La decisione sull'editoriale è stata questa volta molto facile. Mentre il numero era ormai in chiusura, il discorso di accettazione della nomina a presidente della British Medical Association di M. Marmot ha cancellato le altre proposte. Sperando che tutti lo leggano nella sua versione originale (anche linguisticamente, un vero piacere) si è pensato fosse importante "adottarlo" qui, attraverso la proposta di alcuni brani, come eco-specchio di una carta di identità, che si vorrebbe fosse non solo di IsF, ma [almeno] di tutti coloro che lavorano in campo sanitario in Italia. Una mini-nota prima di lasciarsi prendere per mano da M.Marmot: è difficile pensare ad un percorso di ricerca più produttivo del suo, in epidemiologia, salute pubblica e morbi-mortalità cardiovascolare, diritti e diseguaglianze in salute. E, soprattutto, lungo gli anni, tantissimi, di attività, un cammino sempre in crescita: diversificandosi, rigoroso, lucido, provocatore. Il suo essere – nel 2008 – Coordinatore del rapporto WHO sui Social Determinants of Health (SDH) – poteva essere un punto di arrivo prestigioso, conclusivo di un percorso: si è trasformato, nel senso più letterale, in un punto di partenza di nuova creatività.
"La mia ricerca è stata focalizzata sulle diseguaglianze nella salute: le circostanze dove la gente nasce, cresce, vive, lavora, invecchia sono decisamente più importanti dei deficit dei nostri sistemi sanitari. Le malattie cardiache non sono causate da un deficit di statine: l'ictus non ha come causa una deficienza di farmaci ipotensivi. Ho cercato di identificare, al di là delle cause delle diseguaglianze, le cause delle cause: che hanno radici sociali ed economiche."
"Sogno di una notte di mezz'estate" aveva definito Marmot prima la proposta, e quindi ancor più l'avvenuta elezione sua a presidente della BMA, una delle cariche istituzionali più prestigiose (e più "tradizionali") non solo del Regno Unito, ma della storia sanitaria internazionale. Al cuore di questo senso di "sogno" shakesperiano non è il prestigio del posto: è lo spaesamento per la di-stanza che c'è tra una carica che è normalmente di rappresentanza e di sostegno-difesa di una corporazione, e la "scelta obbligata di un'agenda fatta di immaginazione", come unico modo di essere coerente con una storia di ricerca senza sosta e senza confini su dati di fatto, di cui non si possono ignorare le implicazioni.
"Concludendo un articolo scientifico, era quasi obbligatorio un ritornello: è necessaria più ricerca, è necessaria più ricerca… Ora il ritornello cambia: è necessaria più azione, è necessaria più azione… I due ritornelli sono in perfetta armonia. In fondo, si tratta di passare dal lavorare per fare buona ricerca, al lavorare in vista di una buona società, e di fare perciò buona ricerca… [Secondo il titolo del rapporto commissionatomi dal Governo] "Fair society: Healthy lives"… se si prende sul serio il camminare verso una società più giusta, la salute non può che migliorare, e le diseguaglianze diminuire."
Avere immaginazione creativa in un tempo dichiarato di crisi e perciò di rassegnazione e difesa: identificare in questo "sogno" l'identità concreta, ed il contributo specifico, di coloro che lavorano in sanità: fare del "ritornello" di una società più giusta la parola-chiave per collegare intelligenza-ricerca, e stile di presenza istituzionale. "Sarebbe bello", verrebbe da dire, sentire ritornelli di questo tipo almeno nella bocca di qualche autorità "sanitaria" di casa nostra: a livello centrale e/o regionale e/o locale: fuori o dentro dagli ordini professionali e/o delle società scientifiche: per investire in dignità di intelligenza [almeno] diagnostica dei problemi, e non dipendere da messaggi-dati che pretendono di fare della "diagnosi di crisi" il passpartout per giustificare l'abdicazione o l'adeguamento alle "restrizioni": anzitutto del pensiero.
"Chiudere l'abisso di diseguaglianze in una generazione": era il motto del rapporto SDH-2008. Presa in giro? millantato credito? un baratro di 44 anni di differenza di speranza di vita tra i paesi, e di 18 anni di vita all'interno dello stesso paese? da colmare in una generazione? Eppure la nostra affermazione era ben solida: abbiamo le conoscenze ed i mezzi. Abbiamo la volontà politica? Un esempio: dicevamo che 1 miliardo di persone vivono in slums, non-luoghi di periferie-baracche. Costo stimato per migliorarle: ± 100 miliardi di dollari. Ovvio pensare: nessuno ci può prendere sul serio: Dove trovarli? L'ultima volta che ho guardato ai conti globali ho visto che si erano trovati 9 trilioni di dollari per salvare le banche. Bastano "spiccioli" perché ogni abitante degli slums possa avere almeno acqua potabile."
