Con il GISSI-Prevenzione, la prevenzione delle malattie cardiovascolari ha fatto un nuovo passo in avanti: lo studio ha dimostrato infatti l'efficacia del trattamento con acidi grassi polinsaturi n-3 (n-3 PUFA) nei pazienti con infarto miocardico recente. I risultati delGISSI-Prevenzione sugli n-3 PUFA sono stati presentati nel numero precedente di Informazioni sui Farmaci. Dallo studio è emersa parallelamente l'inutilità della somministrazione di vitamina E.
L'assenza di efficacia della vitamina E è stata accolta con sorpresa dal mondo scientifico, ma la negatività di tale risultato è stata corroborata dai risultati dello studio Heart Outcome Prevention Evaluation (HOPE).
Come per gli acidi grassi n-3, anche la letteratura scientifica sulla vitamina E e sugli antiossidanti è molto vasta e in questo lavoro si cercherà quindi di descrivere in modo semplice i principali meccanismi d'azione della vitamina E, i risultati dei principali studi clinici ed epidemiologici e quelli del GISSI-Prevenzione (per un approfondimento sui lavori citati consultare le referenze n. 1,2,7).
Radicali liberi ed aterosclerosi
I meccanismi attraverso i quali le sostanze ossidanti possono influenzare la formazione della placca aterosclerotica e il processo trombotico sono molteplici. Le indagini sperimentali mostrano come gli acidi grassi poliinsaturi subiscono facilmente una perossidazione in seguito all'azione di sostanze ossidanti. Una volta perossidati, essi possono danneggiare le membrane endoteliali, promuovere l'aggregazione piastrinica, inibire la produzione di prostaciclina favorendo la vasocostrizione, tutti fenomeni potenzialmente implicati nel facilitare lo svilupparsi di una trombosi. Ancor più significativa potrebbe essere in questo senso l'azione dei prodotti ossidativi sulle lipoproteine a bassa densità (LDL). E' stato dimostrato che le LDL, ossidate da tali sostanze, vengono catturate dai macrofagi in modo preferenziale rispetto alle LDL native ed in seguito depositate nella placca aterosclerotica. La maggiore pericolosità delle LDL ossidate rispetto a quelle native, scaturisce da una serie di evidenze che vanno oltre la loro preferenziale deposizione nella parete vasale. Recentemente, alle LDL ossidate (o-LDL) sono state attribuite altre azioni interessanti che, se confermate, potrebbero vederle coinvolte nell'attivazione della risposta infiammatoria, di quella immune e nella regolazione del tono vasale e del sistema emocoagulativo. A questo riguardo ci sono studi che mostrano come le o-LDL inattivino i fattori di rilasciamento endotelio-derivati (EDRE), favoriscano la secrezione di sostanze che stimolano l'aggregazione piastrinica e l'attività procoagulante, e siano dotate di un'azione citotossica diretta. Infine, i radicali liberi sono considerati responsabili del danno tessutale che fa seguito ad un evento ischemico e che porta all'insorgenza di aritmie ed alla depressione della contrattilità miocardica.
Questa varietà di azioni svolta dalle sostanze ossidanti apre un nuovo capitolo nella prevenzione e cura delle malattie cardio-cerebrovascolari mediante l'utilizzo delle sostanze antiossidanti in generale e delle vitamine E, C, e beta-carotene in particolare. Quello che resta da stabilire è quanto le evidenze epidemiologiche e sperimentali sull'utilizzo delle vitamine confermino le suddette ipotesi e se i dati attualmente in nostro possesso possano essere considerati indicativi oppure definitivi.
