Queste brevissime riflessioni hanno un duplice obiettivo:
A) Tirare le fila in termini di contenuti e di metodologia, dei contributi che, attraverso esercizi di epidemiologia qualitativa puntuale, hanno fornito un quadro dei problemi di farmacologia assistenziale di un campione pilota di RSA1-2.
B) A partire anche da un’indagine di monitoraggio dei consumi e costi eseguita su un altro campione di RSA da parte del servizio farmaceutico delle Farmacie Comunali Riunite (FCR), provare a formulare un programma pilota di gestione-vigilanza dei programmi terapeutico-assistenziali per le popolazioni residenti in RSA.
Il titolo dato alle riflessioni-proposte, ne riassume l’obiettivo complessivo, che vorrebbe tradursi in un vero e proprio programma di ricerca. Proprio in questa prospettiva – che dovrebbe concretizzarsi in un protocollo cooperativo multicentrico – il testo è presentato come una serie di appunti che dovrebbero facilitare commenti, critiche, integrazioni da far confluire in una discussione collegiale durante una giornata di studio che sarà convocata entro l’estate, con tutti coloro che si sentiranno interessate/i.
1. Le caratteristiche attese, e sostanzialmente accettate delle RSA, sono la funzione di struttura di fine corsa, dove prevalgono culture e pratiche che mirano (ovviamente, con le dovute eccezioni) nella migliore delle ipotesi, a non produrre danni, a contenere-controllare situazioni che disturbano e/o coincidono con rischi ragionevolmente prevenibili, o pratiche ripetitive che minimizzano l’impiego di personale, dimensionato soprattutto in termini di massimo contenimento dei costi.
2. A livello operativo, queste regole si traducono in una forte eterogeneità di rapporti quali-quantitativi di persone da assistere, e ruoli/numerosità di competenze assistenziali. Le epidemiologie che si possono produrre sull’appropriatezza delle pratiche e ancor più sugli outcome delle diverse popolazioni (fortemente differenziate per complessità-fragilità clinica-carenza di autonomia) sono fortemente carenti e ancor meno orientate a pianificazioni propositive.
3. Le esperienze di percezione dei bisogni inevasi e/o delle domande senza risposta, e/o con risposta conoscitivamente ed operativamente carente, hanno documentato per altri versi che esistono margini importanti di interessi e di capacità di vigilanza propositiva da parte del personale che (individualmente, e meno frequentemente, collegialmente) è disponibile e motivato a rendere piú vivo il proprio ruolo, e si trova stretto tra linee guida fortemente esecutive, e di cui è difficile riconoscere la corrispondenza ai bisogni reali.
4. In questo contesto generale, l’utilizzo dei farmaci (dalla loro scelta, alla somministrazione, alla sorveglianza di compliance ed effetti indesiderati) risulta inevitabilmente in pratiche ripetitive e rigide, che rendono difficile una flessibilità proporzionata alla variabilità dei bisogni.
5. Dal punto di vista della disponibilità dei farmaci, si constata l’esistenza di prontuari caratterizzati da un eccesso di prodotti e forme farmaceutiche (numericamente riducibili ad 1/3 di quelli esistenti), che appesantiscono organizzazione, gestione, costi; da una forte componente di prodotti di scarsa o nulla efficacia documentata, e che dovrebbero essere ridotti (anche tenendo conto di una inevitabile utilizzazione a fini di placebo impuri dell’uno o dell’altro prodotto) a non più di 1/3 dell’esistente.
6. Un primo passo importante –concettualmente molto semplice, e con forte contenuto di formazione per il personale– sembra poter essere fatto proprio in questo settore. Ogni RSA dovrebbe definire un proprio formulario orientato e strutturato per problemi. Una delle caratteristiche di questi prontuari deve essere quella di mettere bene in evidenza le differenti epidemiologie delle situazioni cliniche: da quella delle patologie-strategie per condizioni croniche, all’epidemiologia di problemi sintomatici (organizzata per apparati-funzioni), allo spettro dei problemi comportamentali, alle situazioni nelle quali è importante la valutazione di interazioni (funzionali, più che farmacologiche) tra farmaci e condizioni di alimentazione e di autonomia/sicurezza nei movimenti e dei rapporti personali.
