La gestione farmacologica del diabete di tipo 2: le ultime evidenze
Giorgia De Berardis
In base agli ultimi dati italiani la prevalenza di diabete farmacologicamente trattato è pari al 6,34%, ma, prendendo in considerazione anche i casi in trattamento con sola dieta, e i casi di diabete misconosciuto, si stima che la prevalenza del diabete in Italia sia dell’8%1. Bisogna inoltre tenere presente, in ottica di terapia farmacologica, che il 35% è in età lavorativa, e necessita pertanto di terapie non solo efficaci e sicure ma anche semplici e flessibili. Inoltre quasi il 65% ha più di 65 anni.
L’obiettivo terapeutico, negli ultimi anni, si è spostato dal solo raggiungimento dei target di emoglobina glicata (HbA1c), al raggiungimento di un target globale sul contemporaneo controllo della prevenzione delle complicanze, soprattutto cardiovascolari.
Tutte le recenti raccomandazioni internazionali e nazionali supportano un approccio farmacoterapeutico di tipo progressivo che parte pertanto dalla personalizzazione del target glicemico e tiene in considerazione non solo l’efficacia dei singoli trattamenti ma anche la pletora di effetti collaterali associati ad essi, l’età, il peso corporeo, il rischio ipoglicemico, la funzionalità renale, la via di somministrazione oltre che le preferenze del paziente.
Le ultime linee-guida italiane promosse dalla collaborazione delle due società scientifiche SID e AMD2 sostengono target glicemici con livelli di HbA1c < 48 mmol/mol (6,5%). Il target raccomandato per pazienti con ridotta aspettativa di vita intesa come età avanzata e/o presenza di gravi complicanze, può anche essere superiore. La novità introdotta risiede inoltre nel riconoscere i danni causati dalle ipoglicemie associati all’uso di specifici farmaci, raccomandando pertanto livelli glicemici meno stringenti [48-58 mmol/mol (6,5-7,5%)] in coloro che utilizzano farmaci con elevato rischio ipoglicemico come le sulfoniluree, le glinidi o l’insulina. In caso di concomitante presenza di fattori che aumentano il rischio ipoglicemico, il target raccomandato è inferiore ai 64 mmol/mol (8%).
Farmaci ipoglicemizzanti
Alle scelte terapeutiche per la cura del diabete di tipo 2 più tradizionali si affiancano oggi farmaci innovativi che presentano interessanti caratteristiche di efficacia e sicurezza (Tabella 1). Attualmente sono disponibili otto classi di farmaci, oltre all’insulina, che possono essere anche associati sfruttando i diversi meccanismi d’azione al fine di personalizzare la terapia e ottenere un controllo glicemico soddisfacente a lungo termine. Molti di questi farmaci hanno inoltre dimostrato di possedere efficacia non solo sulla riduzione dei valori glicemici ma anche nella prevenzione degli eventi cardiovascolari e delle complicanze renali (Tabella 2).
Metformina
La terapia farmacologica di prima scelta continua ad essere basata sull’uso della metformina, che è, e rimane ad oggi, il caposaldo della terapia del diabete di tipo 2.
In una meta-analisi basata su 35 trial clinici, la metformina utilizzata in monoterapia ha evidenziato una riduzione dei livelli di HbA1c di 1,12% (IC 95% da -0,92 a -1,32) rispetto al placebo3. Inoltre il suo utilizzo si associa ad un rischio ipoglicemico estremamente ridotto che ne permette l’uso in combinazione con altri farmaci ipoglicemizzanti. Gli effetti collaterali, sostanzialmente di natura gastrointestinale, possono essere limitati iniziando il trattamento con dosaggi minori o con formulazioni a lento rilascio.
Sono inoltre stati dimostrati gli effetti positivi anche su parametri quali la funzione cognitiva, la depressione e altri esiti legati all’età. Sono in corso ulteriori studi clinici randomizzati con metformina per valutarne gli effetti sulla funzione cognitiva (ePREDICE), demenza e patologie correlate all’età (ad es. tumori) (TAME) o incidenza di patologie cardiovascolari (VA-IMPACT)4.
