Alcuni pazienti depressi migliorano poco o nulla dopo un primo trattamento antidepressivo pur condotto in modo corretto. In mancanza di un criterio uniforme che stabilisca cosa si debba esattamente intendere per risposta insufficiente ad un trattamento antidepressivo, sembra condivisibile identificare questa condizione con la permanenza di sintomi invalidanti che incidono negativamente sulla vita di relazione del paziente. Negli studi clinici, la gravità della depressione viene valutata sulla base del punteggio assegnato ai sintomi con l'ausilio di scale, le più utilizzate sono quella di Hamilton e di Montgomery-Asberg. La "risposta" è definita come una riduzione, arbitraria e variabile a seconda dello studio, del punteggio globale ottenuto nelle suddette scale. La remissione consiste invece nell'assenza di sintomi depressivi o nella persistenza di segni minori senza che il punteggio superi una soglia prestabilita. Si può far coincidere la risposta insufficiente con la mancata remissione.Di fatto, nella pratica clinica le scale per la depressione non vengono utilizzate e distinguere nel singolo paziente tra una condizione patologica e uno stato psichico normale può essere difficile.
I risultati non prima di 6 settimane
Un farmaco antidepressivo impiega generalmente settimane per manifestare la propria efficacia clinica. Diversi studi controllati e studi osservazionali indicano che un miglioramento tangibile dei sintomi depressivi non è pienamente visibile prima di 6 settimane di trattamento.
In uno studio di coorte statunitense condotto su oltre 3.600 pazienti seguiti nell'ambito dell'assistenza primaria e specialistica, si è ottenuta una risposta (diminuzione del 50% dei sintomi valutati su una scala per la depressione) mediamente dopo 5,5 settimane di trattamento antidepressivo (nel caso specifico con citalopram)1. Il 40% dei pazienti che ha raggiunto la remissione ha impiegato 8 settimane o più2. Quando non si è ottenuto un miglioramento tangibile dopo 6-8 settimane di trattamento le probabilità di raggiungere una remissione a 12 settimane sono nell'ordine del 20%3.
In uno studio realizzato presso 463 ambulatori psichiatrici francesi, dopo 8-12 settimane di trattamento antidepressivo, a raggiungere la remissione (punteggio inferiore a 8 nella scala di Hamilton) è stato il 32% dei 1.790 pazienti che vi facevano riferimento; il 47% presentava sintomi residui (punteggio compreso tra 8 e 17) e il 20% risultava ancora depresso (punteggio superiore a 18)4. Nello studio statunitense già citato, il 30% circa dei pazienti è stato considerato in remissione dopo un trattamento con citalopram durato in media 10 settimane1.
Stando alle conclusioni di una revisione sistematica del 2008, i tassi di remissione sono nell'ordine del 35-50% con un antidepressivo (qualunque esso sia) e del 25-35% con placebo3.
Valutare il reinserimento e ricercare una causa modificabile
Tutte le linee guida sono concordi nell'indicare il comportamento da tenere in caso di insuccesso di un trattamento antidepressivo: riconfermare la diagnosi iniziale e fare il punto sui sintomi residui, sul rischio di suicidio e sulle ripercussioni sulla vita di relazione e professionale del paziente. La prima cosa da fare è ricercare l'esistenza di una affezione psichiatrica o somatica che possa aggravare o costituire la causa primaria dell'episodio depressivo, la dedizione ad una particolare forma di tossicodipendenza (es. alcolismo) o l'assunzione di farmaci in grado di indurre o peggiorare la depressione (interferone, antiepilettici, beta-bloccanti, ecc.). Vanno poi ricercati nell'ambito familiare o professionale eventuali fattori che concorrono a mantenere lo stato depressivo. Da ultimo, si deve verificare se il trattamento antidepressivo è corretto ed è stato eseguito correttamente.