Il sistema antiossidante
Per le loro caratteristiche, gli antiossidanti verosimilmente non agiscono in modo indipendente l'uno dall'altro, bensì fanno parte di un sistema che si attiva in modi e compartimenti diversi e che si potenzia e completa grazie ad ognuno di essi. Quanto si vede sperimentalmente fa pensare ad un sistema integrato in cui ogni elemento ha la sua importanza. Non a caso la vitamina E agisce in ambiente lipidico, la vitamina C in quello idrosolubile, il betacarotene a pressioni parziali di ossigeno più basse rispetto alla vitamina E e come seconda linea di difesa dopo l'esaurimento di quest'ultima. Per di più il sistema si automantiene attivo, dato che la vitamina C sembra ricostituire la forma attiva della vitamina E. Inoltre sembra esserci una relazione diretta tra il deficit di vitamina E e quello di selenio ed un sinergismo tra i due nell'azione protettiva delle perossidazioni in alcuni distretti. In effetti, pur trattandosi di due componenti diversi, e l'uno non possa rimpiazzare l'altro, è riportato che la carenza di selenio nell'organismo può essere aggravata da una simultanea carenza di vitamina E. L'azione di questi composti si integra non solo per le diverse aree di influenza ma anche nella capacità di neutralizzare, in maniera elettiva, diverse specie di agenti e fenomeni ossidativi. La vitamina E, ad esempio, previene prevalentemente le perossidazioni, la C neutralizza i radicali liberi che si formano nel citosol, nel plasma e nel liquido extracellulare, il betacarotene cattura l'ossigeno singoletto, il selenio, tramite la glutatione-perossidasi, previene la formazione del perossido di idrogeno e di altri idroperossidi.
Secondo dati sperimentali, l'importanza degli antiossidanti nella prevenzione della malattia aterosclerotica potrebbe derivare anche da attività che vanno oltre quelle esplicate sui radicali liberi, sull'ossigeno singoletto, sull'ossidazione delle LDL, ecc. Queste altre azioni potrebbero contribuire a spiegare l'utilità di questi composti nel prevenire i fenomeni ischemici. Nel caso della vitamina E, essa sembra avere la capacità di aumentare la deformabilità dei globuli rossi, inibire l'aggregazione piastrinica, stimolare la formazione di vasi collaterali, migliorare la resistenza all'ischemia durante lo sforzo fisico, aumentare le HDL e la risposta immunitaria. Per la vitamina C viene segnalata una sua azione antiinfettiva, una sua capacità di riduzione del livello plasmatico delle LDL e della colesterolemia totale. Questo perché all'acido ascorbico si attribuisce un'azione stimolante sulle funzioni e sulla proliferazione dei leucociti, che favorisce l'attività antimicrobica dei polimorfonucleati e conferisce una maggiore resistenza alle infezioni. Inoltre l'effetto ipocolesterolemizzante si otterrebbe in seguito ad una stimolazione dell'enzima 7-alfa-idrossilasi che è importante nella trasformazione del colesterolo in sali biliari.
Per quanto riguarda il beta-carotene, esso sembra essere depositato preferenzialmente nelle strie grasse della parete vasale che, come è ben noto, rappresentano la forma iniziale nello sviluppo di una placca aterosclerotica. Anche al selenio sono state attribuite azioni come la riduzione dell'aggregazione piastrinica; una sua carenza provoca un alterato trasporto di calcio transmembrana con possibilità di vasospasmo e rialzo pressorio, un'aumentata sensibilità all'azione vasocostrittrice delle catecolamine sulla parete vasale e una ridotta protezione contro la tossicità da metalli pesanti come cadmio, arsenico, piombo e mercurio. Naturalmente se queste attività saranno confermate, permetteranno una ulteriore e più definita caratterizzazione del ruolo delle vitamine e del selenio nell'eziopatogenesi della malattia atero-trombotica.
Caratteristiche generali degli antiossidanti naturali
Come si è già detto, i più importanti antiossidanti naturali sono la vitamina E, C, il beta-carotene ed il selenio. Il selenio rappresenta un caso a parte in quanto non è una vitamina e non agisce direttamente come antiossidante, ma è un costituente fondamentale della glutatione-perossidasi, un enzima ad attività antiossidante.