Sicurezza cardiovascolare
I risultati di una meta-analisi5 hanno evidenziato come la metformina non sia associata né ad un eccesso di rischio né ad un effetto protettivo di eventi cardiovascolari. Tuttavia, rispetto al placebo o a nessun trattamento, la metformina è risultata associata ad una riduzione del rischio cardiovascolare. Tale effetto non emerge nei trial di confronto con altri farmaci ipoglicemizzanti.
La scelta dei farmaci di seconda linea, a differenza delle precedenti raccomandazioni che inserivano tutte le classi farmacologiche allo stesso livello, è invece focalizzata su specifiche classi farmacologiche: gli agonisti del recettore del GLP-1, gli inibitori del DPP-4, gli inibitori del SGLT-2 e il pioglitazone sono infatti da preferirsi alle solfaniluree, le glinidi o l’acarbose.
Grazie agli effetti positivi sul peso corporeo, nei pazienti obesi è raccomandato l’uso della metformina, degli analoghi del recettore del GLP-1, degli inibitori del DPP-4 e degli inibitori del SGLT2.
Analoghi del recettore del GLP-1
Gli analoghi del recettore del GLP-1, che possono ulteriormente essere distinti in farmaci a breve (exenatide e lixisenatide) e lunga durata d’azione (liraglutide, exenatide LAR, dulaglutide), sono tra i farmaci ipoglicemizzanti più efficaci. Questi ultimi sembrano avere una maggiore efficacia in termini di controllo metabolico con una minore incidenza di ipoglicemie.
La loro azione ipoglicemizzante si esplica potenziando la secrezione di insulina glucosio-dipendente dalle cellule beta pancreatiche, riducendo allo stesso tempo la secrezione inappropriatamente elevata di glucagone. Inoltre, a livello cerebrale, attraverso un’attivazione specifica del recettore del GLP-1, aumentano i principali segnali chiave della sazietà e diminuiscono quelli della fame, inducendo, quindi, una riduzione del peso corporeo. A livello gastrointestinale, il meccanismo ipoglicemizzante comporta anche un lieve ritardo nello svuotamento gastrico.
Sicurezza cardiovascolare
Gli analoghi del recettore del GLP-1 sono stati ampiamente studiati in 8 trial clinici. L’ultimo dei quattro studi i cui risultati sono ad oggi disponibili6-8 è lo studio SUSTAIN-6 (Trial to Evaluate Cardiovascular and Other Long-term Outcomes With Semaglutide in Subjects With Type 2 Diabetes)9che ha confermato la superiorità della semaglutide rispetto al placebo nella prevenzione degli eventi cardiovascolari maggiori in una popolazione con diabete ad elevato rischio. Si osserva un effetto importante anche sulla riduzione dell’incidenza di ictus non fatale, mentre non sono state osservate differenze significative per quanto concerne la mortalità cardiovascolare. Tale risultato merita ulteriori indagini per verificare se l’effetto rifletta un meccanismo specifico della molecola; altri farmaci, quali la liraglutide e l’empagliflozin hanno infatti mostrato maggiore efficacia proprio nella riduzione della mortalità cardiovascolare. In particolare la liraglutide viene raccomandata nei pazienti con pregressi eventi cardiovascolari maggiori.
Inibitori del DPP-4
Tale classe farmacologica possiede una moderata efficacia sulla riduzione dei livelli glicemici; complessivamente questi farmaci riducono i livelli di HbA1c di 0,5-0,9% e il beneficio è maggiore a livelli di HbA1c al baseline più elevati. Sono molto ben tollerati e sono associati a basso rischio ipoglicemico. Hanno la caratteristica di non interagire con altri farmaci, che li rende pertanto particolarmente adatti ad essere utilizzati in politerapia.
Sicurezza cardiovascolare
Gli studi sugli inibitori del DPP-410-12 ne hanno confermato la sicurezza cardiovascolare, anche se nessuno di essi ha evidenziato benefici sulla prevenzione degli eventi cardiovascolari. In merito all’aumento di incidenza di scompenso cardiaco riscontrato nello studio SAVOR-TIMI 5310 con l’utilizzo di saxagliptin (1,27; IC 95% 1,07-1,51), sembrerebbe supportato anche dai risultati dello studio EXAMINE11, nel quale l’aumento dell’incidenza di scompenso cardiaco, seppure non significativo, era superiore nei pazienti trattati con alogliptin rispetto al gruppo placebo (1,19; IC 95% 0,90-1,58).
