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28 cpr rivestite 25 mg |
€ 59,80
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Indicazioni registrate: Trattamento degli episodi di depressione maggiore negli adulti.
Proprietà farmacologiche
L’agomelatina è un analogo della melatonina registrato nel 2009 tramite procedura centralizzata europea per il trattamento degli episodi di depressione maggiore negli adulti. In Italia è in commercio solo da alcune settimane.L’agomelatina è un agonista melatoninergico (recettori MT1 e MT2) e in misura minore antagonista dei recettori 5-HT2C della serotonina1,2. Dopo somministrazione orale, l’assorbimento è elevato e non è condizionato dall’assunzione di cibo. La biodisponibilità assoluta è bassa per l’effetto di primo passaggio e presenta una forte variabilità interindividuale1. Il picco delle concentrazioni plasmatiche viene raggiunto entro 1-2 ore1. L’agomelatina viene rapidamente metabolizzata a livello epatico soprattutto dal citocromo CYP1A2 in composti inattivi, ulteriormente coniugati ed eliminati per via renale1. L’emivita plasmatica è di 1-2 ore1.
Efficacia clinica
Ad oggi risultano disponibili 7 studi randomizzati, in doppio cieco, esclusivamente verso placebo. Di questi, quattro hanno incluso un gruppo trattato con un SSRI (paroxetina e venlafaxina in 2 studi ciascuna), ma non possedevano la potenza sufficiente per rilevare eventuali differenze tra gli antidepressivi. Altri due studi hanno confrontato l’agomelatina con la venlafaxina, ma non hanno valutato l’efficacia antidepressiva, focalizzandosi su aspetti inerenti l’attività sessuale e il sonno (es. facilità e latenza di addormentamento, efficienza del sonno)2. In 6 studi su 7, la misura di esito principale era rappresentata dalle variazioni del punteggio ottenuto sulla scala di Hamilton per la depressione (HAM-D); al basale il punteggio medio era di 27 (rispetto ad un massimo possibile di 52)2. In 2 studi è stata utilizzata anche la scala di Montgomery-Asberg per la depressione (MADRS). Tutti gli studi, tranne due, hanno avuto la durata di 6 settimane. La Tabella ne sintetizza i dati salienti. Solo in 3 studi, l’agomelatina si è dimostrata più efficace del placebo, ma la differenza nel punteggio medio HAM-D pur raggiungendo la significatività statistica non ha mai superato i 3 punti, risultando pertanto di dubbia rilevanza clinica3-5. In uno studio realizzato in pazienti non responsivi dopo 4 settimane di trattamento con 25 mg al giorno, l’aumento della dose a 50 mg non ha comportato alcun beneficio clinico aggiuntivo2. Un altro studio condotto in una popolazione di pazienti anziani (età ≥60 anni) con depressione maggiore (MADRS ≥24) non è stato in grado di rilevare differenze tra agomelatina e placebo2.Nel 2006, l’EMEA aveva negato l’autorizzazione al commercio dell’agomelatina per la scarsa rilevanza clinica dei risultati dei 7 studi verso placebo e per la mancata efficacia nella prevenzione delle recidive8. Il dossier registrativo conteneva infatti anche uno studio specifico: 367 pazienti con episodi ricorrenti di depressione maggiore erano stati trattati per 8 settimane con 25 mg/die di agomelatina. I pazienti considerati “responders” (riduzione 50% del punteggio HAM-D) erano stati randomizzati ad agomelatina (continuazione) o a placebo. Dopo 6 mesi di trattamento, il tasso di recidiva non differiva tra agomelatina e placebo (26% vs 24%); non diversa risultava l’incidenza di recidive (29% circa in entrambi i gruppi) dopo 4 mesi durante i quali 225 pazienti avevano continuato ad assumere il farmaco in aperto8. E’ interessante notare come poco prima della registrazione (giugno 2009) risultassero pubblicati soltanto i 3 studi favorevoli3-5, mentre non vi fosse traccia nelle principali banche-dati internazionali (vedi Embase e Medline) degli altri studi con esito negativo. Per contro, a