Il 2010 si apre, per il mondo della diabetologia, con la pubblicazione di due importanti trial che avrebbero dovuto ampliare le conoscenze sulla cura e prevenzione del diabete e delle sue complicanze. Tuttavia, come sembra ormai una consuetudine in quest'area e di questi tempi, i risultati emersi sono tutti negativi e permettono solo di generare nuove ipotesi di ricerca. Su uno dei recenti numeri della prestigiosa rivista New England Medical Journalsono stati infatti pubblicati, contemporaneamente alla loro presentazione al congresso annuale dell'American College of Cardiology, i risultati dello studio Navigator e ulteriori analisi dello studio ACCORD. Di seguito i maggiori risultati emersi da queste recenti pubblicazioni.
Studio ACCORD
Lo studio ACCORD (Action to Control Cardiovascular Risk in Diabetes) è uno dei trial di riferimento della diabetologia per la valutazione dell'efficacia di interventi farmacologici di diverso tipo (glicemico, pressorio, lipidico) nei pazienti con diabete di tipo 2. Un precedente lavoro pubblicato nel 20081 aveva concluso affermando che una strategia terapeutica basata sul controllo glicemico intensivo si associava ad un aumentato rischio di mortalità. Tuttavia, questi risultati non sono stati confermati da una recente metaanalisi2 e il ruolo di uno stretto controllo glicemico è ancora oggetto di dibattito. La pubblicazione di ulteriori due capitoli dello studio ACCORD, l'ACCORD blood pressure trial (ACCORD BP) e l'ACCORD lipid trial (ACCORD Lipid), non risolvono il problema, ma esaminano ulteriori aspetti cruciali nella gestione della patologia diabetica. Lo studio ACCORD BP3 si proponeva di valutare l'efficacia di target pressori al di sotto di 120 mmHg vs. livelli inferiori a 140 mmHg sugli eventi cardiovascolari maggiori in pazienti con diabete di tipo 2 ad elevato rischio cardiovascolare. Nello studio sono stati arruolati complessivamente 4.733 pazienti e dopo un followup di 4,7 anni, nonostante sia emersa una sostanziale differenza tra i due gruppi in termini di livelli pressori sistolici raggiunti (ad un anno i livelli erano di 119,3 mmHg nel braccio a terapia intensiva vs. 133,5 mmHg nel gruppo a terapia standard), non si evidenziava alcuna differenza significativa tra i due gruppi per quanto riguarda l'outcome primario, comprendente infarto del miocardio non fatale, ictus non fatale e mortalità per cause cardiovascolari. In particolare, il tasso di eventi nel gruppo intensivo è stato dell'1,87% annuo rispetto al 2,09% riscontrato nel gruppo di controllo con nessuna differenza significativa tra i due gruppi (HR=0,88; IC95% 0,73-1,06; p=0,20). L'unico risultato positivo emerso riguarda la riduzione dell'incidenza di ictus di circa il 40% nel gruppo sottoposto a trattamento intensivo rispetto al gruppo di controllo (HR=0,59; IC95% 0,39-0,89; p=0.01) (Tabella 1). Tuttavia il numero di eventi avversi seri che sono stati attribuiti alla terapia antiipertensiva è risultato molto più elevato nel braccio a terapia intensiva (3,3% vs. 1,3%; p<0,001) (Tabella 1).
A causa del disegno fattoriale dello studio complessivo, del frequente uso di statine, e dei criteri di inclusione/esclusione che indirizzavano i pazienti con dislipidemia nello studio ACCORD lipid, lasciando di fatto i pazienti a rischio minore nel trial sui target pressori, la potenza statistica risultava ridotta e il tasso di eventi inferiore del 50% rispetto all'atteso. Gli autori sottolineano inoltre la possibilità che un follow-up di 5 anni non sia stato sufficientemente lungo per evidenziare benefici significativi a livello cardiovascolare dovuti ad una diminuzione dei livelli pressori in soggetti con diabete con buon controllo metabolico e in trattamento con statine. Rimane pertanto la possibilità che uno studio di dimensioni maggiori avrebbe potuto mostrare un beneficio significativo. La conclusione principale che si evince dallo studio è che un target pressorio inferiore a 120 mmHg nei pazienti con diabete di tipo 2 non appare giustificato dalle evidenze. Sfortunatamente il disegno dello studio e i relativi risultati non risolvono il problema di quali siano i livelli pressori ottimali da perseguire in un paziente con diabete di tipo 2. Nello studio ACCORD lipid, 5.518 pazienti sono stati randomizzati ad assumere simvastatina da sola o in associazione al fenofibrato4. Scopo della terapia combinata è quella di ridurre i livelli di trigliceridi e aumentare quelli di colesterolo HDL in soggetti già in trattamento con una statina per la riduzione dei livelli di colesterolo LDL. L'aggiunta di fenofibrato non si è tradotta in un miglioramento nell'endpoint primario, comprendente infarto del miocardio, ictus e mortalità per cause cardiovascolari (HR=0,92; IC95% 0,79-1,08; p=0.32) (Tabella 1). Si è inoltre evidenziato un aumento del rischio nelle donne rispetto agli uomini. In un'analisi di sottogruppi, l'aggiunta di fenofibrato si è dimostrata efficace in pazienti con elevati livelli di trigliceridi (≥ 204 mg/dl) e bassi livelli di colesterolo HDL (≤ 34 mg/dl). Questo dato è di particolare importanza alla luce delle linee-guida ATP III5 che raccomandano l'uso del fibrato nei pazienti con alti livelli di trigliceridi e bassi livelli di colesterolo HDL che persistono nonostante la terapia con statine. In conclusione, sebbene i risultati dello studio non supportino l'uso della terapia combinata con una statina e un fibrato per la riduzione degli eventi cardiovascolari nella maggior parte dei pazienti con diabete di tipo 2 ad alto rischio, analisi per sottogruppi indicano una possibile differenza di efficacia negli uomini rispetto alle donne e in pazienti con dislipidemia significativa.