La Vitamina E
La vitamina E si trova in natura sotto forma di tocoferoli (alfa, beta, gamma, delta tocoferolo); l'alfa tocoferolo è considerato il più attivo. Principali fonti di vitamina E sono gli oli vegetali, al secondo posto seguono i germi di grano ed infine i vegetali ed ortaggi a foglia verde. Per la sua natura liposolubile essa tende ad accumularsi nelle lipoproteine circolanti, nelle membrane cellulari e nel tessuto adiposo. La vitamina E è un potente antiossidante e la sua funzione si svolge proprio in questi compartimenti lipofili, dove essa reagisce con l'ossigeno ed i radicali liberi proteggendo dalla perossidazione gli acidi grassi insaturi. La vitamina E, presente nelle lipoproteine, sembra agire come prima barriera di difesa dall'attacco delle sostanze ossidanti, svolgendo un ruolo essenziale nell'impedire l'ossidazione delle LDL.
La vitamina E ha molte azioni biologiche oltre all'effetto antiossidante sulle LDL, che possono favorire un effetto antiaterosclerotico ed antitrombotico (Tabella 1). A parziale conferma dei dati prodotti in laboratorio, esistono diversi studi epidemiologici indicativi di una possibile relazione tra bassi livelli di antiossidanti e più alto rischio di malattia atero-trombotica, ma solo i risultati dei trial clinici randomizzati (TCR) permettono di trasferire con sicurezza nella realtà clinica una ipotesi terapeutica. Tali studi clinici osservazionali e sperimentali costituiscono l'oggetto di questo contributo ed i loro risultati sono stati utilizzati per condurre delle meta-analisi "esplorative" in modo da riassumere "graficamente" (ed in modo scientificamente valido) lo stato attuale delle evidenze scientifiche disponibili sul ruolo delle vitamine antiossidanti nella prevenzione delle malattie cardiovascolari.
Gli studi sulla vitamina E
I risultati degli studi sulla vitamina E precedenti alla pubblicazione del GISSI-Prevenzione e dello studio HOPE sono presentati in Figura 1. Sono stati pubblicati i risultati di due studi di coorte di grande dimensione in cui si valuta il rapporto tra livelli di assunzione di vitamine antiossidanti (con la dieta e come supplementi) e rischio di cardiopatia ischemica: il primo su circa 40.000 maschi seguiti per 4 anni, il secondo su 87.000 donne seguite per 8 anni. In entrambi gli studi si è osservata una riduzione del 40% del rischio di sviluppare cardiopatia ischemica per i soggetti nel quintile più alto (rispetto a quello più basso) di assunzione di vitamina E. L'analisi distinta tra assunzione di vitamine solo mediante la dieta o con supplementi ha evidenziato che l'effetto protettivo sarebbe quasi totalmente attribuibile all'utilizzo di supplementi di vitamina E. Nello studio di Kushi et al, invece, solo l'assunzione di vitamina E con la dieta (e non con supplementi dietetici) è risultata associata con una riduzione del rischio di morte coronarica. In particolare, confrontando il tasso di mortalità dei soggetti appartenenti al quintile più alto di assunzione di vitamina E con quello dei soggetti del quintile più basso, questi autori hanno evidenziato una riduzione del rischio di morte coronarica pari al 62% (IC95% 20%-82%). Quest'ultimo risultato è particolarmente importante poiché: a) è stato ottenuto in uno studio ben condotto e di grande dimensione; b) conferma i risultati di altri studi prospettici precedentemente pubblicati; c) mette in dubbio l'utilità di supplementi vitaminici o multivitaminici rispetto all'adozione di abitudini alimentari corrette.
Mentre la meta-analisi degli studi caso-controllo fornisce risultati incerti (OR 0,95, IC95% 0,76-1,19), quella degli studi prospettici è estremamente suggestiva di un effetto importante della vitamina E nella prevenzione delle malattie cardiovascolari (OR 0,60, IC95% 0,52-0,70).
