La fibromialgia è un problema di salute controverso con sintomi non specifici e molti aspetti ancora da chiarire. Che si tratti di una entità nosologica distinta non è universalmente accettato; secondo alcuni rimane una semplice forma di isteria1, per altri un enigma medico2.
Esistono buone ragioni per occuparsi di fibromialgia? Una in particolare. Perché la recente registrazione di pregabalin e la richiesta di registrazione di duloxetina per tale indicazione fa presagire, come già successo, che un disturbo dai contorni incerti come la fibromialgia, inserito in una ben organizzata campagna informativa/promozionale, possa presto assurgere all'attenzione generale, facendo aumentare il numero dei potenziali "sofferenti" candidati ai trattamenti disponibili. E' sufficiente scorrere la mole impressionante di articoli comparsi sulle riviste specializzate e non, nei vari siti internet, per rendersi conto del crescente (artificioso?) interesse nei confronti della fibromialgia.
Già nella evoluzione dalla definizione si ritrova parte della indeterminatezza tipica del caso3. Fibromialgia ha opportunamente sostituito i vecchi termini di mialgia tensiva, reumatismo psicogeno, fibrosite e fibromiosite; l'assenza di segni, sia clinici che bioumorali, di infiammazione, giustifica l'adozione dell'attuale definizione. Elemento predominante è il dolore cronico muscolare diffuso, accompagnato da disturbi comuni ad altre affezioni come la sindrome dell'intestino irritabile, la cefalea muscolo-tensiva, la dismenorrea. Tutto ciò fa inquadrare la fibromialgia tra le cosiddette dysfunctional spectrum syndrome4. Epidemiologia
Molti testi e articoli sostengono che la fibromialgia è un disturbo diffuso, disabilitante, ma misconosciuto e sottodiagnosticato4-6. I dati di prevalenza presentano una divaricazione ampia che va dallo 0,5% al 20%4-6. Utilizzando i criteri diagnostici dell'American College of Rheumatology (ACR)7, la prevalenza si avvicina al 2% (3,4% nelle donne e 0,5% negli uomini) negli Stati Uniti8 e risulta compresa tra lo 0,5% e il 5% in altri paesi9. Secondo le stime dei reumatologi americani le persone affette da fibromialgia sarebbero, invece, poco meno del 20% della popolazione10. Un dato certo è che la sindrome è molto più frequente nelle donne (più del 90% del campione arruolato negli studi) e in età media (25-50 anni), mentre è rara nei bambini e negli anziani. A volte è presente familiarità.
Cause
Nonostante siano state avanzate numerose ipotesi patogenetiche, come l'alterato metabolismo dei neurotrasmettitori centrali (in particolare serotonina, noradrenalina, sostanza P), il difettoso funzionamento del sistema nocicettivo e l'alterato funzionamento dell'asse ipotalamo-ipofisi-surrene, le cause della sindrome rimangono a tutt'oggi largamente sconosciute.
Esiste un rapporto tra comparsa dei sintomi ed eventi stressanti, probabilmente su un terreno psicologico predisposto. Quadro clinico
I sintomi caratteristici sono il dolore diffuso accompagnato da sonno non ristoratore e stanchezza. Il dolore ha localizzazione incerta e viene spesso riferito genericamente a nuca e spalle. L'esordio è graduale, diffuso, fastidioso. Il dolore, non di rado sensibile a fattori climatici e ambientali, dura mesi e non è influenzato dal riposo. Alcuni pazienti affermano di avvertire dolore "sempre e dappertutto"4. Frequentemente associati alla fibromialgia sono la cefalea, i disturbi intestinali, la dismenorrea, l'ansia e/o la depressione5.
All'esame clinico è tipico il contrasto tra l'abbondanza dei sintomi e la povertà dei rilievi obiettivi: l'unico elemento clinico è il dolore a livello dei muscoli, dei siti di inserzione tendinea e dei tessuti molli in zone particolari (tender point)4,5. E' presente spesso rigidità mattutina (conseguenza dell'ipertono muscolare notturno) che scompare con i primi movimenti.
