Com'è noto e comprovato, il nostro paese è tra quelli col più basso consumo di oppiacei. Poiché gli oppiacei sono i farmaci di scelta per molte sindromi algiche legate alla patologia neoplastica, questo dato è stato assunto come indicatore di inappropriatezza prescrittiva ("undertreatment"). Nel corso di quest'anno sono stati commercializzati nuovi oppiacei ed è legittimo chiedersi se, ed in che misura, questi rappresentino reali novità nel trattamento del dolore oncologico. Da una attenta disamina dei profili della Bussola appare chiaro come la disponibilità di nuovi principi attivi e/o nuove formulazioni possa risultare utile in alcune circostanze favorendo una maggiore flessibilità di impiego, ma non sia determinante nel favorire un sostanziale cambiamento dell'attuale pratica prescrittiva. Ciò non meraviglia in quanto la semplice disponibilità di un nuovo farmaco non può essere di per sé sufficiente perché venga impiegato né garantire che venga utilizzato correttamente. Si ripropone, quindi, con maggior forza, l'interrogativo su quali siano le ragioni dello scarso utilizzo dei farmaci più efficaci a nostra disposizione nel dolore da cancro. Le ragioni possono essere molteplici, ma due hanno probabilmente maggiore plausibilità:
- la paura degli effetti indesiderati degli oppiacei
- la scarsa conoscenza del medico e del personale d'assistenza dei principi sui quali deve fondarsi il trattamento del paziente con dolore da cancro.
Principi su cui basare scelta e modalità d'uso degli oppiacei
Al momento di iniziare una terapia antalgica nel paziente oncologico è necessario avere ben chiara la natura del dolore e la strategia ottimale di intervento, avere cioè ben presenti i criteri di scelta tra i vari approcci possibili. Le modalità di impiego degli analgesici cui attenersi nel trattamento del dolore da cancro sono tre:
1. "by the clock": significa somministrare gli analgesici in modo regolare a ore prestabilite, e non "al bisogno" risultando quest'ultima modalità meno efficace e senza vantaggi in termini di tollerabilità; 2. "by the mouth": significa impiegare il più possibile la via di somministrazione orale, specie nei trattamenti di lunga durata; 3. "by the ladder": significa seguire le indicazioni della "scala" analgesica elaborata negli anni '80 dall'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) quale guida al migliore utilizzo degli oppiacei. La scala dell'OMS costituisce il punto di riferimento fondamentale per la scelta dei farmaci basata sulla intensità del dolore progressivamente crescente. Il primo gradino della scala (dolore lieve) prevede l'impiego di analgesici non oppiacei; il secondo (dolore medio-moderato) contempla l'aggiunta di un oppiaceo debole, mentre il terzo gradino (dolore grave) prevede la sostituzione dell'oppiaceo debole con uno forte.
Anche se inadeguata a rappresentare le molteplici esigenze che pone il trattamento del dolore oncologico, la scala OMS è tutt'oggi valida per il suo messaggio semplice e chiaro sull'impiego dei farmaci, in particolare degli oppiacei, che il medico è invitato ad adottare.
Gli analgesici scelti in base alla gravità del dolore richiedono a loro volta una graduale "titolazione" alla ricerca della dose ottimale, tenendo conto della variabilità individuale nella risposta alla terapia, prestando attenzione non solo all'efficacia ma anche alla tollerabilità del trattamento. Ove la dose iniziale scelta sulla base della gravità del dolore, malgrado il suo aggiustamento, si dimostri inefficace non va prescritto un analgesico appartenente allo stesso gradino, ma si dovrà salire di un altro gradino della scala e utilizzare il farmaco corrispondente.
La scelta del trattamento è guidata non solo dalla gravità del dolore, ma anche dalla tipologia (es. dolore neuropatico, episodico grave) o dalla causa sottostante (es. dolore osseo, da ipertensione endocranica) nonché delle caratteristiche del paziente (comorbidità, preferenze). In questi casi, il dolore può richiedere modalità di impiego particolari (es. vie di somministrazione particolari, trattamenti non farmacologici concomitanti) e/o l'associazione agli oppioidi di farmaci "adiuvanti" (es. corticosteroidi, antidepressivi triciclici).