Sono disponibili solo i risultati di quattro TCR pre-GISSI Prevenzione condotti con metodologia adeguata. Nell'ATBC Study la supplementazione con basse dosi di vitamina E (50 mg/die) in 29133 fumatori maschi non ha influenzato in alcun modo, rispetto al gruppo con placebo, sia la mortalità totale che quella cardiovascolare. E' stato però osservato un lieve eccesso di ictus emorragici a fronte di una lieve riduzione degli ictus ischemici. Stephens e colleghi hanno randomizzato 2002 pazienti con CHD dimostrata angiograficamente a ricevere 400-800 UI di alfa-tocoferolo o placebo. Dopo circa 18 mesi di follow-up hanno osservato una riduzione del rischio di infarto miocardico non fatale (OR 0,23, CI 0,11-0,47), ma non una riduzione della mortalità cardiovascolare (OR 1,18, CI 0,62-2,27). Lo studio di Blot e colleghi, infine, ha evidenziato una riduzione del 9% della mortalità totale nei soggetti che assumevano una supplementazione dietetica di Vitamina E, betacarotene e selenio. E' stata però già sottolineata l'impossibilità di estrapolare questi risultati prodotti in Cina ad altre popolazioni. La meta-analisi dei principali TCR sulla vitamina E non fornisce, però, un risultato chiaro in favore della vitamina E (OR 0,96, IC95% 0,91-1,02).
Lo studio GISSI-Prevenzione
Si ripropongono per praticità le caratteristiche salienti dello studio GISSI-Prevenzione.
Le caratteristiche dei pazienti randomizzati nel GISSI-Prevenzione (lA ipertensione arteriosa; DM = diabete mellito; FE = frazione di eiezione). I pazienti con prognosi infausta sul breve periodo sono stati esclusi dallo studio (per es. tumore o scompenso cardiaco grave).
Durante lo studio i pazienti hanno mantenuto abitudini alimentari di tipo Mediterraneo: consumo regolare di olio d'oliva, frutta > o = 1/die, verdura fresca > o =1/die, pesce > o = 1/settimana.
Durante lo studio il 20% dei pazienti è stato rivascolarizzato con angioplastica o bypass coronarico.
I pazienti hanno ricevuto una prevenzione cardiovascolare "farmacologica" adeguata fino alla fine dello studio.
Il trattamento con vitamina E non ha ridotto significativamente la modalità totale
Il trattamento con vitamina E non ha modificato il rischio di infarto e ictus non fatali.
Lo studio HOPE
Disegno
Circa 9300 pazienti con esiti di malattia vascolare (infarto miocardico, ictus cerebrale o arteriopatia obliterante periferica) o pazienti diabetici ad elevato rischio cardiovascolare, sono stati randomizzati a ricevere vitamina E (400 IU/die), l'ACE-inibitore ramipril (10 mg/die), la combinazione dei due trattamenti o il placebo. I pazienti non dovevano presentare indicazioni specifiche agli ACE-inibitori, e quindi coloro i quali avevano segni e/o sintomi di disfunzione ventricolare sinistra o scompenso cardiaco non venivano inclusi nello studio. D'altra parte non era prevista formalmente una misura specifica di funzione ventricolare sinistra. I pazienti erano seguiti per un follow-up di 4.5 anni. L'end point principale dello studio era l'outcome combinato di modalità cardiovascolare, ictus cerebrale e infarto miocardico non fatale.
Risultati principali
Lo studio è stato interrotto il 22 marzo 1999 dal Comitato di Monitoraggio dello Studio per una chiara e significativa riduzione di mortalità cardiovascolare, ictus cerebrale e infarto miocardico (22%) nei pazienti allocati alla terapia con ramipril. Il beneficio era statisticamente significativo non solo in termini di end point combinato, ma per ognuna delle sue singole componenti.
Per quanto riguarda la vitamina E, sono state confermate le conclusioni dello studio GISSI-Prevenzione: nessun effetto della vitamina E sull'end point combinato o sulle sue componenti.
Messaggio
L'indicazione all'uso degli ACE-inibitori, oggi valida solo per i pazienti che presentano segni e/o sintomi di disfunzione ventricolare sinistra o scompenso cardiaco, dovrà probabilmente essere allargata a tutti i pazienti con coronaropatia, vasculopatia cerebrale o periferica documentate, indipendentemente dalla loro funzione ventricolare. La vitamina E non ha invece alcun supporto per un uso clinico diffuso.