Radiologicamente, non vi sono alterazioni, tranne, talora, la scomparsa della lordosi cervicale per contrattura dei muscoli paravertebrali. Gli esami di laboratorio servono solo a escludere altre malattie.
Diagnosi
I criteri diagnostici dell'ACR hanno una specificità e una sensibilità dell'85% nel differenziare la fibromialgia da altre forme di dolore muscolo-scheletrico7. Per quanto ritenuti arbitrari1 e criticabili11, sono stati utilizzati come riferimento nella maggior parte degli studi realizzati dopo il 1990. I criteri dell'ACR si basano su due elementi essenziali:
- la presenza di dolore diffuso, da almeno 3 mesi, che coinvolge il lato destro e sinistro del corpo, la regione sopra e sottombelicale del tronco, la colonna vertebrale;
- il dolore alla palpazione di almeno 11 tender point dei 18 bilaterali. I tender point vengono ricercati esercitando con il pollice una pressione (< 4 kg) e provocando dolore al di sotto o in prossimità immediata del punto compresso. Alcuni frequenti tender point bilaterali sono l'occipitale (inserzione del muscolo omonimo al cranio), il cervicale (spazi intertrasversali C5-C7 anteriormente), trapezio (punto medio del margine superiore), il sovraspinoso (inserzione del margine scapolare mediale), la seconda articolazione costo condrale (lateralmente e superiormente); l'epicondilo (2 cm distalmente), il gluteo (quadrante superiore esterno della natica), il gran trocantere (posteriormente), il ginocchio (cuscinetto adiposo mediale presso la rima)4,5.
Devono essere presenti ambedue i criteri; la concomitanza di un'altra malattia non esclude la diagnosi4,5.
La diagnosi differenziale va posta soprattutto con la sindrome miofasciale dolorosa,spesso legata a sforzi lavorativi o sportivi, nella quale il dolore, ad esordio improvviso e acuto, è, invece, localizzato su singoli muscoli, senza manifestazioni sistemiche (in questo caso vengono ricercati i trigger point, la cui pressione provoca un dolore irradiato ad una regione più o meno distante).
Altre patologie con cui la fibromialgia ha alcuni sintomi in comune (astenia, mialgie, cefalea, disturbi del sonno, depressione) sono la polimialgia reumatica e altre patologie reumatologiche, la sindrome da fatica cronica, l'ipotiroidismo e la depressione5. Terapia
Considerata la controversa natura della sindrome, non è sorprendente che si discuta anche di efficacia delle terapie. Alcune revisioni concludono che vi sono "solide prove" della utilità di svariati trattamenti (farmacologici e non)6, ma la realtà dei fatti non sembra rispecchiare questa visione ottimistica se, come viene documentato, vi sono pazienti che non mostrano alcun miglioramento dei sintomi nell'arco di 7 anni12. Farmaci
L'assenza di opzioni terapeutiche con indicazione specifica non ha sinora impedito il massiccio ricorso ai farmaci. Da uno studio prospettico condotto su 214 pazienti affetti da fibromialgia, seguiti per 5 anni da 114 ambulatori di reumatologia, risulta che nel tempo sono stati impiegati ben 74 principi attivi diversi, a dimostrazione del fatto che i risultati sono spesso deludenti e non esistono trattamenti di provata utilità clinica13.
La recente registrazione di pregabalin e quella forse imminente di duloxetina va vista come la soluzione attesa ad un problema irrisolto o si tratta di una strategia collaudata volta a proporre "vecchi farmaci per nuove malattie"? Per rispondere al quesito e per avere una visione d'insieme, può essere utile analizzare criticamente le evidenze disponibili in un panorama di studi spesso di scarsa qualità metodologica, di breve durata, generalmente di piccole dimensioni, non sempre uniformi per patologie e terapie concomitanti, approccio diagnostico e misure di esito adottate. Sia per quanto riguarda i farmaci che i trattamenti non farmacologici, la ridotta casistica arruolata (e la conseguente insufficiente potenza statistica), la disomogeneità dei gruppi di controllo e la scarsa qualità degli studi non hanno consentito l'effettuazione di metanalisi; al loro posto sono state eseguite delle revisioni con "sintesi delle migliori evidenze".
