Non passa mese, o quasi, che la letteratura scientifica e/o la stampa quotidiana ci rendano edotti della comparsa inaspettata di gravi effetti tossici causati da nuovi o vecchi farmaci. Esempi recenti riguardano il rofecoxib (infarto del miocardio), il rosiglitazone (infarto miocardico e scompenso cardiaco), gli antipsicotici (danno vascolare), la nimesulide (epatotossicità) e, ultima arrivata, la telitromicina (epatotossicità).
In genere, la vicenda segue un copione ben definito: la notizia si accompagna ad un ampio dibattito che puntualmente termina con la constatazione che il sistema oggi in vigore volto a prevenire rischi di tossicità da farmaci risulta inadeguato e richiede un cambiamento radicale. Quale sia, e soprattutto come possa essere implementato un sistema di farmacovigilanza più efficiente ed efficace rimane, però, tutto da chiarire. Quasi unanime è comunque il consenso sul fatto che le ragioni chiamate in causa per spiegare il perché di tale situazione possono essere numerose. Esse vanno dalla intrinseca inadeguatezza dei sistemi di farmacovigilanza oggi vigenti alla scelta "politica" di privilegiare l'interesse dell'industria rispetto a quello dell'utente nel corso dell'iter registrativo centralizzato; dalla inadeguatezza della formazione specifica nell'ambito della farmacovigilanza del medico e del ricercatore alla errata valutazione da parte dei sistemi regolatori dell'impatto economico del rapporto rischio/beneficio di un nuovo farmaco; sino, infine, alla esistenza nei rapporti tra organismi regolatori e industria di conflitti di interesse o comportamenti francamente riprovevoli se non addirittura truffaldini.
La vicenda che ha interessato del tutto recentemente la registrazione e la commercializzazione della telitromicina negli USA può essere presa come esempio istruttivo per documentare l'esistenza dei gravi problemi sopra menzionati e merita perciò la nostra attenzione (N Engl J Med 2007;356:1601).
La telitromicina (Ketek) è un antibiotico appartenente alla classe dei ketolidi (IsF 2002) di stretta derivazione dai macrolidi, proposta nella medicina generale per il trattamento delle infezioni delle vie respiratorie acquisite al di fuori dell'ospedale. Si tratta cioè di un farmaco che ritrova nei macrolidi e nell'amoxicillina farmaci equivalenti per spettro d'azione antibatterica e collocazione terapeutica. Sin dalla fase pre-registrativa, sul farmaco gravavano dubbi consistenti sulla sicurezza d'uso dovuti al riscontro di effetti indesiderati quali turbe visive, ipotensione ortostatica, una serie molto numerosa di interazioni farmacologiche potenzialmente pericolose e, fatto più rilevante, episodi di tossicità epatica.
Sulla base di tali dati, gli esperti della FDA consigliarono di chiedere alla Sanofi Aventis, produttrice della telitromicina, dati aggiuntivi sulla sua sicurezza, soprattutto su una popolazione di pazienti con caratteristiche simili a quelli che il medico incontra nella pratica clinica usuale. L'azienda produttrice iniziò perciò uno studio prospettico comparativo (studio 3014) verso amoxicillina+acido clavulanico, reclutando 1.800 medici di medicina generale (molti dei quali privi di qualsiasi esperienza nella conduzione di studi clinici) retribuiti con 400$ per paziente, riuscendo così ad arruolare 24.000 pazienti nell'arco di 5 mesi. Lo studio suggeriva un uguale profilo di tollerabilità rispetto al farmaco di confronto. Tuttavia, nel corso di una ispezione routinaria condotta dalla FDA presso i centri che avevano arruolato gran parte dei pazienti (più di 400 a testa) gli ispettori rilevarono gravi carenze quali: dati falsi, inclusi casi di arruolamento di pazienti inesistenti e gravi lacune nel riportare la casistica studiata, tali da condurre alla incriminazione di alcuni sperimentatori con conseguente loro arresto e carcerazione. Pur essendo a conoscenza di questi dati, l'azienda produttrice inviava i risultati dello studio alla FDA come documentazione atta a sostenere la sicurezza del farmaco. La FDA, malgrado la gravità di quanto accaduto e rilevato dagli ispettori, ha tenuto nascosti i dati dello studio 3014 al comitato di esperti cui spettava il compito di decidere se registrare o meno il farmaco. Questo nascondimento delle carenze documentate nelle ispezioni veniva giustificato da problemi giuridici, consistenti nel fatto che era in corso una vertenza legale nei confronti di chi aveva falsificato i dati, dati che dovevano perciò rimanere segreti sino al termine della vertenza giudiziaria stessa. All'oscuro dei dati, il comitato di esperti approvava (10 voti favorevoli e 1 contrario) la registrazione del farmaco. Nel frattempo, gli ispettori deputati all'ispezione consigliavano una ispezione anche alla sede dell'Aventis per accertare se anche il produttore fosse coinvolto in attività illegali e frode. La loro richiesta non sortiva però effetti. Il colpevole atteggiamento della FDA veniva ulteriormente messo in evidenza dal successivo, tardivo riconoscimento della inadeguatezza dei dati dello studio di safety (3014) cui però si cercava di porre rimedio, a registrazione avvenuta, richiedendo semplicemente di esaminare i dati di post-marketing esistenti in Europa. Dati da tutti ritenuti inadeguati a documentare il profilo di sicurezza di un farmaco.
