Il quadro di riferimento obbligato del titolo (si parva licet......) è duplice:
a. questo numero va in stampa in stretta coincidenza con la celebrazione della VII Conferenza della Cochrane Collaboration, che si svolge quest'anno a Roma, e che ha adottato come filo conduttore dei lavori il rapporto tra le evidenze scientifiche e la loro traducibilità in termini di salute pubblica;
b. sta terminando sul British Medical Journal una serie di articoli metodologici, che mirano nel loro complesso a collegare in modo sistematico la logica e le strategie della sperimentazione clinica controllata all'insieme degli interventi e le attività sanitarie.
Il rimando a (e la raccomandazione per) questi scenari "maggiori" può forse apparire sproporzionato rispetto alla marginalità del tema trattato nell'articolo da cui parte la proposta di riflessione editoriale ("Efficacia dei FANS topici: le incertezze rimangono"): problema clinico "minore", al confine tra la medicina che prescrive e quella che si automedica, tra le rilevazioni dell'oggettività clinica e le percezioni della soggettività, della farmacologia mirata-recettoriale e delle pratiche tradizionali sintomatiche. Il perché di questo accostamento apparentemente sproporzionato è presto detto:
il problema è clinicamente minore rispetto a variabili "rilevanti" (hard) di morbilità, ed è rimasto tale nell'interesse della ricerca, tanto che la metanalisi che ne tenta una valutazione "sistematica" è esposta a molte critiche;
il mercato che gli corrisponde coincide con la diffusione del problema nel quotidiano dell'esperienza, e sembra essere passato indenne, in termini di accettabilità da parte di prescrittori e consumatori, attraverso lawi raccomandazioni delle "prove di efficacia";
nella sua "marginalità", il problema è fortemente rappresentativo di una situazione maggioritaria della medicina (o, forse meglio, di coloro che nella medicina si incontrano intrecciando bisogni e risposte), il cui sviluppo richiama molto la logica dissociata di molti altri settori della società: l'aumento di conoscenze, risorse, potenzialità non coincide (anzi spesso contrasta) con quello della loro fruibilità;
il problema rappresenta situazioni non di malattia ma di "disagio", che sono quelle dove convivono le risposte più tecniche e quelle delle tante "medicine naturali" / o alternative1;
alla fine della critica alla metanalisi la domanda sulla necessità di indagare meglio per avere risposte scientificamente più affidabili rimanda alla responsabilità (apparentemente logica) di coloro che producono i farmaci, e che dovrebbero preoccuparsi di assicurare la qualità della loro "offerta".
Ma è proprio da qui che nasce la domanda del titolo, che potrebbe esplicarsi così: la richiesta di razionalità posta a chi occupa (e si misura sul successo del) mercato è ragionevole? o meglio: la ragionevolezza di questa richiesta in una prospettiva di salute pubblica, o di responsabilità sociale, è ancora credibile in un contesto (nazionale ed internazionale) che in modo esplicito lega la razionalità del gioco tra domanda ed offerta alla sua compatibilità con la esigenza dell'espansione del mercato?
Forse anche qui è necessario evocare le regole del "si parva licet ....". Nel prossimo vertice a Seattle dei G8 (sono ancora tanti e tanto credibili, dopo la "scoperta" degli intrecci delle strategie di USA, FMI, mobilieri brianzoli, allegri banchieri di tutte le latitudini nel "salvataggio" di uno di loro?) si discuterà della necessaria "razionalizzazione" dei sistemi sanitari pubblici per ricondurli nel grande alveo delle privatizzazioni. E un "articolo speciale" del prestigiosissimo New England Journal of Medicine (che ha licenziato, per razionalità di mercato, un suo altrettanto prestigioso editore) documentava, poco tempo fa2, la necessaria-razionale esportazione del modello assicurativo statunitense nei Paesi dell'America Latina, per renderli sempre più coerenti con la razionalità della curiosa "equivalenza" (commentata anche con scientifica quotidianità da un giornale che fa opinione) per cui un ricco vale (per ora) solo 38 poveri3.
Le "prove di efficacia" del mercato seguono dunque (solo "apparentemente"?) regole diverse da quelle che nel frattempo si sono rafforzate e sono raccomandate nella medicina "scientifica". Il dato non è certo nuovo: è, forse, ogni giorno un poco più nuova la sua accettazione di fatto, nonostante la priorità riaffermata del principio di solidarietà e responsabilità dei Piani Sanitari, più o meno aggiornati con i decreti-ter4. Perché dunque la richiesta al mercato di produrre evidenze di efficacia? e se la domanda dovesse essere rivolta ad altri: ai medici, magari, o alle autorità preposte (in Italia, e altrove) a proteggere diritti e bisogni di persone-popolazioni, e non solo di mercati?
Per ridurre il rischio di estrapolazioni troppo ardite dalla "marginalità" del problema da cui si è partiti, e rendere più "ragionevoli" le proposte che seguono, può essere utile estendere il ragionamento dalla banalità degli antiinfiammatori topici, a problemi più generali, che si incontrano in questo stesso numero (Malattia di Alzheimer: farmaci e/o assistenza; E' possibile razionalizzare l'uso degli antibiotici? ), e non solo4. Forse il problema è più generale, non minoritario, collegabile addirittura al tema del secondo editoriale di questo numero.