Scelta del farmaco al 1° gradino della scala OMS
Gravità del dolore : lieve Farmaci disponibili: paracetamolo, antinfiammatori non steroidei (FANS).
I farmaci disponibili sono da considerare di efficacia analoga anche se non esistono studi controllati nel medio-lungo termine che avvalorino questa affermazione. I FANS presentano una efficacia elettiva nel dolore da metastasi ossee; tra i vari principi attivi è opportuno scegliere quelli meglio documentati (pochi in verità) e con più vie di somministrazione così da consentirne un impiego più flessibile. Non esiste alcuna ragione per utilizzare i COXIB, anche a prescindere dai recenti avvenimenti che hanno messo in discussione il loro profilo complessivo di sicurezza. Ovviamente andrà posta particolare attenzione ai possibili effetti indesiderati più frequenti (insufficienza renale, ritenzione idrosalina e gastrolesività). Perché l'impiego dei FANS possa risultare utile e ben tollerato si deve evitare la combinazione di 2 FANS e non superare la dose massima consigliata, in quanto entrambe le scelte comportano un aumentato rischio di effetti indesiderati senza alcun vantaggio in termini di efficacia.
Per quanto attiene il paracetamolo, non va superata la dose massima di 4g/die.
Scelta del farmaco al 2° gradino della scala OMS
Dolore medio-moderato Farmaci disponibili:
Oppiacei deboli:
- codeina, sola (preparazione galenica) o associata a paracetamolo
- tramadolo
Entrambi i farmaci del 2° gradino presentano caratteristiche che ne possono limitare l'utilità. La codeina è un profarmaco della morfina a cui viene metabolizzata (biotrasformazione + 10%) dal sistema microsomiale epatico P450 (CYP2D6). L'entità della biotrasformazione può essere diversa da individuo a individuo e perciò il suo effetto analgesico (o tossico) non è sempre facilmente prevedibile. Inoltre, gli studi sul lungo periodo che documentano una efficacia superiore della terapia di combinazione rispetto al trattamento coi singoli farmaci sono pochi.
L'impiego del tramadolo è associato al rischio di gravi effetti indesiderati (in particolare convulsioni e gravi turbe psichiatriche) dose-dipendenti.
L'utilizzo complessivo delle opzioni terapeutiche del secondo gradino appare perciò limitato e controverso. Spesso si tratta di una prescrizione fatta "in attesa" di definire meglio il problema da affrontare prima di prescrivere un farmaco del 3° gradino. Comunque, se l'efficacia di codeina o tramadolo non si manifesta rapidamente si deve passare ad un analgesico del 3° gradino.
Scelta del farmaco al 3° gradino della scala OMS
Dolore intenso (grave) Farmaci disponibili: Oppiacei forti:
- morfina a pronto rilascio e a rilascio controllato
- fentanyl transdermico e transmucoso
- ossicodone a pronto rilascio e a rilascio controllato
Agonisti parziali:
- buprenorfina transdermica
La morfina rimane il farmaco di prima scelta nel trattamento del dolore da cancro, per efficacia, flessibilità di impiego e costo. La scelta di un oppiaceo alternativo tra quelli indicati può essere giustificata da particolari esigenze del paziente quale l'intolleranza alla via di somministrazione orale (nausea, vomito causati dal farmaco) o dalla comparsa di altri effetti indesiderati (es. agitazione, confusione mentale, spesso legati ad un accumulo di metaboliti in presenza di insufficienza renale) o, talora, dalla preferenza espressa dal paziente stesso per una via di somministrazione più gradita (es. preparati transdermici). Il passaggio dalla morfina ad un altro oppiaceo motivato da un cattivo controllo del dolore, è invece evenienza poco frequente e/o controversa.
Morfina e ossicodone sono disponibili in due formulazioni, una a lento e l'altra a pronto rilascio, che hanno funzioni complementari. La formulazione a rapido rilascio è impiegata nella fase iniziale del trattamento, alla ricerca della dose ottimale (titolazione della dose), nonché nel trattamento del dolore episodico acuto severo (breakthrough pain). Nella prima evenienza le singole dosi vanno somministrate ogni 4-6 ore con incrementi graduali sino al raggiungimento della dose di mantenimento ottimale. Una volta individuata, si potrà passare alla somministrazione di una formulazione a rilascio prolungato ogni 8-12 ore, monitorando nel tempo il paziente per valutare la persistenza sia dell'efficacia che della tollerabilità del trattamento.
