Immunoterapia specifica nelle allergie respiratorie
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Gianluigi Rossi
L'immunoterapia specifica (ITS) è un trattamento volto a ridurre la reattività allergica nei confronti di uno specifico allergene. Consiste nell'introdurre gradualmente dosi crescenti dell'allergene (per via sottocutanea oppure sottolinguale) fino al raggiungimento di un dosaggio massimo (dose di mantenimento) teoricamente in grado di indurre uno stato di tolleranza in caso di esposizione naturale. L'ITS può essere effettuata per molte forme di allergia respiratoria, in particolare per pollini, acari e pelo di animali, nonché per l'allergia al veleno di imenotteri (ape, vespa, calabrone).
L'efficacia di tale trattamento deve essere valutata in primo luogo con un criterio clinico (riduzione dei sintomi dopo esposizione naturale o sperimentale all'allergene) e, secondariamente, con la valutazione di parametri immunologici (es. variazioni della produzione di anticorpi IgE o IgG, variazioni dell'immunità cellulo-mediata) che costituiscono il presupposto biologico all'effetto clinico.
L'immunoterapia specifica è stata utilizzata fin dai primi decenni del '900 in base a criteri prevalentemente empirici; negli ultimi anni, tuttavia, le evidenze scientifiche, sia a livello di ricerca clinica che di ricerca biologica di base, si sono moltiplicate fino a raggiungere una "massa critica" rilevante nel trattamento dell'asma (vedi Tabella).
Questa evoluzione è stata favorita da vari fattori tra cui:
- l'affermarsi dell'allergologia come disciplina autonoma, che ha permesso di indirizzare decisamente la ricerca in questa direzione;
- le acquisizioni in ambito biologico, in particolare la caratterizzazione sempre più precisa degli allergeni a livello molecolare. Ciò ha consentito una standardizzazione dei materiali utilizzati per l'immunoterapia (attualmente si sta lavorando anche con allergeni ricombinanti) superando i limiti dei vecchi "estratti allergenici" di composizione spesso non determinata, che non consentivano una interpretazione attendibile dei dati clinici e sperimentali e la comparazione tra studi diversi;
- il progresso della immunologia di base, che ha permesso di approfondire, a livello cellulare e molecolare, i meccanismi attraverso cui agisce l'immunoterapia.
A fronte di questi progressi ottenuti in campo scientifico, l'allergologia non è stata altrettanto rapida ed efficace nel comunicare i propri risultati oltre la cerchia degli addetti ai lavori, nonostante varie pubblicazioni su riviste "top ranking"1-4. Paradossalmente, mentre le evidenze scientifiche sull'immunoterapia si accumulavano, la "percezione" della stessa a livello della comunità medica in generale rimaneva ancorata a vecchi criteri e pregiudizi, tra cui quello della efficacia non documentata e della pericolosità. Le riserve circa l'efficacia dell'ITS, sia in forma iniettiva che sublinguale, sono poco comprensibili se si considera che il suo utilizzo nella rinite ed asma allergico è raccomandato in documenti patrocinati dall'OMS5,6, che sono disponibili numerose metanalisi e revisioni sistematiche7-12 e che l'ITS costituisce senza alcun dubbio un trattamento "salva vita" nel caso dell'allergia al veleno di imenotteri. Per quanto riguarda la pericolosità, il problema è stato largamente superato con l'introduzione dei "vaccini" sublinguali13-15.
La diffidenza nei confronti dell'ITS è ancora più sorprendente se si considera l'entusiasmo che invece suscitano i cosiddetti "modificatori della risposta biologica", farmaci più recenti che non possiedono ancora "l'anzianità di servizio" accumulata dall'immunoterapia specifica nel corso degli anni. Ad esempio, in ambito pneumologico merita di essere sottolineata l'enfasi con cui è sostenuto l'omalizumab (anticorpo umanizzato anti-IgE) per il trattamento dell'asma allergico, farmaco che presenta indicazioni in buona parte sovrapponibili a quelle dell'immunoterapia specifica, soprattutto ora che la possibilità di utilizzare la via sublinguale ha drasticamente ridotto i rischi legati al trattamento di soggetti con asma cronico. L'omalizumab agisce con un meccanismo aspecifico, riducendo la risposta immunitaria IgE mediata nella sua totalità, mentre l'ITS agisce in modo selettivo nei confronti di allergeni specifici, senza pregiudicare le altre funzioni che il sistema IgE può esercitare, come il controllo delle infestazioni parassitarie e, forse, di certe neoplasie. L'omalizumab, inoltre, deve essere somministrato a tempo indeterminato, mentre l'immunoterapia per non più di 5 anni, manifestando un effetto a lungo termine anche dopo la sospensione3,16. Infine, il costo dell'omalizumab per anno di terapia è almeno 10 volte superiore a quello dell'ITS.