Modificare il trattamento iniziale
Quando è necessario modificare la strategia terapeutica si possono seguire quattro "strade": aumentare la dosedell'antidepressivo iniziale, cambiare l'antidepressivo, aggiungere un farmaco di una classe diversa o scegliere un trattamento non farmacologico. Aumentare la dose se serve
Sette studi, riuniti in una metanalisi, hanno confrontato due diverse posologie dello stesso antidepressivo dopo l'insuccesso della dose iniziale; i farmaci erano duloxetina, fluoxetina, maprotilina, paroxetina e sertralina5. In cinque studi, la decisione di aumentare il dosaggio è stata presa dopo 3 sole settimane di trattamento, negli altri due dopo 6 settimane. Gli studi non forniscono la prova che raddoppiando la dose iniziale di duloxetina o di sertralina si riesca ad aumentare l'efficacia del farmaco in misura statisticamente significativa. Tuttavia, esistono differenze interindividuali nel patrimonio enzimatico che in certi pazienti possono portare ad una metabolizzazione molto marcata o accelerata dell'antidepressivo5,6. Gli studi di determinazione della dose hanno suggerito l'esistenza di una curva dose/risposta per l'imipramina e altri triciclici, la venlafaxina e l'escitalopram3. In un paziente che risponda solo parzialmente ad una dose iniziale di antidepressivo e non risulti particolarmente esposto ai suoi effetti indesiderati, aumentare la posologia sino alla dose massima registrata rappresenta una soluzione semplice, suggerita da molte linee guida. Cambiare l'antidepressivo: poco efficace e a rischio di interazioni
Tre studi randomizzati, in doppio cieco, condotti su un totale di 401 pazienti, hanno confrontato il mantenimento dell'antidepressivo iniziale (nortriptilina, fluoxetina e venlafaxina) con la sua sostituzione con un farmaco appartenente ad un'altra classe terapeutica (fluoxetina o mianserina)5. Il cambiamento dell'antidepressivo non ha aumentato le probabilità di ottenere una risposta clinica.
Una metanalisi del 2008 ha incluso 4 studi randomizzati (n=1.496) che hanno confrontato la sostituzione dell'antidepressivo con un antidepressivo della stessa classe terapeutica con la sostituzione con un antidepressivo di una classe differente7. Stando ai risultati, in caso di fallimento, cambiare un inibitore della ricaptazione della serotonina (SSRI) con un antidepressivo diverso (venlafaxina, mirtazapina o bupropione) è poco più efficace che sostituirlo con un altro SSRI: 1 remissione in più ogni 22 pazienti trattati.
Gli inibitori della monoamino-ossidasi (anti-MAO) sono stati impiegati nel trattamento della depressione resistente, ma non vi sono studi randomizzati pubblicati che ne dimostrino l'utilità5.
Malgrado manchino prove convincenti, tutte le linee guida suggeriscono di cambiare l'antidepressivo in caso di insuccesso di un trattamento di prima linea. Per evitare il rischio di interazioni farmacologiche (in particolare la comparsa di sindrome serotoninergica) è importante tenere conto della durata d'azione dei farmaci utilizzati per decidere se sospendere il farmaco inefficace qualche giorno o qualche settimana prima di introdurre il nuovo antidepressivo. Associare due antidepressivi aumenta solo gli effetti indesiderati
Alcuni studi hanno confrontato l'aggiunta di un secondo antidepressivo col mantenimento di quello iniziale. I risultati indicano che la combinazione si traduce in un aumento degli effetti indesiderati senza vantaggi clinici3,5. Aggiungere citalopram, escitalopram, fluoxetina, paroxetina, sertralina, venlafaxina o duloxetina ad un antidepressivo triciclico ne aumenta le concentrazioni plasmatiche e gli effetti indesiderati dose-dipendenti. Associare due SSRI o un SSRI e un triciclico aumenta il rischio di sindrome serotoninergica. In assenza di benefici dimostrati, meglio quindi non correre rischi associando due antidepressivi anche se di classe terapeutiche diverse.
Aggiungere un altro farmaco: un neurolettico Un "atipico" a volte è efficace, ma attenzione agli effetti indesiderati
Numerosi studi randomizzati hanno valutato l'aggiunta di un neurolettico ad un antidepressivo. I neurolettici utilizzati sono stati esclusivamente "atipici": aripiprazolo, olanzapina, quetiapina e risperidone. Una metanalisi del NICE (8 RCT su 1.670 pazienti complessivi) indica che le probabilità di ottenere una remissione sono statisticamente più elevate rispetto al placebo in caso di aggiunta di un neurolettico "atipico": 25% contro 15%, corrispondenti ad 1 remissione in più ogni 10 pazienti trattati5. L'8% dei pazienti trattati col neurolettico ha sospeso il farmaco per la comparsa di effetti indesiderati contro il 3% osservato nei gruppi di controllo.