Antidepressivi triciclici
Sono stati i primi farmaci valutati nel trattamento della fibromialgia. L'amitriptilina è il composto meglio documentato. Piccoli studi a breve termine (massimo 10 settimane), su un totale di 168 pazienti, dimostrano che comporta un discreto beneficio clinico in termini di riduzione del dolore (valutato su una scala analogica visiva) e del punteggio del questionario FIQ (Fibromyalgia Impact Questionnaire, in uno su due studi)14-16, visibile entro le prime due settimane di trattamento17. L'amitriptilina è risultata superiore anche ad altri antidepressivi (moclobemide) in termini di miglioramento del dolore, del sonno e della qualità di vita in 130 donne con fibromialgia senza problemi di depressione, trattate per 12 settimane18.
Una revisione sistematica, realizzata su 13 studi controllati, randomizzati, indica che l'amitriptilina riduce il dolore, la fatica, migliora il sonno e la qualità di vita in meno di un paziente su tre19. La dose efficace è di 25-50 mg al giorno, da assumere preferibilmente la sera al momento di coricarsi. Gli studi a lungo termine sono pochi e negativi; in uno, realizzato su 208 pazienti, il miglioramento rilevato dopo 6-12 settimane non era più evidente alla 26a settimana20. I possibili eventi avversi includono secchezza della bocca, sedazione, aumento di peso, ritenzione urinaria, stitichezza; gli anziani sono a maggior rischio delle reazioni avverse di tipo anticolinergico. Alle basse dosi utilizzate nel trattamento della fibromialgia, i più pericolosi effetti cardiovascolari dell'amitriptilina sembrano poco probabili21. La nortriptilina provoca generalmente meno effetti indesiderati e potrebbe rappresentare una alternativa nei casi in cui l'amitriptilina dovesse essere mal tollerata22.
Inibitori della ricaptazione della serotonina (SSRI)
Dopo uno studio con esito negativo23, in uno studio successivo, della durata di 12 settimane, condotto su 60 donne con fibromialgia, la fluoxetina, somministrata a dosi flessibili (sino a 80 mg al giorno), ha prodotto un miglioramento, indipendente dall'effetto antidepressivo, sia nel punteggio complessivo del questionario FIQ che nelle sottoscale per il dolore e la stanchezza24. In un altro piccolo trial crossover (n=19), di 4 periodi di 6 settimane ciascuno, fluoxetina (20 mg/die) e amitriptilina (25 mg/die) si sono dimostrate superiori al placebo in varie misure di esito adottate e, associate, più efficaci che singolarmente25.
Per altri SSRI, i dati sono negativi o solo parzialmente positivi. Il citalopram (20-40 mg/die), valutato in due studi randomizzati della durata di 8 e 16 settimane, effettuati su un totale di 61 pazienti, non si è dimostrato più efficace del placebo26,27. La paroxetina in formulazione a lento rilascio (a dosi comprese tra 12,5 a 62,5 mg al giorno), in uno studio recente (n=116) della durata di 12 settimane, ha prodotto un miglioramento statisticamente significativo rispetto al placebo nel punteggio FIQ, ma non in quello relativo al dolore28.
Inibitori della ricaptazione della serotonina e della noradrenalina (SNRI)
Fatti salvi alcuni piccoli studi non controllati, in aperto, sulla venlafaxina, gli unici RCT pubblicati riguardano laduloxetina, approvata dalla FDA per il trattamento della fibromialgia per la quale la ditta produttrice ha presentato specifica richiesta di autorizzazione anche all'EMEA.
