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Proprietà farmacologiche
Aflibercept è un farmaco anti-VEGF registrato con procedura centralizzata europea nel trattamento della degenerazione maculare neovascolare senile1. Il Fattore di Crescita Vascolare Endoteliale extravascolare (VEGF) è una proteina endogena coinvolta nei processi biologici che iniziano e mantengono lo sviluppo di nuovi vasi sanguigni, regolano la permeabilità dei vasi e l’infiammazione, tutti fattori che si ritiene contribuiscano allo sviluppo e alla progressione della degenerazione maculare neovascolare (essudativa) correlata all’età2. Il VEGF agisce attraverso i recettori della tirosina-chinasi presenti sulla superficie delle cellule endoteliali. L’attivazione eccessiva di questi recettori può determinare una neovascolarizzazione patologica e una eccessiva permeabilità vascolare. Aflibercept è una proteina di fusione ricombinante che agisce come falso recettore, come “trappola” che lega il VEGF con una affinità superiore a quella dei recettori naturali1,3. Come il ranibizumab, aflibercept viene somministrato direttamente nel corpo vitreo dove esercita effetti locali sull’occhio. In seguito alla iniezione inravitreale sono stati segnalati effetti indesiderati sistemici, fra cui emorragie non oculari ed eventi tromboembolici arteriosi, verosimilmente correlati alla inibizione del VEGF sistemico3. Aflibercept, libero e legato al VEGF, viene eliminato mediante catabolismo proteolitico.
Efficacia clinica
La degenerazione maculare legata all’età (AMD) è una malattia che colpisce la parte centrale della retina (macula) e causa distorsioni delle immagini e perdita della visione centrale, necessaria ad esempio per guidare e leggere. Circa il 10% dei pazienti con AMD presenta la forma neovascolare (essudativa) caratterizzata dalla formazione di nuovi vasi sanguigni al di sotto della retina che trasudano sangue e liquidi. Gli edemi e le emorragie subretiniche che ne conseguono provocano una riduzione progressiva della vista, sino alla cecità improvvisa. L’AMD colpisce il 4-8% dei soggetti con più di 70 anni. I pazienti che sviluppano la AMD in un occhio corrono un rischio cumulativo di sviluppo della malattia nell’altro occhio che varia dal 4% al 12%. Il farmaco antiangiogenetico di riferimento nel trattamento intravitreale della AMD è il ranibizumab (Lucentis)4. Per molto tempo, per questa indicazione è stato utilizzato off label (nell’ambito della legge 648/96) anche il bevacizumab (Avastin), con frazionamento di diverse dosi individuali dalla stessa fiala e con un costo 100 volte inferiore a quello del ranibizumab. In uno studio di confronto “testa a testa”, promosso dal National Institute of Health (NIH), ranibizumab e bevacizumab hanno mostrato effetti equivalenti sull’acuità visiva, con una minore incidenza di endoftalmite per il primo (0,04% vs 0,07%), corrispondenti a 2 casi su 5.449 iniezioni e 4 su 5.5085. Una interpretazione univoca dei risultati dello studio ha portato l’AIFA a togliere il bevazimab dalla 648 e, di fatto, a bloccarne l’uso off label. L’EMA ha approvato l’aflibercept sulla base di due studi multicentrici randomizzati, in doppio cieco, di “non inferiorità” (VIEW 1 e VIEW 2), condotti su un totale di 2.457 pazienti con AMD essudativa di età media di 76 anni1. Entrambi gli studi hanno confrontato aflibercept a vari schemi di somministrazione (2mg ogni 4 settimane; 0,5mg ogni 4 settimane; 2mg ogni 8 settimane; 2mg ogni 4 settimane per 3 mesi consecutivi seguiti da 2mg ogni 8 settimane) vs ranibizumab 0,5mg ogni 4 settimane1. Il criterio principale di valutazione di efficacia era rappresentato dalla percentuale di pazienti che dopo 52 settimane mantenevano la vista, definita come perdita di meno di 15 lettere di acuità visiva nel punteggio ETDRS (Early Treatment Diabetic Retinopathy Study), corrispondente a tre linee alla tavola ottometrica di Snellen. Nei due studi, la “non inferiorità” di aflibercept rispetto a ranibizumab [fissata in un margine del 10% nel valore superiore dell’intervallo di confidenza (IC 95%)] è stata dimostrata per tutti e tre gli schemi di somministrazione. Nell’analisi combinata dei dati dei due studi, considerando il regime posologico registrato (2mg ogni 4 settimane dopo 3 dosi iniziali mensili), l’end point primario è stato raggiunto dal 95% dei pazienti trattati con aflibercept e dal 94% di quelli trattati con ranibizumab. La percentuale di pazienti che hanno guadagnato almeno 15 lettere di visione rispetto al basale (end point secondario) è stata del 31% con aflibercept e del 32% con ranibizumab. Anche nell’altro end point secondario, la variazione media della miglior acuità visiva corretta (BCVA) misurata con il punteggio ETDRS, non sono emerse differenze significative tra i due farmaci: 8,4 con aflibercept e 8,7 con ranibizumab. A partire dalla 52a settimana, tutti i pazienti sono stati visitati ogni mese e trattatati con frequenza trimestrale o, se necessario, mensile, sulla base di criteri di ritrattamento predefiniti, tra i quali un aumento dello spessore retinico ≥100μ valutato mediante tomografia a coerenza ottica (OTC) o una perdita ≥25 lettere di acuità visiva nel punteggio ETDRS. L’esito di efficacia (mantenimento dell’acuità visiva) alla settimana 96, relativo al 90% della popolazione originariamente arruolata, è risultato del 92,4% nel gruppo aflibercept e del 91,6% nel gruppo ranibizumab1,6. Nel corso dei 2 anni, il numero medio di iniezioni è stato di 11,2 con aflibercept e 16,5 con ranibizumab, mentre durante il secondo anno è stato rispettivamente di 4,1 e 4,61,6.
