Introduzione generale
Gli studi epidemiologici sono concordi nell'indicare l'incontinenza urinaria come un problema spesso sottostimato e mal gestito. Da un lato chi è incontinente tende a non rivolgersi al medico perché pensa che non esistano possibilità di trattamento, dall'altro molti pazienti utilizzano cateteri a permanenza o pannoloni quando le soluzioni ottimali sono altre (ginnastica pelvica, farmaci o presidi particolari). La non conoscenza e la mancanza di informazione tra gli operatori sanitari e i pazienti rappresentano una delle difficoltà che si incontrano nella gestione dell'incontinenza. Medici ed infermieri devono conoscere le varie possibilità di trattamento, in modo da consigliare il paziente o intervenire direttamente sul problema. In questo contributo sarà affrontata la terapia farmacologica e verranno descritti i principali presidi disponibili. Un secondo articolo si occuperà in modo più specifico della tecnica dell' autocateterismo e delle modalità di assistenza del paziente con catetere a permanenza a domicilio.
La definizione di incontinenza
L'incontinenza non è solo una perdita di urina. E' anche la perdita della capacità di controllo su una o più fasi del funzionamento vescico-sfinterico. I vari tipi di incontinenza possono essere sostanzialmente ricondotti a tre tipi di problemi, legati alla:
capacità di percepire correttamente lo stimolo di riempimento vescicale
capacità di "rinviare" lo svuotamento a seconda del contesto
capacità di svuotare volontariamente in modo completo e con tempi adeguati la vescica
Il livello di compromissione delle funzioni e quindi di alterazione per il soggetto colpito dipende, naturalmente, dal tipo di incontinenza. La trasformazione di un disturbo in handicap dipende da numerose cause. Giocano un ruolo importante anche i fattori psicologici. La perdita di controllo sulla minzione (soprattutto in un soggetto giovane ed in attività) è accompagnata da un profondo vissuto regressivo. Pregiudizi e regole di convivenza sociale tendono poi a connotare negativamente l'individuo incontinente come "non adeguato" o come incontrollato perché cognitivamente regredito.
Incontinenza da sforzo. E' provocata da una riduzione del tono degli sfinteri: in presenza di un piccolo sforzo (tosse, starnuto, piegamento in avanti) si verifica una perdita di urina. Questo tipo di incontinenza può essere secondario ad un intervento di prostatectomia, al prolasso vescicale che si verifica dopo parti ripetuti o con l'età. In alcuni casi la perdita di urina può essere modesta ed occasionale, in altri può avvenire ad ogni piccolo sforzo.
Incontinenza da stimolo. Il processo di riempimento della vescica è normale ma si verifica un tenesmo vescicale improvviso che la persona non riesce a controllare. Gli sfinteri sono intatti. Le contrazioni possono essere provocate da alterazioni a carico dei centri che controllano il riflesso della minzione, o da ostacoli all'eliminazione dell'urina (ad esempio nell'ipertrofia prostatica l'ostacolo all'eliminazione di urina provoca contrazioni involontarie).
Incontinenza da sovraccarico della vescica. Si ha perdita di urina in assenza di motilità dei muscoli vescicali. La vescica si iperdistende e l'aumento della pressione intravescicale vince la resistenza dello sfintere urinario. Può essere provocata da ostruzione al deflusso dell'urina o a situazioni che inibiscono la capacità contrattile del detrusore (lesioni midollari). Si può verificare gocciolamento continuo, mai seguito da svuotamento completo della vescica.
Incontinenza da vescica neurologica. È provocata da una lesione midollare da trauma o da malattie (vascolari o sclerosi multipla) o da malformazioni alla nascita (spina bifida). Si possono avere due tipi di vescica neurologica:
- Vescica areflessica o flaccida. Manca la sensazione di stimolo, il detrusore è paralizzato ed il tono degli sfinteri è assente. Vi è per lo più ritenzione, con alta probabilità di sviluppare infezioni, ma con possibilità di incontinenza quando la vescica è troppo piena o in occasione di sforzi. L'unico intervento che consente lo svuotamento vescicale è il catetere a dimora o il cateterismo intermittente.
