La ricerca clinica ha cominciato a interessarsi dei farmaci ipocolesterolemizzanti negli anni 602. Da allora ad oggi sono stati testati e commercializzati numerosi principi attivi con meccanismi d’azione molto diversi. Decennio dopo decennio si sono succeduti l’acido nicotinico e i suoi derivati (es. acipimox), le resine a scambio ionico, i fibrati, le statine, gli inibitori dell’assorbimento del colesterolo e, più recentemente, gli anticorpi monoclonali anti-PCSK9, senza contare i derivati tiroidei (es. tiratricol), il meglutolo, il tiadenolo, i fitosteroli, il lievito di riso rosso2,3. Tra il 2006 è il 2015 è stato sospeso invece lo sviluppo di tre farmaci, appartenenti al gruppo degli inibitori della proteina di trasferimento degli esteri del colesterolo, sia per un eccesso di mortalità (torcetrapib) sia per l’assenza di efficacia nel ridurre degli eventi cardiovascolari (dalcetrapib e evacetrapib) (la sperimentazione sull’anacetrapib è invece ancora in corso)4.
Attualmente i farmaci ipocolesterolemizzanti in commercio (anche in Italia, ndr) appartengono a 5 gruppi principali5.
Statine
Sono degli inibitori della HMG-CoA reduttasi, un enzima che interviene nella tappa iniziale limitante della sintesi epatica del colesterolo2. Fra le diverse statine (atorvastatina, fluvastatina, lovastatina, pitavastatina, pravastatina, rosuvastatina, simvastatina) solo la simvastatina e la pravastatina hanno efficacia dimostrata in termini di morbidità e mortalità totale e cardiovascolare in certi pazienti3,5. La pravastatina espone a meno interazioni farmacocinetiche rispetto alla simvastatina. L’atorvastatina ha una efficacia dimostrata solamente in termini di prevenzione cardiovascolare5. Nel 2001 è stata ritirata dal mercato la cerivastatina per i numerosi casi di morte dovuti a grave rabdomiolisi, in alcuni casi alcuni segnalati in associazione con il gemfibrozil5,6.
Fibrati
Nonostante siano in commercio da moltissimi anni e i numerosi studi, non è ancora chiaro il meccanismo con cui i fibrati diminuiscono le lipoproteine e aumentano il colesterolo HDL. Una possibilità è che si leghino ai recettori che regolano la trascrizione dei geni2,4. I fibrati commercializzati nel tempo sono numerosissimi come ad es. ciprofibrato, clinofibrato, etofibrato, beclobrato, binifibrato, sitofibrato, tocofibrato, bezafibrato, fenofibrato, gemfibrozil (solo gli ultimi tre sono in commercio in Italia ndr.). Il gemfibrozil è il solo fibrato per il quale sia stato dimostrato qualche beneficio sul rischio di infarto miocardico3,5 mentre il clofibrato è stato associato ad un eccesso di mortalità per patologie anche di tipo neoplastico4.
Sequestranti gli acidi biliari
La colestiramina e il colestipol sono resine cariche positivamente (in Italia disponibili colestiramina e colestrano, un policatione naturale ndr.) che si legano agli acidi biliari a carica negativa. In ragione del loro peso molecolare elevato non vengono assorbiti dalla mucosa intestinale. Siccome più del 95% degli acidi biliari viene normalmente riassorbito, queste sostanze portano a una deplezione di acidi biliari a cui consegue un aumento della loro sintesi epatica a partire dal colesterolo2.La valutazione clinica della colestiramina ha mostrato un beneficio in termini di riduzione del rischio di infarto del miocardio in certi pazienti5.
Inibitori dell’assorbimento del colesterolo
L’ezetimibe è un inibitore dell’assorbimento intestinale del colesterolo e dei fitosteroli simili. La sua efficacia clinica in monoterapia non è dimostrata così come non lo è la riduzione della mortalità quando associato ad una statina. Si sospetta che possa avere un effetto cancerogeno5,7.
Acido nicotinico e derivati
L’acido nicotinico, o vitamina PP o niacina, appartiene al gruppo delle vitamine B. Nel tessuto adiposo inibisce la lipolisi dei trigliceridi. Si riduce quindi la disponibilità di acidi grassi necessari alla sintesi epatica delle lipoproteine1. Malgrado venga utilizzato da tanto tempo, l’acido nicotinico non ha efficacia cardiovascolare dimostrata. In Italia non è in commercio ma è disponibile un suo derivato, l’acipimox, autorizzato solo come trattamento aggiuntivo o alternativo nell’iperlipoproteinemia di tipo IIb e di tipo IV. Si tratta di patologie che riguardano l'ipertrigliceridemia, con o senza aumento del colesterolo.
L’associazione acido nicotinico + laropiprant è stata ritirata dal mercato nel 2013 a causa di effetti indesiderati talvolta gravi e un probabile aumento della mortalità8.
Anticorpi monoclonali anti-PCSK9
Evolocumab e alirocumab sono anticorpi anti-PCSK9 (in corso di sviluppo anche bococizumab). Questi farmaci rallentano la degradazione dei recettori destinati a fissare il colesterolo LDL proveniente dalla circolazione sanguigna, con conseguente riduzione della colesterolemia LDL. Inducono una riduzione importante della colesterolemia LDL ma a oggi il loro effetto sulle complicanze cardiovascolari non è ancora conosciuto e il loro profilo di effetti indesiderati non è ben definito4,9.