Due studi sono tuttavia ancora in corso: CAROLINA (Cardiovascular Outcome Study of Linagliptin Versus Glimepiride in Patients With Type 2 Diabetes) e CARMELINA (Cardiovascular and Renal Microvascular Outcome Study With Linagliptin in Patients With Type 2 Diabetes Mellitus) che potrebbero fornire ulteriori e conclusivi dati sulla sicurezza cardiovascolare di questa classe di farmaci.
Tiazolidinedioni
L’effetto terapeutico del pioglitazone, l’unico prodotto della classe rimasto in commercio, si esplica attraverso un’azione insulino-sensibilizzante, senza influire sulla secrezione insulinica. L'elevata efficacia del farmaco è tuttavia evidente dopo diverse settimane di trattamento. L’uso del farmaco è associato, da una parte, ad un rischio di ipoglicemia molto basso, e dall’altro, ad un aumento ponderale legato sia alla ritenzione idrica che all’aumento della massa adiposa. È inoltre stata evidenziata una riduzione della densità ossea, soprattutto nelle donne in post-menopausa. Il pioglitazone può essere utilizzato anche in pazienti con insufficienza renale.
Sicurezza cardiovascolare
Il maggiore studio che ha valutato l’efficacia del pioglitazone nella prevenzione degli eventi cardiovascolari è stato lo studio PROactive13 che aveva dimostrato una riduzione della morbilità e mortalità cardiovascolare rispetto al placebo non statisticamente significativa. Significativi erano risultati invece altri endpoint secondari quali l’endpoint costituito da infarto e ictus non fatali e mortalità cardiovascolare.
Sono stati recentemente pubblicati i risultati dello studio italiano TOSCA.IT (Thiazolidinediones or Sulfonylureas Cardiovascular Accidents Intervention Trial) che ha valutato l’effetto a lungo termine sugli eventi cardiovascolari del pioglitazone rispetto alle sulfoniluree in aggiunta alla metformina in 3.028 pazienti con diabete di tipo 214. Lo studio non ha evidenziato differenze significative in termini di incidenza complessiva di infarto non fatale, ictus non fatale, mortalità cardiovascolare, e rivascolarizzazione coronarica urgente (0,96; IC 95% 0,74-1,26). Il trattamento con pioglitazone ha tuttavia evidenziato benefici in termini di durability del controllo glicemico e di frequenza degli episodi di ipoglicemia. La validità e l’originalità dello studio TOSCA.IT consiste nell’essere l’unico ampio studio di confronto head-to-head fra due farmaci ipoglicemizzanti ampiamente utilizzati in seconda linea.
Inibitori del SGLT2
Gli inibitori del SGLT2 (o gliflozine) inibiscono il co-trasportatore sodio-glucosio di tipo 2 riducendo il riassorbimento renale di glucosio e aumentandone pertanto l’escrezione urinaria. Il meccanismo d’azione determina anche perdita di peso corporeo e miglioramento della pressione arteriosa senza incremento di eventi ipoglicemici. L’efficacia del farmaco è evidente già nelle prime fasi di trattamento e dura nel tempo. I principali effetti collaterali sono rappresentati da infezioni genitali e deplezione di volume nei pazienti anziani.
Sicurezza cardiovascolare
I due studi completati condotti sugli inibitori del SGLT2 hanno fornito importanti evidenze sulla efficacia di empagliflozin e canagliflozin nella prevenzione degli eventi cardiovascolari maggiori15,16. In particolare, nello studio EMPAREG-OUTCOME il trattamento con empagliflozin ha determinato una riduzione dell’incidenza di eventi cardiovascolari maggiori rispetto al placebo, oltre che una riduzione della mortalità cardiovascolare e totale e delle ospedalizzazioni per scompenso cardiaco. Nel più recente studio CANVAS (Canagliflozin Cardiovascular Assessment Study) i pazienti trattati con canagliflozin presentavano un rischio di eventi cardiovascolari maggiori del 14% inferiore rispetto al gruppo placebo. È stato tuttavia osservato un aumento del ritmo cardiaco, effetto emerso anche negli altri studi con farmaci della stessa classe farmacologica e un aumento delle amputazioni degli arti inferiori che ha determinato un warning da parte di EMA. Tuttavia, a tal proposito, lo studio osservazionale OBSERVE-4D17, che ha analizzato gli effetti associati all’uso di inibitori del SGLT2 sulle amputazioni sotto il ginocchio e il ricovero per insufficienza cardiaca rispetto ad altre terapie, in una popolazione di oltre 700.000 soggetti, non ha rilevato alcun aumento del rischio di amputazione degli arti inferiori con uno qualsiasi degli inibitori del SGLT2. Lo studio ha inoltre confermato i dati del trial clinici, mostrando una riduzione dell'incidenza di ospedalizzazione per insufficienza cardiaca.