Effetti indesiderati
Nei due studi, le reazioni avverse più frequenti associate alla procedura di iniezione sono risultate le emorragie congiuntivali: 25% con aflibercept vs 28% con ranibizumab1. Altri effetti indesiderati comuni sono stati il dolore oculare (9% circa con entrambi i farmaci), la degenerazione della retina (7% circa nei due gruppi), l’emorragia retinica (7% vs 8%), il distacco del corpo vitreo (6% vs 5,5%) e la sua opacizzazione (6% vs 7%), l’aumento della pressione intraoculare (5% vs 7%)1. Gli effetti indesiderati più gravi potenzialmente correlati all’inibizione sistemica del VEGF sono gli eventi tromboembolici arteriosi (TEA), definiti dall’Antiplatelet Trialists’ Collaboration come infarto miocardico non fatale, ictus non fatale e morte vascolare. Nelle 96 settimane di durata degli studi VIEW1 e VIEW2, l’incidenza di TEA è risultata analoga: 3,3% nel gruppo combinato di pazienti trattati con aflibercept e 3,2% nei pazienti trattati con ranibizumab1.
Modalità di somministrazione
Il flaconcino contiene il doppio della dose raccomandata. Il volume estraibile dal flaconcino (0,1ml) va parzialmente eliminato prima di procedere all’iniezione premendo lo stantuffo allineando la base cilindrica della sua punta arrotondata con la linea nera di misurazione posta sulla siringa equivalente a 0,05ml (50μl), cioè a 2mg di aflibercept.
Costo
Il trattamento con aflibercept ha un costo di circa il 20% più basso rispetto a ranibizumab il primo anno e di oltre il 50% il secondo.
Farmaco | Schema di trattamento | Costo per anno (€) |
Aflibercept | Una iniezione al mese da 2mg per tre dosi consecutive, seguite da una iniezione ogni 2 mesi. Dopo i primi 12 mesi di trattamento, è possibile prolungare l’intervallo tra le somministrazioni in base agli esiti visivi e anatomici | 1° anno: 6.300 2°anno: 3.600* |
Ranibizumab | Una iniezione al mese da 0,5mg sino a raggiungimento della massima acuità visiva (monitorata mensilmente). Il trattamento mensile deve essere ripreso quando il monitoraggio indica una riduzione dell’acuità visiva | 1° anno: 7.700 2°anno:5.500** |
* costo calcolato per 4 iniezioni il 2° anno (come da studi registrativi) ** costo calcolato sulla base di 7 iniezioni il 1° anno e 5 il 2° (come da studi registrativi) |
1. European Medicines Agency. European Public Assessment Report (EPAR) for Eylea (aflibercept). EMEA/H/C/002392. 20 September 2012. www.ema.europa.eu
2. Ferrara N. Vascular endothelial growth factor: basic science and clinical progress. Endocr Rev 2004; 25:581-611.
3. Eylea. Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto (RCP).
4. National Institute for Health and Clinical Excellence. Technology appraisal guidance 155; Ranibizumab and pegaptanib for the treatment of age-related macular degeneration. August 2008 (and modified in May 2012). www.nice.org.uk
5. CATT Research Group. Ranibizumab and bevacizumab for neovascular age-related macular degeneration. New Engl J Med 2011; 364:1897-908.
6. Schmidt - Erfurth U et al. Intravitreal aflibercept injection for neovascular age-related macular degeneration: ninety-six-week results of the VIEW studies. Ophthalmology 2013 Sept 29 [Epub ahead of print].
Data di Redazione 02/2014
Aflibercept è il secondo farmaco antiangiogenetico inibitore del VEGF registrato nel trattamento della degenerazione maculare neovascolare correlata all’età. Rappresenta una alternativa al ranibizumab rispetto al quale si è dimostrato “non inferiore” nel mantenimento della vista e con lo stesso profilo di effetti indesiderati in due studi registrativi della durata di un anno.