quella data, le stesse banche-dati riportavano numerose revisioni sull’agomelatina; tra queste spiccava (per evidente conflitto di interessi) una analisi combinata degli studi controllati con placebo che deponeva a favore dell’agomelatina nella depressione grave9. Sorprendentemente (?), l’analisi, ignorando i 4 studi negativi, aveva utilizzato solo i dati tendenzialmente favorevoli di uno studio riferiti ad un sottogruppo non pianificato di pazienti gravemente depressi. Trattandosi però di una analisi di tipo retrospettivo non si può riconoscerle un valore probatorio perché il risultato deve essere dimostrato in studi in questa specifica popolazione di pazienti. Nella nuova richiesta di autorizzazione, la ditta ha presentato i dati di uno studio sulla prevenzione delle recidive giudicato decisivo ai fini della registrazione. In tale studio sono stati inclusi 339 pazienti; l’end-point primario era il tempo di recidiva (intesa come punteggio HAM-D ≥16). Dopo un periodo di 8-10 settimane di trattamento in aperto (25 mg con eventuale aggiustamento a 50 mg), i pazienti responsivi (69%) sono stati randomizzati in doppio cieco ad agomelatina o a placebo. Dopo 24 settimane, il numero di pazienti che avevano manifestato una recidiva è stato significativamente minore nel gruppo agomelatina (21% vs. 41%)2.
Effetti indesiderati
Le reazioni avverse rilevate negli studi sono state lievi o moderate, generalmente transitorie. Le più comuni sono state nausea e capogiri; quelle con una incidenza tra l’1% e il 10% comprendevano cefalea, sonnolenza, insonnia, emicrania, diarrea, stitichezza, dolore nella parte alta dell’addome, iperidrosi, mal di schiena, affaticamento, ansia1. L’uso di agomelatina si è associato ad un innalzamento dose-dipendente delle transaminasi; un aumento 3 volte il limite superiore del range di normalità è stato osservato nell’1% nei pazienti trattati con 25 mg e nell’1,4% di quelli trattati con la dose doppia3. In uno studio, si è registrata una minore tendenza dell’agomelatina (50 mg/die) a causare disfunzioni sessuali rispetto alla venlafaxina (150 mg/die), ma la differenza non ha raggiunto la significatività statistica6. Peraltro, la scelta della venlafaxina come farmaco di confronto non può certo dirsi appropriata in quanto si tratta dell’antidepressivo più frequentemente responsabile di disfunzioni sessuali10. Un altro studio (eticamente discutibile) ha confrontato l’interruzione improvvisa dell’agomelatina (25 mg/die) e della paroxetina (20 mg/die) dopo 3 mesi di trattamento11. Durante la prima settimana l’agomelatina, contrariamente alla paroxetina, non ha indotto una sindrome da sospensione.
Avvertenze
Il rischio di epatotossicità deve essere strettamente monitorato. L’RCP raccomanda di effettuare i test di funzionalità epatica all’inizio del trattamento, poi periodicamente dopo 6 settimane (fine della fase acuta), 12 e 24 settimane (fine della fase di mantenimento) e in seguito quando clinicamente indicato. Agomelatina è controindicata nei pazienti con insufficienza epatica, nei quali le concentrazioni del farmaco aumentano considerevolmente, mentre nei pazienti con insufficienza renale grave o moderata va usata con cautela per la carenza di dati clinici1,2.
Interazioni
L’uso concomitante di agomelatina con potenti inibitori del CYP1A2 (es. fluvoxamina, ciprofloxacina) è controindicato per il consistente aumento della concentrazione plasmatica di agomelatina (fino a 61 volte)1,2.
Dosaggio
25 mg una volta al giorno da assumere prima di coricarsi. Dopo due settimane di trattamento, se non vi è un miglioramento dei sintomi, la dose può essere aumentata a 50 mg una volta al giorno.
Costo
Il costo mensile del trattamento (64-128 euro) è il più alto tra gli antidepressivi disponibili ed è a totale carico del paziente.
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Data di redazione 10/2010