- Vescica iperreflessica "non inibita", provocata da una lesione del midollo sopra il centro sacrale. Si interrompe la trasmissione al cervello del segnale di riempimento ma il detrusore della vescica è iperreflessico; anche piccole quantità di urina in vescica sviluppano pressioni elevate e scatenano la risposta riflessa del detrusore.
L'apparato sfinterico, anch'esso non più controllabile volontariamente, può avere due tipi di comportamenti:
- comportamento sinergico degli sfinteri che si rilasciano ad ogni contrazione del detrusore facilitando il deflusso di urina. In questo caso è possibile rieducare il paziente ad eseguire delle manovre di stimolazione (ad es. compressioni sovrapubiche) per facilitare lo svuotamento vescicale ad intervalli regolari;
- dissinergia vescico-sfinterica: ad ogni contrazione del detrusore della vescica lo sfintere liscio si contrae provocando un mancato deflusso dell'urina ma soprattutto lo sviluppo di elevate pressioni in vescica, con conseguente reflusso nelle alte vie urinarie, infezioni e danni renali. In questo caso non è indicata la rieducazione attraverso stimolazioni e l'unica soluzione sono i cateterismi intermittenti.
Scopi della riabilitazione
La riabilitazione ha l'obiettivo di:
a. ridurre al minimo la disabilità del paziente, ristabilendo il funzionamento del sistema vescicale, anche se con modalità alternative, per mantenere integri la funzione renale ed il benessere generale;
b. prevenire l'handicap, cioè prevenire tutte le cause di riduzione della partecipazione sociale del soggetto con:
- programmi educazionali, per migliorare la conoscenza-consapevolezza del disturbo e recuperare autostima;
- adozione ed istruzione all'uso corretto di presidi, ausili, tecniche ecc. che consentono il mantenimento di una normale vita sociale.
Spesso, semplici modificazioni dell'ambiente (maggiore facilità di accesso ad un bagno, disponibilità di una comoda) o il miglioramento della deambulazione (ottenibile con bastoni, tripodi) possono mettere il paziente nelle condizioni di andare in bagno da solo e non dipendere dagli altri, eliminando o riducendo la perdita involontaria di urina e/o gli episodi di incontinenza. In uno studio, quasi l'80% delle persone immobilizzate su una sedia a rotelle ed ospitate in un istituto di assistenza riusciva ad essere autonomo per la toilette ed alzarsi senza bisogno di aiuto da un sedile alto 45 cm, con i braccioli a 25 cm dal sedile1.
L'uso di mezzi di contenzione e/o di sedativi aumenta il rischio di incontinenza.
La stitichezza è un problema di frequente riscontro nei pazienti con incontinenza cronica. La regolarizzazione delle funzioni intestinali consente di eliminare la compressione provocata dal ristagno delle feci e di conseguenza la pressione a livello vescicale ed uretrale. In molti pazienti la regolarizzazione dell'alvo è il primo provvedimento da adottare.
Alcuni accorgimenti dietetici quali la riduzione della caffeina (meno caffè, te e cioccolato) si dimostrano molto importanti nelle persone con incontinenza da urgenza o con nicturia. Contrariamente a quanto si crede, la riduzione dell'apporto idrico non è utile e per di più aumenta il rischio di stitichezza.
L'uso di farmaci, tecniche chirurgiche, interventi educativi e presidi ha l'obiettivo di riabilitare il paziente. La scelta dell'intervento si basa sulla valutazione del tipo di incontinenza e delle risorse del paziente. Spesso gli interventi devono essere associati. Ad esempio, nel caso di vescica neurologica con dissinergia sfinterica si devono utilizzare farmaci per ridurre il tono sfinterico, tecniche di cateterismo e presidi; in alcuni casi sono necessari interventi chirurgici (sfinterotomia).
I tre principali tipi di intervento per l'incontinenza, elencati in ordine di trattazione, sono:
farmacologici
comportamentali
tecniche (cateterismo, manovre di compressione) con uso di presidi atti a controllare l'effetto dell'incontinenza. Non verranno affrontate le forme di intervento chirurgico.
