I documenti di riferimento sulla sperimentazione clinica (locali, regionali, nazionali, sopranazionali o universali) mostrano in modo esplicito che ci troviamo di fronte a due diverse culture: una risponde a requisiti sostanziali (il diritto-dovere della collettività di cercare risposte autentiche a bisogni inevasi, i diritti dei cittadini-pazienti e le responsabilità dei clinici e di quanti si trovano coinvolti nella ricerca a vario titolo); l'altra a requisiti procedurali necessari per le esigenze di registrazione. In un simile contesto, e senza alcun dubbio, la Dichiarazione di Helsinkie la Convenzione di Oviedo sono i documenti che nascono dall'esigenza di definire il quadro generale di etica e di diritto in questo campo. La Dichiarazione di Helsinki, adottata dall'Associazione Medica Mondiale (AMM) nel giugno 1964 e periodicamente rivista e aggiornata grazie a consultazioni interne estese alla comunità scientifica internazionale medica e non1, è il documento internazionale di riferimento per la ricerca biomedica. Nata dall'esigenza della medicina di fare chiarezza sui propri ruoli, doveri e responsabilità, in essa sono stabiliti i principi etici che devono orientare la sperimentazione con soggetti umani, con l'obiettivo primario di difendere e promuovere il diritto dei cittadini-pazienti ad essere inclusi in ricerche che mirano a produrre risposte innovative per bisogni inevasi2. Naturalmente, essendo emanata da un'organizzazione di categoria, è un documento di tipo deontologico e tuttavia, anche se non si tratta di un documento vincolante, il suo valore è universale ed è ormai punto di riferimento imprescindibile tanto da costituire una norma consuetudinaria3 nei casi giudiziari. Nella revisione del 2000 vengono ripresi, approfonditi e chiariti alcuni punti irrinunciabili. In particolare si afferma esplicitamente che: una ricerca risulta giustificata solo se la popolazione oggetto di studio potrà usufruire dei benefici derivati dalla ricerca stessa; inoltre che qualsiasi studio volto a documentare l'efficacia di un trattamento deve comunque garantire ai partecipanti "la miglior terapia disponibile"; solo in caso di mancanza di un efficace trattamento si potrà ricorrere al confronto col placebo. La FDA ha rifiutato la quinta revisione4 soprattutto in risposta alle restrizioni imposte sull'uso del placebo e il 28 aprile 2008 ha dichiarato che dall'ottobre 2008 per gli studi che sono condotti fuori dagli USA avrebbe sostituito la dichiarazione di Helsinki con le Norme di Buona Pratica Clinica (Guidelines for Good Clinical Practice-International Conference on Harmonisation (GCP-ICH)5. Ciò ha generato molte preoccupazioni all'interno della comunità scientifica internazionale. La scelta della FDA, al di là della ricaduta che potrà avere, ha sollevato una discussione interessante anche dal punto di vista culturale6. In modo esplicito e con sempre maggior frequenza, nella letteratura internazionale viene sottolineato che le GCP non hanno il valore simbolico e morale della Dichiarazione di Helsinki7, che nelle sue ultime revisioni mostra una crescente sensibilità e consapevolezza verso i bisogni di salute pubblica8. Infatti, mentre questa riflette l'accordo della comunità medica internazionale (85 società mediche), le GCP, il cui interesse centrale è l'armonizzazione delle procedure registrative, non costituiscono un codice etico, ma un manuale di procedure regolatorie9fondate sui contesti regolatori di Stati Uniti, Giappone ed Europa. C'è che chi sostiene che "l'FDA sta creando l'impressione che essa sia soprattutto interessata nel facilitare la ricerca più che nel rispettare i diritti delle persone che partecipano alla ricerca."10La revisione della Dichiarazione di Helsinki del 2008 contiene ulteriori