemento importante in campo scientifico. Il progresso della medicina si è fondato a lungo sul meccanismo del "tentativo e della correzione", cioè su una serie di approssimazioni successive alla comprensione della realtà, basato sull'accumularsi della esperienza personale e sull'intuito. Per il medico, la valutazione della bontà di un farmaco dipendeva dall'esito di un confronto interno con la propria memoria ("il paziente ora sta meglio") ed esterno con la storia ("prima non era così"). Il processo, oltre che lento, era ovviamente soggetto a molti errori. Da quando sono stati introdotti gli studi clinici, randomizzati, controllati, si è accelerata l'acquisizione delle conoscenze, ma soprattutto, si è adottato un metodo che permette di stabilire la reale efficacia dei farmaci.
La libertà clinica è morta e nessuno si deve rammaricare del trapasso. La libertà clinica consisteva nel diritto dei medici di fare tutto ciò che ritenevano più giusto per la salute dei loro pazienti. Al tempo in cui la ricerca era praticamente inesistente, il giudizio personale del medico era tutto ciò di cui si poteva disporre, ma oggi l'opinione non basta più. Se non abbiamo le risorse necessarie per fare tutto ciò che è tecnicamente possibile, allora l'assistenza medica dovrà necessariamente limitarsi a ciò che è di validità comprovata e il medico dovrà mettere da parte il concetto di "parere" o di "esperienza personale"1. Questo era l'incipit col quale, esattamente 20 anni fa, affrontava l'argomento un editoriale del British Medical Journal.
La nostalgia per il passato è, però, dura a morire come ci ha dimostrato il "caso" Di Bella e come, ancora una volta, ci ricordano altri casi più recenti riguardanti la sclerosi multipla e l'artrite reumatoide, meno noti dell'illustre precedente probabilmente solo perché non ancora oggetto di attenzione mediatica.
La sclerosi multipla è una malattia infiammatoria autoimmunitaria del sistema nervoso centrale la cui causa è a tutt'oggi sconosciuta. I dati emersi da differenti tipi di ricerche (studi descrittivi, studi sui gemelli, studi di immunogenetica) indicano la sclerosi multipla come il risultato di una interazione complessa, di tipo multifattoriale, tra una predisposizione genetica e fattori ambientali non ben definiti2. I tentativi volti ad attribuire un peso quali-quantitativo alle diverse variabili, alcune relative al soggetto (es. etnia, sesso, profilo HLA), altre all'ambiente fisico (es. latitudine, altitudine, clima, agenti chimici e fisici), altre legate all'ambiente biologico (agenti infettivi), altre ancora correlate al contesto sociale (es. scolarità, classe sociale, occupazione, migrazioni) sono stati, però, deludenti: nessuna di queste variabili è risultata associata alla sclerosi multipla in modo convincente2. Una delle ipotesi più idonee a interpretare i dati epidemiologici, la variabilità dei tassi di incidenza e l'andamento temporale è stata quella che enfatizzava il ruolo di uno o più agenti infettivi, dalla Chlamydia pneumoniae ai virus (herpes virus in particolare) nella eziologia della malattia, ma i tentativi di isolare un agente infettivo specifico sono sempre falliti2.
Ora scopriamo che la sclerosi multipla è, in realtà, una malattia tossi-infettiva con una causa batterica ben precisa, la Bordetella pertussis, e un fattore predisponente individuale ben identificato, un difetto della barriera muco-ciliare che consente alle tossine batteriche di entrare nel circolo sistemico e attivare la cascata di eventi responsabili del quadro clinico della malattia3. Questa tesi è sostenuta pervicacemente da anni da un medico3-6che sulla base di "ricerche personali" ha stabilito, coerentemente, anche il trattamento più idoneo, la "somministrazione protratta (per almeno 5 anni) di eritromicina che non farà regredire le lesioni già consolidate, ma arresterà l'evoluzione della malattia e sarà tanto più efficace quanto più precocemente verrà instaurato", " ..non ci saranno così più disabili per una malattia tossi-infettiva che si può curare facilmente, che si può debellare"5. Questa interpretazione e le indicazioni terapeutiche conseguenti, pur se non dimostrate valide ed efficaci secondo il metodo scientifico dei clinical trials, sono state disseminate e ci sono pazienti con sclerosi multipla (quanti non è possibile stabilirlo) che stanno assumendo 600 mg di eritromicina tre volte al giorno per "curare" la loro malattia.