Proviamo allora a proporre un breve percorso, ragionevole anche se non necessariamente realistico, per le tante aree dove si incrociano e confliggono razionalità diverse, e dove le "evidenze" continueranno ad essere ambigue, o dissociate, o lasciate al "libero" gioco dei tanti piccoli e grandi mercati.
La assoluta dominanza del campo della sperimentazione da parte dei produttori di farmaci-tecnologie-sistemi gestionali aumenta inevitabilmente la distanza tra bisogni e risposte.
La pretesa di razionalizzare il mercato, a partire semplicemente da meccanismi di "controllo di qualità" di ciò che si produce, è necessaria, ma illusoria, in quanto inevitabilmente costretta ad inseguire-contenere ciò che il contesto generale del mercato dichiara controllabile solo in virtù della auto-regolamentazione competitiva degli interessi.
Se continua la situazione attuale di assenza operativa di un progetto di sanità-salute non dipendente dalla moltiplicazione-frammentazione di risposte tecniche basate su prove di efficacia, le tante proposte ragionevoli di medicina delle evidenze non diverranno mai una realtà diffusa di razionalità misurata sui bisogni.
Il quesito su chi è responsabile delle aree orfane di razionalità sostanziale deve trovare una risposta anzitutto in medici-prescrittori che decidono che è parte della loro razionalità professionale sperimentare-verificare-adottare risposte garantite da "prove di efficacia", senza attendere finanziamenti ad hoc5.
Tocca alle autorità sanitarie orientare le risorse aziendali non ad incentivi che finiscono per moderare l'irrazionalità intrinseca del mercato, ma a sviluppare, attraverso tanti progetti di ricerca su problemi-popolazioni-disagio, un progetto complessivo di responsabilità capace di coinvolgere sia prescrittori che consumatori.
L'agenda di lavoro per questa ripresa congiunta di iniziativa da parte dei professionisti con potere di decidere ed autorità con dovere di prevenire-anticipare l'irrazionalità è molto ricca: dalla banalità diffusa dell'influenza, alla gravosità della cronicità complessa, alle ambiguità delle patologie gravi non (ancora) curabili, alle situazioni di non-autonomia fisica e psichica, alle aree di consumo ripetitivo camuffato di novità6.
Come in tutti gli scenari di mercato, l'informazione gioca un ruolo chiave nel mettere in primo, o secondo, o terzo piano le priorità dei bisogni cui rispondere, e non su cui fare proclamazioni di risposte. E' particolarmente importante trovare-sperimentare in questa direzione strategie-strumenti di comunicazione capaci di far crescere alleanze di razionalità complessiva tra consumatori e prescrittori.
E' bene ricordarsi che l'improbabilità di questo percorso "ragionevole" è un problema che non tocca solo la medicina, ma la cultura più complessiva della società. Questo pro-memoria ovvio è opportuno, per evitare la duplice trappola ed il circolo vizioso del "non c'è nulla da fare", e del "prima deve cambiare il contesto". Ricordarsi che, attraverso la medicina, si affrontano problemi di civiltà-cittadinanza, serve solo a sottolineare l'importanza di agire creativamente, non di attendere soluzioni.
Si cercano-attendono gruppi di medici-operatori sanitari che abbiano un "progetto di senso" e di autonomia, al di là degli esercizi aziendali di accreditamento, o dei tetti di spesa: magari sperando, su questa linea, di poter incontrare direttori generali (o loro equivalenti decisionali) orientati ad una imprenditorialità che non finisce (né inizia!) con pareggi forzati di bilancio.
Mentre gli scenari di "evidenze" ricordati all'inizio provvedono una base metodologicamente e culturalmente solida in termini di contenuti e di tecniche, può essere utile il rimando ad un'ultima lettura.
Il "vecchio" testo di Cochrane7 è stato ripubblicato. La sua lettura è sempre attuale: soprattutto se la si fa a partire dall' "Epitaffio" che Cochrane scrisse su di sé; per mettere in evidenza che la rigorosità e la coerenza delle sue proposte metodologiche erano il frutto di una vita dove, volentieri e spesso, la razionalità lasciava il passo alla disobbedienza alle regole, per essere curiosa di sperimentare, percorsi e progetti dove trovavano ospitalità, senza restrizioni, domande-persone-ipotesi-bisogni marginali rispetto alle tendenze dei mercati culturali.
Bibliografia
1. A proposito delle terapie non convenzionali. Dialogo sui Farmaci 1999; 4:132-153. 2. Stocker K et al. Exportation of managed care to Latin America. New Engl J Med 1999; 340: 1131. 3. Un ricco vale 38 poveri. Corriere della Sera, 27/9/99 pag. 3. 4. G. Tognoni. Informazione sui farmaci e Piano Sanitario Nazionale. Informazioni sui Farmaci 1998; 22: 85. 5. G. Tognoni. La Medicina di base e le 35 ore. R&P 1998; 14:95-99. 6. AA VV. Data-bases e medicina generale. R&P 1999; 15: n. 1. 7. Efficienza ed efficacia. Riflessioni sui servizi sanitari. A. Cochrane. Il Pensiero Scientifico Editore, 1999.