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Un editoriale (e non l’ultimo) del 2014 che esce avendo come titolo principale il 2015 (con il suo accompagnamento di acronimi) può sembrare un po’ strano al di là dell’essere abituati alla “flessibilità” delle scadenze di IsF. La tentazione di focalizzarsi sul - 2015 - è stata tuttavia troppo facile e forte: si tratta di una scadenza simbolicamente importante nell’universo della salute pubblica, e che nello stesso tempo si adatta ad un commento ai contenuti ed alle implicazioni - concrete e simboliche - dei principali articoli di questo numero.
I punti che seguono, tra loro molto eterogenei all’apparenza, ma fortemente coerenti negli obiettivi generali, e nella loro pertinenza con IsF, provano a giustificare la scelta fatta.
1. MDG (Millenium Development Goals) e SDG (Sustainable Development Goals) sono i due acronimi: e 2015 è, rispettivamente, un loro punto di arrivo (per una storia iniziata all’inizio del nostro millennio), ed il punto di partenza. Dovrebbero essere ragionevolmente noti a tutte/i coloro che in un modo o nell’altro operano nel mondo della sanità e dei diritti umani: che siano naviganti di reti o lettori di riviste, o vaganti, fiduciosi o indifferenti, della “neutralità” delle tante routine. I MDG erano/sono ben definiti (e recuperabili per chi li vuole ripassare)1; i SDG non ci sono ufficialmente ancora ma possono già vantare una letteratura estesissima, ed altrettanto controversa, propositiva e conflittiva, che ne documenta lo stato ancora nascente e centrale per un post-20152. Non è qui certo il luogo per un dibattito sui loro contenutia. Sostanzialmente i due MDG/SDG esprimono la volontà “formale” della società internazionale (ONU ed altre agenzie) di farsi carico della priorità di promozione dei diritti umani in un mondo che è allo stesso tempo economicamente globale, e infinitamente frammentato e conflittivo. Interessa sottolineare una loro caratteristica indubbiamente importante sia dal punto di vista metodologico che culturale. Sostanzialmente è molto ovvia: con la G che gli acronimi hanno in comune, si afferma che è bene, in un certo senso obbligatorio, per una società responsabile avere degli “obiettivi”. Non si insisterà mai abbastanza che quando la ovvietà si propone, con enfasi, come una novità-verità di riferimento, non è più tanto ovvia, ma diventa un segnale importante: di attenzione? di allarme? che cosa rivela? che cosa nasconde? che cosa sostituisce? che cosa e chi vuole avvertire? o illudere? o rendere connivente? I G pre-2015 impegnavano tutti, e ognuno, degli Stati ad essere “globali” nel loro impegno a diminuire/dimezzare, entro il 2015 fame, povertà, mortalità materno-infantile…: tutti gli indicatori della inequità-diseguaglianza. Con eccezioni, (che confermano la regola), i G non sono stati né raggiunti, né, sostanzialmente, perseguiti: traducendosi in un ballo di dissociazioni tra promesse-parole ed investimenti-fatti. Non solo per la crisi ma anche sfruttando la crisi. Gli umani, che, normalmente, in termini di diritto alla vita, dovrebbero essere i soggetti-destinatari dei G di una società che risponde alla Dichiarazione Universale dei diritti umani, sono stati progressivamente declassati ad essere una variabile dipendente dalla “sostenibilità” economica e geopolitica. La storia è nota: “se ci sono risorse…”; “se i G della finanza sono raggiunti…”; “se i G delle guerre non sono prioritari…”. È chiaro che a questo punto è la S (sostenibilità) del secondo acronimo che entra in gioco: il post- 2015 inizia con questa domanda non solo aperta, ma programmaticamente indefinita. Anche perché è la D (development-sviluppo) che è divenuta ancor più esplicitamente ambigua. Una declinazione di sviluppo tale da includere gli umani è ancora: dovuta? → pensabile? → possibile? Da usare come parte cosmetica di acronimi che hanno come protagonista non-discutibile l’economia?
2. Il lungo (pur se troppo sintetico!) primo punto è anche, che lo si voglia o meno, il quadro di riferimento non solo per il minuscolo scenario di IsF, ma per tutto il mondo, tutt’altro che minuscolo, del farmaco. Siamo parte (e lo si sa molto bene specificamente in Italia) di un mondo che “balla” (con picchi che hanno la violenza di terremoti), tra acronimi che promettono, ma rendendoli sempre più indefiniti-incerti, D e G. In campo terapeutico-assistenziale D e G possono valersi di tanti sinonimi-surrogati-equivalenti: da LEA/S (acronimo di riferimento), a end-point-out come primari o secondari, a rimborsabilità, ad appropriatezza, a non-inferiorità, a costo-efficacia, a governance, spending reviews, a…
3. Il micro-osservatorio di questo numero di IsF fornisce un buon supporto didattico alla lettura del ballo degli acronimi, con contributi che sono in stretta continuità-coerenza con le specifiche esigenze di un bollettino di informazioni sui farmaci.