Nel primo studio, 207 pazienti con diagnosi di fibromialgia (secondo i criteri dell'ACR) sono stati randomizzati a duloxetina (60 mg per 2/die) o a placebo per 12 settimane29. I due principali criteri di valutazione di efficacia erano rappresentati dalle variazioni del punteggio sia nel questionario FIQ [da 0 (impatto nullo) a 80] che in quello relativo al dolore sullo stesso questionario (da 0 a 10)29. Da un punteggio FIQ di circa 50 al momento dell'arruolamento, i pazienti trattati con duloxetina hanno ottenuto una riduzione media di 13,5 punti contro 8 con placebo; la differenza è statisticamente significativa, ma di discutibile rilevanza clinica (-5,5 punti su un massimo di 80). Il dolore da un punteggio basale di 7 si è ridotto di 2 punti con duloxetina e 1,4 con placebo, una differenza di 0,6 punti non significativa da un punto di vista statistico e clinico; uno studio ha evidenziato che una differenza clinicamente rilevante dovrebbe essere di circa 2 punti30. Nel report dello studio vengono riportati non meno di 11 end point secondari, alcuni favorevoli alla duloxetina, ma com'è noto, i confronti multipli aumentano le probabilità di trovare differenze statisticamente significative per puro caso. Il 40% circa dei pazienti ha sospeso il trattamento per ragioni non specificate.
Un secondo studio randomizzato, anch'esso della durata di 12 settimane, condotto su 354 donne, ha sostanzialmente confermato i risultati del primo31. La riduzione di 2,4 punti nella scala del dolore sui 6,5/10 iniziali ottenuta con le due dosi di duloxetina (60 mg e 120 mg al giorno) è significativa rispetto alla riduzione di 1,2 punti ottenuta con placebo, ma di scarso valore clinico. Il tasso di drop out è stato pari al 39% del campione; la principale motivazione che ha indotto i pazienti a interrompere il trattamento è stata la comparsa di effetti indesiderati (21-23% con duloxetina e 11% con placebo). Nello studio, più del 90% dei pazienti trattati con duloxetina ha riportato almeno un evento avverso; i più frequenti sono stati nausea, diminuzione dell'appetito, anoressia, secchezza della bocca, stitichezza, insonnia, cefalea e vertigini. Con le dosi più alte, hanno avuto una incidenza superiore a quella con placebo anche la diarrea, la sonnolenza, i disturbi del sonno, l'ansia e il nervosismo. E' stato, inoltre, osservato un aumento della pressione arteriosa e della frequenza cardiaca31 .
In un trial randomizzato, della durata di 6 mesi, realizzato su 520 pazienti (uomini e donne), la duloxetina (60 e 120 mg/die) ha migliorato il grado di risposta rispetto al placebo nel 25% dei pazienti con depressione e nel 75% di quelli non depressi32. Il punteggio medio di intensità del dolore rilevato sulla scala Brief Pain Inventory [BPI, da 0 (assenza di dolore) a 10 (dolore massimo immaginabile)] si è ridotto in misura maggiore nei pazienti con depressione31. Tra i pazienti trattati con 120mg al giorno di duloxetina, quasi uno su tre ha sospeso il farmaco per l'insorgenza di eventi avversi, in particolare nausea e astenia.
La scarsa tollerabilità e la dubbia efficacia della duloxetina hanno pesato negativamente sul parere del Comitato Scientifico dell'EMEA che alla fine di ottobre ha rifiutato l'estensione delle indicazioni alla fibromialgia, ritenendo che "i benefici di Cymbalta non compensino i rischi"33.
