In un mercato sempre vivo come quello dei farmaci per dimagrire, a maggio, così come successo mesi prima negli altri paesi europei, ma in controtendenza rispetto agli Stati Uniti dove la FDA ne ha negato l'autorizzazione, in Italia è entrata in commercio l'ultima novità. Si tratta del rimonabant (Acomplia Sanofi-Aventis), registrato per il trattamento dei pazienti obesi e in sovrappeso con fattori di rischio quali diabete di tipo 2 o dislipidemia, in aggiunta alla dieta e all'esercizio fisico. Le affermazioni contenute nel materiale promozionale -"rimonabant ha effetti benefici sui fattori di rischio cardiometabolici", "circa la metà degli effetti….sui fattori i rischio cardiometabolici supera quanto ci si potrebbe attendere dal solo calo ponderale"- inducono a pensare che, per la prima volta, ci si trovi di fronte ad un passo avanti importante nel trattamento dell'obesità, ma a ben guardare, come faremo, le cose non stanno proprio così. Già a partire dalla scelta degli indicatori del rischio cardiovascolare. Gli studi realizzati sul rimonabant hanno utilizzato l'indice di massa corporea (BMI) come criterio di riferimento, ma la misura della circonferenza addominale, del "giro vita", viene oggi considerata l'indicatore più attendibile per stabilire il rischio cardiovascolare del paziente ed è giunto il momento di sostituire il calcolo del BMI col metro1-3.
Obesità e sovrappeso
Il BMI di un soggetto si ottiene dividendo il peso in chili per il quadrato della sua altezza in metri (BMI = kg/m2). Una persona che presenta un BMI ³ 30 kg/m2 viene definita obesa; soprappeso è, invece, chi ha un BMI compreso tra 25 e 29,9 kg/m2. In Italia, il 9% degli adulti è obeso; la prevalenza risulta molto più bassa rispetto a quella di altri paesi europei (23% in Germania, 25% in Inghilterra)4 o degli Stati Uniti (34%)5. L'obesità è associata a ipertensione, dislipidemie, diabete mellito, calcoli biliari, coronaropatia, alcune neoplasie è può aggravare patologie come l'artrosi, l'apnea ostruttiva del sonno e il tromboembolismo venoso.
I benefici della riduzione del peso
Un calo del 5-10% del peso corporeo riduce il rischio a lungo termine di malattie associate all'obesità6. Negli obesi, ad ogni kg perso corrisponde una diminuzione del colesterolo LDL di 0,75 mg/dl, dei trigliceridi di 0,8 mg/dl e un aumento del colesterolo HDL di 0,34 mg/dl e, in quelli che sono ipertesi, una riduzione della pressione arteriosa di circa 1-2 mmHg6.
Il ruolo dei farmaci
Il trattamento principale dell'obesità e del soprappeso si basa su una dieta ipocalorica, ben spiegata al paziente, associata ad un supporto adeguato e ad una regolare attività fisica secondo un programma concordato. L'attività fisica, pur se modestamente efficace nel dimagrimento, ha molteplici effetti positivi sia a livello metabolico che psicologico, attenuando lo stress e aumentando l'autostima, e ha un ruolo primario nel mantenimento del peso perduto. Gli obesi gravi dovrebbero essere gestiti in ambito specialistico da parte di personale competente.
La terapia farmacologica va presa in considerazione solo nelle persone che, dopo almeno 3 mesi di dieta controllata, esercizio fisico e modificazioni del comportamento, non hanno raggiunto la perdita di peso prefissata. L'unico farmaci con indicazione specifica per il trattamento dell'obesità in aggiunta alla dieta è l'orlistat (un inibitore delle lipasi che riduce l'assorbimento intestinale dei grassi; Xenical); la sibutramina (un anoressizzante; Ectiva, Reductil) è stata ritirata nel gennaio 2010.
Una metanalisi realizzata su 16 studi con l'orlistat (631 pazienti) e 10 con la sibutramina (2.623 pazienti), indica che dopo un anno di trattamento, la diminuzione di peso rispetto al placebo è mediamente di 2,9 kg con l'orlistat e 4,2 kg con la sibutramina7. Gli studi clinici hanno avuto una durata troppo breve e non si sa se la riduzione ponderale ottenuta con i farmaci riduca o meno il rischio a lungo termine delle patologie correlate all'obesità. Le evidenze sono limitate ad un unico studio controllato con placebo condotto in pazienti obesi nel quale, dopo 4 anni, il dimagrimento indotto dall'orlistat, accompagnato da una modificazione radicale dello stile di vita, si era associato ad una riduzione del 37% delle nuove diagnosi di diabete; questa differenza, tuttavia, riguardava soltanto il gruppo di pazienti con una ridotta tolleranza al glucosio8.