aggiornamenti11in merito al consenso informato nelle diverse situazioni che si possono presentare, alla trasparenza (registrazione delle sperimentazioni, art.19, e diffusione dei risultati, art.30, ai conflitti di interessi (art. 14, 24, 30), al concetto di vulnerabilità (art. 5, 9, 17). Vulnerabile non è solo chi non può dare o rifiutare il consenso, ma anche chiunque possa subire una qualche forma di pressione; anche una popolazione o una comunità (art. 9 e 17). E in questi casi la ricerca è "giustificata solo se risponde ai bisogni di salute e alle priorità della popolazione/comunità coinvolta e se è verosimile che questa benefici dei risultati della ricerca" (art. 17). Negli ultimi anni, da un atteggiamento protezionista che ha indotto per moltissimo tempo all'esclusione, la riflessione si è spostata sulla possibilità di favorire la partecipazione e rimuovere le condizioni sociali che creano disuguaglianze di vario tipo, tra cui anche l'esclusione dalla ricerca clinica. Perché la vulnerabilità dovrebbe essere considerata come una condizione – che è la conseguenza di disuguaglianze – e non dovrebbe essere semplicemente identificata con gruppi speciali come detenuti, donne in gravidanza, o bambini. La protezione eccessiva e la conseguente esclusione offende la giustizia e perpetua l'ineguaglianza12. Alla luce di queste riflessioni interviene la Dichiarazione di Helsinki precisando che alle popolazioni sotto-rappresentate nella ricerca medica dovrebbe essere assicurata un'adeguata opportunità di partecipare alla ricerca (art. 5). Intere popolazioni (bambini, anziani, disabili, persone con problemi psichici, sieropositivi, immigrati, ma anche gli abitanti dei paesi del Sud Globale che non hanno accesso ai farmaci) condividono lo status di vulnerabili13. Le persone classificate come vulnerabili, escluse dai progetti di ricerca spesso per motivi assicurativi (ossia perché potevano mettere a rischio la sicurezza dei "prodotti") in realtà sono persone con bisogni "speciali" che chiedono strategie non standardizzate e flessibili. La fragilità evoca bisogni inevasi e dovrebbe proprio per questo essere un'area di salute pubblica e di ricerca permanente. Di fatto, l'attribuzione di vulnerabilità ha nascosto l'incapacità (o la non volontà) di confrontarsi con la specificità dei bisogni di queste persone. Sperimentare nella fragilità significa confrontarsi in modo trasparente con persone portatrici di bisogni molto diversi. Per quanto riguarda l'ambito dell'informazione dobbiamo evidenziare la grande attenzione dedicata dalla Dichiarazione "ai bisogni di informazione specifici di ognuno dei possibili partecipanti e ai metodi utilizzati per informare" (art. 24), la possibilità, in assenza del rappresentante legale, di iniziare uno studio senza consenso, purché vi sia il parere di un comitato etico (art. 29), il diritto per i pazienti che hanno partecipato ad uno studio di essere informati sui risultati (art.33). Sempre negli articoli dedicati all'informazione (art. 24 e art. 26) e alla scelta di partecipare alla ricerca la Dichiarazione introduce un'altra novità; la raccolta del consenso non è più esclusiva solo del medico, dal momento che si usa l'espressione "persona adeguatamente qualificata". Il passaggio è senz'altro molto significativo dal punto di vista culturale e merita dunque una sottolineatura: sarebbe interessante capire, se e quanto questa, come le altre novità, sono state/saranno occasione di discussione e confronto nell'ambito dei comitati etici. Un brevissima nota formale solo in apparenza. Contrariamente a quanto avviene nella comunità scientifica, come del resto nell'ambito dei comitati etici, nella Dichiarazione le persone non sono "reclutate" o "arruolate", ma incluse nella sperimentazione: per ricordare che ogni linguaggio che evoca asimmetria e rapporti di potere dovrebbe essere definitivamente superato.