Le indicazioni e le raccomandazioni presentate in particolare sul trattamento farmacologico dell'incontinenza sono tratte dalle linee-guida dell'Agency for Health Care Policy and Research (HPCR)2. Le lettere (A, B o C) associate ad alcune raccomandazioni indicano il livello di forza della raccomandazione stessa.
Incontinenza da stimolo
Anticolinergici.
Riducendo il numero e l'entità delle contrazioni involontarie bloccano la normale contrazione della vescica: costituiscono pertanto il trattamento farmacologico di prima linea. Gli anticolinergici da più tempo disponibili sono l'ossibutinina (Ditropan), il flavossato (Genurin) e la propantelina. L'ossibutinina è il farmaco meglio documentato in termini di efficacia e sicurezza e va considerato di riferimento. Uno studio recente, condotto su pazienti con incontinenza da urgenza e mista, ne dimostra l'efficacia anche a dosaggi più bassi di quelli tradizionali (2,5 mg 3 volte al giorno)3. Il flavossato ha minori effetti indesiderati, ma risulta anche meno efficace e non è raccomandato per l'incontinenza da incompetenza del detrusore. In Italia, la propantelina è disponibile solo in associazione con una benzodiazepina (Lexil), ha altre indicazioni e vede di fatto compromessa la possibilità d'impiego nel trattamento dell'incontinenza urinaria. La tolterodina(Detrusitol) è un altro antimuscarinico di recente commercializzazione che sembra essere meglio tollerato rispetto all'ossibutinina, ma che è sicuramente molto più costoso. Il miglioramento ottenibile con gli anticolinergici risulta complessivamente modesto. Questi farmaci sono gravati da effetti indesiderati quali secchezza della bocca e degli occhi, stitichezza, dispepsia e ritenzione urinaria, e vanno usati in associazione ad uno schema di svuotamento della vescica o interventi comportamentali e solo dopo aver modificato altri fattori che interferiscono sulla continenza.
Altri farmaci per i quali teoricamente potrebbe essere previsto l'impiego nell'incontinenza da stimolo sono i calcio-antagonisti (per l'effetto inibente la con trattilità vescicale), gli antidepressivi triciclici [in virtù dell'azione anticolinergica e spasmolitica sul detrusore e l'effetto alfa-adrenergico (contrattile) sullo sfintere] e i FANS (per l'attività antiprostaglandinica). I dati derivati da studi clinici controllati sono quasi inesistenti e pertanto non è possibile raccomandarne l'uso, fatto salvo il ricorso ad un antidepressivo triciclico in un paziente depresso con incontinenza urinaria.
Incontinenza da sforzo
I farmaci per questo tipo di incontinenza interferiscono con i recettori alfa-adrenergici presenti in gran numero a livello del collo vescicale, della base della vescica e della parte prossimale dell'uretra.
Agonisti alfa-adrenergici.
I simpaticomimetici con attività agonista alfa-adrenergica provocano una contrazione dello sfintere vescicale e ne aumentano la resistenza. La fenilpropanolamina o pseudoefedrina costituisce il trattamento farmacologico di prima scelta nelle donne che non hanno controindicazioni (in particolare l'ipertensione). (Forza della raccomandazione: A). Le indicazioni d'impiego della specialità presente nel nostro paese (Narixan) non contemplano l'incontinenza urinaria. La terapia con fenilpropanolamina non è risolutiva, ma può indurre un miglioramento soggettivo nel 20-60% dei pazienti, rispetto al placebo. Possibili effetti indesiderati, soprattutto negli anziani, sono ansia, insonnia, agitazione, difficoltà respiratorie, mal di testa, sudorazione, ipertensione ed aritmie cardiache.
Estrogeni.
Somministrati per via orale (associati ad un progestinico nelle donne non isterectomizzate) o per via vaginale, vengono considerati una terapia aggiuntiva nelle donne in post-menopausa con incontinenza da sforzo o mista. (Forza della raccomandazione: B). In queste pazienti gli estrogeni possono migliorare la vascolarizzazione, il tono e la risposta alfa-adrenergica della muscolatura uretrale, e questo a sua volta aumenta la resistenza dello sfintere e riduce l'incontinenza da sforzo.