Di fatto, non esistono elementi che inducono a preferire l'uno o l'altro farmaco. Orlistat può rappresentare una opzione ragionevole negli obesi con dieta ad alto contenuto di grassi, ma gli effetti indesiderati gastrointestinali (perdite oleose anali, flatulenza e urgenza fecale, distensione e dolore addominale), legati alla quota di grassi ingeriti, anche se tendenti a ridursi nel corso del trattamento, limitano l'accettabilità del farmaco. Parte del calo ponderale osservato nel corso del trattamento con orlistat potrebbe essere dovuto proprio alla ridotta introduzione di grassi da parte del paziente per evitare i disturbi gastrointestinali più fastidiosi.
L'uso della sibutramina risulta più difficile da giustificare a causa delle numerose controindicazioni (es. cardiopatia ischemica, scompenso cardiaco, ipertensione), le interazioni farmacologiche e la necessità di uno stretto monitoraggio della pressione arteriosa e della frequenza cardiaca.
Rimonabant
Il rimonabant è un inibitore dei recettori dei cannabinoidi-1 (CB1), presenti nel cervello, nel tratto gastrointestinale, nel tessuto adiposo, nel muscolo scheletrico e nel fegato9. Il meccanismo con cui il recettore CB1 interviene nel bilancio energetico non è noto: potrebbe diminuire l'appetito, ridurre la lipogenesi nel tessuto adiposo e aumentare la captazione del glucosio da parte del muscolo10.
Il rimonabant è disponibile sotto forma di compresse da 20 mg da assumere una volta al giorno, prima di colazione. Dopo assunzione orale, viene metabolizzato principalmente a livello epatico ed eliminato soprattutto con le feci, con minima eliminazione urinaria (3% circa)10.
Cosa dicono gli studi
Quattro studi in doppio cieco, randomizzati, verso placebo, hanno valutato gli effetti di rimonabant (5 mg e 20 mg/die) sulla modificazione del peso (la misura di esito primaria) in pazienti con BMI ³30 kg/m2 o BMI ³27 kg/m2 associato a dislipidemia, ipertensione11-13 o diabete14. I pazienti seguivano una dieta ipocalorica (600 calorie in meno al giorno rispetto a quelle calcolate per mantenere il peso corporeo11-13) e per le prime 4 settimane hanno assunto placebo. Al termine del periodo iniziale di induzione (in cieco singolo), la perdita media di peso è stata di circa 2 kg (1,5 kg nei diabetici14) e alcuni pazienti sono stati esclusi dallo studio, ma non è chiaro se questo derivasse dal mancato raggiungimento dell'obiettivo di peso prefissato. In tutti gli studi, la dose di 5 mg (non registrata) si è dimostrata meno efficace di quella di 20 mg; per coerenza e comodità, i pazienti assegnati a 5 mg sono stati sottratti dal numero totale di pazienti arruolati e i risultati riferiti alla dose di 20 mg. Dopo un anno, il 30-50% dei pazienti aveva sospeso il trattamento11-14. Le percentuali di drop out, simili per rimonabant e placebo, sono quelle tipiche rilevate negli studi sugli interventi terapeutici per l'obesità. Per effettuare un'analisi secondo il criterio dell'"intention to treat" e fornire i risultati relativi a tutti i pazienti randomizzati, la valutazione dell'efficacia è stata condotta mediante il "last-observation-carried forward". Con questo tipo di analisi, comunemente utilizzato negli studi sull'obesità, si accetta che i pazienti che hanno abbandonato lo studio, in seguito non aumentino o diminuiscano di peso; l'ultimo dato relativo al loro peso viene considerato come quello finale. Questo criterio può sovra- o sottostimare la perdita di peso conseguente al trattamento.