Anticonvulsivanti
In uno studio randomizzato della durata di 12 settimane, condotto su 150 pazienti, la gabapentina si è dimostrata più efficace del placebo nel miglioramento dei punteggi del dolore sulla scala BPI (principale misura di esito) e della qualità del sonno. A raggiungere un miglioramento minimo del 30%, definito clinicamente significativo, è stato il 51% dei pazienti del gruppo gabapentina e il 31% di quelli del gruppo placebo34. Il dosaggio medio utilizzato è stato di 1.800 mg al giorno (range 1.200-2.400 mg/die). I più comuni effetti indesiderati sono stati capogiri, sedazione e sensazione di testa vuota. Pregabalin, strutturalmente simile alla gabapentina, è registrato sia in Europa che negli USA nel trattamento delle fibromialgia. Due studi randomizzati, controllati, in doppio cieco, lo hanno valutato verso placebo35,36. Nel primo, sono state confrontate tre dosi fisse di pregabalin (150 mg/die, 300 mg/die e 450 mg/die, in 3 somministrazioni) in 529 pazienti35. Dopo 8 settimane di trattamento, solo la dose più alta si è associata ad un miglioramento significativo del dolore rispetto al placebo (-0,93 punti sulla scala da 0 a 10); ad ottenere una riduzione minima del 50% del dolore è stato il 29% dei pazienti trattati con pregabalin e il 13% di quelli trattati con placebo (una differenza statisticamente significativa)35. Le reazioni avverse più frequenti sono stati i capogiri (49%) e la sonnolenza (28%).
Nel secondo studio, 748 pazienti (94% donne, età media 49 anni) con diagnosi di fibromialgia secondo i criteri dell'ACR, sono stati randomizzati a pregabalin 300 mg/die, 450 mg/die, 600 mg/die (in due somministrazioni) o a placebo per 13 settimane36. Il punteggio relativo al dolore (end point principale), da un basale di 7,1 si è ridotto di 0,43 punti con 300 mg/die, di 0,47 punti con 450 mg/die e di 0,66 punti con 600 mg/die rispetto al placebo. Ancora una volta, si tratta di una differenza statisticamente significativa, ma di incerta rilevanza clinica (circa mezzo punto su una scala numerica da 0 a 10). Per di più, l'effetto non è stato continuo nel tempo; la superiorità rilevata con tutte e tre le dosi dopo una settimana e al termine del trattamento, si è mantenuta costante nelle settimane intermedie solo con la dose di 600 mg al giorno. Nell'altra misura di esito principale, la percentuale di responders (pazienti con riduzione = o > 30% del dolore), non vi è stata differenza tra le tre dosi di pregabalin e placebo (43%-44% vs. 35%)36. Fatto salvo il miglioramento della qualità del sonno, differenze significative non sono emerse in altri end point secondari come il punteggio relativo alla stanchezza e il punteggio complessivo FIQ (max. 2,5 punti in meno rispetto al placebo su una scala da 0 a 80, da un basale di 49). A completare lo studio è stato solo il 65% dei pazienti. Le sospensioni del trattamento causate dalla comparsa di effetti indesiderati sono state rispettivamente del 33% con 600 mg/die, 22% con 450 mg/die e 19% con 300 mg/die. Gli eventi avversi più frequenti sono stati i capogiri, la sonnolenza, la cefalea e l'incremento ponderale36.
In uno studio, 566 pazienti con fibromialgia (su 1.051) che avevano ottenuto una riduzione = o > 50% dei punteggi medi del dolore (su una scala analogica visiva) con pregabalin sono stati randomizzati a continuare il farmaco oppure a passare a placebo in doppio cieco37. Dopo 26 settimane, il 61% dei pazienti passati a placebo ha presentato perdita della risposta terapeutica contro il 32% dei pazienti che avevano proseguito il pregabalin.
Analgesici puri
Ad oggi non esistono RCT pubblicati sull'impiego degli oppioidi nel trattamento della fibromialgia.