Bibliografia 1. L'ultima versione della Dichiarazione di Helsinki è quella di Seul 2008, ma la versione che ha aperto le discussioni più forti è stata quella di Edimburgo (2000). Da segnalare il contributo significativo portato alla versione del 2008 da componenti della Feminist Approach to Bioethics. Vedi: Eckenwiler L, Feinholz D, Ells C, Schonfeld T. "The Declaration of Helsinki through a feminist lens", International Journal of Feminist Approaches to Bioethics, Spring 2008, Vol. 1, No. 1: 161-177, Goodyear MDE, Eckenwiler LA, Ells C (Editorial). "Fresh thinking about the Declaration of Helsinki". BMJ 2008; 337:a2128. 2. Vedi il richiamo al diritto alle "popolazioni sotto-rappresentate nella ricerca medica cui dovrebbe essere assicurata una adeguata opportunità di partecipare alla ricerca" (art.5). Queste popolazioni includono anziani, bambini, pazienti incoscienti, donne, portatori di malattie rare o "dimenticate". 3. Vedi Abdullahi v. Pfizer. US Court of Appeals 2d Cir. 2009 US App LEXIS 1768, 30 Jan 2009. 4. Department of Health and Human Services, Food and Drug Administration. Guidance for industry: acceptance of foreign studies. March 2001. 5. DHHS FDA 21 CFR part 312 Human Subject Protection: Foreign clinical studies not conducted under an investigational new drug application. Final Rule April 28 2008, effective October 27 2008. 6. Kimmelman J, Weijer C, Meslin EM. "Helsinki discords: FDA, ethics, and international drug trials". Lancet 2009, 373:14. 7. Certo è importante sottolineare che la Direttiva Europea del 2001 (vedi paragrafo successivo) si riferisce alla versione della Dichiarazione di Helsinki del 1996 e che, invece, le GCP riconoscono l'autorità della Dichiarazione (senza specificare la versione di riferimento) quando affermano di garantire la tutela dei soggetti coinvolti nella ricerca "in conformità con i principi stabiliti dalla dichiarazione di Helsinki". 8. Williams J. "The Declaration of Helsinki and public health". Bull World Health Org 2008; 86:650. 9. Ecco quali requisiti presenti nell'ultima revisione della Dichiarazione di Helsinki ma assenti nelle GCP: finanziamenti e conflitti di interessi devono essere resi noti a comitati etici e partecipanti alla ricerca; le sperimentazioni devono essere inserite e visibili in registri pubblici; la ricerca deve rispondere ai bisogni di salute delle popolazioni coinvolte; l'uso del placebo deve essere rigidamente regolamentato e limitato; alla fine della sperimentazione deve essere garantito l'accesso al trattamento sperimentato; i risultati positivi e negativi devono essere pubblicati e resi accessibili. 10. Goodyear MDE, Lemmens T, Sprumont D, Tangwa G. "Does the FDA have the authority to trump the Declaration of Helsinki? BMJ 2009, 338:1559. Vedi anche: "Trials on trial". Nature 2008; 453: 427-8; Krleza-Jeric K, Lemmens T. "7th Revision of the Declaration of Helsinki: Good News for the Transparency of Clinical Trials".Croat Med J 2009; 50:105. 11. Kimmelman J, Weijer C, Meslin EM. "Helsinki discords: FDA, ethics, and international drug trials". Lancet2009, 373:14. 12. Goodyear MD, Eckenwiler LA, Ells C. "Fresh thinking about the Declaration of Helsinki". BMJ 2008; 337:1068. 13. Kottow MH. "Vulnerability: what kind of principle is it?". Med Health Care Philos 2004:281-7; Schuklenk U. "Protecting the vulnerable: testing times for clinical research ethics". Soc Sci Med 2000; 6:969; Levine C, Faden RR, Grady C et al. "The Limitations of Vulnerability as a Protection for Human Research Participants". Am J Bioethics 2004; 4:44; Macklin R, "Bioethics, vulnerability, and protection". Bioethics 2003, Oct 17, 5-6, pp. 472-86.