Il primo studio (RIO-North America), della durata di 2 anni, è stato condotto su 1.829 pazienti obesi o in soprappeso (BMI >27 kg/m2) con ipertensione o dislipidemia (trattate o non)11. Alla fine del primo anno, i pazienti che avevano assunto rimonabant sono stati nuovamente randomizzati a rimonabant o a placebo per un altro anno. Dopo il primo anno di trattamento con rimonabant, perdita media di peso è stata di 6,3 kg (vs. 1,6 kg con placebo); il 48,6% dei pazienti ha perso almeno il 5% del peso e il 25,2% il 10% (vs. il 20% e l'8,5% con placebo). La prosecuzione del trattamento con rimonabant ha permesso di mantenere questo risultato durante il secondo anno, mentre i pazienti ri-randomizzati a placebo hanno riguadagnato la maggior parte del peso perduto. Rimonabant si è dimostrato superiore al placebo anche nelle misure di esito secondarie come la riduzione della circonferenza in vita (6,1 cm vs. 2,5 cm), l'aumento del colesterolo HDL (12,6% vs. 5,4%) e la riduzione dei trigliceridi (5,3% vs. un incremento del 7,9%).
Il secondo studio (RIO-Europe), programmato per durare 2 anni, ha arruolato 904 pazienti obesi o in sovrappeso (BMI >27kg/m2) con dislipidemia e/o ipertensione, in trattamento o meno con farmaci per queste patologie12. Dopo 1 anno, i pazienti randomizzati a rimonabant hanno perso 6,6 kg (vs. 1,8 kg con placebo); il 50,9% dei pazienti ha perso almeno il 5% del peso e il 27,4% il 10% (vs. il 19,2% e il 7,3% con placebo). Per quanto riguarda le misure di esito secondarie, la circonferenza in vita si è ridotta di 6,5 cm (vs. 2,4 cm con placebo); il colesterolo HDL è aumentato di 9,7 mg/dl (vs. 5,6 mg/dl); la trigliceridemia si è ridotta di 20 mg/dl (vs. 1 mg/dl) e i livelli di insulina a digiuno sono diminuiti di 1 mU/ml (vs. un incremento di 1,8 mU/ml). A oggi, i risultati relativi al termine del secondo anno di trattamento non sono stati ancora pubblicati per intero.
Il terzo studio (RIO-Lipids), della durata di 1 anno, è stato realizzato su 688 pazienti con BMI ³27 kg/m2 e una dislipidemia non trattata13. Dopo 1 anno, i pazienti assegnati a rimonabant hanno perso 6,9 kg (vs. 1,5 kg con placebo); il 58,5% dei pazienti ha perso almeno il 5% del peso e il 32,6% il 10% (vs. 19,5% e il 7,2% con placebo). I trigliceridi si sono ridotti del 12,6% (vs. 0,2% con placebo) e il colesterolo HDL è aumentato del 19% (vs. 11%).
Il quarto studio (RIO-Diabetes), durato 1 anno, ha coinvolto 687 pazienti in sovrappeso od obesi con diabete di tipo 2 in trattamento con metformina o una sulfonilurea, con un controllo subottimale della malattia (es. livelli medi di HbA1c di 7,3% e glicemia a digiuno di 148 mg/dl)14. Al termine dello studio, i pazienti trattati con rimonabant hanno perso 5,3 kg (vs. 1,4 kg con placebo); il 49,4% ha perso almeno il 5% del peso e il 16,4% almeno il 10% (vs. 14,5% e 2 % con placebo). Nel gruppo rimonabant, l'HbA1c è diminuita dello 0,6% (vs. un aumento dello 0,1% con placebo) e la glicemia a digiuno si è ridotta di 12 mg/dl (vs. un aumento di 6,2 mg/dl), ma l'insulinemia a digiuno non si è modificata in modo significativo. I trigliceridi sono diminuiti di 35mg/dl (vs. un aumento di 4 mg/dl con placebo) e il colesterolo HDL è aumentato di 6,4 mg/dl (vs. 2,6 mg/dl con placebo).
Non sono stati condotti studi di confronto con orlistat e sibutramina.