7. Un passaggio critico per una ri-lettura del ruolo di fine corsa delle RSA può essere visto nella definizione-qualificazione in ogni RSA dei problemi-popolazioni che coincidono con situazioni –organizzative e conoscitive– per le quali esistono percezioni e/o documentazione di incertezza e/o di bisogni inevasi. Un’epidemiologia di questo tipo, facilmente riproducibile con la riproduzione più strutturata – e con più tempo rispetto alle esperienze sopra ricordate – permette di mettere in discussione la tentazione-abitudine ad una ripetitività rassegnata, e crea condizioni di attenzione, dialogo, discussione, ri-pianificazione. Un esercizio periodico (ad esempio ogni quattro mesi) si tradurrebbe anche in una pratica collegiale di valutazione di qualità e/o di modificazioni di linee guida e comportamenti.
8. In una logica di ri-pensare alle diverse RSA come unità operative che beneficerebbero di considerarsi in rete, e come espressione di politiche assistenziali che devono rispondere ai diritti di una popolazione tanto estesa, una epidemiologia multicentrica di valutazioni comparative clinico-epidemiologiche può rappresentare un passo culturale fondamentale.
9. L’obiettivo formulato nel titolo diventa in questo senso fondamentale e nello stesso tempo praticabile. Ogni RSA si deve caratterizzare per la propria capacità di avere una mappa di problemi riconducibili a progetti di ricerca, tanto più importanti tanto più potranno esser pensati come esercizi multicentrici collaborativi, orientati a problemi e/o popolazioni. È certo che gli oggetti di queste ricerche non mancano. Dalle epidemiologie descrittive a quelle osservazionali di coorte in termini di esiti, alle sperimentazioni di pratiche riabilitative e/o di protocolli soft rispetto a quelli aggressivi, alla valutazione della praticabilità e dei risultati di strategie di supporto che promuovono autonomia, all’integrazione di interventi organizzativi e medici, alla rivisitazione dei ruoli delle varie competenze.
10. Le RSA hanno bisogno –per i loro abitanti, e per i loro operatori– di essere un luogo di progettazione. Esempi non ne mancano: né nella letteratura scientifico-professionale, né in quella qualitativa (che deve essere meno grigia, e più colorata). La caratteristica di questa letteratura rimane a tutt’oggi quella della frammentazione e/o dell’occasionalità. Il riconoscimento-rispetto del fatto che le RSA non possono né devono essere istituzioni di fine corsa, e perciò inevitabilmente di secondo o terzo ordine, ma luoghi-strumenti di garanzia di dignità, rappresenta oggi una delle sfide più urgenti di civiltà che, nell’ambito della società, deve avere negli operatori sociosanitari coinvolti delle/dei protagonisti-ricercatori a pieno titolo.
11. L’appuntamento –preparato attraverso la rilettura critica di questo appunto, e da una revisione della letteratura alla scoperta di potenzialità di futuro, magari attraverso lavori di tesi e/o di campo– è alla partecipazione, in tempi brevi, alla formulazione-adozione di protocolli che vedano come autrici-autori anzitutto gli infermieri.
*Gruppo di lavoro RSA-Terapie
Provincia Brescia.
E. Zanetti, GRG, Brescia; E. Aliprandi, Fondazione le Rondini, Lumezzane; A. Bernardelli, Fondazione istituto Bregoli, Pezzaze; A. Cardoni, Azienda Speciale Comune di Concesio; C. Cesari, Fondazione Guerini, Orzivecchi; N.L. Cumpanasu, Fondazione Pio Ricovero Inabili, Castanedolo; A. Konci. Villaggio S. Francesco, Villanuova S/Clisi; A. Moniga, Fondazione Residenza degli Ulivi, Salò; S. Montorio, Casa di Soggiorno per Anziani Onlus, Bedizzole, A. Negretti, Fondazione S.Angela Merici Desenzano; P. Robazzi, Fondazione Casa di Riposo, Manerbio; C. Zani, Fondazione Lucini Cantù, Rovato; M. Zanini, Fondazione di Cura, Gardone Val Trompia.
Provincia Milano.
A Castaldo, RSA Istituto Palazzolo Fondazione don Gnocchi, Milano B. Castelli, RSA Maria Ausiliatrice, Milano; S. Cassano, RSA Edos, Gorla Minore; F. De Carlo, RSA Istituto Palazzolo Fondazione don Gnocchi, Milano; A. Fasolino, Istituto Martinitt e Stelline, Milano; F. Fusilli, RSA Mater Fidelis, Milano; A. Mazon, RSA Mater Fidelis, Milano; T. Milicevic, Provincia Religiosa S.Marziano di don Orione, Milano; A. Otelli, RSA Istituto Palazzolo Fondazione don Gnocchi, Milano; V.C. Pailina, RSA S. Giuseppe, Milano; E. Toci, RSA S. Marta Gruppo Segesta, Milano; M. Tupita, RSA Gianetti, Saronno.