Secondo un'altra metanalisi del 2009 che ha incluso 16 studi randomizzati su un totale di 3.480 pazienti, l'aggiunta di un neurolettico "atipico" aumenta in misura statisticamente significativa le probabilità di ottenere una remissione: 31% verso 17%, che significa 1 remissione supplementare ogni 7 pazienti trattati8. Non vi sono differenze tra i vari neurolettici. I drop out per la comparsa di eventi avversi sono stati 9% nei gruppi col neurolettico contro il 2% nei gruppi di controllo.
Il profilo degli effetti indesiderati dei neurolettici "atipici" comprende principalmente l'aumento di peso, l'iperglicemia, il diabete e l'aumento della mortalità cardiovascolare negli anziani. Neurolettici tradizionali: poco indagati in questa indicazione
In due studi randomizzati condotti su meno di 60 pazienti ciascuno, l'aggiunta di un neurolettico classico in caso di depressione resistente non ha migliorato l'efficacia dell'antidepressivo9. Litio: scarsamente studiato e di difficile gestione
Secondo svariate linee-guida, in caso di risposta insufficiente ad un trattamento antidepressivo l'aggiunta del litio rappresenta una delle opzioni da prendere in considerazione. Questa strategia terapeutica è stata valutata anche da alcune metanalisi5,10. Quella del NICE ha adottato criteri di selezione rigorosi (e sembra perciò più affidabile) e ha incluso 10 studi randomizzati che hanno confrontato l'aggiunta del litio verso placebo su 408 pazienti5. Alcuni dati depongono a favore di un effetto antidepressivo del litio, ma le metanalisi non hanno evidenziato un effetto statisticamente significativo in termini di percentuale di pazienti con miglioramento tangibile o in remissione. Non si può comunque escludere che il litio possieda una certa efficacia clinica in questo contesto. Il litio ha un indice terapeutico ristretto, espone ad un rischio di tossicità grave in caso di sovradosaggio ed è responsabile di numerosi effetti indesiderati: disturbi gastrointestinali (in particolare nausea e diarrea), giramenti di testa, tremori fini, aumento di peso, poliuria e polidipsia, alterazioni della funzionalità renale e ipotiroidismo nei trattamenti di lunga durata. Il litio interagisce inoltre con molti altri farmaci e può causare una sindrome serotoninergica qualora venga usato in combinazione con un SSRI. Durante il trattamento è necessario controllare la litiemia con regolarità al fine di mantenerla tra 0,5 e 1,5 mEq/l. Ormoni tiroidei: poco convincenti e pericolosi
Alcuni studi hanno valutato l'aggiunta di triiodotironina (T3) (25-50 mcg/die) ad un antidepressivo triciclico; i risultati contrastanti non consentono di concludere per una possibile utilità degli ormoni tiroidei3,5. Questa associazione aumenta sensibilmente il rischio di problemi cardiaci, in particolare tachicardia, angina, aritmie. Benzodiazepine: poco studiate
Spesso, all'inizio di un trattamento antidepressivo si tende a prescrivere una benzodiazepina nella speranza di ridurre il rischio di suicidio grazie al suo effetto sedativo o con lo scopo di attenuare l'ansia che si accompagna alla depressione. In 5 studi randomizzati, controllati con placebo, pubblicati tra il 1985 e il 2002, su 196 pazienti complessivi, l'aggiunta di una benzodiazepina ad un antidepressivo triciclico o alla fluoxetina non si è tradotta in un miglioramento clinico in pazienti che non avevano risposto in modo soddisfacente ad un precedente trattamento antidepressivo9. In altri 2 studi non è emersa alcuna differenza tra placebo e buspirone, un ansiolitico non benzodiazepinico3. Altri farmaci: senza risultati
Alcuni studi hanno confrontato l'aggiunta di un antiepilettico (carbamazepina, acido valproico, lamotrigina, fenitoina) senza dimostrare un possibile effetto sinergico nel migliorare l'effetto antidepressivo rispetto al placebo3,5. L'aggiunta di un antiepilettico espone a numerosi eventi avversi e interazioni potenzialmente pericolose e aumenta il rischio di idee o comportamenti suicidari.