Un altro argomento tradizionalmente usato contro l'immunoterapia, in modo particolare nell'asma, è quello secondo cui non comporterebbe vantaggi aggiuntivi rispetto alla terapia farmacologica. Alla base di questa valutazione vi è, con tutta probabilità, un approccio metodologico errato in quanto non tiene conto della diversa natura dell'ITS rispetto ai farmaci. Infatti la valutazione di questi ultimi si basa principalmente su studi randomizzati e controllati di breve durata (6-12 mesi), mentre gli effetti dell'ITS richiedono di essere valutati in un arco di tempo più lungo, di almeno 3 anni. Infatti il vero "benefit" dell'immunoterapia è quello di modificare l'evoluzione naturale dell'asma o di contrastare l'evoluzione da rinite ad asma17,18, obiettivi al di fuori della portata di qualunque farmaco attualmente disponibile. Al riguardo va ricordato che recenti lavori hanno dimostrato che i cortisonici inalatori, anche se usati precocemente nei bimbi asmatici, non sono in grado di modificare l'evoluzione ed il percorso naturale dell'asma19,20. Quindi la contrapposizione farmaci verso "vaccino" è priva di logica, in quanto si tratta di trattamenti con finalità diverse, che devono essere considerati complementari e non alternativi.
Va detto con chiarezza, tuttavia, che l'utilizzo dell'ITS, specialmente in passato, è stato spesso incongruo. L'uso indiscriminato dei "vaccini antiallergici" ha contribuito pesantemente al loro discredito. Un requisito fondamentale è la selezione dei pazienti da sottoporre al trattamento, che deve seguire criteri precisi. In particolare, è necessario indagare a livello anamnestico se vi sia un allergene clinicamente rilevante, che incida in modo significativo sulla sintomatologia del paziente e di cui non sia possibile ridurre la presenza nell'ambiente per mezzo di misure comportamentali e di prevenzione. Solo in questo caso l'immunoterapia è giustificata. Troppo spesso, inoltre, si prescrivono ancora "vaccini" costituiti da miscele eterogenee di allergeni, individuati solamente in base alle positività dei test cutanei o del RAST, senza tenere in considerazione i sintomi del paziente.
Anche l'uso di modalità di trattamento inappropriate è deleterio. Da molti anni viene proposto uno schema di vaccinazione con miscele allergeniche a basso dosaggio con "potenziamento" enzimatico (schema di McEwen).
Nonostante varie evidenze di inefficacia, tra cui quella definitiva pubblicata sul British Medical Journal nel 200321, tale trattamento continua ad essere praticato, in analogia ad altre metodiche diagnostiche e terapeutiche che vengono largamente utilizzate nonostante l'assoluta mancanza di prove di efficacia. Ad esempio, per rimanere in ambito allergologico, una situazione simile si verifica per i cosiddetti "test per le intolleranze alimentari" e relative diete.
Un ulteriore aspetto che suscita diffidenza nei confronti dell'immunoterapia è quello del canale di distribuzione, diverso da quello tradizionale dei farmaci. Infatti i "vaccini antiallergici" non si acquistano in farmacia, ma vengono forniti direttamente al paziente dalle ditte produttrici in seguito alla richiesta dell'allergologo. Tale situazione origina storicamente dalla necessità di allestire vaccini personalizzati in base alle caratteristiche del paziente ed anche dalle difficoltà che le ditte produttrici incontrano per registrare questi prodotti con le procedure attualmente previste per i farmaci. In considerazione della sempre maggiore standardizzazione degli allergeni e della conseguente omogeneizzazione dei materiali utilizzati per l'immunoterapia, è auspicabile che si possa arrivare al superamento di questi problemi e che la distribuzione dei vaccini antiallergici venga consentita anche nelle farmacie.
In conclusione, alla luce delle evidenze scientifiche attuali, i tempi sono ormai maturi per un sereno dibattito, soprattutto all'esterno del mondo allergologico, sulle potenzialità terapeutiche dell'immunoterapia specifica nel trattamento delle malattie allergiche respiratorie.
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