Intanto era emerso un ulteriore problema che metteva in discussione il ruolo terapeutico della telitromicina. Tutti gli studi registrativi si erano, infatti, basati su un disegno di "non inferiorità", mentre, sia pure solo a partire dal 2004, l'FDA ritiene tale disegno non idoneo a documentare l'efficacia di un antibiotico per le indicazioni previste per la telitromicina.
Ciò nonostante, il farmaco veniva immesso sul mercato, senza documentazione attendibile di efficacia e tollerabilità e ben sapendo di trovarsi di fronte a dati carenti e addirittura truffaldini.
Ma ecco che dopo meno di un anno dalla sua commercializzazione veniva segnalato alla FDA il primo caso di epatotossicità grave, cui poco dopo ne seguivano altri 10 nell'arco di qualche mese. Anche in questo caso la reazione della FDA è stata, a dir poco, inadeguata, limitandosi a ribadire il proprio parere sulla sicurezza del farmaco, difendendo sempre i risultati dello studio 3014 e quelli di post-marketing, e limitandosi a modificare in modo restrittivo alcune indicazioni e ad allargare alcune precauzioni d'uso che comparivano sulla scheda tecnica (SCP).
In conseguenza del riprovevole comportamento dell'Agenzia, il dato sulla epatotossicità del farmaco veniva riconosciuto solo a 16 mesi di distanza dalla prima segnalazione. A dicembre 2006, negli USA sono stati segnalati 53 casi di epatotossicità di cui 4 fatali.
Quali insegnamenti cogliere dalla vicenda?
In primo luogo il comportamento dell'Agenzia (FDA) così importante ed esperta risulta riprovevole, privo di ogni possibile giustificazione e sottolinea la necessità di una riorganizzazione della agenzia stessa. Le ragioni possono essere individuate:
a) nella modalità di lavoro dell'Agenzia. Più della metà degli esperti che devono valutare i farmaci è pagato dall'industria ed è difficile pensare che in simili condizioni vi possa essere una totale indipendenza di giudizio sui farmaci in esame; b) nella mancata autonomia decisionale. Il lavoro dell'Agenzia è condizionato da norme che sembrano rispondere più agli interessi delle aziende farmaceutiche che ai bisogni dei cittadini. Un esempio clamoroso è quello dei tempi strettissimi concessi per la valutazione dell'efficacia di un nuovo farmaco cui si deve attenere l'Agenzia e, per contro, l'impossibilità a condurre studi post marketing che documentino la sicurezza del farmaco in condizioni di vita reale con livelli di qualità almeno pari a quelli condotti per valutare l'efficacia; c) nella presenza di pressioni indebite sull'FDA che sembrano evidenti se si considera il comportamento della FDA in questa vicenda, tanto anomalo da essere oggetto di attenzione da parte del Congresso americano.
In secondo luogo, tutto ciò è occasione per ribadire che novità non significa innovazione terapeutica. Di fronte ad una nuova molecola non bisogna farsi abbagliare dalle apparenze (la "novità" di classe: i ketolidi), ma vanno ricercate le vere evidenze, mettendo sempre in discussione l'efficacia comparativa (da dimostrare in modo inequivocabile) e tenendo presente che la sicurezza richiede tempi lunghi prima di poter essere documentata con certezza. Novità significa sempre un rischio aggiuntivo che il medico deve considerare (e la telitromicina ne è un esempio).
Infine, l'ignoranza, la corruzione, la disonestà e i conflitti di interessi presenti in questa vicenda ci devono aprire gli occhi su una realtà, la "frode in medicina" (clinica o di base che sia), che è di dimensioni assai più ampie di quanto si possa sospettare.
Purtroppo i problemi sollevati dalla vicenda richiamano analoghe gravi inadempienze da parte della FDA in altre occasioni (vedi tra tutte la saga dei COXIB) e merita perciò tutta la nostra attenzione.
Il problema della prevenzione della tossicità da farmaci e delle caratteristiche che dovrebbe avere un sistema di farmacovigilanza efficace ed efficiente è sicuramente di enorme rilevanza. Esso merita maggiore attenzione da parte sia dell'industria che dell'accademia e delle agenzie regolatorie. Non va fatto, però, l'errore di ritenere che la soluzione possa essere solo nella adozione di regole nuove. Si tratta invece di considerare la farmacovigilanza come una parte indispensabile di tutto un percorso virtuoso compiuto dal farmaco stesso. Percorso che deve considerare come indispensabili:
la priorità degli interessi del paziente rispetto a quelli dell'industria;
la correttezza metodologica della ricerca;
l'onestà intellettuale dei ricercatori e delle autorità regolatorie;
l'eliminazione dei potenziali conflitti di interesse.
Obiettivi difficili da raggiungere, ma da considerare comunque irrinunciabili.