a) È sempre bene ricordarsi (pag.133) delle radici di quanto viene proposto come antica o nuova, vincolante o raccomandata, rilevante o secondaria “linea guida”: non per disprezzo né diminuzione dell’autorità: al contrario: per esserne pienamente responsabili in termini di obiettivi e risultati (cioè G e D): che sono l’equivalente della “effectiveness” degli “outcome”, non solo dichiarati, ma verificabili/verificati. Ed è sempre più chiaro che la credibilità di chi detta norme senza assumersi la responsabilità della totale trasparenza è il criterio discriminante per poter trasformare “regole da obbedire” - qui ed ora, a prescindere -, in componenti di una cultura che costruisce responsabilmente pratiche a misura dei bisogni concreti, eventualemente al di là delle regole.
b) Lo scenario indubbiamente nuovo e rilevante del “controllo” della epatite C (pag. 128) è un capitolo modello della necessaria “globalità” con cui guardare-vivere il permanente oscillare della novità tra il suo contributo alla salute pubblica, ed il suo carico economico. Sempre più coscienti che in un ambito che esige (e giustamente) la significatività certa dei risultati e la linearità-plausibilità dei rapporti tra cause ed effetti (= è il caso dell’acronimo EBM), nulla è meno lineare e documentabile del rapporto reale tra valori e costi: di ricerca e sviluppo, di commercializzazione, di competitività, di costi al pubblico, di estensione-accessibilità-fruibilità dei risultati da parte di chi più ne ha bisogno. Non c’è dubbio che le ambiguità globali sopra ricordate per D, G, S trovino qui una loro perfetta applicabilità.
c) Tocca al terzo contributo (pag.122), il ruolo di pro-memoria del se e del come i bisogni-diritti inevasi (che spesso corrispondono ad investimenti-priorità non rispettate, e/o a marginalizzazioni di temi economicamente e gestionalmente non immediatamente redditizi: a livello locale-nazionale, o globale) possono, e devono, divenire informazione-che-sicerca-e-si-genera con la ricerca in modo da non essere dipendente dall’ignoranza e dall’empirismo. La ricerca ben “annidata” nella pratica è l’unica linea guida alla responsabilità di farsi carico del “non-so-ancora”: e perciò di D, G, S non “proiettati” nei millenni e all’umanità, ma fatti su misura per popolazioni/minoranze/domande che ne hanno bisogno, e che si rendono visibili.
4. Quando gli acronimi (MDG, SDG o LEA o…) pretendono di riassumere, e linearizzare, realtà che devono essere tanto più in fieri, quanto più è grande la loro eterogeneità di fondo (di cause, di aspettative, di protagonisti), la probabilità (che può essere anche accuratamente pianificata) di confondere priorità, scadenze, contenuti, obiettivi, fino a produrre risultati contrari rispetto a qualsiasi dichiarazione di buone intenzioni, è molto alta. MDG-SDG rappresentano, a livello globale e di immaginari, percorsi e realtà che stanno diventando “normali” nel quotidiano gestionale del sociale. Più aumentano le “evidenze” sulla complessità dei problemi e delle storie personali, delle situazioni che hanno bisogno soprattutto di tempo e di intelligenza di persone vive, di atteggiamenti di accoglienza e di riconoscimento dell’impotenza delle risposte “precise”, - più si programmano G e D che obbediscono alla lettura strettamente economico-finanziaria di S. La pressione in questa direzione è pervasiva. È la vera e propria pandemia. Senza previsione (anzi con proibizione) di vaccini, conoscitivi o culturali. Non ci sono “rimedi” interni alla “medicina”, se non nella logica già segnalata nel terzo contributo sopra ricordato. Non ci sono antidoti “informativi”, per quanto aggiornati o tempestivi: è un modo di guardare il mondo e le sue priorità. Le bibliografie “lineari”, anche se perfettamente scientifiche, assomigliano sempre più a propagande che chiedono di non pensare: che si tratti delle linee guida o delle novità ricordate nel primo o nel secondo dei contributi. È bene assicurarsi sempre più ampi spazi di letture-navigazioni-riflessioni nelle linee di quanto S. Rodotà (e con lui altri: ma non tante/i) rilancia, parlando rispetto all’efficientismo distruttivo della attuale normatività, dell’antica virtù della solidarietà3.
5. Il 2014 ha visto andarsene un amico importante e particolare: Beppe Peri. Si era stati per anni insieme, non solo a ricercare ma a vivere, al Negri di Milano, e nei suoi dintorni. Lo ha portato via - nel pieno delle sue attività, anche di concreta solidarietà con istituzioni e gruppi nella ex-Jugoslavia - la SLA. La sua storia - raccontata da Carla, la moglie che lo ha accompagnato, con tanti amici/che, fino alla fine, è una lettura raccomandata4. Con i suoi tempi e la sua durezza la malattia ha potuto essere un’esperienza - personale e collettiva - di ricerca, e scoperte, perché attorno ad un bisogno-senza-risposte si è creato “un sistema solare” di persone e di storia che hanno inventato tempi, linguaggi, risorse di gratuità-dono. Sono tante - più o meno nascoste o gridate o silenziate - le storie come quella di Beppe che attendono di divenire criteri di riferimento per guidare e giudicare la appropriatezza del welfare in termini di dignità umana reciprocamente scambiata.
a. Per chi è interessato l’OISG, (Osservatorio Italiano sulla Salute Globale) è una fonte utile. L’acronimo corrisponde ad un gruppo di lavoro reale, ragionevolmente informale, con una sua tradizione di pubblicazioni e documentazione.