Effetti sui fattori di rischio cardiovascolare
In tre report degli studi, gli autori hanno sostenuto che gli effetti del rimonabant sul colesterolo HDL, sui trigliceridi e sull'emoglobina glicosilata erano in parte indipendenti dalla riduzione ponderale11,12,14. La non correlazione tra calo di peso e miglioramento dei fattori di rischio cardiometabolico veniva ribadita nella presentazione dei risultati cumulativi dei quattro studi del programma RIO (Rimonabant in Obesity)15 ed enfatizzata nei depliant informativi che hanno accompagnato il lancio del farmaco. Dopo 1 anno di trattamento, le modificazioni osservate nei pazienti obesi non diabetici (peso -6,5 kg, circonferenza in vita -6,4 cm, colesterolo HDL +16,4%, trigliceridi -6,9%, insulinemia a digiuno -0,6 mU/ml) e nei diabetici (- 0,6% HbA1c), per il 50% circa non potevano essere attribuite alla sola diminuzione del peso15. Questa affermazione non è, però, dimostrata. I miglioramenti potrebbero dipendere, ad esempio, da una maggiore attività fisica indotta dai consigli sulle abitudini di vita forniti all'ingresso nello studio ai pazienti. Inoltre, è importante sottolineare che il rimonabant non ha modificato il colesterolo LDL11-14 e ha avuto ripercussioni modeste13,14 o nulle11,12 sulla pressione arteriosa. Oltretutto, non è noto se gli effetti sui singoli fattori di rischio si traducono in una riduzione del rischio di eventi cardiovascolari a lungo termine e i risultati di uno studio recente sul rallentamento della progressione della coronaropatia sono negativi. Nello studio (STRADIVARIUS), in doppio cieco, controllato con placebo, 839 adulti con cardiopatia ischemica e obesità addominale sono stati randomizzati a rimonabant (20 mg/die) o a placebo16. I pazienti arruolati presentavano una circonferenza alla vita >88 cm (se donne) o >102 cm (se maschi) e rientravano nei criteri predefiniti per la diagnosi di sindrome metabolica [presenza di ³2 fattori di rischio: trigliceridi >150 mg/dl; HDL <40mg/dl (se maschi) o <50mg/dl (se femmine); glicemia a digiuno >110 mg/dl; pressione arteriosa >140/90 mmHg] o erano fumatori (³10 sigarette al giorno). Dopo 18 mesi di trattamento, la maggiore riduzione del peso e il miglioramento del profilo lipidico, così come dei livelli di proteina C reattiva e HbA1c rispetto al placebo, non si sono accompagnati ad un miglioramento della principale misura di esito, il volume della placca ateromasica misurato tramite ecografia intracoronarica16.
Sicurezza
Gli effetti indesiderati più gravi legati all'assunzione di rimonabant sono di tipo psichiatrico, in particolare depressione e ansia. Negli studi del programma RIO, il 15% dei pazienti (il doppio rispetto a quelli trattati con placebo) aveva sospeso il trattamento per la comparsa di eventi avversi, soprattutto disturbi psichiatrici (tra cui depressione, ansia, irritabilità e insonnia), ma dagli studi erano stati esclusi gli obesi con problemi psicologici clinicamente significativi o affetti da malattie mentali11-14. I problemi psichiatrici, così come l'aumentato rischio di suicidio17, sono emersi in modo allarmante nel successivo studio STRADIVARIUS che, avendo arruolato anche pazienti con sintomi depressivi e ansiosi, ha rilevato una incidenza molto più alta (43,4% vs. 28,4% con placebo)16.
Nel luglio del 2007, negli stampati del farmaco era stata inserita sia una controindicazione riguardante la depressione e/o un trattamento antidepressivo in corso, che un'avvertenza riguardante i disturbi depressivi. A distanza di un anno, l'analisi delle segnalazioni spontanee di tipo psichiatrico, quali i disturbi depressivi, compresi gli eventi correlabili al rischio di suicidio e l'aggressività, ha portato l'agenzia europea (EMEA) e l'AIFA a inserire nuove raccomandazioni nel foglietto illustrativo di Acomplia, in particolare la necessità di monitorare attentamente i pazienti, anche senza fattori di rischio, per segni e sintomi di disturbi psichiatrici18. Nella sorveglianza post-marketing, in più della metà dei pazienti, tali reazioni si sono sviluppate entro 1 mese dall'inizio del trattamento, nell'80% entro 3 mesi. In caso di diagnosi di depressione, rimonabant deve essere sospeso18.
Altri effetti indesiderati riportati frequentemente con 20mg/die di rimonabant sono stati nausea (11-15%) e vertigini (5-15%)11-14,16. Nello studio RIO-Diabetes, il 5% degli obesi diabetici ha manifestato ipoglicemia (vs. 2% con placebo)14.
Costi
I tre farmaci attualmente disponibili per il trattamento dell'obesità sono a totale carico del paziente. Il costo di un anno di trattamento con rimonabant (20 mg/die) è di circa 1.500 euro. Un analogo trattamento con orlistat (120 mg per 3/die) ha un costo di circa 1.300 euro; con sibutramina (10-15 mg/die) il costo è compreso tra i 1.000 e 1.200 euro.