Studio NAVIGATOR
Lo studio NAVIGATOR (Nateglinide and Valsartan in Impaired Glucose Tolerance Outcomes Research) è il più grande trial svolto in soggetti pre-diabetici. Complessivamente sono stati randomizzati 9.306 individui con ridotta tolleranza al glucosio e affetti da patologie cardiovascolari o con fattori di rischio cardiovascolare, in base ad un disegno fattoriale 2x2, a ricevere nateglinide, valsartan, nateglinide e valsartan in associazione o il solo placebo in aggiunta alla terapia consueta e a una variazione nello stile di vita. Il trial era stato disegnato per valutare l'efficacia dell'ipoglicemizzante orale nateglinide (non in commercio in Italia) e dell'antiipertensivo valsartan sullo sviluppo del diabete e delle patologie cardiovascolari6,7. Sebbene il disegno dello studio fosse di tipo fattoriale, i risultati sono stati riportati in due articoli separati come se fossero due trial paralleli senza tuttavia presentare i dati dell'interazione tra i due farmaci sperimentali. I risultati dello studio NAVIGATOR sono largamente negativi (Tabella 2). Dopo un follow-up di almeno 5 anni, l'aggiunta di nateglinide alle modifiche sugli stili di vita non ha ridotto l'incidenza di diabete o degli eventi cardiovascolari in studio. Non si è ottenuta neanche una risposta definitiva in merito all'effetto della riduzione dell'iperglicemia post-prandiale sull'incidenza degli eventi cardiovascolari e del diabete, dal momento che i livelli glicemici medi dopo carico orale di glucosio sono risultati più elevati nel gruppo assegnato a nateglinide rispetto al gruppo di controllo.
Gli autori spiegano questo risultato paradossale come effetto rebound, dal momento che la nateglinide non veniva assunta prima di eseguire le curve da carico orale di glucosio. Ulteriore fattore che potrebbe aver diluito l'effetto della nateglinide è la provata efficacia degli interventi sugli stili di vita effettuati da tutti i partecipanti a prescindere dal trattamento assegnato. Questa spiegazione non è però completamente convincente. Le modifiche sugli stili di vita non sono state effettivamente attuate come emerge dalla modesta perdita di peso nel corso dello studio e da un'incidenza annuale dell'8% di diabete nel gruppo placebo. Il valsartan è risultato efficace in termini di riduzione del 14% dell'incidenza di diabete di nuova comparsa in soggetti con ridotta tolleranza glucidica e patologie cardiovascolari o fattori di rischio cardiovascolari (HR=0,86; IC95% 0,80-0,92; p<0.001). Nonostante tale beneficio, tuttavia, il valsartan non si è dimostrato altrettanto efficace nella riduzione degli eventi cardiovascolari a lungo termine. Va sottolineato a tal proposito l'elevato tasso di pazienti persi al follow-up (13%), la non aderenza al valsartan (34%), l'uso nel braccio placebo di ACE-inibitori o sartani (24%), l'utilizzo elevato di tutte le altre terapie disponibili per la riduzione del rischio cardiovascolare che potrebbero spiegare il mancato effetto sugli eventi cardiovascolari. Le conclusioni sembrano suggerire una preferenza per il valsartan non tanto per l'efficacia quanto per l'assenza di effetti pro-diabetogeni rispetto a diuretici tiazidici e beta-bloccanti, sulla cui associazione con un incremento del rischio di incidenza di diabete non esistono peraltro dati clinici. La prevenzione del diabete rimane un fattore cruciale dell'assistenza sanitaria, ma al momento solo un intervento sugli stili di vita sembra essere efficace per rallentare l'epidemia.
Bibliografia 1. The Action to Control Cardiovascular Risk in Diabetes Study Group. Effects of intensive glucose lowering in type 2 diabetes. N Engl J Med 2008;358:2545-59. 2. Ray KK et al. Effect of intensive control of glucose on cardiovascular outcomes and death in patients with diabetes mellitus: a meta-analysis of randomized controlled trials. Lancet 2009; 373:1765-72. 3. The ACCORD Study Group. Effects of intensive blood-pressure control in type 2 diabetes mellitus. N Engl J Med 2010. DOI: 10.1056/ NEJMoa1001286. 4. The ACCORD Study Group. Effects of combination lipid therapy in type 2 diabetes mellitus. N Engl J Med 2010. DOI: 10.1056/ NEJMoa1001282. 5. Third Report of the National Cholesterol Education Program (NCEP) Expert Panel on Detection, Evaluation, and Treatment of High Blood Cholesterol in Adults (Adult Treatment Panel III) final report. Circulation 2002;106:3143-421. 6. The NAVIGATOR Study Group. Effect of nateglinide on the incidence of diabetes and cardiovascular events. N Engl J Med 2010. DOI: 10.1056/ NEJMoa1001122. 7. The NAVIGATOR Study Group. Effect of valsartan on the incidence of diabetes and cardiovascular events. N Engl J Med 2010. DOI: 10.1056/ NEJMoa1001121.