Il dolore neuropatico deriva da un danno o da una disfunzione del sistema nervoso centrale (encefalo, midollo spinale) o periferico (tronchi nervosi). Una volta instauratosi, tende spesso a cronicizzare e può risultare grave e difficilmente controllabile1. Le due condizioni di dolore neuropatico di più frequente riscontro nella medicina generale sono la neuropatia diabetica e la nevralgia post-erpetica. Il 10% circa dei diabetici presenta un dolore neuropatico permanente2, mentre una nevralgia post-erpetica è osservabile nel 25% dei pazienti a distanza di 6 mesi da una infezione acuta da herpes zoster e negli anziani può avere una durata molto più lunga3.
Il dolore neuropatico viene generalmente descritto come urente, lancinante, intenso, a fitte, incessante o tipo scossa elettrica; può essere avvertito come dolore superficiale o profondo, può essere intermittente o costante, può insorgere spontaneamente o essere scatenato da stimoli di vario genere1. Il dolore deriva da una eccessiva attivazione delle cellule nervose che mediano la sensazione dolorosa. In studi sperimentali, sono stati identificati numerosi processi fisiopatologici nella sua genesi, ma il ruolo che ciascuno di essi gioca nelle affezioni neuropatiche nell'uomo rimane in gran parte sconosciuto1. Una classificazione del dolore neuropatico basata sulla identificazione dei meccanismi patogenetici potrebbe agevolare la messa a punto di trattamenti più mirati. Le nostre conoscenze sulla utilità dei trattamenti farmacologici si limitano, però, ai pazienti appartenenti ad una determinata forma di neuropatia, ragione per cui nella pratica clinica non è corretto generalizzare a tutte le altre forme di patologia dolorosa quanto dimostrato per una sola4.
Gli studi clinici
Definire un algoritmo preciso del trattamento del dolore neuropatico non è facile. Le difficoltà che si incontrano derivano da 3 ordini di problemi: gli studi clinici sono quasi totalmente limitati a confronti con placebo, hanno coinvolto piccoli numeri di pazienti e per periodi di tempo brevi in relazione alla cronicità della malattia.
D'altro canto, se confrontare un nuovo farmaco con placebo in una condizione dolorosa nella quale esistono farmaci di comprovata efficacia (i benefici degli antidepressivi sono noti da più di 20 anni) è molto discutibile sotto il profilo etico e spesso non aggiunge elementi di conoscenza utili, in assenza di studi "testa a testa" e di dati comparativi, non è possibile stabilire chiaramente se e quando un farmaco sia più efficace di un altro. Mancano, inoltre, informazioni sugli esiti di lungo termine e questa incertezza è resa ancora più stringente dalla constatazione che durante le prime settimane di trattamento le risposte al placebo risultano elevate2. A tutto ciò va aggiunta la cronica scarsità di studi sull'impiego in associazione dei vari trattamenti. In simili condizioni, l'unico modo per determinare una gerarchia d'impiego dei numerosi farmaci disponibili è quello di costruire un loro profilo beneficio/rischio con l'ausilio di indicatori indiretti come l'NNT (Number Needed to Treat) e l'NNH (Number Needed to Harm) che corrispondono, rispettivamente, al numero di pazienti da trattare per ottenere una riduzione del dolore del 50% in un paziente e per osservare un evento avverso in un paziente.
In genere, gli studi clinici hanno valutato l'efficacia dei singoli trattamenti nel diminuire del 50% l'intensità del dolore spontaneo riportato sotto forma di punteggio su una scala numerica da 0 (assenza di dolore) a 10 (dolore massimo). Secondo uno studio specifico, utilizzando la stessa scala da 0 a 10, una differenza clinicamente importante dovrebbe essere di almeno 2 punti5.