Associazione tra alfa-adrenergici ed estrogeni.
Viene raccomandata nelle donne in post-menopausa che non hanno risposto al trattamento con un singolo farmaco. La terapia con estrogeni sembra aumentare il numero e la sensibilità dei recettori alfa-adrenergici nell'uretra e questo a sua volta potenzia la risposta contrattile alfa-adrenergica dell'uretra alla stimolazione farmacologica (Forza della raccomandazione: A).
Quando i trattamenti di prima linea si sono rivelati inefficaci, come ultima istanza si può ricorrere all'imipramina (Tofranil). Sono però necessari altri studi per valutarne correttamente l'efficacia (Forza della raccomandazione: C). Gli effetti indesiderati sono rappresentati da nausea, insonnia, astenia, ipotensione posturale.
Le tecniche comportamentali
Le tecniche comportamentali servono per aumentare nel paziente la consapevolezza del funzionamento dei muscoli della vescica e del pavimento pelvico; riducono la frequenza dell'incontinenza nella maggior parte delle persone e non presentano effetti indesiderati. Le principali tecniche sono:
la rieducazione vescicale
la ginnastica vescicale
la riabilitazione dei muscoli pelvici (il biofeedback, gli esercizi dei muscoli pelvici, la stimolazione del pavimento pelvico ecc.).
Per una serie di problemi legati all'adozione di diversi criteri di valutazione di efficacia, alla variabilità della durata dei protocolli di trattamento, all'applicazione di interventi multipli (ad esempio ginnastica vescicale associata a vari interventi di riabilitazione dei muscoli pelvici), alla carenza di studi con disegno sperimentale adeguato, non esistono evidenze sul preciso effetto di queste tecniche anche se la valutazione generale depone a favore della loro efficacia.
Toilette ad intervalli regolari.
Ai pazienti incontinenti va data la possibilità di andare in bagno ad intervalli regolari (ogni 2-4 ore), compresa la notte. Il paziente non deve cercare di trattenere l'urina. Lo svuotamento sistematico della vescica non migliora necessariamente la continenza ma i pazienti rimangono asciutti. E' un trattamento raccomandato nei casi in cui è possibile individuare uno schema di minzione ed è utile soprattutto nei pazienti con limitate capacità cognitive. Gli studi clinici volti a stabilire l'efficacia della rieducazione vescicale dimostrano che è possibile ottenere una riduzione degli episodi di incontinenza in percentuali importanti (fino al 30% in uno studio)4 e con risultati a lungo termine, dopo una sola settimana5.
Rieducazione e ginnastica vescicale
Viene raccomandata per il trattamento dell'incontinenza da stimolo e di tipo misto, oltre che per quella da sforzo. (Forza della raccomandazione: A). La ginnastica vescicale consiste in una serie di esercizi per migliorare il controllo volontario del deflusso di urina. Anche se esistono numerose varianti di questo trattamento, le fasi principali consistono in:
formazione
minzioni programmate con intervalli sempre più prolungati
rinforzi positivi.
Il programma si basa su istruzioni scritte, verbali e visive. Viene affrontata la fisiopatologia della vescica e del tratto urinario inferiore. Il paziente deve essere in grado di contenere lo stimolo, inibire la sensazione di urgenza ed urinare solo agli intervalli programmati.
Adattando il carico idrico e ritardando gli intervalli di svuotamento della vescica si insegna al paziente a ritardare volontariamente la minzione. E' un programma efficace per l'incontinenza da sforzo6, ma non è adeguato per le persone con alterazioni cognitive e per gli anziani.