Vi sono, invece, alcuni studi randomizzati verso placebo sul tramadolo che è un agonista parziale dotato di azioni di tipo noradrenergico e serotoninergico38-40. Dopo che un piccolo trial (n=12) ne aveva indicato una potenziale utilità nei pazienti con fibromialgia38, uno studio di maggiori dimensioni (315 pazienti, 94% donne) ha valutato l'efficacia del tramadolo (associato a paracetamolo) adottando la discontinuità del trattamento come principale misura di esito39. Dopo 91 giorni, il tasso di drop out (per qualsiasi causa) è stato del 48% contro 62% con placebo. L'associazione tramadolo+paracetamolo, alla dose media di 150 mg+1.300 mg/die, si è dimostrata superiore al placebo anche nella riduzione del dolore (misurato su una scala analogica visiva), ma la differenza è stata di modesta entità e di dubbia rilevanza clinica39. In un altro studio, 69 pazienti responders al tramadolo (su 100 arruolati) in una fase in aperto, sono stati randomizzati a proseguire il farmaco oppure ad assumere placebo per 6 settimane in doppio cieco40. La discontinuità al trattamento rappresentava il criterio utilizzato come indicatore di un inadeguato controllo del dolore. Al termine dello studio, risultava ancora in trattamento il 57% dei pazienti trattati con tramadolo (50-400 mg/die) e il 27% di quelli assegnati al placebo.
Antinfiammatori
Gli antiinfiammatori non steroidei (FANS) e i corticosteroidi non sono utili nel trattamento della fibromialgia. In uno studio in doppio cieco, l'ibuprofene non si è dimostrato migliore del placebo41. Più o meno analogo è stato il comportamento del naproxene15. Uno studio sul prednisone (10 mg/die) ne ha evidenziato una relativa inefficacia in questa condizione42.
Ansiolitici/ipnotici
A parte il beneficio riportato con l'uso combinato di alprazolam e ibuprofene, basato sulla risposta ottenuta in 7 pazienti su 15 contro 4 su 14 con placebo43, non vi sono studi controllati randomizzati pubblicati sull'uso delle benzodiazepine. Ad esclusione di un possibile effetto specifico sui disturbi del sonno, le benzodiazepine e gli ipnotici non benzodiazepinici come lo zolpidem44 non hanno un ruolo nel trattamento della fibromialgia.
Antagonisti della serotonina (anti 5HT3)
Due studi randomizzati di breve durata (5 e 10 giorni) hanno rilevato risultati positivi con l'uso del tropisetron somministrato in bolo endovenoso45,46. Nel maggiore dei due studi, il farmaco, alla dose di 5 mg/die, ma non di 10 e 15 mg, si è associato ad una riduzione significativa del dolore (misurato su una scala analogica visiva) e ad una percentuale di responders più alta (39% vs. 26%) rispetto al placebo in 418 pazienti con diagnosi di fibromialgia (secondo i criteri dell'ACR)46.
Dopaminergici
In uno studio in doppio cieco, 60 pazienti con fibromialgia sono stati randomizzati a pramipexolo (4,5 mg/die) o a placebo47. Dopo 14 settimane di trattamento, il punteggio relativo al dolore, misurato su una scala analogica visiva da 1 a 10 (la principale misura di esito) si è ridotto del 39% vs. 9% con placebo, corrispondente a una differenza di 1,7 punti. I pazienti che hanno ottenuto una diminuzione = o > 50% del dolore sono stati 42%contro 14%. I più frequenti effetti indesiderati del pramipexolo sono stati ansia e riduzione del peso47.