Neuropatia diabetica
Antidepressivi triciclici
Una revisione sistematica ha valutato l'efficacia analgesica degli antidepressivi triciclici (amitriptilina, clomipramina, desipramina, imipramina e maprotilina) analizzando i dati di 8 studi clinici randomizzati, controllati con placebo, effettuati su un totale di 283 pazienti, per una durata variabile dalle 2 alle 6 settimane6. La metanalisi indica un NNT di 3,5; ciò significa che bisogna trattare più di 3 pazienti con neuropatia diabetica perché 1 possa ottenere un miglioramento del dolore superiore al 50%. L'attività analgesica dei triciclici sembra indipendente dall'effetto antidepressivo. L'effetto analgesico si manifesta più rapidamente (1-7 giorni) e la dose efficace risulta in genere più bassa di quanto non avvenga nel trattamento della depressione (range giornaliero dell'amitriptilina 25-150 mg)1. L'efficacia non sembra condizionata dalle caratteristiche del dolore (es. urente o lancinante)1. Gli eventi avversi minori osservati più di frequente con gli antidepressivi triciclici sono i tipici effetti anticolinergici quali secchezza della bocca, stitichezza e visione confusa che interessano circa 1 paziente su 3 (NNH=2,7)6. Negli studi controllati, mediamente 1 paziente su 14 ha sospeso il trattamento per la comparsa di effetti indesiderati importanti6.
Altri antidepressivi
In studi crossover in doppio cieco, di breve durata, effettuati su un totale di 105 pazienti con neuropatia diabetica, paroxetina (40 mg/die) e citalopram (40 mg/die) hanno attenuato il dolore in misura superiore al placebo, mentre né la fluoxetina (20-40 mg/die), né la mianserina (60 mg/die) hanno prodotto un beneficio sintomatico7. Una metanalisi di 3 studi randomizzati (su 162 pazienti complessivi) non ha rilevato alcuna differenza in termini di efficacia analgesica tra gli inibitori della ricaptazione della serotonina (SSRI) e il placebo6.
In un trial randomizzato, in doppio cieco, della durata di 6 settimane, condotto su 244 pazienti, la venlafaxina (150-225 mg al giorno) si è dimostrata superiore al placebo nel migliorare i punteggi relativi al dolore su una scala analogica visiva, con un NNT di 4,58. Nausea e sonnolenza sono stati gli effetti indesiderati più comuni; 7 pazienti trattati con venlafaxina hanno manifestato variazioni clinicamente importanti all'ECG8. Uno studio randomizzato, controllato con placebo, in doppio cieco, ha rilevato un NNT di 5,2 per la venlafaxina (225 mg/die) e di 2,7 per l'imipramina (150 mg/die) nell'attenuazione del dolore neuropatico nei 29 pazienti che hanno completato i 3 periodi di trattamento crossover della durata di 4 settimane9.
Antiepilettici
In uno studio randomizzato, in doppio cieco, realizzato su 30 pazienti con neuropatia diabetica, la carbamazepina(600 mg al giorno) si è dimostrata più efficace del placebo nel migliorare il dolore, con un NNT di circa 310. Gli effetti indesiderati principali sono stati sonnolenza (53% dei pazienti) e vertigini (40%); 3 pazienti (10%) hanno sospeso il trattamento per intolleranza10.
La fenitoina (300 mg al giorno per 2 settimane) ha procurato un beneficio sintomatico superiore al placebo in uno studio realizzato nella neuropatia diabetica11, ma non è risultata più efficace in un altro studio di maggiore durata (23 settimane) condotto su 12 pazienti12. Gli effetti indesiderati sono stati frequenti (in particolare riduzione delle capacità mentali e motorie) e si sono verificati in 1 paziente su 31.
In un trial in doppio cieco, 165 pazienti diabetici con dolore neuropatico cronico (da 1 a 5 anni) sono stati randomizzati a gabapentina (da 900 mg a 3,6 g/die in 3 somministrazioni) o a placebo13. Dopo 8 settimane, il punteggio medio giornaliero relativo al dolore su una scala da 0 a 10 si è ridotto maggiormente nel gruppo trattato con gabapentina rispetto a quello trattato con placebo; la differenza di 1,1 punto a favore della gabapentina è statisticamente significativa, ma di incerta rilevanza clinica5. L'NNT è risultato pari a 3,814. Il 67% dei pazienti ha utilizzato il dosaggio massimo di gabapentina (3,6 g/die). In un altro studio randomizzato, in doppio cieco, condotto su 25 pazienti con neuropatia diabetica, durato 6 settimane, gabapentina (dose media 1.565 mg/die) e amitriptilina (dose media 59 mg/die) si sono equivalse nella attenuazione del dolore15. Tra gabapentina (1.200-2.400 mg/die) e amitriptilina (30-90 mg/die) non sono emerse differenze nemmeno in un altro studio in aperto, della durata di 12 settimane, effettuato su 25 pazienti16. Vertigini (24% dei pazienti), sonnolenza (23%) e confusione mentale (8%) sono stati gli eventi avversi più frequentemente osservati con l'impiego della gabapentina. In totale, l'8% dei pazienti (età media 53 anni) con neuropatia diabetica ha sospeso la gabapentina per l'insorgenza di effetti indesiderati13.