Il secondo caso di ritorno al passato riguarda la prescrizione di claritromicina nel trattamento dell'artrite reumatoide, altra malattia infiammatoria autoimmunitaria ad eziologia sconosciuta. Anche stavolta c'entra l'esperienza personale. Come altrimenti definire, infatti, le impressioni ricavate da uno studio aperto, non controllato, effettuato su 18 pazienti7? Lo studio (!) è stato condotto sulla base di una precedente, "fortuita"7, osservazione del miglioramento dei sintomi dell'artrite reumatoide in 2 pazienti che assumevano claritromicina come trattamento eradicante dell'Helicobacter pylori. 18 pazienti con artrite reumatoide che avevano sospeso il trattamento con farmaci antireumatici a lenta azione per mancanza di efficacia o per comparsa di effetti indesiderati gravi sono stati trattati con claritromicina, 500 mg 2 volte al giorno per i primi 10 giorni, seguiti da 250 mg per 2/die per 6 mesi7. Al di là del numero estremamente ridotto di pazienti, esistono discrepanze nel conteggio dei pazienti finali e una certa confusione nel numero di quelli responsivi, ma pare di capire che i risultati dello studio non siano stati tali da indurre molto ottimismo. Quasi la metà dei pazienti arruolati ha, infatti, o sospeso il trattamento (per inefficacia o altra ragione non specificata), o non ha raggiunto una risposta minima clinicamente significativa (ACR 20)7. Le conclusioni sul potenziale beneficio clinico ottenibile con l'uso della clartitromicina, solo in parte mitigate da una nota di cautela a non considerarle definitive, hanno "fatto scuola" e nella realtà pratica si sono tradotte in indicazioni prescrittive ben precise: attraverso una attenta lettura dei dati di prescrizione, sono stati individuati alcuni pazienti con artrite reumatoide in trattamento da anni col macrolide al dosaggio di 500 mg al giorno. Prescrizioni tutte effettuate a carico del SSN, al di fuori delle indicazioni registrate e senza il consenso informato dei pazienti, con buona pace della EBM.
Bibliografia 1. Hampton JR. The end of clinical freedom. BMJ 1983; 287:1237-8. 2. Compston A and Coles A. Multiple sclerosis. Lancet 2002; 359:1221-31. 3. Fiore D. Diagnosis and treatment of multiple sclerosis and amyotrophic lateral sclerosis: neuropathies from Bordetella pertussis. Am J Therapeutics 2003; 10:377-9. 4. Fiore D. Multiple sclerosis: microbiology, serology, treatment. J Neurol Sciences 1997;150. Abstract of the XVI Congress of Neurology. Buenos Aires 14-19/9/1997. 5. Fiore D. "La sclerosi multipla. Diagnosi-Terapia-Profilassi". "Sclerosi multipla. Attualità e prospettive". 40° Congresso Nazionale della S.N.O. Otranto 31/5-3/6 2000. 6. Fiore D. Neuropathies from Bordetella pertussis: multiple sclerosis (MS); amyotrophic lateral sclerosis (SLA); non-patched neuropathies (NPN). Neurological Sciences 2002; 23. Abstract of XXXIII Congress of the Italian Neurology Society. 7. Saviola G et al. Clarithromycin in rheumatoid arthritis patients non responsive to disease-modifying antirheumatic drugs: an open, uncontrolled pilot study. Clin Exp Rheumatol 2002; 20:373-8.