Riabilitazione dei muscoli pelvici
L'esercizio dei muscoli pelvici può essere utilizzato da solo o potenziato con il biofeedback o la ginnastica vaginale. Viene ritenuto di prioritaria importanza nelle donne con incontinenza da sforzo (Forza della raccomandazione: A); è proponibile anche negli uomini e nelle donne associato alla ginnastica vescicale per l'incontinenza da stimolo (Forza della raccomandazione: B) e negli uomini con incontinenza a seguito di prostatectomia (Forza della raccomandazione: C).
L'esercizio della muscolatura pelvica (chiamato anche tecnica di Kegel) viene eseguito per rinforzare i muscoli volontari periuretrali e perivaginali (lo sfintere urinario volontario ed il muscolo elevatore dell'ano), che contribuiscono al tono di chiusura dell'uretra ed al sostegno delle strutture pelviche. L'esercizio si svolge in più fasi. L'obiettivo è quello di aumentare la consapevolezza della muscolatura pelvica. Il paziente contrae i muscoli pelvici e dello sfintere anale come se dovesse controllare la minzione o la defecazione, con contrazione minima dei muscoli addominali, dei glutei, o della parte interna della coscia7. I pazienti devono tenere i muscoli contratti per circa 10 secondi e successivamente rilassarli per la stessa durata di tempo, per circa 30-80 volte al giorno per almeno 8 settimane o periodi più prolungati. Non si conosce ancora l'effetto di questa ginnastica sulla funzione della muscolatura del tratto urinario inferiore, anche se alcuni studi suggeriscono che aumenti la forza dello sfintere anale o la pressione di chiusura di quello uretrale.
Questo tipo di ginnastica è indicato per le donne con incontinenza da sforzo, per ridurre e/o prevenire l'incontinenza da stimolo. Le numerose sperimentazioni cliniche sin qui realizzate hanno avuto protocolli diversi; in alcuni casi le sessioni hanno avuto una durata complessiva di 10 mesi8. L'intensità del programma incide comunque sui risultati fisiologici e funzionali9. Uno studio recente, condotto su oltre 100 donne di età media di 50 anni, durato 6 mesi, ha dimostrato la superiorità degli esercizi di potenziamento dei muscoli pelvici sulla stimolazione elettrica e sui pesi vaginali nel trattamento dell'incontinenza da sforzo10.
La ginnastica della muscolatura pelvica è efficace anche negli anziani. È consigliabile controllare i pazienti settimanalmente, per verificare la corretta esecuzione degli esercizi. Mancano studi sull'efficacia dei diversi metodi di insegnamento o sulle modalità di associazione del biofeedback. In maggioranza, le ricerche sono state condotte solo sulle donne.
Ginnastica della muscolatura pelvica associata al biofeedback
È un trattamento raccomandato per la riabilitazione dei muscoli e l'inibizione della vescica per i pazienti con incontinenza da sforzo, da stimolo e mista (Forza della raccomandazione A).
Il biofeedback è una tecnica che utilizza stimoli visivi o sonori per fornire ai pazienti informazioni sulla loro attività fisiologica (uso della muscolatura, contrazione, controllo degli sfinteri). Sonde anatomiche, inserite in retto o vagina, trasformano l'attività muscolare in segnali visivi o sonori, la cui intensità indica la forza di contrazione. Oltre alla collaborazione del paziente, occorrono anche conoscenze e capacità dell'operatore, che deve conoscere le tecniche di valutazione, le differenze anatomiche e fisiologiche delle diverse forme di incontinenza ed i principi comportamentali su cui si basa il biofeedback. Gli studi, che hanno adottato protocolli differenti su vari tipi di pazienti e con diverse tecniche, indicano percentuali di miglioramento oscillanti dal 54% all'87%. Alcuni protocolli prevedono solo una misurazione per il rinforzo della muscolatura pelvica, altri più di una, ad esempio l'attività dei muscoli addominali e del detrusore. La forma di biofeedback più efficace è quella che rinforza le contrazioni della muscolatura pelvica inibendo contemporaneamente la contrazione dei muscoli addominali e del detrusore4,11.
Recentemente è stata dimostrata la superiorità della riabilitazione pelvica associata al biofeedback sulla sola farmacoterapia con ossibutinina3.
