I traumi sono tuttora una delle principali cause di morte al mondo. Ogni anno più di 1 milione di persone muoiono per le conseguenze di un incidente stradale. Gli incidenti stradali rappresentano oggi la nona causa di morte e di invalidità, ma si prevede che nel 2020 diventeranno la terza causa1. Un problema così importante può essere affrontato con svariate modalità e su diversi fronti, innanzitutto con misure volte alla prevenzione del rischio, come l'imposizione di limiti di velocità più restrittivi o un controllo intensivo dell'alcolemia dei conducenti, oppure con iniziative di interesse medico volte a ridurre il tasso di mortalità legato agli incidenti.
Emorragie: principale causa di morte
Circa un terzo delle morti per trauma che si verificano in ospedale è causato da una emorragia. L'emorragia gioca un ruolo prioritario anche nel determinare le insufficienze multiorgano2. E' stato calcolato che tra le persone che muoiono ogni anno per trauma, l'emorragia è responsabile di circa 600.000 decessi3.
L'emostasi
I traumi, così come gli interventi chirurgici maggiori, inducono le stesse risposte emostatiche e in entrambe le situazioni l'ingente perdita di sangue rappresenta una sfida estrema al sistema emostatico. L'arresto fisiologico del sanguinamento e il mantenimento di un adeguato volume circolatorio sono assicurati da un meccanismo emostatico di cui è parte integrante il sistema fibrinolitico, basato sulla conversione del plasminogeno in plasmina, un enzima che dissolve i coaguli di fibrina.
Questa via, però, non è la sola in grado di attivare il meccanismo. La plasmina viene prodotta anche in seguito ad attivazione endoteliale, rilascio di un attivatore tissutale del plasminogeno e da un meccanismo mediato dalla callicreina4. I due principali attivatori del plasminogeno, presenti in molte cellule e tessuti, sono quelli tessutali e quelli legati all'urokinasi. L'attività di questi meccanismi emostatici viene bilanciata da diversi modulatori che inibiscono l'attività del plasminogeno5. La conclusione è che normalmente l'attività fibrinolitica si trova ad un livello di equilibrio tra fibrinolisi o antifibrinolisi.
In caso di danno tessutale dovuto a trauma o ad intervento chirurgico, questo equilibrio salta perché si genera una fibrinolisi da danno tessutale che contribuisce alla emorragia e alla coagulopatia6. Non sorprende perciò che in ambito chirurgico siano stati utilizzati farmaci antifibrinolitici come l'acido aminocaproico, analoghi della lisina e l'acido tranexamico7-9. Gli antifibrinolitici si sono dimostrati in grado di diminuire il fabbisogno di sangue senza aumentare il rischio di complicazioni post-operatorie10.
Acido tranexamico
L'acido tranexamico è un derivato sintetico dell'aminoacido lisina con attività antifibrinolitica. Grazie alla elevata affinità per i siti di legame del plasminogeno con la lisina, il farmaco inibisce competitivamente l'attivazione del plasminogeno in plasmina con l'effetto finale di bloccare la fibrinolisi. A concentrazioni più alte, inibisce non competitivamente la plasmina. Il farmaco è stato utilizzato sinora per prevenire o trattare il sanguinamento dovuto a fibrinolisi eccessiva, in caso di emorragia mestruale e, più in generale per la prevenzione e il controllo dei sanguinamenti5,6,7. Nella chirurgia elettiva (53 RCT su 3.836 pazienti), l'acido tranexamico ha ridotto la necessità di emotrasfusioni di un terzo, pur senza comportare una riduzione significativa della mortalità10. L'analogia delle risposte emostatiche in caso di intervento chirurgico e di trauma ha portato alla realizzazione di uno studio randomizzato, su un'ampia casistica e con misure di esito "forti" nel contesto specifico della traumatologia stradale, il primo nel suo genere.
