Difficile trovare il punto di partenza, e ancor più il filo conduttore, per un commento editoriale, che si era deciso dovesse "accompagnare", senza troppe divagazioni, i vari contributi. I problemi trattati sono tutti di attualità, i contenuti sono il prodotto di un processo editoriale di valutazione e scelte, che, lungo gli anni, dovrebbe essere accettabile, e capace di garantire non solo affidabilità, ma anche rappresentatività all'informazione che si propone: così da non aggiornare solo su novità-e-non, ma da offrire l'occasione per una continuità di attenzione culturale. Poi è scattata una ipotesi-domanda: ma perché dovrebbe esserci una chiave di lettura? e se proprio la "clandestinità di senso" fosse il filo conduttore? Gli appunti che seguono riflettono il percorso di verifica dell'ipotesi.
1) Punto di partenza ovvio è la Bussola: rubrica classica, ed obbligatoria, per tutti gli organi di informazione sui farmaci. Non offre nulla di nuovo-rilevante. E' "grigia", come la maggior parte delle bussole, italiane o meno. La domanda più di fondo che questi grigi ricorrenti impongono (che sia il loro reale obiettivo-contributo informativo?) è: come fanno le autorità regolatorie, così formalmente preoccupate di EBM, ICH-GCP, ...,a riconoscere come approvabili farmaci di questo tipo? che vogliano essere così radicali (o così senza pudore?) da dirci: guardate che in questo campo, la "rilevanza" della evidenza è considerata un fattore di confondimento ed è perciò messa, preventivamente, da parte?
2) Il contributo di Maestri e colleghi è da leggere (al di là dei contenuti tecnici perfettamente dettagliati) come un vero e proprio manuale metodologico-culturale per esplorare-gestire le aree della farmacologia-medicina che stanno (ai margini? agli incroci? nelle zone di nessuno?) tra bisogni-indicatori medico-biologici molto precisi, e le aspettative (solo dei cittadini? o di molti "professionisti"? spontanee? provocate? indicatori di bisogni? o di illusioni? di ignoranza?) di una medicina che per ogni [sintomo, o percezione o immaginazione di] deficit funzionale assicura una sostituzione-prevenzione "fisiologica". Si ri-incontra qui, in tono minore, non solo la tematica della TOS per la menopausa, ma ancor di più le mai-morte richieste-ricerche (continuano ad essere pubblicate, nonostante le rigorose ripetitività di risultati negativi!) sullo spettro delle più diverse vitamine ed integratori. Il manuale di esplorazione è perfetto nel documentare che il segreto per mantenere intatto il fascino da "territori inesplorati" di queste aree è sempre lo stesso: un mix di epidemiologia incerta, un tocco di trial suggestivi ma mai dimostrativi, la constatazione che qua e là dei problemi veri ci sono, il bisogno (non facilmente soddisfatto) di avere una competenza "specialistica" a disposizione, l'esigenza (che può "purtroppo" fermarsi solo all' "auspicio") di consacrare a questi temi una "ricerca più seria" (ciò che, paradossalmente, sembra dire che, bene o male tutto il cammino fatto è stato "ricerca non seria", cioè non-ricerca). Che ci si trovi anche qui nella stessa situazione di grigio programmato dei punti precedenti?
