1 penna con cartuccia 30 mg/3 ml |
€ 24,53
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5 penne con cartuccia 30 mg/3 ml |
€ 122,65
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Efficacia clinica
La prima segnalazione attestante l’utilità dell’apomorfina nel trattamento del morbo di Parkinson risale agli inizi degli anni ’50. La necessità di impiegare l’apomorfina per via parenterale e il suo elevato potere emetizzante (per questa sua proprietà, sino a qualche anno fa la Farmacopea la elencava tra i farmaci obbligatori per le farmacie) hanno però frenato i possibili sviluppi della ricerca. A tutt’oggi, risultano pubblicati 16 studi clinici, nella maggior parte dei casi condotti in aperto; solo due studi sono controllati con placebo, in doppio cieco. Tutti confermano l’efficacia del farmaco nel morbo di Parkinson. In Inghilterra, l’apomorfina è in commercio dal 1993; in Francia dal 1992 (dal 1996 le penne preriempite).
Per la rapidità e la breve durata d’azione, l’apomorfina trova un suo preciso razionale d’impiego come trattamento di "salvataggio" per stabilizzare i pazienti che vanno incontro a gravi, quanto imprevedibili, fluttuazioni motorie (periodi "off") resistenti alla levodopa o ad altri dopaminergici.
La somministrazione sottocutanea, nell’arco di 10-15 minuti riporta il paziente in fase "on" per un periodo di circa 45 minuti.
Controindicazioni
L’apomorfina è controindicata nei pazienti con depressione respiratoria e del sistema nervoso centrale, in pazienti allergici agli oppiacei, in pazienti con demenza o problemi neuropsichiatrici. Non va inoltre impiegata nei pazienti che hanno manifestato disturbi neuropsichiatrici (confusione mentale, allucinazioni visive, psicosi), discinesie gravi o ipotonia dopo trattamento con levodopa.
Effetti indesiderati
L’apomorfina provoca nausea e vomito che possono essere controllati con domperidone (vedi Precauzioni). Nel corso delle prime settimane di trattamento può verificarsi una transitoria sedazione del paziente. Durante i periodi "on", il farmaco può causare discinesie anche gravi, talora tali da imporre la sospensione del trattamento. Gli effetti indesiderati di tipo neuropsichiatrico (es. modificazioni della personalità, confusione mentale e allucinazioni visive) hanno una incidenza inferiore a quella degli altri farmaci antiparkinsoniani. L’ipotensione posturale è occasionale; di raro riscontro sono l’anemia emolitica autoimmune e l’eosinofilia (vedi Precauzioni).
In una elevata percentuale di pazienti, soprattutto in quelli trattati con alte dosi, le iniezioni multiple inducono lo sviluppo di noduli sottocutanei. Il rispetto di rigorose norme igieniche al momento della somministrazione e la rotazione delle sedi di inoculo possono ridurre questo rischio. Il trattamento con ultrasuoni viene da più parti suggerito quale trattamento elettivo per la eliminazione dei noduli.
Precauzioni
Per prevenire l’insorgenza di nausea e vomito, la somministrazione di apomorfina deve essere preceduta da un trattamento con domperidone per via orale (es. Motilium, Peridon). Il domperidone è in grado di contrastare gli effetti periferici dell’apomorfina senza interferire coi meccanismi centrali (non attraversa infatti la barriera ematoencefalica). L’assunzione di domperidone (20 mg tre volte al giorno) va iniziata 3 giorni prima del trattamento con apomorfina e continuata sino a quando non si sia sviluppata tolleranza nei confronti degli effetti dopaminergici periferici dell’apomorfina stessa.
Nei pazienti in trattamento con levodopa e apomorfina è necessario effettuare un emocromo completo ogni 6 mesi onde verificare la presenza di anemia emolitica.
Interazioni
Gli effetti terapeutici dell’apomorfina possono essere antagonizzati dalla somministrazione contemporanea di farmaci che inibiscono i recettori centrali dopaminergici come la metoclopramide e i neurolettici.
Dosaggio e modalità di somministrazione
La dose ottimale di apomorfina e la frequenza delle somministrazioni quotidiane devono essere strettamente individualizzate sotto stretto controllo specialistico. Dopo un pretrattamento di 3 giorni con domperidone e dopo aver sospeso la dose serale del dopaminergico in uso per indurre la comparsa di un periodo "off", si somministrano dosi-test crescenti di apomorfina (da 1,5 sino a 7 mg) ad intervalli di 40 minuti l’una dall’altra, al fine di determinare la dose minima efficace. Una volta ripresa l’assunzione del dopaminergico abituale, la somministrazione sottocutanea "al bisogno" va iniziata con una iniezione di 1 mg (o di 20 mcg/kg); se questa dose iniziale risulta inadeguata si possono apportare aumenti posologici graduali di 1 mg in relazione alla risposta motoria sino ad ottenere un controllo soddisfacente dei sintomi. Nell’arco della giornata possono rendersi necessarie fino a 10 iniezioni, anche se la maggior parte dei pazienti ne usa in media 5. L’intervallo di dosi comunemente utilizzato è compreso tra 3 mg e 30 mg al giorno; una singola dose non dovrebbe superare i 10 mg. I pazienti che necessitano di più di 10 iniezioni al giorno e quelli che rispondono solo parzialmente possono beneficiare della infusione sottocutanea continua (da effettuare presso centri specialistici con una preparazione specifica, Apofin 50mg/5ml). Una volta che il paziente sia stabilizzato, si può procedere alla riduzione della dose di levodopa o degli altri dopamino-agonisti.
L’iniezione va praticata nella parete addominale o nella parte esterna della coscia (ruotando la sede). La formulazione in penna preriempita consente l’autosomministrazione, ma è necessario un adeguato addestramento del paziente e/o di un suo familiare e occorre fare in modo che, in caso di difficoltà, il paziente possa essere seguito da un infermiere domiciliare.