L’effetto di prevenzione cardiovascolare viene confermato anche in ambito di normale pratica clinica. Lo studio osservazionale CVD-REAL18, ha analizzato dati di real-word provenienti da 6 diversi paesi, per confrontare la mortalità e la morbilità cardiovascolare negli utilizzatori degli inibitori di SGLT2 rispetto agli utilizzatori di altri farmaci ipoglicemizzanti. L’87% dei pazienti inclusi nell’analisi non presentava un pregresso evento cardiovascolare. Lo studio ha dimostrato come l’uso dei nuovi farmaci sia associato ad un rischio ridotto di mortalità cardiovascolare (0,53, IC 95% 0,40-0,71) eventi cardiovascolari maggiori (0,78; IC 95% 0,69-0,87), e ospedalizzazioni per scompenso cardiaco (0,70; IC 95% 0,61-0,81). Tali effetti erano inoltre prodotti con una minore incidenza di ipoglicemie rispetto al gruppo di confronto.
Ulteriori 7 studi su tali farmaci sono tuttora in corso: CREDENCE [Canagliflozin], interrotto precocemente sulla base dei risultati positivi dimostrati, EMPEROR-Reduced [Empagliflozin], EMPEROR-Preserved [Empagliflozin], Dapa-HF [Dapagliflozin], Dapa CKD [Dapagliflozin], DECLARE-TIMI 58 [Dapagliflozin], VERTIS CV [Ertugliflozin]).
È stata inoltre effettuata una revisione sistematica e una meta-analisi di studi clinici randomizzati e controllati verso placebo per valutare gli effetti degli inibitori del DPP-4, degli inibitori del SGLT2, degli agonisti del recettore del GLP-1 sui ricoveri per insufficienza cardiaca nei soggetti con diabete di tipo 2. Gli inibitori del SGLT2 hanno mostrato, rispetto al placebo, l’effetto maggiore sull’endpoint relativo all’insufficienza cardiaca (0,56; IC 95% 0,43-0,72), in confronto agli altri farmaci19.
Sulfoniluree
Le sulfoniluree sono farmaci che, per la loro scarsa efficacia a lungo termine e per il profilo di sicurezza, sono eventualmente raccomandati come terza istanza; deve essere tuttavia evitata l’associazione con insulina per l’elevato rischio ipoglicemico. Si raccomanda l’uso della gliclazide, con un profilo di sicurezza più favorevole rispetto alle altre molecole della classe.
Insulina
Qualora si rendesse necessario intensificare la terapia farmacologica si prende in considerazione la terapia insulinica. Questa può essere efficacemente associata agli inibitori del SGLT2, agli agonisti de GLP-1 e agli inibitori del DPP-4 consentendo di ridurre anche il dosaggio insulinico giornaliero.
Sicurezza cardiovascolare
Lo studio DEVOTE (A Trial Comparing Cardiovascular Safety of Insulin Degludec Versus Insulin Glargine in Patients With Type 2 Diabetes at High Risk of Cardiovascular Events)20 ha valutato la sicurezza cardiovascolare dell’insulina degludec ad azione ultralenta su 7.637 pazienti con diabete di tipo 2 ad elevato rischio cardiovascolare rispetto all’insulina glargine U100. Il trial ha confermato la sicurezza cardiovascolare dell’insulina degludec che si è dimostrato non inferiore rispetto all’insulina glargine (0,91; IC 95% 0,78-1,06). I risultati degli endpoint secondari dello studio mostrano, inoltre, come l’insulina degludec determini un 40% in meno di episodi di ipoglicemia severa, in particolare di episodi di ipoglicemia notturna.
