Informazione [± indipendente]: sui farmaci? o su.....?
Gianni Tognoni
Nota di lettura
La domanda proposta nel titolo non vorrebbe essere uno dei periodici esercizi di riflessione sulla efficienza/efficacia di strumenti/pubblicazioni come "IsF et al" (tutta la schiera di bollettini multimediatici dentro e fuori la ISDB).
Si sa che alla domanda potrebbero seguire reazioni talmente diverse e contraddittorie, da assicurare quasi all'infinito argomenti, e "cose" da pubblicare, pro e contro, più o meno sostenuti da dati.
Si è sentita semplicemente l'esigenza di proporre una traccia, suggerita dall'avere incrociato (proprio facendo il mestiere di informarsi per informare) una serie crescente di pubblicazioni (solo esemplificate da quelle elencate, in un modo programmaticamente "informale" nella Tabella) di cui si vorrebbe condividere la trasversalità delle domande-inquietudini. (N.B. Per chi dovesse far fatica a ritrovare i testi, si è disponibili a fornirli: sarà un modo per sapere se c'è almeno spazio per un dialogo).
Domande-inquietudini
Ref.1- Il punto di partenza. E', ancora una volta, a distanza di pochi mesi (IsF 2010; 34:65) Prescrire, una pubblicazione (o è più appropriato, ed utile per questa riflessione, chiamarlo Un Progetto, con le maiuscole?) che continua a dire – e sempre di più e meglio a quanto pare – che informare sui farmaci è un'attività "centrale". Il contributo della rivista a far ritirare dal commercio un farmaco come benfluorex è divenuto un "affaire médiatique" impressionante. I, già tanti, abbonati hanno fatto un salto in avanti da sogno; la logica di indipendenza, intelligenza, capacità di dialogo, sociale-politico e non solo medico, di una pubblicazione rigorosamente tecnica è ri-diventata un tema di dibattito nazionale. Nel pieno di questo dibattito, Prescrire non assegna la sua "Pillule d'or" per il 2010, sottolineando la irrilevanza clinico-assistenziale delle "novità", e facendo il bilancio dei primi 10 anni del nuovo secolo mette in evidenza che solo due delle 900 e più novità ed indicazioni arrivate sul mercato francese e presentate nella rivista hanno ottenuto la qualifica massima ("bravo"!), 15 sono state dichiarate "interessanti", poco più di 60 hanno apportato, ragionevolmente, qualcosa.
Ref.2- Lancet. Le tre citazioni incluse in questa referenza toccano rispettivamente:
a) il tema della necessaria, profonda riforma che da tutte le parti si richiede e si discute per le professioni sanitarie (la letteratura internazionale sul tema è ricchissima, e dà ancor più l'idea della lontananza astrale della logica di tagli lineari della nostra "riforma");
b) la constatazione, documentata, delle promesse mancate dei grandi programmi di intervento sulle epidemie HIV, TB, malaria… anche (e soprattutto) per il ruolo e la logica sempre più dominanti di interventi/fondi privati, e la restrizione di fondi pubblici;
c) un titolo drammaticamente attuale anche per noi che siamo spettatori di una apoptosi ben pilotata del SSN.
Ref.3- Epidemiologia, salute pubblica, tecnologia, autorità regolatorie? L'editoriale cui rimanda indicativamente la Tabella è dell'editor della rivista: ha un titolo che nella prima parte è un verso di una poesia – "Not waving but drowning…", ma nella seconda tocca direttamente il tema di questa riflessione, rimandando alle "systematic reviews".
Ciò che importa sono tuttavia i temi di queste review affrontati nel numero della rivista: suicidio; morbi-mortalità da stress da guerra; percezione e gestione di HIV e di malattie a trasmissione sessuale nei paesi a basso reddito; trial di non-inferiorità e loro irrisolta (irrisolvibile? irrilevante?) ambivalenza, sia a livello epidemiologico che regolatorio. Su non importa che cosa si cercano evidenze "cumulative" cui "dare fiducia", in assenza di perché precisi. Il punto di domanda che conclude il titolo di questo paragrafo forse non è immotivato: è possibile che lo strumento-simbolo della affidabilità informativa ("systematic reviews") rischi di fatto di essere uno dei modi per "naufragare-affogare", non solo poetico, nel mare tranquillo della correttezza formale e della irrilevanza sostanziale?