Il controllo del "breakthrough pain" richiede invece un trattamento immediato con un oppiaceo a rapida azione. Sono possibili tre opzioni:
1) la somministrazione di una dose di morfina orale a pronto rilascio; 2) la somministrazione transmucosale di fentanyl; 3) la somministrazione parenterale di morfina.
I pochi studi controllati dimostrano una sostanziale equivalenza di efficacia e tollerabilità tra le varie opzioni, anche se la via transmucosale potrebbe essere la preferita dal paziente.
La disponibilità di 2 diverse specialità per uso transdermico (fentanyl e buprenorfina) ha favorito forse più del dovuto l'utilizzo di questa alternativa alla morfina particolarmente costosa. Non vi sono studi comparativi tra le due specialità e mancano dati di confronto anche con le altre formulazioni. La somministrazione transdermica trova indicazione nel trattamento di pazienti con dolore stabile e difficoltà ad assumere il farmaco per bocca (disfagia, vomito), nonché in pazienti che non tollerano la morfina orale. Va detto che l'intervallo tra le applicazioni del cerotto di fentanyl necessario per una analgesia ottimale è spesso inferiore alle 72 ore indicate dal produttore. L'utilizzo della buprenorfina in cerotto è probabilmente da riservare ai pazienti con insufficienza renale che non tollerano il trattamento con morfina orale.
Le controversie
Pur se da tempo e ampiamente utilizzati, gli oppiacei presentano ancora aspetti controversi, sostanzialmente riconducibili ai seguenti interrogativi.
1. La scala analgesica dell'OMS è obsoleta?
Studi osservazionali e prospettici indicano chiaramente che, quando la scala viene utilizzata come suggerito, consente ai pazienti con cancro avanzato di "ricevere un adeguato trattamento del dolore al proprio domicilio". Il messaggio chiaro, semplice e diretto è che si devono abbattere le barriere tutt'ora presenti nella pratica clinica del medico di medicina generale che ne impediscono un uso corretto. Certamente il trattamento del singolo paziente è molto più complesso e tale da richiedere altri approcci farmacologici (es. co-analgesici), non farmacologici (es. chirurgici), psicologici, ma sempre associati ad una scelta della terapia ottimale (uso corretto degli oppiacei).
2. La morfina ha un ruolo terapeutico nel dolore neuropatico?
Sindromi dolorose neuropatiche da cancro sono di raro riscontro e comunque il dolore neuropatico viene in genere definito come "resistente" alla morfina. In realtà tale "resistenza" può essere parziale e quindi giustificare un tentativo terapeutico con oppiacei.
3. Quale ruolo può avere la pratica della "rotazione" degli oppiacei?
La pratica di passare ad altro oppiaceo quando il primo non è tollerato risponde ad un razionale accettabile, ma non va utilizzata per ovviare a effetti indesiderati di modesta entità.
4. Lo sviluppo di una tolleranza dell'efficacia terapeutica è un vero problema?
La tolleranza agli oppiacei, con tolleranza crociata incompleta è possibile, ma difficilmente distinguibile dalla necessità di aumentare la dose dell'oppiaceo per il progredire della malattia. Nel caso in cui la tolleranza dovesse effettivamente manifestarsi è raro che possa avere rilevanza clinica. Va ricordato, infatti, che la tolleranza alla depressione respiratoria si instaura più rapidamente di quanto avvenga per il dolore e consente così, con incrementi graduali, di aumentare il dosaggio senza rischi eccessivi.
5. Il rischio di dipendenza è reale?
Lo sviluppo di una dipendenza da oppiacei è evento assai raro, fatti salvi i pazienti con pregressa dipendenza e non può essere perciò chiamato in causa per negare l'impiego di oppiacei in caso di dolore non controllato altrimenti.
Tutte queste considerazioni dovrebbero convincere il medico che il ricorso agli oppiacei è sicuro ed efficace, purché vengano tenuti presenti i presupposti fondamentali per un loro impiego corretto, in primo luogo la conoscenza approfondita delle caratteristiche comuni del gruppo e quelle peculiari dei singoli oppiacei.