Il punto di vista di questo editoriale doveva essere la lunga revisione dei farmaci psicotropi proposta in questo numero, in cui la domanda formulata nel titolo può essere vista come una traccia di lettura allo stesso tempo culturale e metodologica, con implicazioni operative e prescrittive che dovrebbero essere molto dirette (ma che i dati di mercato sembrano sconfessare clamorosamente).
La pubblicazione di una serie di articoli dedicati ad altri scenari di valutazione dello stesso problema ha suggerito di ricollocare l'intenzione iniziale in un quadro di riferimento più generale e completo rimandando ad una selezione di letture che potrebbero costituire un vero e proprio "piccolo manuale didattico" sulla reale estensione di questo tema.
1. Titolo e contenuti dell'editoriale del New England Journal of Medicine (NEJM)1 sono obbligatoriamente in primo piano in questa riflessione. Tre membri del CdR del NEJM firmano un commento alla pubblicazione dei risultati di uno studio del National Institutes of Health sulle strategie farmacologiche del trattamento dell'asma (ed il richiamo è diretto ed inevitabile, pur nella ovvia differenza della patologia, al capitolo ancor più grande della BPCO, già oggetto di simili discussioni non solo sul NEJM, nella realtà di tutti i giorni)2,3. I risultati tecnici (sostanzialmente sfavorevoli al trattamento "standard") sono commentati in un editoriale ad hoc. L'importanza del testo "redazionale" del NEJM è politica, nel senso più completo del termine, ed è di una attualità assoluta per tutta la ricerca sui farmaci. Sottolinea infatti che una delle aziende produttrici del farmaco (la GSK, espressamente e pesantemente nominata) si era rifiutata di fornire il "suo" farmaco a questa ricerca "di salute pubblica" mirata a far chiarezza (buon esempio concreto di "comparative effectiveness": e di quei trial promossi in Italia nella precedente gestione dell'AIFA) su temi controversi e rilevanti. Questo rifiuto ha imposto un investimento supplementare di fondi pubblici, ma soprattutto ha ri-proposto la domanda di fondo: la sperimentazione-ricerca ha come oggetto "prodotti", o problemi-bisogni di individui-popolazioni? Ed il rapporto tra "esperti di prodotti" (che mirano alla registrazione) e "competenti-responsabili di risposte rilevanti per la salute" è di "partnership" (una collaborazione alla pari) o una contrapposizione di interessi, che può arrivare fino ad un boicottaggio tanto plateale?
La lettura dell'editoriale è ben sintetizzata nel suo titolo: "Products at risk". Sono i prodotti stessi che sono messi in discussione, se pretendono di sostituirsi ai problemi-bisogni. A meno che sia questa sostituzione quella che i "produttori" vogliono imporre: divenendo gli unici titolari della definizione del beneficio-rischio, non solo dei prodotti, ma della sanità e dei diritti dei cittadini. 2. Un secondo contributo, sempre del NEJM, sul numero della settimana successiva4 si trova a riproporre, in termini che sono strettamente complementari, la stessa domanda: la logica, e la pratica largamente diffusa, di garantire incentivi - economici, registrativi, normativi – ad aree chiamate (e realmente tali?) orfane, hanno portato effettivamente a benefici importanti ed anticipati, o si sono trasformate in un'area grigia, e di fatto a rischio? Le 10 righe delle conclusioni della lunga revisione (che include scenari molto concreti ed istruttivi, tra cui una sintesi magistrale della "storia" dell'eritropoietina) sono da leggere nella versione originale. Con il linguaggio – che per definizione non si schiera – di un giornale come il NEJM in un settore tanto ampio, il "bilancio" tra i benefici sempre attesi ed i rischi (culturali e scientifici) degli incentivi non lascia dubbi. 