Il SDH è un rapporto di tecnici, non-rivoluzionari, anzi, decisamente moderati: rispettano soltanto la regola di chiamare le cose con i loro nomi, e di mantenere – quando si ascoltano le "narrazioni" ed i ritornelli strettamente economico-finanziari che invocano la crisi per giustificare tagli e negare investimenti – la distanza e la lucidità per dire che si tratta di falsità. Come sarebbe quella del medico che per riabilitare al moto prescrivesse la immobilità più rigorosa. Il gioco del linguaggio, nella sanità come nella società, è fondamentale nel determinare atteggiamenti che diventano più vincolanti delle conoscenze, e che più facilmente si trasformano in passività – intellettuale, e perciò operativa – rispetto a "dati di fatto".
"…quando parliamo del che fare per ridurre le diseguaglianze, discutiamo se dobbiamo puntare sul fumo, o l'obesità, o le politiche vaccinali. Risentiamo Holfdan Mahler, il leggendario direttore-generale dell'OMS, alla WHA della metà degli anni '80: "Voi immaginate di essere immersi fino al collo in una palude per combattere coccodrilli: ricordatevi che siamo qui anzitutto per prosciugare la palude". Colleghi: se vogliamo combattere i coccodrilli delle diseguaglianze della salute, dobbiamo prosciugare la palude: il confronto deve essere con le conseguenze di un contesto economico e sociale, e con le cause delle cause delle diseguaglianze nell'accesso al diritto alla salute."
E' impressionante – e rallegra – essere rimandati ad una citazione di quelle che "si usavano un tempo", da parte di qualcuno che parla con autorità da tecnico in un discorso istituzionale. Allegria di ritrovare la logica della progettualità. Che non nega niente delle scadenze, delle urgenze, delle difficoltà: i coccodrilli ci sono, e come: ma non sono l'emergenza che cancella le regole di fondo: sono il pro-memoria della palude. Si sa ormai tutti che la logica dell'emergenza è fatta, mantenuta, coltivata, ripetuta come un mantra, per cancellare il pensiero stesso di poter-dovere ragionare in termini di progetto e di rispetto delle regole e dei valori. La "crisi" è un sinonimo di emergenza, e di quella "sicurezza" che aveva chiesto di obbedire anche all'ordine di denunciare i "clandestini". La modernità di questo "sognante" presidente della BMA è nella sua tranquillità di ricordare che solo la memoria permette di vedere le cose nel loro posto-contesto: non intrappolati da pseudo-emergenze del presente, per essere disponibilicapaci di progettare (cose non facili) per il futuro.
"…mi sono trovato, in questi ultimi anni, ad essere colpito da 3 condizioni cliniche particolari …: uno stato di eccitazione nel fare ("Abbaiano, Sancho: vuol dire che stiamo cavalcando, ci muoviamo") …; una perdita selettiva d'udito: non riesco a sentire il cinismo...; qualcosa è capitato anche ai miei occhi: si inumidiscono fino a volte a mettermi in imbarazzo…: quando l'antico Primo Ministro del Mozambico commentava il SDH dicendo che non si sentiva tanto emozionato dal momento dell'indipendenza del suo paese…; quando ho visto la Self Employed Women's Association lavorare per le più povere e marginalizzate donne dell'India – per il diritto al lavoro, gli schemi di micro-credito, la cura dei bambini, l'assicurazione sulla salute, il risanamento degli slums; …in Thailandia si parlava del triangolo che muove le montagne: conoscenza, politica, e la gente. Gli occhi erano rimasti asciutti: fino a che i ragazzi Thai presero a cantare: 'Siamo tutti stelle dello stesso cielo. Siamo tutti onde dello stesso mare. E' tempo di imparare a vivere come uno.' Del dopo non ricordo più nulla."
Il discorso di M.Marmot va avanti, in modo molto tecnico, toccando Adam Smith e le dottrine economiche, gli impegni degli Stati, il disincanto di sapere che la BMA è in Inghilterra che condivide con gli USA alcuni tra gli indici più pesanti delle diseguaglianze. Ma è forse bene chiudere qui le citazioni. E' una vecchia tradizione di queste pagine "editoriali" quella di proporre-sperimentare contaminazioni di punti di vista e di linguaggi come unico modo per "vedere" (e magari anche un po' capire) le cose che succedono: non subirle come oggetti fattuali di cronaca, ma come una provocazione-invito a non stancarsi di pensare-fare "come se" la realtà fosse luogo e tempo in cui si cammina. Non solo, né principalmente, per "usare bene i farmaci". In fondo (e questo numero di IsF ce lo ricorda ancora una volta) non c'è nulla di particolarmente nuovo o difficile in questo compito, peraltro imprescindibile. Il sogno di una notte di mezza estate di Michael Marmot è un augurio che sarebbe bello potessimo condividere: anzitutto, e almeno, sognandolo anche noi, con la stessa libertà e lucidità.
Data di Redazione 06/2010