In uno studio randomizzato, della durata di 6 settimane, la lamotrigina (sino ad un massimo di 400 mg/die) ha ridotto di 1 punto in più rispetto al placebo il punteggio relativo al dolore neuropatico su una scala da 0 a 10 in 59 pazienti diabetici17. Per la comparsa di reazioni cutanee, 2 pazienti hanno sospeso l'assunzione del farmaco.
Anche un altro recente antiepilettico, il topiramato, si è dimostrato più efficace del placebo nel migliorare il dolore neuropatico in uno studio randomizzato, in doppio cieco, realizzato su 323 diabetici: dopo 12 settimane, il 50% dei pazienti del gruppo topiramato (da 400 mg/die sino al dosaggio massimo tollerato) ha risposto al trattamento contro il 34% di quelli del gruppo placebo18. Gli effetti indesiderati di più comune riscontro sono stati anoressia (con calo ponderale di 2,6 kg), diarrea e sonnolenza18.
Oppiacei
Il ruolo degli oppiacei nel dolore neuropatico, dopo essere stato a lungo dibattuto, sembra oggi delinearsi con maggiore chiarezza. Gli studi randomizzati, in doppio cieco, hanno dimostrato che gli oppiacei hanno una efficacia discreta (anche se inferiore a quella svolta nel dolore nocicettivo normale) nel trattamento del dolore neuropatico, ma hanno anche indicato che l'entità della risposta varia ampiamente da persona a persona e il breve follow up non consente di trarre conclusioni sul problema della tolleranza19.
In un trial condotto su 159 pazienti con neuropatia diabetica, dopo 6 settimane di trattamento, l'ossicodone a lento rilascio, ad un dosaggio medio giornaliero di 40 mg (in due somministrazioni), è risultato più efficace del placebo nel migliorare il dolore da moderato a grave (differenza di 1,2 punti a favore del farmaco su una scala da 0 a 10)20. Un altro studio randomizzato, controllato con placebo, più piccolo (36 pazienti) e di minore durata (4 settimane), ha evidenziato un NNT di 2,6 dell'ossicodone a rilascio controllato (da 10 a 40 mg ogni 12 ore)21. Gli effetti indesiderati sono stati stitichezza, nausea e sedazione.
Il tramadolo è stato valutato in due trial controllati, randomizzati, della durata di 4 e 6 settimane, realizzati su 176 pazienti complessivi con neuropatia diabetica22,23. In entrambi gli studi, il tramadolo, somministrato al dosaggio di 200-400 mg al giorno, ha diminuito il dolore in misura superiore al placebo, dimostrando una discreta efficacia (NNT 3,5 per ottenere un sollievo del dolore superiore al 50% in un paziente)1. Nausea, stitichezza e cefalea sono stati i principali eventi avversi del tramadolo che hanno indotto 13 pazienti (11%) a sospendere il trattamento22.
Associazioni
In un recente studio crossover, in doppio cieco, 57 pazienti (35 con neuropatia diabetica e 22 con nevralgia post-erpetica) sono stati randomizzati a placebo attivo (lorazepam), a morfina orale a rilascio controllato, a gabapentina o all'associazione tra morfina e gabapentina,somministrati ciascuno per 4 periodi della durata di 5 settimane24. 41 pazienti hanno completato lo studio. I punteggi relativi al dolore su una scala da 0 a 10 alle dosi massime tollerate (misura di esito principale), partendo da un valore basale di 5,7, sono stati 4,5 con placebo, 4,1 con gabapentina (3.200 mg/die), 3,7 con morfina (120 mg/die) e 3,1 con l'associazione tra morfina (60 mg/die) e gabapentina (2.400 mg/die). La differenza a favore dell'associazione è risultata statisticamente significativa24. L'associazione ha comportato una maggiore incidenza di stitichezza rispetto alla sola gabapentina e di xerostomia rispetto alla morfina.