Lo studio CRASH-2
Lo studio, denominato CRASH-2 (Clinical Randomisation of an Antifibrinolytic in Significant Hemorrhage-2 consortium), è uno studio indipendente, condotto in 274 ospedali di 40 Paesi. Ha valutato l'esito della somministrazione precoce di acido tranexamico sulla mortalità, gli eventi occlusivi vascolari e il fabbisogno di sangue in 20.211 pazienti con trauma maggiore ed ad alto rischio di emorragia significativa o con emorragia significativa in atto14. Lo studio non prevedeva una stratificazione dei pazienti in funzione della gravità della loro condizione clinica.
L'acido tranexamico è stato somministrato entro 8 ore dall'incidente stradale in una prima dose di carico di 1 g in 10 minuti e una seconda dose di mantenimento, anch'essa da 1 g, infusa in 8 ore. L'end point primario era rappresentato dal decesso in ospedale per qualsiasi causa nelle 4 settimane successive al ricovero. Rispetto al placebo, l'acido tranexamico ha diminuito la mortalità totale dal 16% al 14,5%, corrispondente ad una riduzione del rischio assoluto dell'1,5%14. La differenza non risulta solo significativa dal punto di vista statistico, ma clinicamente molto importante: in pratica si traduce in una vita salvata ogni 60 pazienti trattati.
Nello specifico, i decessi per emorragia sono passati da 574 con placebo (5,7%) a 489 (4,9%) con acido tranexamico. Il farmaco ha ridotto la mortalità di circa 1/6 senza aumentare i rischi trombotici; l'incidenza di eventi occlusivi vascolari, fatali e non fatali, (ictus, infarto miocardico, embolia polmonare, TVP) è risultata rispettivamente pari a 0,3% e 1,4% nel gruppo trattato con acido tranexamico e 0,5% e 1,5% nel gruppo trattato con placebo.
Tra i due gruppi non sono emerse differenze nella necessità di emotrasfusioni e nel ricorso alla chirurgia; la percentuale di pazienti trasfusi è stata 50% con acido tranexamico e 51% con placebo (con lo stesso valore mediano di unità trasfuse), mentre quella dei pazienti che hanno richiesto l'intervento chirurgico è stata 48% sia con acido tranexamico che con placebo.
Lo studio lascia aperte aree di incertezza sul meccanismo con cui l'acido tranexamico riduce il rischio di morte nei pazienti con trauma; non si capisce infatti per quale motivo non abbia ridotto la necessità di emotrasfusioni né comportato anche una riduzione dei decessi da insufficienza multiorgano e da trauma cranico14. Va detto comunque che il farmaco ha prodotto risultati incontrovertibili e può rappresentare uno dei cambiamenti più significativi nel trattamento del trauma. E le ragioni sono diverse. Nell'editoriale di commento dello studio, Jerrold H. Levy, anestesista della Emory University di Atlanta, negli USA, osserva che "un aspetto cruciale dell'idea originale dello studio è stata quella di ridurre l'emorragia con l'impiego di un antifibrinolitico"8. E questo porta a una chiave di lettura ematologica anziché traumatologica del trial.
Conclusioni
Lo studio CRASH-2 è un esempio importante delle complesse relazioni tra coagulazione, fibrinolisi, infiammazione ed esiti finali dopo un danno tissutale. L'inibizione della fibrinolisi con l'acido tranexamico dopo un trauma maggiore è un meccanismo importante per ridurre la mortalità. Sulla base dei risultati si stima che il farmaco potrebbe evitare ogni anno 27.200 decessi in Cina, India, Stati Uniti e Gran Bretagna e 55.000 nel mondo14. Ragione che ha spinto gli autori a considerarlo meritevole dell'inserimento della lista OMS dei farmaci essenziali.
Bibliografia
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Informazioni sui Farmaci, Anno 2010, n. 6
Stefano Cagliano
Pronto Soccorso, Ospedale di Viterbo