Ref.4- Per fortuna la farmacologia ripropone scenari lineari.Il primo editoriale del 2011 della più classica e gettonata rivista di "farmacologia clinica e terapia" è dedicato (insieme a tutto il numero) ad un tema assolutamente "in" nel mercato e nel vissuto sociale come quello riassunto nel titolo. I due autori sono del Center for Drug evaluation and Research della FDA. E' certo "affascinante" scoprire che il tema stesso possa essere trattato mantenendosi rigorosamente all'interno delle competenze e degli approcci della farmacologia, senza lasciarsi contaminare da discipline confondenti (…anche se sono tante le citazioni letterarie – Oscar Wilde, Mark Twain, Estelle Getty, Dante Alighieri, Author Unknown – che "ornano" l'editoriale), come quelle che parlano della vita e non soltanto dei suoi "stili". I contenuti del numero della rivista, sono peraltro decisamente pertinenti e coerenti con gli andamenti concreti di un mercato tra i più promettenti, finanziati, produttore di risultati pubblicabili (e perciò scientifici!) e vendibili molto meglio del "povero" benfluorex della Ref.1.
Ref.5- Il BMJ parla anche di noi. La prima valutazione (a distanza di 7 anni) del programma di "pay for performance" lanciato con grandi aspettative dal governo inglese, appassionato di efficienza gestionale e di indicatori di processo dei medici di medicina generale, è fatta sul capitolo su cui più era facile attendersi risultati positivi, vista la tranquilla-crescente affermatività delle linee-guida: l'ipertensione. E' un vero peccato – ma perfettamente e classicamente scientifico: falsifica la ipotesi – che i risultati siano così chiari da non valer la pena di tradurli: "Conclusions: Good quality of care for hypertension was stable or improving before pay for performance was introduced. Pay for performance had no discernible effects on processes of care or on hypertension related clinical outcomes. Generous financial incentives, as designed in the UK pay for performance policy, may not be sufficient to improve quality of care and outcomes for hypertension and other common chronic conditions".
Ref.6- Un pro-memoria di sapore antico. Una breve nota di un "vecchio" autore, Vicente Navarro, riassume, in termini tanto semplici quanto precisi, un dibattito che, nella letteratura e nella realtà (dal New England Journal of Medicine ai LEA, al federalismo fiscale) continua ad andare avanti: come se la risposta alla domanda implicita nel titolo non fosse già ben nota, e documentata: per questo anche disattesa? o qualificabile come "disturbante" (= da non considerare perché non "mainstream") piuttosto che "alternativa" (= da assumere come ipotesi di riferimento rispetto a cui misurare "tendenze centrali": come quelle della Ref. 5)?
Ref.7- Un invito interessante? L'appello può riguardare specificamente anche "noi" che ci occupiamo (da produttori e da consumatori) dell'informazione sui farmaci. E' autorevole. Lanciato congiuntamente da WHO-PLoS. Parla di cose che toccano a fondo: quali sono i criteri per stabilire le priorità (nella salute, globale, locale)? È possibile (soprattutto: come?) l'equità? C'è una "governance" che non sia una formula che irrigidisce, ma che libera…? Si sa che gli appelli, soprattutto "globali" sono anzitutto una autocertificazione di buona coscienza. Il problema che è posto è tuttavia drammaticamente vero (anche? specificamente?) per l'informazione sui farmaci: che da sempre [cerca di] [dice di] [dovrebbe] porsi in una logica di ricerca. Gli scenari delineati nelle Ref. 2-5 sono il pro-memoria che le pratiche sono tuttora molto lontane dalle intenzioni.