Meta-analisi dei trial sulla vitamina E
I risultati del GISSI-Prevenzione e dell'HOPE mettono seriamente in dubbio l'utilità di un trattamento farmacologico preventivo con vitamina E. Una recente meta-analisi, su oltre 50000 pazienti reclutati nei maggiori trial (Tabella 2) conferma l'assenza di beneficio clinico della vitamina E in termini di modalità totale, cardiovascolare, coronarica e di infarto miocardico non fatale. L'utilizzo di 300-400 mg/di vitamina E non è un dosaggio basso considerando che i livelli raccomandati di assunzione giornaliera con la dieta corrispondono a circa 10 mg/die. I risultati degli studi epidemiologici (anche se non tutti) come il Nurses Health Study suggerivano importanti riduzioni degli eventi cardiovascolari (intorno al 40%) per dosaggi di vitamina E superiori ai 100 mg/die. E' difficile spiegare tale discrepanza, comunque bisogna tenere presente la "particolarità" dei soggetti che assumono spontaneamente per anni supplementi vitaminici. L'adozione contemporanea di corrette abitudini di vita, la maggior attenzione ai fattori di rischio e, forse, la presenza nella dieta di altre sostanze ad azione protettiva fino ad oggi "ignorate" dalla ricerca clinica potrebbero aver avuto un ruolo nel determinare risultati epidemiologici estremamente promettenti e risultati sperimentali altrettanto deludenti. Conclusioni
I risultati del GISSI-Prevenzione e dello studio HOPE permettono di dire che è alquanto improbabile che la somministrazione di vitamina E possa avere degli effetti clinici importanti. Sono state avanzate almeno quattro tipi di critica a questi risultati: a) la durata della somministrazione; b) la dose utilizzata; c) la modalità di somministrazione; d) l'uso di vitamina E "sintetica" e non naturale.
E' bene però considerare che:
Potrebbe essere necessario effettuare una terapia antiossidante per più di 3-5 anni, però la totale negatività dei risultati nello studio HOPE (durato almeno 5 anni) non lascia ben sperare in tal senso.
Le dosi testate in questi trial sono molto più alte di quelle associate con un beneficio negli studi prospettici osservazionali.
E' possibile che nei trial la vitamina E sia stata somministrata ai pasti e che ciò ne abbia determinato un minore assorbimento. Ciò però è verosimilmente successo anche negli studi epidemiologici che hanno avuto risultati positivi.
La vitamina "naturale" è una miscela di sostanze a diversa attività biologica. Per questo motivo sono stati definiti i "retinolo equivalenti" o Unità Internazionali (IU) quando si parla di vitamina E. Pertanto 300-400 IU di vitamina E sintetica corrispondono a circa 300-400 mg di vitamina E naturale e non si tratta di "dosaggi bassi", considerando che il fabbisogno giornaliero ottimale di vitamina E si aggira intorno alle 10 UI. In ogni caso, l'obiezione sull'uso di vitamina E sintetica vale anche per gli studi prospettici osservazionali, che però hanno avuto risultati positivi.
In conclusione, non è possibile accettare i risultati degli studi epidemiologici (perché positivi) e rifiutare quelli dei trial (perché negativi) sulla base di obiezioni che potrebbero essere sollevate per tutti gli studi.
Forse l'ipotesi più realistica è che il sistema antiossidante è molto complesso e che quindi non sia sufficiente agire su uno solo dei suoi componenti per ottenere risultati clinici significativi. La cosiddetta "dieta mediterranea" è ricca di numerose sostanze "protettive" dai vari polifenoli (anche l'aspirina è un fenolo) ai flavonoidi, ecc. E' possibile che, per evidenziare i suoi effetti positivi, la somministrazione di vitamina E debba avvenire in un milieu "protettivo" più globale. Sono attualmente in corso diversi trial con associazioni multivitaminiche e dovremo attendere i loro risultati per avere una risposta a questi quesiti. Anche questi trial, però, non potranno dare una risposta definitiva sull'ipotesi antiossidante: esistono molte altre sostanze ad azione antiossidante contenute nella dieta e la ricerca si è focalizzata per ora solo su alcune di esse. Nel frattempo, le evidenze scientifiche non supportano l'utilizzo di antiossidante per la prevenzione delle malattie cardiovascolari. Una dieta corretta e ricca di frutta, verdura, pesce ed olio di oliva è però senza dubbio consigliabile ed utile.
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