Stabilizzanti di membrana
La mexiletina, un farmaco stabilizzante di membrana simile alla lidocaina, attivo per via orale, ha ridotto in modo significativo i punteggi relativi al dolore su una scala analogica visiva in 2 studi controllati con placebo su 4, realizzati su un totale di 282 pazienti con neuropatia diabetica1,25, ma nessuno studio ha rilevato una riduzione del 50% dei punteggi relativi al dolore. Alle dosi utilizzate (sino a 675 mg/die), il 14-50% dei pazienti ha manifestato effetti indesiderati, soprattutto nausea, vomito, dolori addominali, vertigini, cefalea e tremori1; il farmaco sembra pertanto comportare più rischi che benefici.
Trattamenti topici
La capsaicina è un alcaloide che, applicato sulla cute, provoca dapprima una stimolazione nervosa e una aumentata sensibilità (percepita sotto forma di bruciore, prurito, pizzicore) con vasodilatazione cutanea, cui fa seguito un periodo di ridotta sensibilità cutanea e, dopo ripetute applicazioni, di persistente desensibilizzazione. L'azione analgesica della capsaicina è probabilmente da attribuire alla sua capacità di ridurre la quantità di un neurotrasmettitore, la sostanza P, e di bloccare la conduzione dello stimolo doloroso nelle fibre nocicettive di tipo C1. La crema di capsaicina allo 0,075% (Zostrix) non è disponibile in Italia, ma all'estero è registrata sia per il trattamento della neuropatia diabetica che della nevralgia post-erpetica. Cinque studi in doppio cieco, della durata da 4 a 8 settimane, hanno valutato la crema allo 0,075% (applicata 4 volte al giorno) nei confronti del placebo, ma i risultati vanno giudicati con cautela: la capsaicina provoca, infatti, una sensazione di bruciore che negli studi rende difficile il mantenimento della condizione di cecità. L'efficacia della capsaicina appare, comunque, modesta, essendo necessario trattare 6 pazienti per ottenere un sollievo del dolore superiore al 50% in un paziente (NNT =5,9)26. In un altro studio in doppio cieco, realizzato su 235 pazienti, il trattamento di 8 settimane con capsaicina ha migliorato il dolore e il sonno quanto l'amitriptilina (25-125 mg/die)27. L'intensa irritazione locale causata dalla capsaicina, soprattutto durante la prima settimana di applicazione, interessa più di 1 paziente su 3 (NNH 2,5) e induce alla sospensione del trattamento 1 paziente su 10 (NNH 9,8)28.
Neuropatia post-erpetica
Antidepressivi triciclici
Le prime dimostrazioni della utilità dell'amitriptilina (dose mediana 75 mg al giorno) nel trattamento della nevralgia post-erpetica risalgono al 198229. Una metanalisi di 3 studi controllati, randomizzati (2 sull'amitriptilina, 1 sulla desipramina), della durata di 6 settimane, effettuati su un totale di 108 pazienti, indica chiaramente che gli antidepressivi triciclici sono molto più efficaci del placebo, con un NNT di 26; bisogna cioè trattare 2 pazienti per ridurre del 50% il dolore in uno di questi. Gli effetti indesiderati (xerostomia, stitichezza, disturbi visivi) interessano un terzo dei pazienti e inducono 1 paziente su 14 ad interrompere l'assunzione. In un altro studio in doppio cieco, della durata di 8 settimane, condotto su 49 pazienti, non ricompreso nella metanalisi, la differenza a favore del l'amitriptilina (sino a 200 mg al giorno) nei confronti del placebo sulla scala numerica da 0 a 10 relativa al dolore è stata di 2,2 punti, al di sopra della significatività clinica30.