Ref.8- In diretta dalle Nazioni Unite. Un documento importante, in attesa che qualcuno non lo prenda solo come una "dichiarazione impegnativa", senza "protocolli applicativi". Dice perché e come la "global health" – ed il settore farmaci che (ce lo siamo detto tante volte) ne è l'indicatore più sensibile ed importante – è oggi uno degli incroci principali della politica tout-court. Se qualcuno lo leggerà, vedrà che le 12 referenze che corredano il breve testo non sono strettamente farmacologiche: sono tuttavia molto pertinenti a questa riflessione. L'Italia non è tra i Paesi proponenti, ma è parte dell'Assemblea Generale che ha approvato il documento: qualcuno se ne accorgerà?
Ipotesi di una lettura propositiva della Tabella
Penso che non ci sia dubbio che, lavorando da tanto in questo campo, quelli che si riconoscono negli scenari di questo editoriale (dentro e fuori ISF), sono/siamo delle persone "strane": prima, durante, dopo qualsiasi systematic review (o i suoi equivalenti di "certezze") si è coscienti di avere come identità quella della precarietà: quella di fondo (al di là delle situazioni lavorative), quella del senso, e della adeguatezza.
Prescrire ci ricorda ogni volta – non sono i soli al mondo: la politica di assicurare i farmaci per le cronicità per tutti i "poveri" della nuova presidente del Brasile è un altro modo di dire la stessa cosa: ma ne parleremo – che la lucidità dei precari (se resiste e continua a pensarsi come creativa e parte di un progetto) può produrre salti di coscienza e di diritto, e non solo di abbonati.
Fa parte della lucidità–della–precarietà sapere che il rischio più grande del nostro lavoro è quello di essere annegati nella irrilevanza. I dati di Prescrire, quelli della Ref. 4, quelli prodotti dalle infinite richieste di "prescindere dai contenuti" pur di essere corretti nelle procedure (dalle sperimentazioni al monitoraggio delle prescrizioni, agli "uffici" ospedalieri o di ASL dedicati ad appropriatezza-rischio) ce lo dicono in tanti modi.
E' molto verosimile che questa irrilevanza non sia evitabile. Connota il materiale stesso di cui ci interessiamo: sempre più merci, malattie, costi. Sempre meno persone, popolazioni, progetti di vita.
La ricerca invocata nella Ref. 7 ha a che fare con questo. L'informazione non deve essere altro che questo resistere-creativamente alla scomparsa delle persone dalle nostre competenze e dal quotidiano del lavoro. Le conoscenze metanalitiche sui farmaci equivalenti (importanti!) (Ref. 3) non devono né possono avere la stessa priorità di quelle sui pazienti depressi, o che si suicidano, o su quelli che non ricevono diritti, al di là di tutte le metanalisi, perchè perdono la loro autonomia di vita (nonostante i lifestyle drugs….) (v. Ref. 4 vs 7, 8).
La irrilevanza non la si supera dall'interno: pensarlo è fare il gioco del gatto coi gomitoli. Il "mondo" del farmaco (non solo i singoli farmaci) è una variabile dipendente. Dimenticarlo è un bias strutturale, non correggibile con nessuna tecnica iper-aggiornata di "statistical adjustment".
Lo sappiamo (soffriamo?) tutte/i. Riunirsi una volta per parlare di ciò? per sapere meglio se e quando c'è qualcosa che si può fare? Con ipotesi concrete? Non di formule editoriali, ma di un progetto? Sui farmaci, e su…?
Tabella – Referenze per una domanda
1La Revue Prescrire, Novembre 2010 - Gennaio 2011
2A new epoch for health professionals'education. Lancet 2011; 377:14 The end of our National Healt Service. Lancet 2011; 377:353
3Not waving but drowning...in systematic reviews. Int J Epidemiol 2010; 39: 1407-9
4Sex and lifestyle drugs:the pursuit of the fountain of youth. Clin Pharmacol Ther 2011; 89: 3-9
5 Effect of pay for performance on the management and outcomes of hypertension in the United Kingdom: interrupt times series study. BMJ 2011; 342: d108
6Why we don't spend enough on public health: an alternative view. Int J Health Service 2011; 41:117-120
7WHO / Plos Collection "No health without research" :a call for papers. Ploa Med 2011; 8 :e1001008
8 Global health and foreing policy. General Assembly, United Nations, 65th Session, Agenda item 124, 1 December 2010