Integratori
I dati sull'uso di integratori dietetici nella fibromialgia sono molto scarsi. In uno studio randomizzato, controllato verso placebo, il deidroepiandrosterone (DHEA) non ha migliorato il dolore, la stanchezza, l'umore, la qualità di vita e le abilità funzionali in 47 donne con fibromialgia trattate per 3 mesi48. La melatonina non è stata valutata in modo formale; l'unico studio pilota pubblicato è stato realizzato in aperto senza un gruppo di controllo49. Trattamenti non farmacologici Approccio comportamentale e psicologico
Sui trattamenti non farmacologici, in particolare sulla terapia cognitivo-comportamentale, l'educazione del paziente e l'approccio multidisciplinare, sono state realizzate quattro revisioni sistematiche. Una depone a favore della loro utilità6; le altre sollevano seri dubbi sulla efficacia di questi interventi, singoli o associati. La revisione sull'approccio comportamentale e psicologico (meditazione, tecniche di rilassamento muscolare, gestione dello stress) ha incluso 13 studi (3 soli con adeguata randomizzazione), su un totale di 802 pazienti e suggerisce risultati parzialmente positivi solo per la terapia comportamentale50. Secondo quando affermato dagli autori della revisione della Cochrane (7 studi randomizzati, nessuno di "elevata qualità"), l'efficacia della terapia riabilitativa multidisciplinare (esercizi, educazione del paziente, terapia comportamentale) è scarsamente provata51. La revisione che ha preso in esame tutti gli studi controllati, randomizzati, condotti dal 1980 al 2000 sui trattamenti non farmacologici (25 studi, per lo più di piccole dimensioni, su complessivi 1.301 pazienti) conclude in termini interlocutori per la scarsa qualità degli studi, suggerendo una efficacia "marginale" per la maggior parte degli interventi52.
Esercizio fisico
Il razionale di un programma di esercizi fisici nei pazienti affetti da fibromialgia si basa sull'ipotesi che una vita sedentaria e il conseguente decondizionamento muscolare comportino un aumentato rischio di microtraumi e, quindi, un incremento del dolore53. Diversi studi hanno evidenziato i benefici, in termini di miglioramento del benessere generale, della stanchezza e dei disturbi del sonno, derivanti da esercizi di tipo aerobico (training cardiorespiratorio)54-57 e di potenziamento muscolare58, uniti all'educazione del paziente. Gli esercizi che favoriscono l'elasticità muscolare si dimostrano più efficaci delle tecniche di rilassamento muscolare59. Gli esercizi aerobici in acqua (aqua-gym), oltre che ben accetti dal paziente, si associano ad un miglioramento della qualità di vita e in una riduzione del dolore anche sul lungo periodo60-63.
Una revisione sistematica della Cochrane ha incluso 34 studi randomizzati, controllati (per lo più di scarsa qualità), su un totale di 2.276 pazienti con fibromialgia, più della metà dei quali sottoposti a programmi di attività fisica, e ha analizzato l'effetto di ogni tipo di esercizio sul benessere generale, sui sintomi specifici e sulla funzionalità64. Secondo gli autori, esistono evidenze di "buona qualità" solo per gli esercizi aerobici: il training cardiorespiratorio nell'ambito di un programma definito come numero di sedute e durata, supervisionato, ha effetti benefici sul benessere e sulla efficienza fisica del paziente, forse anche sul dolore. L'utilità degli esercizi di potenziamento e di elasticità muscolare rimane, invece, incerta.
I ridotti livelli ematici del fattore di crescita 1 insulino-simile (IGF-1) riscontrati in sottogruppi di pazienti con fibromialgia potrebbero predisporre allo sviluppo di microtraumi indotti dall'esercizio fisico. L'IGF-1 rappresenta il principale mediatore degli effetti anabolizzanti dell'ormone della crescita. La possibile disfunzione dell'asse ipotalamo-ipofisi-surrene e il riscontro dell'aumentata produzione di ormone somatotropo indotta dalla piridostigmina in risposta all'esercizio fisico hanno costituito il presupposto per uno studio specifico. 165 pazienti con diagnosi di fibromialgia (secondo i criteri dell'ACR) sono stati randomizzati a 4 gruppi di trattamento: piridostigmina più esercizio fisico, piridostigmina, placebo più esercizio fisico e placebo65. Dopo 6 mesi, la combinazione piridostigmina ed esercizio fisico non ha migliorato il dolore (end point primario) né la maggior parte degli altri sintomi correlati. Singolarmente, la piridostigmina ha avuto qualche effetto positivo sull'ansia e sui disturbi del sonno, mentre l'attività fisica programmata ha migliorato la fatica e il benessere fisico. Terapie alternative Agopuntura