Antiepilettici
Due studi, dall'impostazione simile, hanno valutato l'efficacia della gabapentina nel trattamento della nevralgia post-erpetica31, 32. Nel primo, condotto su 229 pazienti, un trattamento di 8 settimane con gabapentina (a dosi crescenti sino ad un massimo di 3,6 g/die) ha ridotto di 1,6 punti in più rispetto al placebo il punteggio medio giornaliero relativo al dolore su una scala numerica da 0 a 10; rispetto alle condizioni iniziali, il 43% dei pazienti ha riportato un miglioramento discreto o marcato con la gabapentina contro il 12% dei pazienti trattati con placebo31. L'NNT è risultato pari a 3,214. Complessivamente il 13% dei pazienti con nevralgia post-erpetica (età media 73 anni) ha sospeso il farmaco per la comparsa di effetti indesiderati31. Nel secondo studio (334 pazienti), dopo 7 settimane di terapia con gabapentina, la diminuzione sulla scala da 0 a 10 è stata di 1,1 (1,8 g/die) e 1,2 punti (2,4 g/die) in più rispetto al placebo32. Dagli studi sono stati esclusi i pazienti nei quali la gabapentina si fosse precedentemente dimostrata inefficace o non tollerata; questa circostanza può aver prodotto una sovrastima della efficacia e una sottostima degli effetti indesiderati del farmaco e rende discutibile la significatività dei dati4. La gabapentina ha causato sonnolenza e vertigini nel 30% e 20% dei pazienti. Gli edemi periferici si sono verificati più frequentemente con 2,4 g/die (11%) rispetto a 1,8 g/die (5%); con la dose più alta di gabapentina, la percentuale delle interruzioni del trattamento è stata del 18%31.
Oppiacei
Uno studio randomizzato, in doppio cieco, crossover, della durata di 4 settimane, condotto su 50 pazienti con nevralgia post-erpetica, ha rilevato che l'ossicodone orale a lento rilascio (dose media 45 mg al giorno) è più efficace del placebo nel migliorare il dolore continuo, l'allodinia e gli accessi dolorosi33. Complessivamente, il 58% dei pazienti ha ottenuto un sollievo almeno discreto del dolore (contro il 18% di quelli trattati con placebo) e il 67% ha preferito l'ossicodone nonostante l'elevata incidenza di eventi avversi (stitichezza, nausea, sedazione)33.
In un trial randomizzato, in doppio cieco (127 pazienti), il tramadolo a lento rilascio (dose media 275 mg/die) ha ridotto il dolore in misura superiore al placebo durante 6 settimane di trattamento34.
Uno studio randomizzato, crossover, in doppio cieco, ha confrontato l'efficacia e la tollerabilità di 2 oppiacei (morfina orale a lento rilascio e metadone) e due antidepressivi triciclici (nortriptilina e desipramina) somministrati sino alla dose massima tollerata per 24 settimane complessive in 76 pazienti con nevralgia post-erpetica35. Alle dosi medie di mantenimento di 91 mg per la morfina orale, 15 mg per il metadone, 89 mg per la nortriptilina e 63 per la desipramina, i punteggi relativi al dolore sulla scala numerica da 0 a 10 si sono ridotti di 1,9 punti con gli oppiacei e di 1,4 punti con i triciclici (contro 0,2 con placebo)35. Il 54% dei 44 pazienti che hanno completato i 3 periodi previsti della durata di 8 settimane ha preferito gli oppiacei, il 30% i triciclici.
Trattamenti topici
Due studi controllati, randomizzati, in doppio cieco, hanno evidenziato un beneficio terapeutico a favore dellacapsaicina topica nei pazienti con nevralgia post-erpetica36,37. Nel più ampio dei due, della durata di 1 anno, il 39% dei 93 pazienti ha riportato una riduzione del dolore almeno discreta contro il 6% di quelli assegnati al placebo37.
La lidocaina in cerotti al 5% (sino a 3 applicazioni al giorno; Lidoderm non in commercio in Italia) ha prodotto un beneficio sintomatico in due trial randomizzati, controllati con placebo (67 pazienti complessivi)38. L'attendibilità dei risultati è, però, molto discutibile dal momento che il primo studio si è limitato a valutare l'intensità del dolore dopo 12 ore, mentre il secondo, della durata di 2-14 giorni, ha arruolato solo pazienti selezionati che avevano precedentemente mostrato una risposta positiva al farmaco39.
Nevralgia del trigemino
Nei pazienti con nevralgia del trigemino, le dimostrazioni di beneficio più convincenti sono a favore dellacarbamazepina, che è registrata per questa indicazione. Tre studi controllati, randomizzati, in doppio cieco, condotti su 161 pazienti, hanno dimostrato che la carbamazepina, somministrata per 5-14 giorni (a dosi progressive sino ad un massimo di 600-2.400 mg al giorno), è più efficace del placebo nell'attenuare il dolore con un NNT di 2,514. Circa 1 paziente su 4 presenta sonnolenza, atassia, vertigini o stitichezza (NNH =3,7)14.