Conclusioni
Il rimonabant è un antagonista del recettore dei cannabinoidi-1 (CB1), registrato per il trattamento dell'obesità e del sovrappeso in pazienti adulti selezionati, in abbinamento alla dieta e all'esercizio fisico. I pazienti che assumono il farmaco per un anno perdono in media 4,7 kg in più rispetto al placebo (un po' meno i diabetici); la riduzione del peso si mantiene se la terapia viene continuata per un altro anno. Il rimonabant aumenta leggermente il colesterolo HDL e riduce i trigliceridi, ma è azzardato affermare che questi risultati possano essere in parte dovuti ad un effetto indipendente del farmaco. Non si sa se il rimonabant riduce il rischio di patologie correlate all'obesità, come quelle cardiovascolari; nell'unico studio disponibile su un end point surrogato, rimonabant non si è dimostrato in grado di rallentare la progressione della malattia in pazienti obesi con cardiopatia ischemica.
Gli effetti indesiderati più gravi, e più preoccupanti, sono i disturbi depressivi, inclusi gli eventi correlabili al rischio di suicidio, l'ansia e l'aggressività; altri eventi avversi frequenti sono rappresentati dalle reazioni gastrointestinali (nausea, vomito e diarrea) e dalle vertigini. Mancano confronti diretti con orlistat e sibutramina. Sulla base delle attuali conoscenze, il rimonabant ha un profilo beneficio/rischio sfavorevole e non trova un posto nel trattamento dell'obesità. Bibliografia 1. Romero-Corral A et al. Association of bodyweight with total mortality and with cardiovascular events in coronary artery disease: a systematic review of cohort studies. Lancet 2006; 368:666-78. 2. Adams KF et al. Overweight, obesity, and mortality in a large prospective cohort of persons 50 to 71 years old. New Engl J Med 2006; 355:763-78. 3. Franzosi MG. Should we continue to use BMI as a cardiovascular risk factor?Lancet 2006;368:624-5. 4. Less weight or more hype with rimonabant? DTB 2007; 45:41-3 5.Ogden CL et al. Prevalence of overweight and obesity in the United States, 1999-2004. JAMA 2006; 295:1549-55. 6. Fontaine KR et al. Years of life lost due to obesity. JAMA 2003; 289:187–93. 7. Rucker D et al. Long term pharmacotherapy for obesity and overweight: updated meta-analysis. BMJ 2007; 335:1194-9. 8. Torgerson JS et al. XENical in the prevention of Diabetes in Obese Subjects (XENDOS) study: a randomised study of orlistat as an adjunct to lifestyle changes for the prevention of type 2 diabetes in obese patients. Diabetes Care 2004; 27:155–61. 9. Woods SC. Role of the endocannabinoid system in regulating cardiovascular and metabolic risk factors. Am J Med 2007; 120 (3 suppl 1):S19–25. 10. Acomplia. Riassunto delle caratteristiche del prodotto, 2007. 11. Pi-Sunyer FX et al. Effect of rimonabant, a cannabinoid-1 receptor blocker, on weight and cardiometabolic risk factors in overweight or obese patients: RIO-North America: a randomized controlled trial. JAMA 2006; 295:761–75. 12. Van Gaal LF et al. Effects of the cannabinoid-1 receptor blocker rimonabant on weight reduction and cardiovascular risk factors in overweight patients: 1-year experience from the RIO-Europe study. Lancet 2005; 365: 1389–97. 13. Despres JP et al. for the Rimonabant-Lipids Study Group (RIO-Lipids). Effects of rimonabant on metabolic risk factors in overweight patients with dyslipidemia. N Engl J Med 2005; 353:2121–34. 14. Scheen AJ et al. for the Rimonabant-Diabetes Study Group (RIO-Diabetes). Efficacy and tolerability of rimonabant in overweight or obese patients with type 2 diabetes: a randomised controlled study. Lancet 2006; 368: 1660–72. 15. Van Gaal L et al. Efficacy and safety of rimonabant for improvement of multiple cardiometabolic risk factors in overweight/obese patients. Diabetes Care 2008; 31 (Suppl. 2):S229-40. 16. Nissen SE et al. Effect of rimonabant on progression of atherosclerosis in patients with abdominal obesity and coronary artery disease. JAMA 2008; 299:1547-60. 17. Christensen Ret al. Efficacy and safety of the weight-loss drug rimonabant: a meta-analysis of randomized trials. Lancet 2007; 370:1706-13. 18. Nota informativa AIFA su Acomplia. 14 luglio 2008.