Associazioni precostituite
Ulteriore novità in campo diabetologico è costituita dalla disponibilità di co-formulazioni di farmaci ipoglicemizzanti. Le combinazioni di farmaci, con meccanismi d’azione solitamente complementari, hanno lo scopo di migliorare la compliance e l’aderenza del paziente, limitare o al meglio neutralizzare gli effetti collaterali dei singoli principi attivi. La prescrizione di co-formulazioni deve essere associata tuttavia ad una attenta educazione al paziente. Tra gli svantaggi è inoltre da tenere presente la disponibilità di dosaggi fissi dei farmaci.
Una delle ultime combinazioni commercializzate in Italia è rappresentata da IDegLira, una associazione costituita da insulina degludec e liraglutide con meccanismi di azione complementari21. La combinazione dei due principi attivi sfrutta infatti l’efficacia dell’insulina basale sulla riduzione dell’HbA1c e della glicemia a digiuno, e l’efficacia dell’analogo del recettore del GLP-1 sulla riduzione dell’HbA1c, della glicemia a digiuno e postprandiale, determinando un effetto sinergico sulla glicata e sulla glicemia a digiuno con una maggiore riduzione rispetto ai monocomponenti, oltre ad una riduzione della glicemia postprandiale. In merito alla sicurezza, l’associazione determina un effetto quasi neutrale sul peso corporeo e una bassa incidenza di ipoglicemie, attribuibili essenzialmente all’effetto del GLP-1RA che contrasta l’aumento di peso e di ipoglicemie causati dall’insulina basale, e un effetto a livello gastrointestinale associato alla componente liraglutide ridotto rispetto al monocomponente. IDegLira ha dimostrato una efficacia pari a quella del regime basal bolus (DUAL VII) considerato fino ad oggi la strategia terapeutica più efficace22.
Altra combinazione precostituita di insulina basale e analogo del recettore del GLP-1 è rappresentato dalla co-formulazione, a rapporto fisso e titolabile, di Insulina Glargine U100 e Lixisenatide23. Gli studi LixiLan hanno dimostrato un’efficacia maggiore in termini di riduzione dei parametri glicemici, accompagnati da una riduzione di peso corporeo, e una minore incidenza di effetti gastrointestinali rispetto alla sola lixisenatide. In merito all’incidenza di ipoglicemie, il prodotto ha dimostrato un tasso simile a quello dell’insulina glargine.
Sebbene non siano disponibili studi di confronto tra le due combinazioni, lo studio DEVOTE20 ha tuttavia evidenziato una minore incidenza di episodi ipoglicemici nei pazienti in trattamento con insulina degludec rispetto a quelli trattati con insulina glargine. La liraglutide inoltre, sebbene influisca anche sulla glicemia postprandiale, ha una lunga durata d’azione che influisce maggiormente sulla glicemia a digiuno. La lixisenatide ha una durata d’azione minore che determina una maggiore efficacia sulla glicemia postprandiale.
Infine, sia per la liraglutide che per la lixisenatide è stata dimostrata una sicurezza cardiovascolare, ma solo la liraglutide ha dimostrato una riduzione di incidenza degli eventi cardiovascolari maggiori.
Pazienti che necessitano di una intensificazione della terapia e in cui è necessario tenere in considerazione l’aumento ponderale e il rischio ipoglicemico, possono beneficiare dell’efficacia e dei vantaggi della co-formulazione tra insulina basale e analogo del GLP-1, che permette di semplificare la terapia e di migliorare l’aderenza terapeutica diminuendo il numero di iniezioni giornaliere.
La prima associazione a base di inibitore del DPP-4 e inibitore del SGLT-2 è costituita da saxagliptin e dapagliflozin24 due farmaci a meccanismo d’azione complementare: saxagliptin determina aumento della secrezione insulinica in modo glucosio-dipendente, mentre il dapagliflozin inibisce il riassorbimento renale di glucosio favorendo la sua secrezione per via urinaria. Gli studi che ne hanno determinato l’approvazione, hanno evidenziato una maggiore efficacia in termini di riduzione dell’HbA1c rispetto al placebo e ai singoli monocomponenti.
Trattamento del paziente anziano
Il trattamento nella popolazione anziana deve essere estremamente personalizzato e mirato a fornire un buon controllo metabolico evitando gli episodi ipoglicemici. Gli obiettivi glicemici, oltre all’età, devono tenere in considerazione anche lo stato funzionale, la presenza di comorbidità e di eventuali pregressi eventi cardiovascolari maggiori.