La letteratura indica che la ginnastica della muscolatura pelvica, associata o meno al biofeedback può curare o ridurre l'incontinenza. Il protocollo con biofeedback su più funzioni sembra essere più efficace dei protocolli che ne tengono monitorata solo una9,11-13.
Per rinforzare la muscolatura pelvica e potenziare gli esercizi muscolari esistono dei particolari pesi vaginali (dai 20 ai 200 grammi). I pesi vengono inseriti in vagina e la donna cerca di trattenerli contraendo i muscoli pelvici mentre cammina. Il meccanismo alla base di questi esercizi è che una contrazione sostenuta aumenti la forza dei muscoli pelvici; il peso dà un feedback propriocettivo. La maggioranza degli studi associa la tecnica alla ginnastica dei muscoli pelvici. (La raccomandazione per l'uso di questa tecnica per le pazienti in pre-menopausa e con incontinenza da sforzo è di tipo B).
Stimolazione elettrica del pavimento pelvico
La stimolazione elettrica del pavimento pelvico produce una contrazione dell'elevatore dell'ano, dell'uretra esterna e dello sfintere anale, accompagnato da un'inibizione riflessa del detrusore. Questa tecnica riduce l'incontinenza nelle donne con incontinenza da sforzo (Forza della raccomandazione: B) e può essere utile per l'incontinenza da stimolo e di tipo misto (Forza della raccomandazione: B). Gli effetti indesiderati sono minimi (un pò di dolore o fastidio). Il trattamento va seguito da un medico o da un infermiere che ne devono valutare l'efficacia.
Le "tecniche" di stimolazione
Le tecniche di stimolazione del riflesso detrusoriale (pressioni sovrapubiche, sfioramento della faccia interna delle cosce, del perineo o stimolazione anale) sono indicate in soggetti con vescica ipereflessica con comportamento sinergico degli sfinteri. La rieducazione va iniziata quando siano comparse le prime contrazioni riflesse della vescica, in genere segnalate da "fughe minzionali" nell'intervallo tra i cateterismi. Al paziente va insegnato ad eseguire la stimolazione in modo ritmico e dolce: la manovra ha infatti lo scopo di evocare un riflesso e non di svuotare meccanicamente la vescica. Se la stimolazione è troppo violenta, oltre alla contrazione del detrusore, scatena anche la contrazione del piano perineale, che impedisce lo svuotamento vescicale. Inoltre, poiché i soggetti mielolesi spesso non hanno la sensibilità nella zona stimolata, è utile accertarsi che le unghie siano corte e pulite. Ottenuta la minzione si dovrà cercare di arrivare ad uno svuotamento completo della vescica, attraverso una ripetizione della manovra ad intervalli regolari (in genere ogni 3-4 ore). Nella prima fase del training è molto importante tenere una registrazione del residuo post-minzionale ed effettuare un cateterismo a fine minzione fino a che il residuo non sia inferiore a 50 ml. Si potrà poi eseguirlo a giorni alterni e poi una volta alla settimana.
I presidi
I presidi possono essere utilizzati quando siano fallite altre modalità di trattamento dell'incontinenza oppure associati agli altri trattamenti, per dare al paziente una maggiore sicurezza e proteggerlo da eventuali perdite casuali o di lieve entità. Questa seconda modalità di uso va attentamente valutata da caso a caso in modo che non costituisca un ostacolo alla motivazione all'apprendimento delle tecniche di controllo.
Condom
I condom sono delle guaine in lattice o in materiale sintetico (più costosi ma meno frequentemente responsabili di allergie) dotati di un tubo di scarico e collegati con una sacca di raccolta. Possono costituire un'alternativa alla cateterizzazione. Disponibili in diverse misure (quanto più precisa è la misura, tanto maggiore l'adesività), sono facilmente applicabili dal paziente stesso. I condom sono generalmente cosparsi di talco per facilitare lo srotolamento ed evitare che si appiccichino al pene. Se ben conservati, mantengono le loro proprietà chimico-fisiche per periodi prolungati (fino a due anni). Il problema principale dei condom è la difficoltà a tenerli in sede e ben aderenti al pene. Il condom può essere fissato con:
mastice adesivo per la pelle
fascette adesive (avvolte intorno al pene, a spirale)
strato adesivo integrato per i condom autocollanti.