3) Il contributo sulle "gambe senza riposo" (che rinvia ad un articolo di inizio anno) sembra suggerire che le autorità regolatorie, in accordo con membri autorevoli della Comunità Scientifica, non sono così senza scrupoli: hanno motivazioni "umanitarie": sono preoccupate di popolazioni-problemi "orfani": è per adottarli che si chiudono occhi, orecchie, bocca sulle precarietà metodologiche: solo se si adottano precocemente, gli "orfani" possono svilupparsi-crescere: non si può essere troppo critici. L'orfanità delle "gambe senza riposo" (nome inquietante minaccioso) si trasforma così in una traduzione del "disease mongering" in chiave "solidaristica", attenta alle fasce marginalizzate: inventare [o fare come se ci fossero] malattie è il passaggio obbligato-meritorio per dare visibilità a qualcuno di cui altrimenti nessuno si accorgerebbe. Le "gambe senza riposo", e la loro terapia, si offrono dunque alla lettura di un "disease-mongering-solidale": epidemiologia creativa, che riesce a quantificare ciò che non è neppure definibile, con sperimentazioni dove si combinano brillantemente indicatori soft-surrogati con numerosità irrilevanti e tempi miniaturizzati di osservazione. L'intento (se ne può dubitare?) è certo "nobile": dimostrare che per gli orfani ed i dimenticati si è pronti a tutto e che il futuro (al di là di questi tempi bui che pretendono che dati e risultati debbano essere quantificati e verificabili in termini di "probabilità") sarà quello dei "trend", delle "possibilità", degli "auspici"
4)N.B. Per non pensare che i commenti precedenti siano pertinenti solo per problemi "minori" o "banali", che trovano attenzione-rifugio solo in riviste di incerto prestigio (o sono trattati d'ufficio nei bollettini sui farmaci) e che "non sono perciò rappresentativi del "main stream", può essere utile guardare le due riviste "per definizione" rilevanti: Lancet, 2006, Sept. 23; 1096-1105. Risultati [di una componente] dello studio [fattoriale] DREAM: si "scopre", con un grande studio internazionale randomizzato di più di 5.000 pazienti, che se un glitazonico viene dato non appena c'è un minimo segnale di iperglicemia, la probabilità di sviluppare iperglicemia franca (fino al diabete) è minore di quella che hanno individui che ricevono placebo! C'è una piccola nota "stonata" (ma, in fondo, non fa parte degli end-point di efficacia: è "solo" una conferma di vecchi problemi di sicurezza): pur essendo la popolazione giovane e senza problemi cardiovascolari, c'è un eccesso (p<0.01) di scompensi cardiaci nei trattati con glitazone.
E' proprio un "dream"; che permette di propagandare il glitazone in oggetto per questo uso "preventivo": attesa di "indicazione"? affidamento, più tranquillo, alle leggi di mercato? E quale sarà stato il "consenso" chiesto a, e concesso dai pazienti? New England Journal of Medicine, Oct. 19; 355: 1724-6 [DHEA]. L'area è molto vicina a quella dell'articolo di Maestri et al.: Ormoni anti-aging. I sogni-speranze di eterna giovinezza si randomizzano contro placebo: il "dream", impersonato qui da ormoni "soft", è sconfitto: il farmaco non è migliore del placebo. Lo dicono tutti gli indicatori biologici! E allora? Non si prescrive! Ma nessuno lo prescriveva: si compra[va] ai drugstores. Buffa questa medicina serissima che vuol controllare la possibilità di sogni banali di persone anziane, che vivono in un paese in guerra e dove si invecchia scoprendo (come ricorda l'ultimo Clint Eastwood) che perfino "The Flags of our Fathers" erano tessute di bugie.
5) Rientriamo nel numero di IsF, dopo la divagazione del punto precedente, per incontrare una nota di "cronaca". Sobria, quasi eccessivamente. E' lo stile (di cultura, e di lavoro) del suo autore. Da sempre, senza sottolineature, fa le cose che, e come, si devono fare. E' molto coerente con l'"evento" (ed è giusto chiamarlo così) che racconta: il WONCA di Firenze 2006. Molto importante (con una qualità in più, al di là dei contenuti e delle presenze: non c'era nessuna propaganda, né padiglione dell'industria farmaceutica-medica). Una cronaca di questo tipo è perfetta anche per concludere, e mettere in prospettiva, questo editoriale. Al cuore di WONCA c'è stata una ricorrente, intensa, propositiva richiesta della MG, anzitutto a se stessa, per assumersi come priorità e identità il ruolo di sponsor autonomo di ricerche:
nei temi rilevanti, perché quotidiani, che nessuno adotta "seriamente";
nelle aree dove il "grigio" e la sua permanenza (che significano pazienti-popolazioni mal-trattati) sono il fattore di rischio più grande;
prendendo la responsabilità di creare reti europee, rappresentative anche della variabilità delle culture.
Come si vede, la sobrietà nasconde pretese grandi. Che siano un principio/speranza/passo di risposta anche a quanto suggerito da questo numero di IsF? Che sia immaginabile leggere, non revisioni critiche-informate su problemi senza risposte (v. Maestri et al.), ma risultati controllati prodotti a partire dall'adozione delle domande? Informazioni sui Farmaci, Anno 2006, n.5