L'agopuntura è una tecnica complessa che dipende da molte componenti: le sedi dove gli aghi vanno posizionati, il tipo e il grado di stimolazione, il numero di punti utilizzati e il numero delle sedute. Alle originarie sperimentazioni controllate condotte in aperto66ne sono seguite altre con un rispetto più rigoroso del disegno sperimentale, pur con i limiti oggettivi che l'agopuntura presenta. Negli studi, è difficile, infatti, trovare un "placebo" convincente da usare come controllo e non esistono sistemi soddisfacenti per garantire la cecità dei medici nei confronti del trattamento che stanno somministrando, anche se la valutazione viene fatta spesso in cieco dal paziente. In uno studio randomizzato in cieco (n=100), l'agopuntura non si è rilevata migliore dell'agopuntura fittizia (inserimento degli aghi nei punti non "canonici" o nei punti previsti per un'altra patologia, utilizzo di aghi senza punta, retrattili) nel ridurre il dolore, misurato su una scala analogica visiva dopo 1, 4 e 12 settimane di trattamento67. Uno studio più recente, condotto su 50 pazienti con diagnosi di fibromialgia (secondo i criteri dell'ACR) ha, invece, rilevato un miglioramento significativo dei punteggi FIQ a 1 e a 7 mesi dopo il trattamento rispetto all'agopuntura simulata68. Una revisione sistematica ha incluso cinque studi randomizzati, controllati69. Tre sudi, tutti basati sull'elettroagopuntura, hanno prodotto risultati positivi, ma i miglioramenti ottenuti sono stati di breve durata; due studi hanno avuto esito negativo. Sulla base dei risultati, l'agopuntura non viene giudicata raccomandabile nel trattamento della fibromialgia69.
Manipolazione e massaggi
I dati indicanti la capacità della manipolazione spinale chiropratica e del massaggio di migliorare la funzionalità cervicale e vertebrale e ridurre il dolore sono limitati e inficiati dalle carenze metodologiche degli studi70-71. Conclusioni
La vicenda della fibromialgia è quella tipica di un disturbo "in cerca di autore". Una storia già vista. Una sindrome dolorosa associata a sintomi indeterminati con poche, se non alcuna, opzione terapeutica soddisfacente, comprese quelle autorizzate. In assenza di un meccanismo patogenetico riconosciuto, negli studi, complessivamente di scarsa qualità e di breve durata, si è provato di tutto. Gli antidepressivi triciclici a basse dosi, l'amitriptilina in particolare, sono i farmaci con le migliori evidenze di efficacia (in studi "datati" e su piccoli numeri), ma il beneficio dura poco. I dati riguardanti pregabalin e duloxetina non sono convincenti; per di più i due farmaci risultano mal tollerati: circa un paziente su tre sospende il trattamento per la comparsa di effetti indesiderati. Stante la mancanza di terapie di provata efficacia, le difficoltà sono soprattutto gestionali. L'unica cosa che il medico di medicina generale può fare è cercare di essere il punto di riferimento per il paziente, dedicandogli attenzione e aiutandolo nella ricerca di soluzioni individuali non necessariamente farmacologiche. Forse l'arma migliore in questi casi è proprio la rassicurazione, quantomeno dal timore di essere affetto da una malattia grave4. Bibliografia 1. Gilliland BC. "Fibromyalgia, arthritis associated with systemic disease, and other arthritis" in Kasper DC et al.Harrison's Principles of Internal Medicine"16th ed. McGraw-Hill, New York 2005:2055-64. 2. Fibromyalgia remains a controversial medical enigma. Letters to the Editor. Am Fam Physician 2007; 77:1220. 3. Inanici F, Yunus MB. History of fibromyalgia: past to present. Curr Pain Headache Rep 2004; 8:369-78. 4. Caimi V. La fibromialgia in Medicina Generale UTET, 2003, pag. 372-4. 5. Chakrabarty S and Zoorob R. Fibromyalgia. Am Fam Physician 2007; 76:247-54. 6. Goldenberg D et al. Management of fibromyalgia. 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