Anche in questa popolazione la metformina è il farmaco di prima scelta mentre sono sconsigliati i farmaci con elevato rischio ipoglicemico e il pioglitazone a causa del rischio di ritenzione idrica e di scompenso cardiaco.
Le raccomandazioni consigliano inoltre di utilizzare con cautela i farmaci più recenti quali gli inibitori del SGLT2, in quanto determinano deplezione del volume e dimagrimento, e gli agonisti del recettore del GLP-1, per i quali i dati sono ancora limitati. Sono pertanto da preferirsi in seconda linea gli inibitori del DPP-4.
Anche lo schema terapeutico della terapia insulinica nel paziente anziano deve essere personalizzato e prendere in considerazione la capacità di gestione del paziente e lo stato cognitivo oltre agli effetti farmacocinetici e farmacodinamici delle insuline stesse. Sono preferibili le insuline a ridotto rischio di episodi ipoglicemici e con bassa variabilità intraindividuale, associate eventualmente alle insuline ultrarapide.
L’adozione di una strategia insulino-centrica come trattamento preferenziale nel paziente anziano 'scompensato' è una situazione clinica di particolare interesse, ritornata ad essere, negli ultimi due anni, di grande rilevanza clinico-assistenziale per la sua frequenza e per il quesito che la sottende: è una scelta ragionevole, evidence-based per sicurezza ed efficacia? Sulla base di molti studi, clinici ed epidemiologici, i dati sembrerebbero propendere per attribuire all'insulina un ruolo di aggravamento clinico della condizione cardiovascolare.
Il tema è oggetto di ricerca, ma implicherebbe una forte iniziativa collaborativa-indipendente di cardiologi e diabetologi. Non facile. È una classica situazione di incertezza alla quale rimandano anche varie referenze dell'editoriale di questo numero. Basta qui la segnalazione del problema e la definizione della popolazione.
Conclusioni
Le nuove classi farmacologiche hanno a sostegno molteplici evidenze che ne supportano l’uso. Iniziano inoltre ad essere disponibili informazioni sull’uso nella reale e normale pratica clinica che sembrano confermare i dati emersi dai clinical trial. Molta attenzione viene inoltre rivolta non solo alla dimostrazione dell’efficacia del farmaco ipoglicemizzante ma anche alla dimostrazione della sua sicurezza e della sua efficacia su parametri diversi dal controllo metabolico. Ciò ha determinato una rimodulazione degli algoritmi terapeutici con una predilezione per le nuove classi farmacologiche.
Le informazioni derivanti dagli studi di outcome cardiovascolare (CVOT – Cardiovascular Outcome Trial) andranno affiancate sempre più da quelle provenienti dagli studi di Real World Data, che consentiranno di valutare il profilo di efficacia e sicurezza dei farmaci su popolazioni più rappresentative della normale pratica clinica, al di fuori di popolazioni altamente selezionate e di schemi molto controllati come quelli dei clinical trial. Sono tuttavia molto buone le premesse con cui le nuove molecole si presentano al mercato.
Promettenti opzioni terapeutiche sono inoltre in arrivo: un nuovo inibitore del SGLT2, l’ertugliflozin, ha ottenuto l’approvazione da parte del CHMP dell’EMA, e un nuovo agonista del recettore del GLP-1, la semaglutide, il primo a somministrazione orale, sarà a breve disponibile.