In conclusione: molte scelte ma scarsi successi. La riduzione della concentrazione dei lipidi plasmatici non è fine a se stessa. Quello che conta è diminuire il rischio di morte prematura e di eventi cardiovascolari maggiori. In 50 anni, nonostante la moltitudine di farmaci “per il colesterolo”, dobbiamo constatare che il bilancio non è certo entusiasmante. Solo la simvastatina e la pravastatina nel gruppo delle statine hanno un effetto dimostrato sulla riduzione della mortalità in prevenzione secondaria ossia nei pazienti a rischio cardiovascolare molto elevato. Per contro è dimostrato, o è probabile, che quattro farmaci anticolesterolo aumentino la mortalità.
Bibliografia 1. 50 ans de medicaments du cholesterol, en bref. La Revue Prescrire 2016; 36:332. 2. Bersot TP “Drugs therapy for hypercholestorolemia and dyslipidemia”. In: Brunton I et al. “Goodman and Gilman’s The Pharmacological basis of therapeutics” 12th ed. McGraw Hill New York 2011:877-908. 3. "Lipid regulating drugs”, “Archive of deleted monographs”. In: Martindale The complete drug reference” The Pharmaceutical Press, London. Site www.medicinescomplete.com consulté le 22 février 2016. 4. Canadian Agency for Drugs and Technologies in Health “PCSK9 inhibitor monoclonal antibodies for the treatment of hypercholesterolemia” CADTH issues in emerging health technologies n° 145, Ottawa 2015:33 pages. 5. Prescrire Rédaction “2-6. Patients ayant une hyperlipidemie” Rev Prescrire 2015; 35(386 suppl. Interactions médicamenteuses). 6. Prescrire Rédaction “Rhabdomyolyse ed cérivastatine – suite” Rev Prescrire 2001; 21(220):595. 7. Prescrire Rédaction “atorvastatine + ézétimibe-Liptruzet°, Hypercholestérolémies: encore une association à doses fixes sans progrès” Rev Prescrire 2016; 36(388):97. 8. Prescrire Rédaction “Acide nicotinique + laropiprant: retrait mondial bienvenu” Rev Prescrire 2013; 33(356):422. 9. Cainzos-Achirica M et al. “PCSK9 inhibitors: a new era in lipid-lowering treatment? Ann Intern Med 2015; 163(1):64-65.
Una breve nota anche per concludere questo anomalo, ma ragionevolmente utile, confronto con la rubrica di Prescrire che può essere considerata come corrispondente alla nostra Bussola. Ci sembrano interessanti tre considerazioni.
1. Pur basandosi tutti sulla stessa metodologia di analisi della letteratura che produce “evidenza” (sostanzialmente, ma non solo, i clinical trial condotti con una metodologia che si può considerare appropriata), i giudizi che portano a formulare raccomandazioni prescrittive (per i farmaci e/o per le strategie di presa in carico più complessive) possono variare.
L’esempio più concreto in questo caso è dato dalla valutazione sulle statine. Mentre non c’è dubbio che la pressione ad un loro uso generalizzato, in qualche modo a prescindere dal livello di rischio e dall’età, è dominante, la conclusione “farmaconcentrica” che viene proposta è certo riduttiva. Una discriminante è sul prezzo, in rapporto alla disponibilità di generici (v. rosuvastatina): ma si può in generale concludere che il loro ruolo nella prevenzione, primaria e secondaria, è più acquisito, e deve essere valutato soprattutto in rapporto ai livelli di probabilità di beneficio.
E il problema per le “nuove” proposte per il colesterolo dipende soprattutto dalla “saggezza” con cui si evita la loro estensione (per problemi di rapporto costo/utilità) al di là delle popolazioni, ristrette, per le quali il rischio è elevato per cause ben documentate. 2. Il problema più generale –e molto importante per le implicazioni di salute pubblica (efficacia+costi)– è quello che riguarda il passaggio dalla valutazione dei singoli farmaci alla loro utilizzazione nel caso (che è dominante) di co-morbidità. Si rimanda in questo senso per il campo cardiovascolare ai tanti contributi che sono stati pubblicati su IsF; da questo numero (v. le review sui farmaci antidiabetici (pag. 11); alla review oncologica del numero precedente1, alle rubriche di M. Tombesi sulla medicina generale2-5, alle osservazioni sui trial più recenti e spesso controversi ricordati negli editoriali (es. IsF 2015; 3:61). 3. Pur mantenendone l’importanza, metodologica e conoscitiva, le “bussole” devono essere sempre più considerate per quello che sono: una delle componenti di una formazione permanente ad una “appropriatezza” che non può né deve essere una “trappola” (v. ancora una volta, M. Tombesi). La Redazione
Bibliografia
1. Roila F. et al. Antichi vizi e nuove virtù. Le novità in Oncologia medica degli ultimi due anni. IsF 2015; 4:91. 2. Tombesi M. Strascichi influenzali. IsF 2015; 1:22. 3. Tombesi M. Appropriatezza degli esami o del sistema sanitario? IsF 2015; 2:47. 4. Tombesi M. L’insostenibile pesantezza delle evidenze. IsF 2015; 3:75. 5. Tombesi M. Decretato lo stato di appropriatezza. IsF4:2015 - 1:2016;122.