Il metodo considerato più sicuro è il mastice. Le fascette adesive (utili per le persone inesperte) e gli autocollanti non garantiscono lo stesso livello di adesività e sicurezza.
La pelle va preparata al fissaggio con una scrupolosa igiene intima. Si deve evitare l'uso di emollienti oleosi o cremosi che riducono l'adesività dei collanti usati, così come di saponi troppo aggressivi che possono irritare ed essiccare eccessivamente la cute. La buona adesività è molto importante perché in caso di minzione abbondante il condom si rigonfia in attesa che l'urina defluisca, e se non è ben aderente alla cute, è facile che si verifichino delle perdite. In caso di allergia alla lanolina va valutata l'eventuale presenza del prodotto nei collanti. Per chi è allergico al lattice sono disponibili mastici al silicone. E' il paziente che deve provare e scegliere il tipo di mastice più adatto alla propria pelle. Il condom va sostituito quotidianamente e si deve insegnare al paziente a controllare il pene: sono frequenti infatti i casi di macerazione o irritazione, provocati dallo sfregamento del glande contro l'estremità interna del condom. Non sono infrequenti i casi di infezione delle vie urinarie.
Metodi di fissaggio del condom
Fascette biadesive. Sono indicate nei casi di pene retratto o quando non c'è una superficie di adesione sufficientemente ampia. La fascetta va avvolta a spirale sulla cute ben pulita. Per evitare che aderisca ai peli pubici, si possono impiegare mascherine protettive. Sono disponibili fascette in polietilene espanso o materiale tipo idrocolloidale, utile anche per ricoprire piccole lesioni. Quando si usa questo materiale si deve tenere adeso il condom, con la mano, per circa 30 secondi, in modo che il calore della mano aumenti l'adesività della fascetta.
Condom autocollanti. Funzionano bene solo quando il diametro del pene e del condom coincidono perfettamente. Possono infatti formarsi delle zone non ermetiche, perché non è sempre possibile far aderire perfettamente il condom alla cute. Molti pazienti li preferiscono perchè risultano più facili da applicare (usare il mastice è scomodo): purtroppo i costi elevati (se un paziente deve autocateterizzarsi deve sostituire più di un condom al giorno) non sempre rendono possibile l'uso di questo tipo di condom.
Sono disponibili condom con cappuccio rimovibile, particolarmente indicati per i pazienti che devono eseguire il cateterismo intermittente. Per eseguire il cateterismo si asporta il cappuccio senza rimuovere la guaina. Il cappuccio viene poi ricollegato, in modo da proteggere il paziente da eventuali perdite involontarie. Se il condom viene rimosso con cautela in genere non rimangono residui di mastice sulla cute. In ogni caso il mastice non va mai rimosso con solventi sgrassanti come la benzina, ma è sufficiente sciacquare o sfregare delicatamente con le dita.
Anche per le donne esistono dei sistemi di raccolta esterni, ma la diversa conformazione anatomica delle donne li rende meno efficaci rispetto ai condom. Quello più utilizzato consiste in una piccola borsa di raccolta che viene fissata alla vulva con pasta adesiva. La borsa può essere collegata da una sacca di raccolta delle urine. Uno dei pochi studi su questo tipo di dispositivi ne ha valutato l'efficacia su un gruppo di 63 donne incontinenti, ricoverate in una casa di riposo14. Nel 14% dei casi si sono verificate perdite ed in 2 pazienti un intenso eritema che ha portato alla rimozione della borsa. Uno studio più recente su 2.461 applicazioni, identificava una perfetta aderenza del sistema dopo 24 ore nell'80% dei casi ed un'incidenza di batteriuria di 3,1 episodi su 100 giorni di uso15.