Bibliografia 1. Osservatorio ARNO Diabete. Il profilo assistenziale della popolazione con diabete. Rapporto 2017 - Volume XXX - Collana “Rapporti ARNO”. 2. Associazioni Medici Dabetologi (AMD) – Società Italiana di Diabetologia. Standard italiani per la cura del diabete mellito 2018. 3. Hirst JA, et al. Quantifying the effect of metformin treatment and dose on glycemic control. Diabetes Care 2012;35:446e454. 4. Valencia WM, et al. Metformin and ageing: improving ageing outcomes beyond glycaemic control. Diabetologia 2017;60:1630-1638. 5. Lamanna C, et al. Effect of metformin on cardiovascular events and mortality: a meta-analysis of randomized clinical trials. Diabetes Obesity and Metabolism 2011;13: 221-228. 6. Pfeffer MA, et al.; ELIXA Investigators. Lixisenatide in patients with type 2 diabetes and acute coronary syndrome. N Engl J Med 2015;373:2247-2257. 7. Marso SP, et al.; LEADER Steering Committee; LEADER Trial Investigators. Liraglutide and cardiovascular outcomes in type 2 diabetes. N Engl JMed 2016;375:311-322 8. Holman RR, et al.; EXSCEL Study Group. Effects of once-weekly exenatide on cardiovascular outcomes in type 2 diabetes. N Engl J Med 2017;377:1228-1239. 9. Marso SP, et al.; SUSTAIN-6 Investigators. Semaglutide and cardiovascular outcomes in patients with type 2 diabetes. N Engl J Med 2016;375:1834-1844. 10. Scirica BM, et al.; SAVOR-TIMI 53 Steering Committee and Investigators. Saxagliptin and cardiovascular outcomes in patients with type 2 diabetes mellitus. N Engl J Med 2013;369:1317-1326. 11. White WB, et al.; EXAMINE Investigators. Alogliptin after acute coronary syndrome in patients with type 2 diabetes. N Engl J Med 2013;369:1327-1335. 12. Green JB, et al.; TECOS Study Group. Effect of sitagliptin on cardiovascular outcomes in type 2 diabetes. N Engl J Med 2015;373:232-242. 13. Dormandy JA, et al. Secondary prevention of macrovascular events in patients with type 2 diabetes in the PROactive Study (PROspective pioglitAzone Clinical Trial In macroVascular Events): a randomised controlled trial. Lancet 2005;366:1279-1289. 14. Vaccaro O, et al.; Thiazolidinediones Or Sulfonylureas Cardiovascular Accidents Intervention Trial (TOSCA.IT) study group; Italian Diabetes Society. Effects on the incidence of cardiovascular events of the addition of pioglitazone versus sulfonylureas in patients with type 2 diabetes inadequately controlled with metformin (TOSCA.IT): a randomised, multicenter trial. Lancet Diabetes Endocrinol 2017;5:887-897. 15. Zinman B, et al.; EMPAREG OUTCOME Investigators. Empagliflozin, cardiovascular outcomes, and mortality in type 2 diabetes. N Engl J Med 2015;373:2117-2128. 16. Neal B, et al.; CANVAS Program Collaborative Group. Canagliflozin and cardiovascular and renal events in type 2 diabetes. N Engl J Med 2017;377:644-657. 17. Ryan PB, et al. Comparative effectiveness of canagliflozin, SGLT2 inhibitors and non-SGLT2 inhibitors on the risk of hospitalization for heart failure and amputation in patients with type 2 diabetes mellitus: A real-world meta-analysis of 4 observational databases (OBSERVE-4D). Diabetes Obes Metab 2018;20:2585-2597. 18. Birkeland KI, et al. Cardiovascular mortality and morbidity in patients with type 2 diabetes following initiation of sodium-glucose co-transporter-2 inhibitors versus other glucose-lowering drugs (CVD-REAL Nordic): a multinational observational analysis. Lancet Diabetes Endocrinol 2017;5:709-717. 19. Kramer CK, et al. Comparison of New Glucose-Lowering Drugs on Risk of Heart Failure in Type 2 Diabetes: A Network Meta-Analysis. JACC Heart Fail 2018;6:823-830. 20. Marso SP, et al. DEVOTE Study Group. Efficacy and Safety of Degludec versus Glargine in Type 2 Diabetes. N Engl J Med 2017;377:723-732. 21. Xultophy. Riassunto delle caratteristiche del prodotto. https://ec.europa.eu/health/documents/community-register/2014/20140918129550/anx_129550_it.pdf 22. Billings LK, et al. Efficacy and Safety of IDegLira Versus Basal-Bolus Insulin Therapy in Patients With Type 2 Diabetes Uncontrolled on Metformin and Basal Insulin: The DUAL VII Randomized Clinical Trial. Diabetes Care 2018;41:1009-1016. 23. Suliqua. Riassunto delle caratteristiche del prodotto. https://ec.europa.eu/health/documents/community-register/2017/20170111136614/anx_136614_it.pdf 24. Qtern. Riassunto delle caratteristiche del prodotto. https://ec.europa.eu/health/documents/community-register/2017/20170719138534/anx_138534_it.pdf