3. Un breve passaggio ad un altro tipo di letteratura scientifica, altrettanto autorevole nel suo campo5 permette di approfondire la riflessione sulla situazione (è esagerato chiamarla drammatica?) in cui ci si trova a gestire i concetti e le pratiche di beneficio e di rischio, in tempi in cui i rituali che pretendono di ottimizzarli e renderli parte della routine e delle normative (vedi le più recenti "norme" dell'EMA; e/o il tanto parlare di risk-management e appropriatezza, cui si danno "incentivi" di nuovi uffici e lavoro burocratico) si stanno moltiplicando. Dall'articolo citato (molto informativo ed "autorevole") è forse utile in questa sede proporre solo, come pro-memoria, la "pretesa" (con questo termine si vuole esplicitare non il bias, ma la passione personale, certo tutt'altro che isolata!) dell'articolo stesso, che può essere così riassunta: "la strategia di sorveglianza-pianificazione-gestione della [ipotetica] pandemia H1N1 è stato un modello preziosissimo e vincente della nuova cultura-politica della sicurezza globale in campo sanitario inaugurata con la direttiva IHR 2005 delle "Agenzie internazionali". Come dire: per fortuna si è fatta la guerra in Iraq, e poi in Afghanistan, perché si è documentato che il "rischio" guerra è lo strumento più certo per assicurare il "beneficio" della pace, della democrazia, dei diritti umani. 4. La penultima citazione6 riporta all'intenzione iniziale di ragionare sul capitolo psicofarmaci. Il giornale cambia per "impact factor", ma non per l'autorevolezza, né per la logica: la "evidenza" della [ennesima] manipolazione dei dati (è la partnership più di successo tra pubblico e privato?), è tale che deve essere ripresa (ancora una volta) con un editoriale, che, fin dal titolo è un modo per dire: "guardate che siamo proprio a rischio di dimenticare anche l'abc della credibilità: non è difficile riconoscere la stessa domanda sopra evocata sul rischio che ciò comporta anche per i prodotti, e non solo per pazienti/problemi/popolazioni. È bene d'altro canto sottolineare che l'attualità di tutta questa problematica è veramente stupefacente: basta leggere nella bussola di questo numero la storia, di sperimentazione-registrazione dell'ennesima "novità" antidepressiva. 5. La citazione conclusiva7 di questo camminare a caso nella letteratura può apparire meno pertinente, ma non lo è: basta, per chi ha fretta, leggere (con calma, ed attenzione alla loro coerenza) l'abstract. Si stanno confrontando strategie di controllo (beneficio-rischio) della "vecchia" anticoagulazione con il warfarin (... siamo alla vigilia, e già nel pieno, di nuove strategie e farmaci): l'una è più centrata sul ruolo dei centri specialistici, l'altra sulla partecipazione, a caso, delle persone: "la medicina ritorna a casa" è il commento di altri interventi su questo trial, con un senso di normalità-positività. L'abstract porta tutti i dati, i numeri, per dire che anche i pazienti sono più (p <0,001 ...) contenti; ma la conclusione dice che non ci sono benefici per la (nuova? ovvia? ...) strategia partecipativa. Da leggere, per essere aggiornati sulla importanza manipolatoria della "comunicazione". Nulla di nuovo, in fondo.
Bibliografia 1. Curfman GD et al. Products at risk. N Engl J Med 2010;363:1763. 2. Smith LJ. Anticholinergics for patients with asthma? N Engl J Med 2010;363:1764-5. 3. Peters SP et al. Tiotropium bromide step-up therapy for adults with uncontrolled asthma. N Engl J Med2010;363:1715-26. 4. Kesselheim AS.Using market-exclusivity incentives to promote pharmaceutical innovation. N Engl J Med2010;363:1855-62. 5. Wilson K et al. Strengthening the International Health Regulations: lessons from the H1N1 pandemic. Health Policy Plan 2010;25:505-9. 6. Godlee F, Loder E.Missing clinical trial data: setting the record straight. BMJ 2010;341:c5641.doi: 10.1136/bmj.c5641. 7.Matchar DB et al. THINRS Executive Committee and Site Investigators. Effect of home testing of international normalized ratio on clinical events. N Engl J Med 2010;363:1608-20. Informazioni sui Farmaci, Anno 2010, n. 5