Sacche di raccolta
Le sacche di raccolta delle urine possono essere fissate al letto del paziente (per i pazienti allettati) o alla gamba. Molte sacche (in particolare quelle da gamba) sono provviste di rubinetto di svuotamento. Un aspetto importante da valutare nella scelta del presidio è la presenza di valvola antireflusso, in particolare per i pazienti cateterizzati. La valvola antireflusso evita la risalita delle urine dalla sacca al perineo e/o in vescica, riducendo il rischio di contaminazione batterica. Esistono diversi tipi e modelli di contenitori di sacche da gamba, adatte alle diverse esigenze del paziente (per il paziente che deambula, per chi è in carrozzella o a letto). Ciascun modello ha caratteristiche diverse (ad esempio l'inclinazione del tubo di raccolta) per consentire una funzionalità ottimale. La capienza del contenitore può variare da 500 ml fino a 1300 ml, garantendo pertanto una buona autonomia del paziente. I contenitori da letto arrivano a raccogliere 2 litri di urina.
La sacca da gamba può essere fissata alla coscia o al polpaccio, tramite dei cinturini in latex o elastici. La scelta della sede dipende dalla entità della diuresi del paziente e dal tipo di abbigliamento: gonna o pantaloni aderenti, ad esempio. Se il paziente non gradisce o non tollera il contatto della plastica con la gamba, sono disponibili dei rivestimenti di mussola o tessuto non tessuto.
Le sacche senza valvola di scarico sono generalmente monouso; quelle con valvola di scarico invece vanno sostituite solo quando assumono una sgradevole colorazione giallastra. Possono essere tranquillamente utilizzate anche per un mese. E' sufficiente lavarle quotidianamente con acqua e detergente .
Contenitore salvagoccia
Si tratta di un dispositivo con ingombro minimo, che può essere indossato anche sotto il costume da bagno. Dato che può raccogliere una quantità limitata di urina (80 ml) va indossato dopo aver svuotato la vescica. Nonostante tutti i modelli in commercio contengano una sostanza deodorante, è preferibile sostituire la sacca più volte al giorno, se necessario, sia per il problema degli odori che per ridurre la sensazione di disagio e la paura di bagnare.
Pannolini o indumenti assorbenti
I pannolini e gli indumenti assorbenti sono molto utilizzati dalle persone con incontinenza: consentono infatti di controllare il problema senza rivolgersi al medico o di continuare a fare vita di società a coloro che non riescono ad ottenere la continenza con gli altri trattamenti. Ricerche su vasta scala effettuate negli USA indicano che vengono utilizzati da almeno il 50% delle persone incontinenti16-17. Per questi presidi non è possibile esprimere una valutazione obiettiva e mancano studi comparativi sulla loro efficacia. Un loro uso non controllato può provocare "dipendenza" e ridurre la motivazione a controllare diversamente il problema18. Nella scelta del tipo di prodotto assorbente da utilizzare si deve tener conto di:
abilità funzionale del paziente
tipo di incontinenza e gravità
disponibilità di assistenza
eventuale fallimento di altre soluzioni
preferenze del paziente
integrità della cute
eventuale presenza di comorbidità
e, non irrilevante, qualità e costo del prodotto
.I pannolini assorbenti sono di vari tipi e possono essere indossati con il normale slip o con l'apposito slip a rete. I polimeri assorbenti trasformano l'urina in gel e la bloccano negli strati più profondi del fluff assorbente. La superficie, generalmente di tessuto non tessuto, si mantiene asciutta e impedisce il contatto del bagnato con la cute, evitando cos" la macerazione o il rischio di irritazione dovuto al ristagno di urina. I moderni tipi di pannolino sono disponibili in diversi formati, con un'assorbenza che varia da 60 a 200 ml. La scelta varia in base alla struttura del soggetto ed al tipo di incontinenza. I pannoloni-mutandina consentono il massimo assorbimento, ma sono ingombranti e limitano il vestiario che si può indossare. Possono essere indicati per i pazienti allettati, ma non per chi si muove: dato l'estremo ingombro, la loro eliminazione (per evitare incidenti vanno sostituiti 3-4 volte al giorno) è particolarmente complessa nei bagni pubblici.
Bibliografia
Referenze generali
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