L'unico altro farmaco per il quale è disponibile un trial controllato, randomizzato è la lamotrigina che, aggiunta al trattamento in corso (con carbamazepina o fenitoina) e somministrata per 2 settimane alla dose di 400 mg al giorno, ha ridotto il dolore in misura superiore al placebo in 14 pazienti con nevralgia del trigemino grave40.
Conclusioni
I farmaci utilizzati nel trattamento del dolore neuropatico comportano un beneficio clinico limitato ed espongono i pazienti al rischio di effetti indesiderati. Talora si riesce ad ottenere un buon controllo sintomatico, ma l'esito del trattamento è difficilmente prevedibile nel singolo paziente e, spesso, si deve procedere per tentativi successivi.
Sulla base dei risultati degli studi sin qui condotti, gli antidepressivi triciclici risultano i farmaci più efficaci sia nella neuropatia diabetica che nella nevralgia post-erpetica e sorprende che queste non rientrino tra le indicazioni registrate. In molti pazienti, l'amitriptilina rappresenta una ragionevole prima scelta. Il trattamento deve essere iniziato con una dose ridotta (25 mg la sera, per minimizzare l'effetto sedativo; 10 mg negli anziani), aumentandola gradualmente (di 25 mg a intervalli settimanali) sino a raggiungere il miglior equilibrio tra efficacia ed effetti indesiderati. Per verificare la risposta può essere considerata adeguata una prova di 2 mesi, sino ad un massimo di 150 mg al giorno. Quanto a lungo debba essere protratta l'assunzione del farmaco non si sa; gli studi hanno avuto una durata media di 6 settimane e non forniscono utili informazioni al riguardo. Se il dolore risulta controllato in modo soddisfacente, il trattamento va comunque proseguito per alcuni mesi prima di tentare una riduzione della dose. Ai pazienti va spiegato qual è l'obiettivo del trattamento, sottolineando l'importanza di assumere il farmaco regolarmente e avvertendoli di prestare attenzione nella guida durante i primi giorni di assunzione. Gli effetti indesiderati di tipo anticolinergico (secchezza della bocca, visione confusa, stitichezza, ritenzione urinaria e palpitazioni) sono piuttosto frequenti e possono risultare fastidiosi soprattutto nei pazienti più anziani. Secondo dati limitati, il paziente che non risponde all'amitriptilina può ottenere una attenuazione del dolore passando ad un altro triciclico come l'imipramina1.
Se l'amitriptilina è controindicata o mal tollerata o non consente un adeguato miglioramento dei sintomi, lagabapentina, registrata per tutte le forme di dolore neuropatico, rappresenta una alternativa utile, tenendo conto che la dose minima efficace può essere elevata (>2,4 g/die) e che gli eventi avversi (vertigini e sonnolenza) sono frequenti. Anche in questo caso, si deve partire con una singola dose serale di 300 mg o 100-300 mg 3 volte al giorno, con incrementi settimanali di 100-300 mg sino ad un massimo di 3,6 g/die37. Nei pazienti con neuropatia diabetica, la carbamazepina (all'inizio 100 mg per 3/die e con incrementi progressivi sino a 200-400 mg per 3/die) può essere considerata una terza opzione.
In caso di non risposta ad ogni singolo farmaco, può essere fatto un tentativo con un oppiaceo forte (es. morfina o ossicodone orale a rilascio controllato).
Nei pazienti nei quali il dolore risulta solo parzialmente ridotto in monoterapia con la gabapentina e l'aumento del dosaggio, pur se graduale, comporta un carico di reazioni avverse intollerabile, si può aggiungere un analgesico oppiaceo forte (es. morfina od ossicodone orale a lento rilascio).
L'abbinamento della terapia orale con un trattamento topico con la capsaicina in crema, è di fatto impraticabile per la mancanza di specialità in commercio nel nostro paese.
L'impiego di altri farmaci (es. antidepressivi SSRI, venlafaxina, lamotrigina) nel trattamento del dolore neuropatico risulta poco documentato e va considerato come ultima ratio, nell'ambito di un uso compassionevole, in casi particolarmente difficili e invalidanti, non responsivi a nessun altro trattamento.
Nella nevralgia del trigemino, la carbamazepina è il farmaco più studiato e più efficace e va considerato come prima scelta.
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