L'aggiunta di stimolanti di tipo amfetaminico (bupropione, metilfenidato, modafinil) non è stata valutata in studi controllati. Con questi farmaci sono stati descritti casi di morte improvvisa, di accidenti cerebrovascolari e infarto del miocardio3.Alcuni studi randomizzati non sono stati in grado di mostrare una possibile efficacia del pindololo (un beta-bloccante che interferisce col metabolismo della serotonina) usato in associazione con un antidepressivo SSRI3,5.
Psicoterapia Efficacia incerta
L'associazione tra un farmaco antidepressivo e alcune forme di psicoterapia, in particolare la psicoterapia cognitivo-comportamentale e la psicoterapia interpersonale, migliora i sintomi in misura superiore all'antidepressivo da solo3,5,11-13. Tuttavia, questi risultati non sono stati ottenuti su una popolazione di depressi nei quali era stata precedentemente documentata una scarsa risposta all'antidepressivo.
Quattro studi di piccole dimensioni (meno di 20 pazienti ciascuno) hanno valutato specificamente l'efficacia della psicoterapia in pazienti scarsamente responsivi ad un trattamento antidepressivo, confrontando la terapia cognitivo-comportamentale con un farmaco antidepressivo, con un manuale di auto-aiuto o con l'assenza di intervento14. Due studi hanno concluso per l'efficacia della psicoterapia.
Nessuno studio ha mai preso in esame i possibili effetti indesiderati della psicoterapia, ma è innegabile che una psicoterapia mal condotta possa essere nefasta per il paziente. Tener conto delle preferenze del paziente
Uno studio ha confrontato diverse modificazioni del trattamento antidepressivo tra loro e verso la psicoterapia cognitiva15. 1.439 pazienti depressi nonostante il trattamento con citalopram sono stati assegnati a sette opzioni terapeutiche: sostituzione del citalopram con bupropione, sertralina, venlafaxina, terapia cognitiva o con l'associazione citalopram + bupropione, citalopram + buspirone o citalopram + terapia cognitiva. I partecipanti avevano la possibilità di rifiutare il trattamento che era stato loro assegnato a sorte. Soltanto un quarto dei pazienti ha accettato di sottoporsi ad una terapia cognitiva. Il tasso di remissioni è risultato simile tra i vari bracci di trattamento, nell'ordine del 30%15. Non avendo previsto un gruppo di controllo trattato col solo citalopram, lo studio non permette di stabilire se siano state le modificazioni terapeutiche a determinare la remissione o questa derivi semplicemente da una evoluzione naturale della malattia. Il messaggio che ne deriva è comunque quello di tener sempre conto delle preferenze dei pazienti.
Altre proposte prive di valore
Alcuni studi, spesso di scarsa qualità metodologica, hanno prodotto risultati apparentemente favorevoli (non confermati nel tempo) con certi integratori alimentari [acido folico, acidi grassi omega-3, triptofano, prasterone (o DHEA), ademetionina] o prodotti fitoterapici (iperico, zafferano), con la privazione del sonno, con programmi di attività fisica, la fototerapia, lo yoga16. Solo l'iperico, i programmi di attività fisica e la fototerapia hanno un certa efficacia sui sintomi della depressione5,11, ma non si hanno dati di una loro possibile utilità nella depressione resistente. L'iperico interagisce con molti altri farmaci.
In pratica, scegliere in funzione della tollerabilità
Le soluzioni proposte in caso di insuccesso del trattamento antidepressivo sono numerose, ma per lo più prive di utilità chiaramente dimostrata o di efficacia comparativa sconosciuta. L'efficacia degli antidepressivi non è meno deludente in seconda che in prima linea. Il profilo degli effetti indesiderati del trattamento rappresenta uno dei principali fattori da tenere in considerazione. In certi casi è forse meglio accontentarsi di un miglioramento modesto dei sintomi depressivi, tenendo sotto controllo il paziente e sforzandosi di mantenere un buon rapporto che cercare a tutti i costi di ottenere una remissione completa esponendo il paziente a eventi avversi gravi.
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Larga parte dell'articolo è tratto da "Dépression résistante: pas de panacée, beaucoup d'incertitudes". PrescrireOctobre 2010 page 754-60.